Lecco, dal continente ci delizia Riccardo Magnani per "Jente" come anticipato nell'articolo di presentazione del gruppo "Jente Shardana", abbiamo dato una veloce presentazione di alcuni membri del gruppo (Riccardo Magnani, che nutre una grande passione per la storia, l’archeologia e la ricerca nelle opere di Leonardo Da Vinci , anche se i suoi studi non sono propriamente mirati sulla Sardegna è un ottimo punto di riferimento nel continente e non mancherà di deliziarci con nuove rivelazioni dei suoi studi)..... e la delizia ci giunge in un brillante risultato dei suoi ultimi studi basati su Leonardo Da Vinci.... la scoperta di ELDORADO !
Le notizie stanno rimbalzando a velocità supersonica da un capo all'altro del globo e siamo ben lieti di avere Riccardo con noi in "Jente" ed oggi approfondiamo la sua conoscenza: Riccardo Magnani nasce a Lecco il 25 gennaio 1963 è Laureato in Economia e Commercio e da anni i suoi studi si dedicano a Leonardo da Vinci, divenendo uno dei più brillanti studiosi e senz'altro uno dei più accreditati.
Autore di diverse pubblicazioni nelle quali espone le sue innumerevoli e innovative letture dell'opera leonardesca e rinascimentale in genere. Abituato a lavorare con la logica e i numeri, si é lasciato assorbire letteralmente dallo studio dei dipinti del grande maestro a tal punto da condividere una serie di aspetti finora ritenuti misteriosi e che indubbiamente illuminano il percorso della storia verso nuovi bagliori della conoscenza.
La sua più recente scoperta, ovvero la Ciudad Perdida (la città perduta) nel cuore dell'Amazzonia peruviana al confine con Perù, Brasile e Bolivia , il regno del Paititi, l'Eldorado tanto decantato dai Conquistadores spagnoli e fino ad oggi mai individuato da alcun ricercatore al mondo. Riccardo Magnani dedicandosi alla letteratura storica ha scelto di esporre rivelazioni stupefacenti che confessano la cognizione del grande virtuoso Leonardo sulle origini dell’uomo...
(Jente) - complimenti Riccardo per questa tua importante scoperta, seguendo le indicazioni trovate nelle opere di Leonardo Da Vinci sei riuscito a risalire ad un ingegnoso disegno di questo particolare asterismo, ma come sei arrivato a questa brillante intuizione che ti ha portato ad esaminare il cosmo ?
(Riccardo) Vedi, questo autunno stavo considerando la corrispondenza esistente tra il Cartone di Sant’Anna (fig.1) che è un disegno di Leonardo da Vinci dei primi anni del XVI secolo, la costellazione del Cigno, appunto, e l’allineamento delle tre piramidi di Giza. Sapendo che gli antichi abitanti della terra regolavano all’osservazione delle stesse, ho voluto verificare la corrispondenza della costellazione del Cigno anche con altre realtà molto antiche, possibilmente coeve o anteriori alle piramidi egizie. Ogni propria azione in funzione delle stelle, e che molti siti archeologici sono preposti
(Jente) dalle notizie edite abbiamo letto che ti sei consultato anche con Robert Bauval, che sosteneva essere la cintura di Orione quell'insieme di stelle, mentre tu hai rivelato essere ben altro, l'importanza delle tre costellazioni che formano il triangolo estivo, ovvero Cigno, Lira e Aquila rispettivamente le tre stelle nell'ordine sono: DENEB, VEGA e ALTAIR ; in particolar modo è legata alla costellazione della Lira, unitamente al fatto che Leonardo giunse a Milano alla corte degli Sforza nel 1483 accompagnato dalla curiosa definizione di "eccellente suonatore di Lyra", come hai fatto a trarre questa conclusione o forse è meglio dire, come lo sapeva Leonardo?
(Riccardo) In realtà Leonardo da Vinci e le sue indicazioni sono stati solo il presupposto per poter avere la giusta intuizione.
