mercoledì 1 marzo 2023

Dicotomia, il segno dei tempi

Chi ha studiato storia dell’Arte sa che il cambiamento della forma, passando da un’epoca storica a un’altra, ha sempre coinciso con un mutamento della percezione umana, che sostanzialmente è un mutamento dei modi di concepire e progettare lo spazio, e dei modi di sentire e recepire la struttura.

@ DAMIEN MARTIN DIAZ – MYSTEIRES OF THE UNIVERSE, GRAPHITE ON PAPER


Anche la nostra epoca, nonostante le molte crisi economiche, ecologiche ed esistenziali, si è posta il problema di come formare o qualificare lo spazio, ma la proposta è stata limitata a segni indicativi che non documentano una visione organica, né tanto meno l’illusione di un possibile impegno adeguato a sconfiggere la superficialità con la quale si è organizzato il virtuale senso estetico del nostro sistema comune ...

A questo punto bisogna riconoscere che le cause della nostra civiltà non permettono di superare l’atavica dicotomia che ci affligge, perché manca un’azione organica e unitaria che investa sull’educazione visiva.

© DANIEL MARTIN DIAZ-PSEUDO SELF,2020 | INK, GRAPHITE ON PAPER

Sicuramente l’estetica, nel suo incontro con la paidèia, può produrre lo scarto di emozione e di senso capace di trasmettere non solo conoscenza ma anche lo spessore emozionale che queste contengono, che le ha generate e che possono a loro volta generare.

Riconosco che la nostra condizione umana può migliorare ed evolvere solo se esiste nella mente la volontà di contemplare un vero sentire, il contrario invece non sarà la bruttezza ma la rozzezza e l’ignoranza emozionale. 

Il nostro egocentrismo, che evita altri punti di vista e di riferimento, non ci permette di progettare in chiave collettiva, per cui i risultati sono effimeri e spettacolari ma, non adeguati ad uscire dal buio e ombre per conquistare la conoscenza e la verità della nostra esistenza.

 Questo sistema si riflette anche nella scuola, nella quale le discipline artistiche sono state sostituite dal nozionismo astratto che ha generato degli analfabeti dell’immagine; infatti, far conoscere i procedimenti dell’immaginazione, in quanto facoltà di pensare e produrre immagini, è compito specifico della formazione scolastica, particolarmente di quella delle scuole artistiche.

@ DAMIEN MARTIN DIAZ – FEEL THE BRAIN

Attualmente invece i nuovi iconoclasti, che si identificano nell’arte informale o nell’arte concettuale, privati di una esperienza storica e degli strumenti per migliorare la nostra qualità percettiva, drogati e manipolati dal sistema, pur di apparire si sono adattati a risultati poveri, di maniera, che non invitano a riflettere e promuovere la vita.

La Creatività richiede Coraggio.
HENRY MATISSE

Dal mio punto di vista ritengo che la ricerca autentica, quando è seria, è fondata sulla qualità e sul grado di percezione, suffragate da visioni che sorgono dalle strutture biologiche e neuro-fisiologiche, e su idee che dipendono dalle stesse configurazioni, per trovare nella fantasia i termini di una nuova rappresentazione.

Solo questo fondamento educativo ci pone tra l’altro in una relazione di empatia con il mondo, inducendoci, nel produrre la forma, a vedere, conoscere, amare e comunicare.

In questo quadro, il progetto evita la dicotomia che caratterizza la nostra cultura, e
suggerisce invece un percorso creativo organico.

Ossia un percorso che invita a incarnare un principio, capace di guidare il fare verso l’obiettivo di liberarsi dall’arbitrarietà, attento alle azioni umane e con un processo mentale sintetico e originale.

Altrimenti, la nostra ricreazione estetica, non sostenuta da una conoscenza “archeologica”, può smarrirsi nel caos approssimativo del nostro presente.

© DANIEL MARTIN DIAZ: PARADISE LOST – GRAPHITE ON PAPER

L’educazione al saper vedere in modo naturale e normale si acquisisce inconsciamente durante l’infanzia e la fanciullezza, in seguito però l’espressione privata dalla formazione giusta e dalle esperienze necessarie, non avrà il modo di comunicare adeguatamente perché non sostenuta da un’opportuna memoria visiva e da una fervida immaginazione.

Enrico Meo

 

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