lunedì 2 agosto 2021

Benvenuti nell’Era digitale della necrofilia on demand

 

Effetti collaterali di un modello di società digitale che assegna un prezzo e sottrae un valore tanto alla vita e al vivere, quanto alla morte e al morire.

In pochi decenni la tecnologia digitale ha colonizzato ogni angolo del pianeta. L’uso tendenzialmente ossessivo-compulsivo dei dispositivi digitali ha generato un flusso ininterrotto e impressionante di dati, una fonte inesauribile di informazioni raccolte e impiegate per istruire la profilazione dell’utente e l’elaborazione di strategie di marketing o di condizionamento, se non proprio di controllo, rivolte ad una specifica categoria o a milioni di generici consumatori digitali, allo scopo di influenzarne il comportamento, il cosa, come, quando comprare, pensare, comunicare, lavorare, divertirsi, studiare, sognare, amare, desiderare, sentire, fare sesso, votare, reclamare, vivere e morire.

I primi a beneficiarne sono i grandi gruppi finanziari che muovono le fila della globalizzazione del libero mercato. È l’apoteosi di una dimensione mentale educata a conoscere il prezzo di tutto e a non conoscere il valore di niente (Oscar Wilde). 

Una dimensione incline a sviluppare quel tipo di nevrosi che Eric Fromm chiamava necrofilia, un gusto morboso per ciò che è inanimato, privo di vita, ereditato dal paradigma culturale positivista, secondo il quale ciò che è scientificamente modificato e artificialmente costruito è altamente desiderabile ...



Oggi, in piena Rivoluzione Industriale 4.0, la categoria della naturalità non è più solo incalzata, come è accaduto nel secolo scorso, ma è letteralmente fagocitata da quella dell’artificialità [1]. 

Tutto ciò che non è prodotto in/di laboratorio appartiene al passato, è un bene di lusso da gustare a prezzo maggiorato, retaggio di un “bel tempo andato” destinato ai cultori dei sani prodotti di una volta (come nelle fiabe).

Il risultato è un modello di società tecnivora retta dal culto (autoreferenziale) del progresso tecno-scientifico, dove la tecnica, un tempo guidata dalla produzione sociale e culturale che richiedeva strumenti: “.... si è autonomizzata dal rapporto sociale e si è incorporata nel rapporto produttivo, giungendo a un “primato della ragione strumentale”, dei mezzi sui fini. 

Se la tecnica si automatizza, si realizza il fenomeno, descritto da Emanuele Severino, dell’organizzazione tecnica della tecnica: essa risponde solo alla propria potenza con l’unico fine dell’auto-accrescimento continuo; automatizzata persino dagli scopi particolari, che ha asservito all’unico scopo di aumentare sé stessa. 

Oggi dalla tecnica ci si aspettano i miracoli; si può immaginare che domani avremo pròtesi per tutto: si sostituiscono il fegato, il cuore, gli occhi, il viso, persino il cervello, con il rischio che questo possa determinare una trasformazione dello statuto antropologico dell’uomo. [2]

Una dimensione tecnocratica che assegna un prezzo e sottrae un valore tanto alla vita e al vivere, quanto alla morte e al morire. Le armi di distruzione di massa e i crimini contro l’umanità che hanno insanguinato il XX secolo dovrebbero metterci in guardia dal grado di diabolica perversione che si annida nel trionfo della artificialità sulla naturalità. Un monito che andrebbe ascoltato.

Un modello di società dove vivere e morire continuano ad essere svuotati del loro valore naturale, soggettivo, reale, per essere “prezzati”, in attesa che facciano il loro ingresso sul mercato i cyborg, l’ultima invenzione del processo di integrazione uomo-macchina avviato dalla Rivoluzione Industriale 1.0, gli ibridi uomo-macchina che non devono rispondere delle proprie azioni ad una coscienza personale perché quella che hanno è preconfezionata e non contempla problemi di coscienza.

E così, in attesa d’essere provvisti di dispositivi digitali a dimora, sottocutanei o intracranici, e sottoposti da remoto e in real time alla modellizzazione delle emozioni, i comuni consumatori digitali vengono intrattenuti h24 dai real time shows e dai talk shows dedicati alla morte e al morire, dove a morire sono sempre gli altri, sempre tenuti a debita distanza, nell’altrove asettico di una corsia d’ospedale, di un obitorio o di una sala del commiato, affidati alle cure degli esperti del trapasso, gli addetti ai lavori delle condoglianze, per essere catapultati sul set televisivo o cinematografico, alla mercè degli esperti della spettacolarizzazione.

Benvenuti nell’Era digitale della necrofilia on demand.

Riferimenti []:
[1] Messori, C. (2018) Dall'Uomo-Macchina Illuminista alla Robotizzazione della Società, Il Minotauro, 1(1), Persiani Editore, Bologna
[2] Barcellona, P. (2007) La parola perduta. Tra polis greca e cyberspazio, Edizioni Dedalo, pag. 77

Fonte: www.ecplanet.org

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