No, con Bauval non c’è stata una vera e propria consultazione; dopo aver fatto un convegno assieme a Novembre, in cui era presente anche l’amico Leonardo Melis, e non avendo avuto delle risposte convincenti da Bauval a mie precise domande, decisi di indagare approfondendo la questione. Ho iniziato a ipotizzare che i disegni di Nazca potessero rappresentare le stesse costellazioni, in particolare appunto quelle del Cigno, dell’Aquila e della Lira, ovvero le tre costellazioni che formano attraverso le loro stelle più luminose il triangolo estivo.
Quindi, assumendo potessero esistere da qualche parte i resti una città molto antica, in virtù anche del fatto che l’uomo si è sempre affidato allo studio dell’astronomia per regolare i ritmi della propria esistenza, ad intuito ho posizionato una stella di questo triangolo in corrispondenza di Nazca, l’altra in corrispondenza di Tiwanaku, (fig2) nell’intento di determinare le coordinate di un ipotetico luogo che avrebbe dovuto indicarmi qualcosa di interessante. In effetti, mi ritrovai catapultato in un punto imprecisato, nel bel mezzo della foresta Amazzonica, al confine tra Perù, Brasile e Bolivia; rimasi totalmente colpito e affascinato nel vedere sotto i miei occhi qualcosa che non sembrava a prima vista naturale, ovvero qualcosa che ricordava una Huaca, cioè quello che in termini quechua, l’antica lingua inca, è un luogo votato al culto: un innaturale sopralzo squadrato con iscritto al suo interno, seppur celato dalla fitta vegetazione, un altro manufatto squadrato ed uno forse circolare (forse un orologio solare, a ricordare quello del Sacsayhuamán di Cusco).
A quel punto venne naturale allargare il campo d’osservazione a tutta quanta la zona circostante, colmandomi di incredulità per tutto quello che sempre più emergeva sotto i miei occhi, così diverso da quello che poteva essere scambiato per un semplice abbaglio o auto-condizionamento: un piazzale cerimoniale, come tanti legati alla cultura pre-incaica peruviana dediti al rituale dell’Inti-Raymi, altri piazzali più piccoli, con scale di accesso laterali chiaramente visibili, piramidi squadrate a gradoni, in numero di tre, vagamente a ricordare la disposizione delle piramidi di Giza e il Cartone di Sant’Anna oggetto della mia iniziale intuizione e tanto simili a una analoga formazione che si trova in Cusco e naturalmente molto, moltissimo altro dislocato in un’area di almeno 800 km quadrati a nord e a sud del fiume Timpia, a nord del distretto di Manu.
Tutto ciò non ha nulla a che vedere con le relativamente moderne cittadelle di Macchu Pichu e Choquequirao, per intenderci, o con i vari ritrovamenti sporadici che di tanto in tanto vengono effettuati lungo la Valle Sacra degli Inca o la cittadella di Miraflores.
A quel punto, dunque, avanzare l’ipotesi di cosa avessi trovato è stato semplice: esiste solo una città, ritenuta leggendaria in quanto mai identificata, che si dice essere ubicata al confine tra Perù, Brasile e Bolivia: il mito della Ciudad Perdida (la Città Perduta), che da sempre ha affascinato e attirato i ricercatori di tutto il mondo, stimolato la fantasia non solo delle majors hollywoodiane, ma anche la letteratura, la fumettistica, la grafica dei video giochi e molto altro ancora.
L’approfondimento conseguente mi ha fatto propendere per la definitiva certezza di quanto stavo ipotizzando, in quanto la corrispondenza dell’area identificata e ciò che nei resoconti storici è tracciato non lasciano alcun dubbio.
No, con Bauval non c’è stata una vera e propria consultazione; dopo aver fatto un convegno assieme a Novembre, in cui era presente anche l’amico Leonardo Melis, e non avendo avuto delle risposte convincenti da Bauval a mie precise domande, decisi di indagare approfondendo la questione. Ho iniziato a ipotizzare che i disegni di Nazca potessero rappresentare le stesse costellazioni, in particolare appunto quelle del Cigno, dell’Aquila e della Lira, ovvero le tre costellazioni che formano attraverso le loro stelle più luminose il triangolo estivo.
