sabato 8 agosto 2020

"Prendiamoci cura della Terra perché non esiste nessun pianeta B''

di Amedeo Balbi

Il 24 dicembre 1968 William Anders, uno degli astronauti che partecipò alla missione dell'Apollo 8, scattò la foto che passò alla storia come Earthrise, letteralmente il sorgere della Terra. 

L'immagine fu ripresa dall'orbita lunare - la "passeggiata" di Neil Armstrong sarebbe avvenuta solo il 20 luglio del 1969 - e il nome che le venne attribuito si spiega facilmente: nello scatto la Terra appare parzialmente in ombra e ricorda il sorgere del sole osservato dal nostro pianeta. 

"E' stata definita la fotografia ambientalista più importante di tutti i tempi, perché ci ha fornito per la prima volta la rappresentazione del nostro pianeta solo, fragile, nel buio dell'universo".

A parlare è Amedeo Balbi, astrofisico, professore associato all’Università di Roma Tor Vergata, i cui interessi di ricerca spaziano dalla cosmologia alla ricerca di vita nell’universo. Lo abbiamo incontrato nel corso dei Visionary Days che si sono tenuti alle Officine Grandi Riparazioni di Torino, dove 1500 under 35 hanno cercato di rispondere alla domanda: "Quali Forme per il Prossimo Pianeta?".

Qui Amedeo Balbi ha affrontato un tema caro da sempre al vasto pubblico (e non solo ai fan di Stanley Kubrick) ovvero se sia o meno immaginabile per l'uomo vivere su un pianeta diverso dalla Terra ...


A dispetto di quanto si potrebbe pensare - sulla scia di quella bizzarra tendenza che spesso ci porta a sovrapporre scienza e fantascienza - la risposta è un secco no. 

"La fotografia scattata da Anders ci mette una volta di più di fronte al fatto che la Terra è l'unica casa che abbiamo e della quale dobbiamo prenderci cura, perché con ogni probabilità non ne troveremo mai un'altra", assicura Balbi.

Questo, tiene a sottolineare l'astrofisico, non significa che l'uomo debba rinunciare a sognare o all'esplorazione dello spazio, ma che per risolvere i problemi della Terra non si può e non si deve limitarsi a guardare fuori dal nostro pianeta. 

Dobbiamo restare coi piedi ben piantati al suolo. "Non possiamo pensare di trovare una soluzione ai problemi della Terra andando a vivere sulla Luna o su Marte", assicura Amedeo Balbi. Che, per rendere meglio l'idea, passa poi in rassegna le difficoltà che dovrebbe affrontare l'uomo per vivere in un pianeta diverso dal nostro.


L'Iss è l'unica possibilità ad oggi per l'uomo di vivere fuori dalla Terra

Ad oggi la cosa più vicina per l'uomo al vivere nello spazio è la Stazione spaziale internazionale (Iss), gestita congiuntamente da cinque agenzie spaziali tra le quali figurano la Nasa e l'Esa. 

L'Iss viaggia a una velocità media di 27 mila chilometri all'ora, completa circa 15 orbite al giorno e si trova a un'altitudine di 400 chilometri dal livello del mare. 

"Non si tratta di una distanza enorme, se ci pensate è più o meno quella che separa Roma e Milano (in orizzontale)". Eppure a bordo dell'Iss la vita non è poi così semplice. 
Da quando è in orbita è abitata continuativamente da un equipaggio composto dai 2 ai 6 astronauti le cui condizioni fisiche vengono continuamente monitorate. "La letteratura scientifica prodotta fino ad oggi ci spiega che nello spazio l'organismo va incontro a una serie di problematiche - spiega - le ossa si indeboliscono, il cuore ne risente, inoltre fuori dall'orbita terrestre si è esposti a continue radiazioni".

Base lunare - concept art

Quel sogno dell'uomo di vivere sulla Luna

Lasciando per il momento da parte la Stazione internazionale passiamo all'unico altro luogo celeste su cui abbia mai camminato l'essere umano. La Luna. "A dispetto di quel che si crede il numero di astronauti che hanno passeggiato sul nostro satellite è piuttosto esiguo - assicura l'astrofisico - Se ne contano appena 12 e l'ultima camminata lunare risale al 1972. Da allora non ci è più tornato nessuno".

