giovedì 23 luglio 2020

Il falso mito della scoperta delle Americhe

Una faccenda alquanto intricata che ha dettato le opere più importanti del Rinascimento e ha posto le fondamenta della moderna società.

di Riccardo Magnani

Lago di Lecco, 20 luglio 2020

La questione della "scoperta delle Americhe" viene affrontata da sempre nella maniera errata, fuorviati dal fatto che dietro questo importante evento epocale si sono raccolti gli interessi politici e economici che hanno concorso a determinare l'odierno assetto mondiale, quindi cerchiamo di risolvere la questione una volta per tutte.

Per anni, mettendo in discussione la storiella che vuole il Nuovo Mondo scoperto da Cristoforo Colombo, si è parlato della mappa anacronistica dell'ammiraglio turco Piri Reis, datata 1513 e in cui si fa menzione a un infedele di Genova di nome Colombo e secondo alcuni evidenzia le coste del Brasile e dell'Antartide.

Poi è stata la volta dei Vichinghi, che avrebbero raggiunto il Canada o dei Templari, lungo le coste della Nuova Scozia, e a seguire dei Cinesi, dei Romani e degli Etruschi, alimentando un filone del mistero che è divenuto il punto di forza di una infinità di trasmissioni televisive e di pubblicazioni a tema, senza però che nessuno riuscisse a individuare il bandolo della matassa e risolvere questo interrogativo definitivamente ...

Mappa di Piri Reis

In realtà, come ripeto sempre, il mistero non esiste; esiste solo una lacuna di conoscenza spesso indotta.

Come nella fiaba di Andersen I vestiti dell'Imperatore ogni evidenza è sotto agli occhi di tutti, solo che per convenienza (o mancata capacità analitica) nessuno finora s'è posto le domande più banali, e di conseguenza non ha mai saputo individuare le risposte più consone alla questione.

E' solo una questione di metodo, dopotutto.
E di integrità intellettuale ... e in questo i bambini hanno molto da insegnarci.

In primis va detto che parlare di "scoperta dell'America" è un approccio improprio, derivato da una distorsione della storia figlia di una visione della storia eurocentrica, visto che quelle terre erano abitate
da popolazioni le cui conoscenze erano di gran lunga più avanzate delle nostre, tanto da dettare, come
vedremo in seguito, la cultura, gli usi e le abitudini del popolo europeo del primissimo Rinascimento.
(Immagine: Alfonso V e Indio)

In secondo luogo va sottolineato come esistano alcune evidenze legate alle primissime rappresentazioni delle Americhe, sia prima che dopo il 1492, cioè la data in cui viene ufficialmente collocata la scoperta delle Americhe, che risolvono a monte la questione, troncando definitivamente tutte le speculazioni che vi ruotano attorno.

La più eclatante di queste evidenze riguarda l'Antartide, un territorio scoperto solo nel 1820 da una spedizione russa, che troviamo apparentemente rappresentato in modo anacronistico in una miriade di carte geografiche e dipinti rinascimentali e successivi.

Planisfero Abraham Ortelius

Gli studiosi e gli accademici hanno finora giustificato l'esistenza di queste rappresentazioni della Terra Australis, cioè di un vasto continente nell'estremo sud del mondo, adducendo la fantasiosa motivazione di "equilibrare" le terre del nord (Europa, Asia e Nord Africa).

Questa libertà figurativa verrebbe poi ricondotta ai tempi di Tolomeo, cartografo greco vissuto ad Alessandria d'Egitto nel I° secolo e considerato il padre della moderna cartografia, il quale avrebbe suggerito di includere questa terra al fine di ottenere una rappresentazione simmetrica di tutte le terre conosciute nel mondo.

Tolomeo

Quindi l'inserimento di una Terra Australis Incognita nelle carte geografiche rinascimentali sarebbe stato suggerito da un'esigenza di simmetria grafica, non di conoscenza effettiva.
Una motivazione, questa, legata a un certo malcostume dell'ambito accademico e scientifico in base al quale qualcosa diviene anacronistico, o ingiustificabile, in confronto a qualcosa che viene stabilito per definizione come comprovato, al pari di come si fa coi postulati in matematica o coi dogmi religiosi.

Quindi, siccome l'America è stata scoperta da Colombo secondo la tesi ufficialmente riconosciuta - o l'Antartide non si conosceva prima che i Russi l'avvistassero nel 1820 - le rappresentazioni di queste terre anteriori alla loro scoperta ufficialmente riconosciuta anteriori sono frutto di fantasia o pareidolia.
Fortunatamente la logica ci aiuta a superare l'indiscutibilità di dogmi e postulati.

Anche Leonardo si occupa di raffigurare la Terra Australis, e in una rappresentazione a ottanti del globo terrestre conservata alla Royal Collection di Windsor la identifica collocandola esattamente là dove si trova, e cioè tra Africa, Asia e Europa.