Quindi, assumendo potessero esistere da qualche parte i resti una città molto antica, in virtù anche del fatto che l’uomo si è sempre affidato allo studio dell’astronomia per regolare i ritmi della propria esistenza, ad intuito ho posizionato una stella di questo triangolo in corrispondenza di Nazca, l’altra in corrispondenza di Tiwanaku, (fig2) nell’intento di determinare le coordinate di un ipotetico luogo che avrebbe dovuto indicarmi qualcosa di interessante. In effetti, mi ritrovai catapultato in un punto imprecisato, nel bel mezzo della foresta Amazzonica, al confine tra Perù, Brasile e Bolivia; rimasi totalmente colpito e affascinato nel vedere sotto i miei occhi qualcosa che non sembrava a prima vista naturale, ovvero qualcosa che ricordava una Huaca, cioè quello che in termini quechua, l’antica lingua inca, è un luogo votato al culto: un innaturale sopralzo squadrato con iscritto al suo interno, seppur celato dalla fitta vegetazione, un altro manufatto squadrato ed uno forse circolare (forse un orologio solare, a ricordare quello del Sacsayhuamán di Cusco).
A quel punto venne naturale allargare il campo d’osservazione a tutta quanta la zona circostante, colmandomi di incredulità per tutto quello che sempre più emergeva sotto i miei occhi, così diverso da quello che poteva essere scambiato per un semplice abbaglio o auto-condizionamento: un piazzale cerimoniale, come tanti legati alla cultura pre-incaica peruviana dediti al rituale dell’Inti-Raymi, altri piazzali più piccoli, con scale di accesso laterali chiaramente visibili, piramidi squadrate a gradoni, in numero di tre, vagamente a ricordare la disposizione delle piramidi di Giza e il Cartone di Sant’Anna oggetto della mia iniziale intuizione e tanto simili a una analoga formazione che si trova in Cusco e naturalmente molto, moltissimo altro dislocato in un’area di almeno 800 km quadrati a nord e a sud del fiume Timpia, a nord del distretto di Manu.
Tutto ciò non ha nulla a che vedere con le relativamente moderne cittadelle di Macchu Pichu e Choquequirao, per intenderci, o con i vari ritrovamenti sporadici che di tanto in tanto vengono effettuati lungo la Valle Sacra degli Inca o la cittadella di Miraflores.
A quel punto, dunque, avanzare l’ipotesi di cosa avessi trovato è stato semplice: esiste solo una città, ritenuta leggendaria in quanto mai identificata, che si dice essere ubicata al confine tra Perù, Brasile e Bolivia: il mito della Ciudad Perdida (la Città Perduta), che da sempre ha affascinato e attirato i ricercatori di tutto il mondo, stimolato la fantasia non solo delle majors hollywoodiane, ma anche la letteratura, la fumettistica, la grafica dei video giochi e molto altro ancora.
L’approfondimento conseguente mi ha fatto propendere per la definitiva certezza di quanto stavo ipotizzando, in quanto la corrispondenza dell’area identificata e ciò che nei resoconti storici è tracciato non lasciano alcun dubbio.
(Jente) hai avuto difficoltà nel contattare le autorità competenti di quel luogo riguardo la notizia sensazionale di avere scoperto anche Akakor, la città sotterranea narrata dal giornalista Karl Brugger, misteriosamente assassinato negli anni '80?
(Riccardo) Allora, iniziamo col dire che questo ritrovamento permette di fatto la sovrapposizione di tre miti sostanzialmente corrispondenti: il Paititi per i nativi peruviani, l’Eldorado leggendario raccontato dai Conquistadores spagnoli e Akakor, la leggendaria città sotterranea narrata da Brugger negli anni ’70 e che ispirò il quarto episodio della saga hollywoodiana di Indiana Jones, quello dei teschi di cristallo, per intenderci.
