Immaginate se Washington scoprisse che la Russia, o la Cina, avesse piazzato 12 stazioni di spionaggio al confine con il Texas.
I politici, già con la bava alla bocca riguardo alle presunte orde di nigeriani, albanesi, cinesi e agenti comunisti di Cuba che già fanno irruzione attraverso i confini dell'America, si straccerebbero le vesti o addirittura soffrirebbero di arresti cardiaci seriali.
E questo per non parlare dell’innesco di una potenziale resa dei conti nucleare, come quella quando Krusciov fece marcia indietro davanti all’insistenza del presidente Kennedy nell’ottobre 1962 affinché i missili sovietici fossero rimossi da Cuba. In quell’occasione l’umanità sfuggì per un pelo all’incenerimento, ma da quel momento in poi almeno fu stabilita una regola d'ingaggio per l’era nucleare.
Vale a dire, non si mettono armi e forze minacciose davanti alla porta del proprio rivale nucleare; è vietato dalle esigenze della sopravvivenza umana e dal buon senso.
Ecco perché è accaduta anche la parte spesso dimenticata della crisi missilistica cubana: JFK accettò di rimuovere 15 missili Jupiter dotati di testate nucleari dalla Turchia in cambio dello smantellamento dei missili sovietici a Cuba, anche se questa parte dell’accordo non fu mai riconosciuta pubblicamente da Washington ...