(rappresentazione a ottanti di Leonardo - emisfero sud)

C'è però una rappresentazione della Terra dell'epoca rinascimentale, contenuta in un planisfero che si trova in Valtellina e che io riconduco sempre a Leonardo da Vinci e all'ambito neoplatonico fiorentino, come del resto l'intera sala intera sala che la contiene, in cui viene evidenziata la Terra Australis anno 1459 sed nondum plena cognita.

Questo affresco presenta l'Antartide non solo privo dei ghiacci che oggi la ricoprono, ma ne individua il profilo in maniera puntuale, come si può vedere da una moderna ripresa che evidenzia sotto la coltre ghiacciata le terre che la compongono.

La questione non è di poco conto, in quanto innesca una serie di interrogativi basilari in riferimento proprio sia alla puntualità con cui è stata eseguita che al fatto che presenti l'Antartide come una terra verde, senza i ghiacci che oggi la coprono totalmente.

Particolare planisfero Leonardo

Ad esempio: come fu possibile conoscere la forma dell'Antartide in maniera così puntuale se era coperta dalla coltre dei ghiacci?

Evidentemente qualcuno ha potuto mappare l'Antartide in un periodo in cui, almeno lungo le coste, i ghiacci si erano ritirati, circostanza che ha permesso nel passato a qualcuno di definirne il profilo.

Particolare Erdapfel Behaim 

Una indicazione temporale in tal senso ci deriva dal fatto che nelle prime carte geografiche, questa inclusa, il Mar Rosso è letteralmente rosso, a causa di un'alga particolare che ne ha determinato, in periodi ben precisi della storia, questa colorazione, come si evince chiaramente da un mappamondo
del 1492 di Martin Behaim, ispirato a quello andato perduto di Paolo dal Pozzo Toscanelli nel 1474 e sul quale torneremo a breve, in cui la colorazione particolare assunta dal Mar Rosso si degrada sfociando nell'Oceano indiano.

Questa evidenza, tra l'altro, ci rimanda a quella ciclicità con cui si alternano le ere glaciali e non che sappiamo essersi manifestata nel corso della storia, e che anche se non è l'oggetto della chiacchierata di oggi, apre un fronte di discussione sull'annosa questione del riscaldamento del pianeta. Un'altra questione mal posta, evidentemente, in quanto sotto accusa non deve essere il riscaldamento del pianeta, che com'è dimostrato sia dalla scienza che da queste rappresentazioni è ciclico, bensì l'inquinamento che il sistema capitalistico ormai portato all'esasperazione ha comportato.

E' forse legittimo pensare che dietro chi guida certe campagne legate al Global Warming si siano gli stessi che sono stati gli artefici del danno ambientale causato e cerchino oggi di governare anche la riconversione di un sistema ormai decotto.

Tornando a parlare di geografia, la stessa Groenlandia, letteralmente dal danese Grønland, "terra verde", lascia presagire che un tempo anche questa terra fu libera dai ghiacci che oggi la rivestono per la maggior parte, tanto che la tesi che vorrebbe i Vichinghi aver raggiunto l'America ipotizza che a raggiungere le coste del Canada fu Erik il Rosso, esiliato dall'Islanda proprio in Groenlandia attorno all'anno mille.

Quindi basterebbe questa banale quanto risolutiva analisi di documenti considerati anacronistici o fantasiosi dal mondo scientifico e accademico ma invece altamente attendibili sotto un profilo logico e filologico per porre fine a una questione che alimenta un mistero che da sempre affascina l'uomo, che sfocia in una curiosità direi quasi morbosa che distrae invece dal comprendere ciò che realmente ha ruotato e tutt'oggi ruota attorno a questa scomoda vicenda.

Sì, perché la questione del controllo sui nuovi territori, insieme alla discordia tra il fondamento cattolico e il nascente neoplatonismo di stampo greco e bizantino, costituisce invece il fondamento primo attorno a cui ruota lo sviluppo di tutto il XV secolo; non solo sotto l'aspetto geopolitico e culturale, com'è ovvio attendersi, ma soprattutto sul piano economico e artistico, come vedremo.

La Terra, dunque, era conosciuta nella sua interezza da sempre.

Attenzione: non sto parlando della sua rotondità, facendo allusione in questo a una rappresentazione di Zeus che proviene da una villa pompeiana e oggi conservato a Napoli, in cui ai piedi della divinità compare un mappamondo nel quale apparentemente è nuovamente riconoscibile il Mar Rosso ... rosso.

(a sinistra, mappamondo Pompei)

No, no.
Alludo proprio a una conoscenza puntuale delle terre che invece siamo soliti considerare anacronistica per quel limite temporale fittizio che la vicenda di Cristoforo Colombo ci imporrebbe di assumere.