Il contatto con le autorità peruviane è stato di fatto molto semplice ed immediato; ho avvertito il Ministero della Cultura e tutti i componenti dell’Alta Direzione alla fine di gennaio, e immediatamente dopo mi risulta che sia stata fatta una riunione interministeriale sull’argomento.
Al tempo stesso, il 5 febbraio sono stato convocato a Roma all’Ambasciata peruviana, e in quella occasione ho ribadito il mio ritrovamento giustificandolo anche con delle immagini di riferimento. Ho richiesto una collaborazione fattiva da esercitarsi in un lasso di tempo molto ristretto, per via delle problematiche correlate alle popolazioni di nativi abitanti la zona, le condizioni di tutela della foresta amazzonica, purtroppo interessata in quella zona da estrazioni di gas naturale molto invasive, e ovviamente la naturale messa in sicurezza dei tesori archeologici e culturali che si può presumere l’area contenga.
Non avendo ricevuto tempestiva comunicazione, ho così deciso di redigere un sito web, includere tutti i principali aspetti sostanziali della scoperta e le immagini di riferimento, al fine di darne pubblica evidenza, e indurre le autorità ad agire nel rispetto di tutti gli elementi coinvolti appena citati, allertando al contempo le associazioni di tutela delle popolazioni indigene, le associazioni ambientaliste e naturalmente l’Unesco e l’Onu in quanto direttamente interessate dal patrimonio naturale che la zona rappresenta.
Ora spero in una pronta reazione degli organi governativi peruviani preposti a intervenire per mettere in sicurezza la zona quanto prima.
Il contatto con le autorità peruviane è stato di fatto molto semplice ed immediato; ho avvertito il Ministero della Cultura e tutti i componenti dell’Alta Direzione alla fine di gennaio, e immediatamente dopo mi risulta che sia stata fatta una riunione interministeriale sull’argomento.
Al tempo stesso, il 5 febbraio sono stato convocato a Roma all’Ambasciata peruviana, e in quella occasione ho ribadito il mio ritrovamento giustificandolo anche con delle immagini di riferimento. Ho richiesto una collaborazione fattiva da esercitarsi in un lasso di tempo molto ristretto, per via delle problematiche correlate alle popolazioni di nativi abitanti la zona, le condizioni di tutela della foresta amazzonica, purtroppo interessata in quella zona da estrazioni di gas naturale molto invasive, e ovviamente la naturale messa in sicurezza dei tesori archeologici e culturali che si può presumere l’area contenga.
Non avendo ricevuto tempestiva comunicazione, ho così deciso di redigere un sito web, includere tutti i principali aspetti sostanziali della scoperta e le immagini di riferimento, al fine di darne pubblica evidenza, e indurre le autorità ad agire nel rispetto di tutti gli elementi coinvolti appena citati, allertando al contempo le associazioni di tutela delle popolazioni indigene, le associazioni ambientaliste e naturalmente l’Unesco e l’Onu in quanto direttamente interessate dal patrimonio naturale che la zona rappresenta.
Ora spero in una pronta reazione degli organi governativi peruviani preposti a intervenire per mettere in sicurezza la zona quanto prima.
(Jente) sicuramente e ben presto ti recherai in quei luoghi e pensando al fiuto intuitivo viene da ipotizzare qualche ritrovamento che dia nuovi indizi da seguire, magari degli altri riferimenti a civiltà scomparse improvvisamente dalla storia ... cosa speri di così prezioso?
(Riccardo) Spero presto si possa fare una spedizione ufficiale, e anche un documentario che la testimoni in maniera esaustiva.
Cosa mi aspetti di trovare, sinceramente, è abbastanza chiaro: indicazioni preziose per comprendere a ritroso la nostra storia e le conoscenze che il tempo e i dogmi, spesso anche accademici, hanno contribuito a eliminare, concorrendo a sviluppare quella corsa fratricida in cui l’uomo sembra non aver alcun rispetto per i propri simili, pur di giungere a una sorta di primogenitura culturale che pensa possa dargli un titolo di supremazia sui propri simili.