Insieme alla Luna, Venere e Marte sono i principali corpi celesti sui quali l'uomo ha fantasticato di creare delle proprie colonie. 

"A Venere e Marte pensiamo spesso come a dei pianeti fratelli, dei cugini della Terra. Il problema è che nonostante alcune somiglianze superficiali - ad esempio la loro dimensione - sono entrambi estremamente diversi dal nostro pianeta", spiega Amedeo.


"Su Venere la temperatura media si aggira attorno ai 500 gradi e la pressione al suolo è di 90 atmosfere: più o meno quella che troviamo a un chilometro di profondità degli oceani terrestri", spiega l'astrofisico. 

Anche le sonde che in passato hanno provato ad atterrare sul pianeta hanno resistito per pochi minuti
"Le condizioni di Venere sono tremende per le apparecchiature elettroniche, figuriamoci per gli esseri umani", assicura.


Lo stesso discorso vale per Marte
"Somiglia a un deserto terrestre ma le sue condizioni sono peggiori: la temperatura è molto più bassa, l'atmosfera (al contrario di Venere) è molto sottile ed è bombardato da una quantità di radiazioni che alla lunga risulterebbero letali", spiega Amedeo Balbi. 

Senza considerare la distanza che lo separa dalla Terra: con le tecnologie odierne impiegheremmo sei o sette mesi per raggiungere il suolo marziano. 

Insomma, nonostante personaggi come Elon Musk suggeriscano soluzioni bislacche come il bombardare la calotta polare di Marte con la atomiche per liberare Co2 e creare un'atmosfera artificiale compatibile con la sopravvivenza dell'uomo, per ora siamo costretti ad accantonare l'idea di una colonizzazione a breve termine del pianeta rosso. "Se andremo a vivere su Marte sarà solo protetti da ambienti artificiali e per eseguire esperimenti ad hoc", assicura l'astrofisico.


Esiste un pianeta simile alla Terra nello spazio?

Una delle scoperte più importanti degli ultimi vent'anni anni è stata l'individuazione di stelle che "ospitano" pianeti che orbitano in quella che è nota come zona abitabile - termine usato per indicare la regione intorno a una stella dove è teoricamente possibile per un pianeta mantenere acqua liquida sulla sua superficie - e che quindi potrebbero supportare la vita così come noi la conosciamo. 
Essere simile alla Terra, insomma. 

Dobbiamo però ricordare che ad oggi non esistono immagini reali di questi pianeti, l'uomo non è ancora riuscito a fotografarli.

"Sappiamo pochissime cose di loro - assicura Amedeo Balbi - ad esempio che hanno le stesse dimensioni della Terra e che la loro distanza dalla stella lascia presupporre che la loro temperatura possa essere compatibile con la presenza di acqua".

Ma come abbiamo visto nel caso di Venere e Marte le cose sono incredibilmente più complesse di così. "Anche questi due pianeti si trovano all'interno della zona abitabile del sistema solare, ma come abbiamo visto risultano inospitali per le più svariate ragioni: temperatura, atmosfera, radiazioni".

Quello che l'astrofisico tiene a sottolineare insomma è che scovare altri pianeti sui quali l'uomo possa stabilirsi in pianta stabile in alternativa alla Terra non è una prerogativa dell'esplorazione spaziale ne' tanto meno della scienza in generale. 

A differenza di quanto ipotizzato da film e romanzi di genere - che per quanto credibili e allettanti, restano sempre mero esercizio di fantasia - la permanenza dell'uomo su un pianeta diverso dal nostro è ipotizzabile solo in prospettiva di studi scientifici che dovrebbero comunque avvenire all'interno di ambienti artificiali. 
"L'unico pianeta in cui l'uomo può vivere è la Terra - assicura Amedeo Balbi - Non esiste nessun pianeta b. Quindi prendiamocene cura". Parola d'astrofisico.


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