Per comprendere l'importanza dirimente della questione, vi basti pensare a questo: ufficialmente il passaggio tra Medioevo e Rinascimento viene contestualizzato con la scoperta del Nuovo Mondo da parte di Cristoforo Colombo il 12 ottobre 1492, quando volendo dimostrare che la via più veloce per raggiungere le Indie era navigare verso Ovest, fece naufragio sull'Isola di San Salvador, nelle Antille.

Quindi tutto quello che noi assumiamo come rinascimentale, in realtà, è una coda medioevale: Cosimo de Medici, Pico della Mirandola, Botticelli, Lorenzo il Magnifico, lo stesso Leonardo, il rilancio delle arti, delle scienze ... "esulerebbe" dal concetto diffuso di Rinascimento.

In questo c'è tutta l'ipocrisia di un sistema che a livello embrionale ha poi posto le basi, come dicevo, della moderna società.

Benozzo Gozzoli - Cavalcata dei Magi

In realtà il vero Rinascimento finisce nel 1459, e cioè la data che non solo è incisa in calce al planisfero con l'Antartide senza ghiacci visto in precedenza, con quella dichiarazione sibillina che suona invece più come una rivelazione, sed nondum plena cognita, ovvero come non ancora pienamente scoperta, ma una data che si collega a due altri episodi fondamentali nel comprendere come effettivamente andò la vicenda delle Americhe: quando cioè Benozzo Gozzoli dipinge la Cavalcata dei Magi all'interno della Cappella di famiglia di palazzo Medici Riccardi, la residenza medicea prima che venne trasferita nel più celebre Palazzo Vecchio da una parte e l'anno in cui Pio II indice a Mantova il Concilio detto della Dieta dall'altra, testimoniato da Pinturicchio (Pio II Concilio Mantova, a destra) nella Libreria Piccolomini nel Duomo di Siena, attraverso il quale il Papa originario di Pienza cerca l'appoggio politico e militare dei vari potentati d'Europa per fronteggiare l'esercito Turco, che nel frattempo aveva preso Costantinopoli, determinando la fine dell'Impero Bizantino.

La questione dunque si sposta da "chi ha scoperto l'America", che come abbiamo detto è un interrogativo mal posto, visto che il mondo era conosciuto nella sua interezza da sempre, e la puntualità con cui si è potuto mappare l'Antartide priva di ghiacci ne è la prova provata, a "chi nel mondo occidentale ha avuto frequentazioni continuative col Nuovo Mondo" e quale tipo di approccio ha tenuto con i nativi locali, che erano tutt'altro che trogloditi ma la cui civiltà possiamo forse dire essere anzi più avanzata di molte delle nazioni europee dell'epoca.

Di quali reati si sia macchiato Cristoforo Colombo, o forse sarebbe meglio dire di chi dietro le sue generalità si sia nascosto - in quanto Colombo non è mai esistito - purtroppo lo sappiamo bene.

Confronto Colombo e Innocenzo VIII

Non è impensabile che i Fenici, i Romani, i Vichinghi, i Templari o i Cinesi che dir si voglia abbiano avuto della saltuarie quanto casuali frequentazioni.
Tra gli uni e gli altri, però, c'è stata una frequentazione importante e continuativa che è testimoniata da una infinità di documentazione, scritta e pittorica, che è essenziale analizzare per comprendere non solo ciò che è occorso nel passato, ma come si sia arrivati alla società di oggi, con tutte le sue contraddizioni, ingiustizie e fragilità.

E qui entriamo nel mio ambito di studi principale, ovvero l'arte rinascimentale e Leonardo da Vinci.

L'uno e l'altro non possono essere compresi se non si comprendono appieno le dinamiche con cui le vicende delle Americhe si sono sviluppate lungo il corso di tutto il XV secolo, fino a sfociare in una delle più grandi farse della storia, ovvero la scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo.

La Cavalcata dei Magi dipinta da Benozzo Gozzoli a cui facevo cenno poc'anzi risulta essere il manifesto dell'alleanza politica tra le signorie che ruotavano attorno alla figura di Cosimo de Medici, il Pater Patriæ della Signoria fiorentina.

Affrescata nella cappella che occupa il luogo più intimo della residenza medicea, questo dipinto, che si vuole essere celebrativo di Lorenzo il Magnifico, ritratto a cavallo con fattezze più gentili di quelle che invece lo contraddistinguevano, ritrae in realtà la cavalcata che celebra l'ingresso in Firenze del Re d'Ungheria neoeletto, Mattia Corvino.

(A sinistra: Mattia Corvino e Lorenzo de' Medici)

Tanto che la cavalcata a cui allude il titolo del ciclo di affreschi è quella dei Magi-ari, una delle sette tribù che concorsero a formare il popolo Ungherese, e tra i quali figura anche Vlad III di Valachia, all'epoca al servizio di Alfonso V d'Aragona, più noto al grande pubblico col nome di Dracula.