Onestamente credo tutto ciò sia estremamente sciocco, ritenendo le diverse civiltà e popolazioni frutto di un’unica grande famiglia iniziale, in possesso di un enorme patrimonio di conoscenze tecnologiche e astronomiche. Spero questo ritrovamento possa contribuire ad eliminare molte classificazioni fatte ad oggi in maniera erronea, e contribuire così anche minimamente a un maggior rispetto tra culture ed etnie oggi differenti, ma originate dallo stesso ceppo.
In questo, e l’amico Melis lo sa, ritengo che talvolta anche nell’ambito Shardanico ci si faccia prendere un poco la mano, in un eccesso di campanilismo sfrenato.
Cosa mi aspetti di trovare, sinceramente, è abbastanza chiaro: indicazioni preziose per comprendere a ritroso la nostra storia e le conoscenze che il tempo e i dogmi, spesso anche accademici, hanno contribuito a eliminare, concorrendo a sviluppare quella corsa fratricida in cui l’uomo sembra non aver alcun rispetto per i propri simili, pur di giungere a una sorta di primogenitura culturale che pensa possa dargli un titolo di supremazia sui propri simili.
Onestamente credo tutto ciò sia estremamente sciocco, ritenendo le diverse civiltà e popolazioni frutto di un’unica grande famiglia iniziale, in possesso di un enorme patrimonio di conoscenze tecnologiche e astronomiche. Spero questo ritrovamento possa contribuire ad eliminare molte classificazioni fatte ad oggi in maniera erronea, e contribuire così anche minimamente a un maggior rispetto tra culture ed etnie oggi differenti, ma originate dallo stesso ceppo.
In questo, e l’amico Melis lo sa, ritengo che talvolta anche nell’ambito Shardanico ci si faccia prendere un poco la mano, in un eccesso di campanilismo sfrenato.
(Jente) a questo punto occorre un intervento atto a prevenire una illegale invasione in quella zona che hai specificatamente identificato e non solo, serve un intervento diretto da parte delle stesse autorità visto che proprio in quelle zone, malgrado le leggi contrarie, da anni ci sono estrazioni di gas naturale e che potrebbero mettere a rischio anche l'equilibrio naturale della foresta stessa a causa del selvaggio disboscamento di quel polmone naturale. Non è l'unica difficoltà comunque, all'interno di quell'area ci sono confinate alcune popolazioni indigene e tra queste ve ne sono alcune rimaste incontattate. Credi ci sia la possibilità che tra questi indigeni sia rimasto tramandato qualcosa da quelle antiche civiltà ?
(Riccardo) Come detto, lo spero davvero tanto. Non credo a livello di trasferimento orale, ma penso più a livello di una sorta di “biblioteca” ante litteram, magari celata in qualche cavità sotterranea, come da tempo l’attività archeologica ci ha insegnato a considerare.
(Jente) Non accadrà ma se ci sarà bisogno di un reportage c'è un certo Sig. Gino Perra che qualche foto (si dice) riesce a farla ... grazie della disponibilità Riccardo e unitamente con il gruppo esprimiamo il nostro augurio per il proseguimento dei tuoi studi, sicuramente avremo ancora tue notizie in merito.
(Riccardo) Grazie a te, Gino e a tutti gli amici di Jente.
(Jente) Non accadrà ma se ci sarà bisogno di un reportage c'è un certo Sig. Gino Perra che qualche foto (si dice) riesce a farla ... grazie della disponibilità Riccardo e unitamente con il gruppo esprimiamo il nostro augurio per il proseguimento dei tuoi studi, sicuramente avremo ancora tue notizie in merito.
(Riccardo) Grazie a te, Gino e a tutti gli amici di Jente.
Fonte: www.sardegnareporter.it
http://www.paititi2013.com/ è il sito di Riccardo Magnani, per chi
volesse approfondire.
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