martedì 3 agosto 2021

Il Complotto del Complottista

 

Complotto e complottisti. 

Non si può dire che non sia un argomento abbastanza attuale. In realtà è sempre stato un argomento molto presente in tutte le fasi della storia del nostro pianeta. Se andiamo alla voce “teoria del complotto” di Wikipedia, vediamo che viene suddivisa in 11 sottocategorie che ne identificano la tipologia e contiene circa 83 pagine che parlano di “complotti”.

Spesso i complotti seguono un trend, oggi non si parla più tanto di scie chimiche, di 5G ma si parla abbondantemente di complotto del covid-19, di complotto dei vaccini, di Trump e un bel po’ d’altro. Avrete sicuramente notato che scrivo la voce “complotti” con le virgolette, questo perché questo articolo non ha l’intenzione di stabilire se il termine “complotto”, nell’accezione usata ai giorni nostri sia giusta o sbagliata o se i complotti di cui si parla siano veri o falsi.

Ecco la definizione del vocabolario: complòtto s. m. [dal fr. complot, di etimo incerto]. – Cospirazione, congiura, intrigo ai danni delle autorità costituite o (meno com., e solo in senso estens. e fig.) di persone private. E ancora da Wikipedia: Una teoria del complotto o della cospirazione (talvolta anche nella forma aggettivale: teoria complottista o cospirativa) è una teoria che attribuisce la causa di un evento, o di una catena di eventi (in genere politici, sociali o talvolta anche naturali), a un complotto ...


Fatta chiarezza sul significato vero della parola “complotto” bisogna dire che oggi l’uso di questa parola non rispecchia il significato originale. 

Infatti oggi, normalmente, si tende ad identificare con questa parola qualcosa che è tendenzialmente falso e con la parola “complottista” si identifica colui che vede complotti in ogni dove e che spesso li inventa. 
Diamo un’altra definizione del vocabolario: complottista s. m. e f. e agg. Chi o che ritiene che dietro molti accadimenti si nascondano cospirazioni, trame e complotti occulti.

L’accezione negativa del termine “teoria della cospirazione” è attribuita alla CIA che l’ha utilizzata nel contesto dell’omicidio del Presidente John F. Kennedy.

Ritornando ai giorni nostri, la parola “complotto” per molti indica un qualcosa di inventato, non reale ed esagerato e spesso è utilizzata per squalificare, schernire e denigrare il dissenso politico o sociale. 
Se andiamo indietro nel tempo dove il complotto era il piano per eliminare un re, un politico oppure un personaggio scomodo vediamo che, in alcuni casi, il “complotto” è dimostrato da prove certe e documentate. 

Oppure prendiamo il legame mafia-politica (e ci aggiungo mafia/politica/economia), per molti poteva essere inverosimile, degno della più abile e sfacciata fake ma il legame è stato ampiamente dimostrato. 
Ora affermando questo non vorrei essere frainteso, non voglio dire che tutti i complotti siano veri, assolutamente no, anzi, pochi sono stati realmente dimostrati con prove certe (anche perché una condizione necessaria del vero complotto è che le prove non siano rintracciabili).


Ci sono da fare alcune considerazioni per quanto riguarda il perché alcune persone vedono complotti dietro ogni angolo. 

Lo psicologo Rob Brotherton (esperto della psicologia del complotto) afferma che gli esseri umani hanno una tendenza naturale a credere a queste storie, perché fanno leva su alcuni errori sistematici che sono ben ingranati nelle nostre menti e nel modo in cui ragioniamo. 

Questi “errori” sono chiamati in gergo bias cognitivi
Secondo Wikipedia il bias cognitivo è “un giudizio (o un pregiudizio), non necessariamente corrispondente all’evidenza, sviluppato sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro, che porta dunque ad un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio”.

Normalmente pensare a un complotto è il modo per dare giustificazione ad un fatto che è al di fuori del nostro controllo e che quindi per noi è incomprensibile. Ad esempio, oggi c’è il virus, è partito dalla Cina quindi i cinesi lo hanno creato in laboratorio e l’hanno diffuso. 

Questo ragionamento ha dato una giustificazione alla presenza del Covid-19. È vero? Non è vero? Non lo so, personalmente non ho dati sufficienti e quindi non posso affermarlo e non posso smentirlo. 
Spesso si assume per causa quello che è un antecedente temporale, ad esempio, il cielo è limpido, passano degli aerei che lasciano la scia, dopo un po’ il cielo si copre di conseguenza sono le scie che hanno annuvolato il cielo; cioè si pretende che se un avvenimento è seguito da un altro, allora il primo deve essere la causa del secondo, non sempre questo risponde alla realtà (Post hoc, ergo propter hoc) e potrebbe dare adito a interpretazioni errate del fenomeno. 
Non voglio approfondire ulteriormente il concetto di bias cognitivo per non dilungarmi.

Voglio, invece, parlare dell’attendibilità delle informazioni. 

Infatti la prima cosa da fare per dimostrare la veridicità di qualsiasi notizia o fatto è risalire alle fonti. 
E qui c’è un bel problema perché, strano ma purtroppo vero, anche le fonti per quanto accreditate, potrebbero non essere attendibili

Ci sono esempi di notizie diffuse dai media nazionali che hanno riportato (in buona fede) notizie false; su internet gli esempi si moltiplicano in modo esponenziale. 

Quindi siamo su un terreno veramente difficile da percorrere, dove l’unica cosa che possiamo fare è quella di affidarci al nostro senso critico e intuito oppure decidere di non fare niente. 

Ormai siamo soggetti a un sovraccarico cognitivo (Information overload) che spesso non ci permette di valutare oggettivamente la fonte. A volte non andiamo neanche a verificarla perché la nostra ricerca è selettiva, nel senso che andiamo a ricercare quello che avvalla la nostra convinzione (anche questo è un bias cognitivo). 
Quindi riascoltiamo la nostra “campana” tralasciando di ascoltare quella degli altri. 
Questo tipo di comportamento è presente in tutti, anche nei complottisti e negli “anticomplottisti”.

Ed ecco che si delinea un’altra figura in questo panorama. 

Per l’anticomplottista non c’è una definizione nel vocabolario ma in linea di massima possiamo dire che è una figura in antitesi al complottista. 

Cioè è la persona che afferma che tutto quello che dicono i complottisti non sia vero. 
Ne possiamo dedurre che per come li intendiamo oggi, sia il complottista che l’anti-complottista sono due figure estreme. 
O tutto bianco o tutto nero. L’uno contro l’altro. 

Allo stesso tempo sono due figure simili per molti aspetti. Sono determinati a portare avanti la loro convinzione e possono diventare anche figure “pericolose”. Non possiamo pensare che tutto sia un complotto, vivremmo guardandoci sempre le spalle, non ci fideremmo di nessuno, d’altro canto non possiamo negare che nella società ci siano situazioni poco chiare e affermare che la vita sia tutta rose e fiori, anche questo potrebbe essere pericoloso, ci renderebbe vulnerabili.

È chiaro che la cosa giusta dovrebbe stare sempre nel mezzo. Non è facile, siamo esseri emotivi e in quanto tali poche volte la nostra razionalità ci aiuta. 

E a questo punto vorrei chiudere lanciando due domande provocatorie:

E SE IL VERO COMPLOTTO FOSSE DI FARE PENSARE CHE NON CI SONO COMPLOTTI?

E SE IL VERO COMPLOTTO FOSSE DI FARE PENSARE CHE CI SONO COMPLOTTI?

Fonte: laterzapossibilita.it

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