Al seguito del Re d'Ungheria sono ritratti i dignitari bizantini che concorsero a dar vita a quel rilancio delle arti che prenderà il nome di Rinascimento portando con sé in occasione del Concilio che si tenne a Firenze nel 1439 libri e antiche mappe geografiche, compreso il Geographia di Tolomeo, già a Firenze già dagli inizi del '400 grazie al bizantino Crisolora, affiliato al Re d'Ungheria, nonché Imperatore del Sacro Romano Impero, Sigismondo; con loro, gli Sforza, i Medici, i d'Este, Ciriaco d'Ancona (considerato inventore della moderna archeologia) e molti altri.

Curiosamente, Cosimo de Medici viene raffigurato in un angolo defilato della Cappella, con alle spalle il referente primo di tutto il movimento culturale bizantino, ovvero Gemisto Pletone, nei panni di un imperatore Inca, all'epoca Pachacutéc, che proprio in quell'anno morirà.

(A destra: Pachacutéc e Cosimo de' Medici) 

Chissà, forse facendosi ritrarre nei suoi panni Cosimo de Medici volle omaggiarlo di un ultimo saluto, fatto sta che nella raffigurazione con cui lo ritrae Benozzo Gozzoli il vecchio Cosimo indossa i paramenti sacerdotali Inca, porta i capelli alla tipica moda dei nativi amerindi ma soprattutto indossa la mascapaicha, un ornamento costituito da un filo intrecciato rosso e oro e tre piume di un uccello sacro andino con cui veniva identificato non solo l'ordine sacerdotale ma anche il rango regale di chi lo indossava, quasi a investire chi lo indossasse sia del potere spirituale che di quello temporale.

Erroneamente questo copricapo verrà considerato l'impresa personale di Cosimo de Medici, ma in realtà appare già su un desco cerimoniale , decorato dal fratello di Masaccio, con cui nel 1449 venne accolta la nascita di Lorenzo, detto il Magnifico. 

(Desco cerimoniale Lorenzo de' Medici)

Questo particolare è importantissimo non solo perché aggiunge ad una conoscenza geografica di tipo cartografico una testimonianza diretta di usi, costumi e addirittura personaggi che abitavano il Nuovo Mondo, ma ci lascia intendere come, nell'atto con cui Cosimo de Medici ne omaggia la più alta carica politica e religiosa, i rapporti tra amerindi e europei fu inizialmente pacifico, amichevole, collaborativo.

Tanto collaborativo che addirittura le due più ricche e potenti famiglie che all'epoca si trovavano contrapposte al Papato di Pio II, e cioè Sforza e Medici, misero un meticcio alla guida del proprio regno.

Sì, avete ben inteso: Lorenzo il Magnifico e Ludovico il Moro, così soprannominato per il colore olivastro della propria pelle come testimoniato da Paolo Giovio, erano figli dei primi viaggi transoceanici.

Ma c'è di più relativamente a ciò che è raffigurato nella Cavalcata dei Magi.

Rappresentazioni varie delle Americhe - XV secolo

Ognuna delle figure politiche appartenenti alle più importanti famiglie alleate di Cosimo de Medici, dagli Este, agli Sforza, ai Malatesta, fino a quelle minori ma ugualmente con queste alleate nel territorio di loro competenza, come i Saluzzo, i Besta e altri, era in possesso di rappresentazioni delle Americhe che verrebbero considerate anacronistiche dal mondo Accademico per quel limite temporale fittizio costituito dalla scoperta attribuita a Cristoforo Colombo. 

Allo stesso modo, grazie al mecenatismo di alcune di queste famiglie volto a diffondere quel rinnovato moto di intendere la conoscenza secondo criteri pagani che affondavano le proprie radici nel culto antico, legato alle leggi naturali secondo criteri astronomici, matematici, geometrici e musicali, tanto inviso al Papato, alcuni dei più famosi artisti del Rinascimento si sono resi promotori di queste conoscenze, testimoniandole in forma occulta nelle loro opere.


Sto parlando di pittori di primissimo piano: dal già citato Benozzo Gozzoli a Piero della Francesca, che dipinge i territori attorno al Golfo del Messico e tutto il Nord America per conto di Pandolfo Sigismondo Malatesta, in un dipinto del 1451 (sopra) che è conservato presso il Tempio Malatestiano di Rimini; oppure a Pisanello, forse l'artista che con Botticelli ci lascia le testimonianze più numerose circa il Nuovo Mondo.


Pisanello nel 1440 dipinge il ritratto di Ginevra d'Este, prima moglie di Pandolfo Sigismondo Malatesta, Signore di Rimini, con alle spalle la stessa porzione del Nuovo Continente, che include lo Yucatan, la Louisiana, la Florida e Cuba. 

Ma c'è un altro elemento che lega curiosamente Pisanello e Piero della Francesca, relativamente alle vicende legate al Nuovo Mondo: Piero della Francesca infatti muore il 12 ottobre 1492, data che oggi viene collegata in maniera fittizia alla scoperta dell'America, mentre Pisanello nel 1438 dipinge La visione di Sant'Eustachio, un dipinto in cui compare Domenico Malatesta, fratello di Pandolfo Sigismondo ed entrambe vicini a Sigismondo d'Ungheria.


Ebbene, la particolarità di questo dipinto è certamente legata al fatto che sono rappresentate sia l'America del Sud (la visione a cui allude il titolo dell'opera) che l'Antartide, nella parte bassa del dipinto stesso. 

Ma c'è una seconda curiosità, che ci aiuta a comprendere come in realtà i dettagli di quella che noi oggi conosciamo come la scoperta del Nuovo Mondo da parte di Cristoforo Colombo, sia in realtà una sorta di patchwork di viaggi precedenti: oggi nel Martirologio Romano Sant'Eustachio viene celebrato il 30 di settembre, ma prima della scoperta dell'America ci si affidava alla Legenda Aurea, una raccolta medievale di biografie agiografiche composta in latino da Jacopo da Varazze, frate domenicano e vescovo di Genova.

Beh, sapete quando veniva celebrato Sant'Eustachio nell'epoca in cui Pisanello dipinge Domenico Malatesta al cospetto di una rappresentazione dell'America del Sud?
Il 12 ottobre ...

Questo non è l'unico elemento che di fatto sbugiarda la ricostruzione di uno dei più grandi inganni della nostra storia, in base al quale il corso della nostra evoluzione è stato profondamente cambiato. 

(A destra: Codex Florentinii e picciolo malatestiano)

Pisanello inserirà riferimenti geografici in un altro dipinto coevo ai precedenti, San Giorgio e la Principessa, dove di nuovo vi sono degli inserti geografici che rimandano sia alle Americhe sia al Giappone, ma la cosa interessante è la Principessa, ovvero Cleofe Malatesta, imparentata coi Paleologi, Re bizantini, cugina del padre di Sigismondo e Domenico Malatesta, ovvero Pandolfo III, il quale, Signore di Fano, Rimini, Brescia, Bergamo, Lecco e alleato dei Re d'Ungheria, nel 1414 fa coniare il picciolo malatestiano, una moneta sulla quale compare la cosiddetta Rosa Malatestiana.

La Rosa Malatestiana è in realtà un fiore del Perù, la Ludwigia Peruviana, e adorna tutto il Tempio Malatestiano di Rimini, fatto costruire da Pandolfo Sigismondo su un preesistente impianto appartenuto ai frati Francescani vicini al fratello Domenico.

A proposito di questo fiore, voglio ricordare che oggi è il 22 luglio, la festa di santa Maria Maddalena, considerata “apostola degli apostoli” e patrona dell’Ordine domenicano.

Celebrata nell'affresco del Beato Angelico Noli me Tangere, (a sinistra) situato nel dormitorio del convento di San Marco, il dipinto denuncia in realtà la conoscenza e la frequentazione delle Americhe ben prima di Cristoforo Colombo, in quanto il dipinto è del 1438/40, e il ruolo fondamentale avuto dai Domenicani, ordine dal quale, in conseguenza proprio delle vicende legate al controllo dei nuovi territori, nascerà l'Ordine dei Gesuiti, che oggi sappiamo bene quale ruolo ha nella politica del paese.

Quello che viene narrato come un fiore sconosciuto, è in realtà la Ludwigia Peruviana, un fiore autoctono del paese sudamericano già su una moneta della zecca bresciana di Pandolfo III Malatesta del 1414 e dipinto sullo scudo di un guerriero amerindi nel Codex Florentinii.


Non è l'unico riferimento a una conoscenza delle Americhe in San Marco, più di 50 anni prima della farsa di Colombo...
Delle volte... le coincidenze, eh?

Tornando al Malatesta, in un atto egoico sfrenato, quello che venne definito da Ezra Pound come "il miglior perdente della storia", riempie il tempio di riferimenti astronomici e pagani, facendo infuriare Pio II che lo spodesterà in favore di Federico da Montefeltro, suo nemico giurato.

All 'interno del Tempio, oltre al suddetto dipinto di Piero della Francesca e alla Rosa Malatestiana, in corrispondenza della formella relativa al segno del Cancro una nave dalla vela che ricorda nella forma uno dei primi planisferi a doppio cerchio sembra essere un chiaro rimando al tropico del Cancro (a destra), lungo il quale di fatto avvennero le prime navigazioni verso le Americhe come suggerito anche da Paolo dal Pozzo Toscanelli nel 1474 al canonico di Lisbona Ferdinando Martinez, indicando una via più breve rispetto a quella tradizionalmente percorsa partendo dalle coste africane della Guinea:

"A Ferdinando Martinez, canonico di Lisbona, Paolo fisico salute.
Molto mi piacque intendere la domestichezza, che tu hai col tuo serenissimo e magnificentissimo re: e quantunque molte altre volte io habbia ragionato del brevissimo camino, che è di qua all'Indie, dove nascono le specierie, per la via del mare, il quale io tengo più breve di quel che voi fate per Guinea, tu mi dici, che sua altezza vorrebbe hora da me alcuna dichiaratione, o dimostratione, acciocché s'intenda e si possa prendere detto camino. Laonde come ch'io sappia di poter ciò mostrarle con la sfera in mano, e farle veder come sta il mondo; nondimeno ho deliberato per più facilità e per maggiore intelligenza dimostrar detto camino per una carta, simile a quelle che si fanno per navigare. 

Orbis terrae Compendiosa descriptio - Gerardo Mercatore

E così la mando a sua maestà, fatta e disegnata di mia mano, nella quale è dipinto tutto il fine del ponente, pigliando da Irlanda all'austro insino al fin di Guinea, con tutte le isole, che in tutto questo camino giacciono: per fronte alle quali dritto per ponente giace dipinto il principio dell'Indie, con le isole e luoghi dove potete pervenire: e quanto dal polo Artico vi potete discostare per la Linea equinottiale, e per quanto spatio, cioè in quante leghe potete giungere a quei luoghi fertilissimi d'ogni sorte di specieria, e di gemme, e pietre pretiose. Et non habbiate a maraviglia, se io chiamo ponente il paese, ove nasce le specieria, la qual communemenfe dicesi che nasce in levante: percioché coloro, che navigheranno al ponente, sempre troveranno detti luoghi in ponente; et quelli, che anderanno per terra al levante, sempre troveranno detti luoghi in levante. [...]

Et dall'isola di Antilla, che voi chiamate di Sette città, della quale havete notitia, fino alla nobilissima isola di Cipango, sono dieci spatii, che fanno due mila e cinquecento miglia, cioè dugento e venticinque leghe: la quale isola è fertilissima d'oro, di perle, e di pietre pretiose. Et sappiate, che con piastre d'oro fino coprono i tempii, e le case regali. Di modo che, per non essere conosciuto il cammino, tutte queste cose si ritrovano nascoste, e coperte; e ad essa si può andar sicuramente."

Prima di tornare su questa lettera di Paolo dal Pozzo Toscanelli, vorrei terminare il racconto su Pandolfo Sigismondo Malatesta e il suo misero tentativo di addossarsi parte di meriti che non gli competevano, analizzando un testo che fece scrivere dall'umanista Basinio da Parma e illustrare da Giovanni da Fano attorno al 1450.
Mi riferisco all'Hesperis, un poema epico in 13 libri scritto per celebrare oltremodo le gesta del signore di Rimini nella sua attività militaresca.

A beneficio di cronaca ricordo che le Esperidi erano figure della mitologia greca che custodivano il giardino dei pomi d'oro di Era, che si trovava a occidente al di là delle terre conosciute.

Tra le tante immagini a supporto del racconto, a un certo punto fanno la loro comparsa delle immagini che ritraggono Pandolfo Sigismondo prendere il largo su una caravella che farà poi naufragio sull'Isola Fortunata, la cui forma ricorda fortemente l'isola di San Salvador, la stessa isola su cui fa naufragio Colombo e sulla quale è disegnato il palazzo di Zefiro (uno dei venti che soffia da Occidente e che veniva utilizzato per la navigazione transoceanica) che ricorda nella forma la prima fortezza costruita dai coloni nell'isola di Santo Domingo, una volta insediatisi nel nuovo mondo.

Il naufragio di Sigismondo Malatesta e l'arrivo sull'isola Fortunata, miniatura tratta dal codice 'Hesperis' di Basinio da Parma - Bibliothèque de l'Arsenal de France, Parigi.

Quindi, riassumendo, ci sono una serie di circostanze anomale, al di là di una dimostrata conoscenza pregressa dell'intera mappatura della terra, che lasciano presagire come tutto quello che concorre a formare il mito della scoperta di Colombo sia in realtà anticipato nella documentazione pittorica e letteraria diversi anni prima del 1492.

La stessa lettera di Paolo dal Pozzo Toscanelli sembra confermarcelo, laddove fa riferimento all'isola di Antilia, detta delle Sette città.
Questa stessa menzione è fatta nel mappamondo di Behaim del 1492, che come ho detto in precedenza è stato fatto sul modello di quello perduto del Toscanelli.

Nel mappamondo di Behaim l'isola di Antilia è disegnata esattamente là dove dei trova l'Isola di Santo Domingo, approcciata da alcune caravelle, con la dicitura che fu raggiunta nel 1414 dagli Spagnoli, ma che in realtà fu abitata sin dall'VIII secolo da alcuni prelati portoghesi.

Ovviamente moltissima è la documentazione a completamento di questo mio breve racconto, per forza di cose contenuto per esigenze editoriali, ma è chiaro ed evidente a questo punto non solo che la terra, nella sua interezza, fosse stata mappata con
estrema precisione in un tempo assai remoto, ma che le frequentazioni del cosiddetto Nuovo Mondo, inizialmente pacifiche, hanno iniziato a svilupparsi con una continuità documentabile sul finire del XIV secolo e sia principiare del XV.

(A destra: Particolare Antilia - Behaim)

Le enormi ricchezze che le nuove terre offrivano e la minaccia dell'esercito Turco, una volta sconfitto l'Impero Bizantino con la presa di Costantinopoli del 1453 ha indotto gli uomini di Chiesa sin dalla metà del XV secolo a far di tutto per sottrarre il controllodelle nuove terre, stringendo alleanze, emettendo Bolle Papali per il controllo dei nuovi territori e la possibilità di trattare in schiavitù i nativi, ma soprattutto sottraendone ai Medici e agli Sforza il controllo.

Nella già citata Libreria Piccolomi nel Duomo di Siena, Pinturicchio immortala il momento l'allora Vescovo di Siena Enea Piccolomini (poi divenuto Papa Pio II) presenta il tedesco Federico III, l'ultimo imperatore del Sacro Romano Impero, con la portoghese Eleonora d'Aragona, sotto lo sguardo attento di Nastagio Vespucci, padre di Amerigo. 

(Pinturicchio - Libreria Piccolomini)

Da quel punto in avanti, il Papato si interessa di mettere le mani sui nuovi territori e le ricchezze di cui dispongono; l'alleanza appena descritta tra portoghesi e tedeschi farà sì che tutta la cartografia ufficialmente riconosciuta, da quel momento in avanti, sarà affidata ai tedeschi, mentre Nastagio Vespucci guiderà le flotte portoghesi, un tempo appartenute a Enrico il Navigatore.

È in quest'ottica che va letta la Congiura de Pazzi del 1476, ordita da Papa Sisto IV con l'appoggio di Federico da Montefeltro, per spodestare Giuliano e Lorenzo de Medici dal controllo su Firenze, ma soprattutto dal controllo finanziario che i traffici col nuovo mondo avrebbero garantito al Banco Mediceo.

Lo stesso Leonardo subirà i riflessi del clima ostile ingeneratosi a Firenze, subendo una falsa accusa di omosessualità e sodomia nel 1478 e vedendosi costretto a fuggire una seconda volta a Milano.

E qui interviene Botticelli, l'artista che al pari di Pisanello è forse quello che ci lascia nelle sue opere il maggior numero di testimonianze che ci rivelano non solo una conoscenza delle nuove terre al di là dell'Oceano Atlantico ma una loro diretta frequentazione.

In un ciclo di quattro dipinti, attorno al 1480, Botticelli si ispira a una novella boccaccesca, Nastagio degli Onesti, per denunciare il ratto del controllo sui nuovi territori alla famiglia de Medici, mostrando la sua modella preferita (nonché, si dice, amante di Giuliano de Medici) pugnalata alle spalle, così come fu assassinato Giuliano durante la Congiura de Pazzi nel Duomo di Firenze.

Botticelli, Nastagio degli Onesti

Sullo sfondo, il golfo di Portovenere, di cui Simonetta Cattaneo Vespucci era originaria, mentre le foglie degli alberi soprastanti descrivono nella forma anomala il passaggio lungo Panama.

Sì, perché con buona probabilità le prime rotte per le Americhe contemplavano la navigazione verso Oriente, come descrive nella sua lettera al canonico portoghese Martinez il Toscanelli.

Botticelli - particolare - Dama del Mali

In un altro dipinto del ciclo, probabilmente donato da Lorenzo il Magnifico alla famiglia Pucci per le nozze di una delle figlie, sullo sfondo compare la Dama del Mali, in Guinea, collegata a quella stessa rotta antica richiamata dal cartografo fiorentino Toscanelli nella lettera più volte menzionata.

Ma è nell'opera più iconica di tutto il Rinascimento, vanto della Galleria degli Uffizi, che la conoscenza delle Americhe si manifesta in quello che è l'atto ultimo con cui lo schieramento Papale da quel momento in avanti condizionerà tutta la conoscenza di questa storia.

Botticelli - Nascita di Venere/ Baccio Baldini - Nave della Fortuna

Sto parlando della Nascita della Venere di Botticelli, opera del 1483 in cui la Venere desnuda alla quale le Sigizie insufflano lo Spirito Vitale (nuovamente i venti che spirano da Occidente, come quelli che gonfiano le vele della Nave della Fortuna disegnata nel 1466 da Baccio Baldini per celebrare le nozze di Bernardo Rucellai con Lucrezia de Medici, e a cui l'impianto iconografico di Botticelli si ispira).

I veli con cui la Venere viene poi rivestita (in un rimando simbolico alla condizione materica raggiunta dopo la rinascita spirituale, animica) non sono altro che una riproposizione dell'America del Nord e l'America del Sud così come vengono stilizzate da Martin Waldseemuller nel 1507, in quella che ufficialmente verrà poi riconosciuta la prima mappa in cui compare il nome AMERICA.

Botticelli - Venere - America

In realtà il nome deriva da Emmerich, il figlio del primo Re Ungherese cattolico, Stefano I, per i motivi già accennati in precedente parlando di Sigismondo d'Ungheria, Crisolora, Mattia Corvino.

Da questo momento in avanti, l'arte, le conoscenze geografiche, il sapere condiviso, subiscono una battuta d'arresto, grazie alle forme di repressione messe in atto dai Tribunali dell'Inquisizione, che guarda caso sono riconducibili ai quattro stati che ebbero un ruolo fondamentale nella spartizione dei nuovi territori dopo averli sottratti a chi, invece, con un atteggiamento amichevole e partecipativo, strinse per primo i rapporti con le popolazioni native.

Da qui la storia è quella che conoscete, con le colonizzazioni, i genocidi, la conversione al cattolicesimo di popolazioni dedite al culto solare.

Nel 1494 col Trattato di Tordesillas, così come indicato sulla mappa di Cantino del 1502, la Spagna e il Portogallo si spartirono i nuovi territori: al Portogallo toccò una parte minima, mentre alla Spagna (che forse poteva disporre una conoscenza cartografica più dettagliata) toccò la fetta più importante.

Planisfero Cantino

Questa mappa è altresì importante, come l'immagine dell'Hesperis in cui Pandolfo Sigismondo raggiunge l'Isola Fortunata, perché associa direttamente un particolare tipo di pianta autoctona delle regioni Americane come l'Araucaria alla sua presenza in molti dipinti del Rinascimento, da Benozzo Gozzoli, al Ghirlandaio, a Botticelli fino a Leonardo.

Purtroppo di recente un noto personaggio dedito alla divulgazione scientifica italiana ha voluto minimizzare questa importante testimonianza pittorica asserendo che in realtà quella che alcuni, il sottoscritto compreso, scambiano per Araucaria quella che invece altro non sarebbe se non il frutto del lavoro dei giardinieri fiorentini, che così abbellivano i giardini delle ricche dimore toscane.
Bontà sua ...

Come potete facilmente intuire, dunque, non solo è importante dirimere una volta per tutte che l'America non è stata scoperta da nessuno, in quanto la sua conoscenza era nella disponibilità dell'uomo da tempo immemore, ma è altresì importante comprendere lo sviluppo di ciò che avvenne nel XV secolo sia per comprendere quella che fu poi l'evoluzione politica, economica e culturale che si determinò in base alla corsa al controllo sui nuovi territori, ma in ultima analisi anche per comprendere cosa effettivamente contiene l'arte rinascimentale, che viene celebrata quotidianamente nei musei e nei programmi televisivi tematici ma secondo un racconto conformato e fortemente distorsivo.

Diciamo che la scelta del Direttore degli Uffizi di invitare la Ferragni per avvicinare i giovani all'arte non è forse la via migliore che poteva percorrere.

Credo che i giovani abbiano diritto di avvicinarsi all'arte per la bellezza che questa esprime e la profondità della conoscenza che racconta, e non certo perché l'influencer di turno può farsi un selfie dinanzi alla Nascita della Venere di Botticelli.

Come dicevo in precedenza, per forze di cose questa è solo una minima produzione rispetto alla ricostruzione della vicenda a cui sono giunto, che per chi fosse interessato potrà trovare nella mia ultima opera letteraria Ceci n'est pas Leonardo, incentrata com'è intuibile a riqualificare l'intera biografia e opera di uno dei più grandi personaggi che siano mai esistiti.

È inutile che vi dica che, al pari della vicenda riguardante le Americhe, l'intera vita e le opere di Leonardo hanno una lettura diversa da quella che siamo stati abituati a recepire.

Magari la prossima volta parleremo di quello ...

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Riccardo Magnani spiega a Byoblu24 i risultati delle sue lunghe ricerche su Leonardo Da Vinci e sulla storia della scoperta dell'America, tutta da rivedere. 
Cristoforo Colombo? Una figura inventata: non è mai esistito.

L'intervista di Claudio Messora



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