di Duilio Tazzi
Uno dei ‘misteri mitologici’ più controversi a livello globale è il racconto di un diluvio che spazzò via la civiltà, al quale però l’ uomo sopravvisse per volere dello stesso dio che aveva mandato questa ‘punizione’. In alcuni racconti il diluvio è un evento locale, in altri un evento a livello planetario; in alcuni racconti si afferma addirittura che gli dei stessi (o il dio stesso) aiutarono l’uomo a ricreare la civiltà dopo il diluvio. Quasi tutti i racconti però sono basati su alcuni concetti chiave:
· Il diluvio ha una funzione ‘punitiva’;
· Un uomo e una donna benedetti da un dio o dagli dei riescono a salvarsi;
· Questa coppia ‘benedetta’ si salva grazie ad una imbarcazione costruita secondo indicazioni divine;
· Il diluvio segna la fine di una era o di un percorso storico e al diluvio segue una nuova fase evolutiva.
Nei suoi libri Zecharia Sitchin affronta l’ argomento del diluvio più e più volte, alcune volte in modo marginale, in altre, come del libro “L’Altra Genesi”, in modo molto approfondito. La sua teoria in merito è che il diluvio fu un evento catastrofico dovuto allo sciogliersi dei ghiacci del polo sud, facilitato dal passaggio di Nibiru in prossimità della terra che con la sua spinta gravitazionale diede il ‘colpo di grazia’ al già compromesso equilibrio climatico del pianeta. Tutto ciò avvenne secondo Sitchin a cavallo del 10500 a.C. cioè alla fine della ultima era glaciale; il crescere del livello marino, l’ insorgere di bufere e uragani, lo scioglimento del ghiaccio che riversò acqua dolce sul mare, causarono un mutamento climatico che, oltre a questi fenomeni già citati, portò una serie di piogge abbondanti e durature che sono rimaste nella memoria storica collettiva di tutti i popoli della Terra.
Andiamo quindi ad analizzare alcuni dei miti arrivatici riguardanti il diluvio ...
1. Il diluvio nella Bibbia
Il racconto del diluvio universale presente nella Bibbia presenta degli elementi estremamente controversi. Si ha l’impressione, leggendolo, che il racconto sia incompleto o quantomeno confusionario. Come se fosse un riassunto poco coerente di una storia più complessa.
Il particolare che più di ogni altro ha colpito e lasciato perplessi gli esegeti e studiosi (non necessariamente cristiani) è l’improvvisa decisione di Dio, dopo aver dichiarato la volontà di eliminare il genere umano, di salvare 8 persone: Noè, la moglie, e i suoi 3 figli con le rispettive mogli.
Se l’umanità era corrotta, e Noè era garanzia di rettitudine, così non lo era però per la moglie, per i 3 figli e le 3 nuore di Noè (come vedremo tra poco). Eppure Dio permette che queste persone siano i nuovi ‘capostipiti’ di tutta l’ umanità.
Altresì non si capisce come, dopo il diluvio, alla seconda generazione si sarebbe ripopolato il mondo.
I matrimoni e le generazioni sarebbero avvenuti tra consanguinei, una eventualità che, se nel IV e III millennio a.C. era ben testimoniata in ambito reale e sacerdotale, il culto di Dio aborriva e condannava salvo in casi eccezionali.
Un altro particolare è la cronologia del diluvio… in alcuni passi (Genesi 7:17) si dice che il diluvio imperversò per 40 giorni e 40 notti, in altri versi “il diluvio spazzò la terra per 150 giorni” (Genesi 7:24), come se il racconto biblico fosse un condensato di almeno 2 versioni. Inoltre, se si dà ragione alla frase riguardante i 150 giorni, c’ è un altro punto da chiarire: in Genesi 8:4 si afferma che “Alla fine dei 150 giorni le acque si erano ritirate, e nel 17° giorno del 7° mese l’ Arca si posò sul monte Ararat”. Ma 150 giorni sono 5 mesi, non 7 mesi. Nonostante questo Noè rimane ancora nell’Arca, perché in Genesi 8:5 si afferma che “le acque continuarono a ritirarsi fino al 10° mese, e il primo giorno del 10° mese le cime delle montagne divennero visibili”.
Accenniamo ora a un particolare che ritroveremo anche in altri miti del diluvio nelle varie culture, e che funge da ‘punto di contatto tra le varie versioni’. E’ quello degli uccelli mandati fuori dall’Arca per capire se le acque si fossero ritirate.
Noè nel racconto biblico manda prima un corvo che torna indietro. Dopo sette giorni manda una colomba che ritorna indietro. Così la stessa colomba dopo altri sette giorni, e dopo la terza settimana torna con un ramoscello di ulivo in bocca, il che è per Noè segno che le acque si stavano ritirando. Dopo altri sette giorni egli manda di nuovo la colomba che non fa ritorno.
Dopo che Noè ‘sbarca’ sull’ Ararat e offre un sacrificio a base di carne a Dio, questo stabilisce un patto con Noè, dichiarando che non distruggerà più l’umanità, né le piogge diventeranno mai più un diluvio che distrugga ogni forma di vita. Mise nel cielo un arcobaleno dicendo che “questo è il simbolo del mio patto con te”. Noè successivamente pianta una vigna, produce del vino col quale si ubriaca e giace nudo addormentato. Suo figlio Cam entrando nella tenda del padre lo vede nudo e chiama i suoi due fratelli i quali però, per non vedere le nudità del padre (sarebbe stato un peccato gravissimo), entrano camminando a ritroso e coprono il padre con un indumento. Quando Noè si sveglia e scopre che Cam lo ha visto nudo lo maledice (Genesi 9:25):
“Maledetto sia Cam!
L’ultimo degli schiavi
Sarà lui per i suoi fratelli."
Dunque che Dio è quello che reputa Cam degno di rimanere in vita salvandolo dal diluvio se compie poi un atto così disonorevole e manca a una legge divina? O che Dio è che salva Noè che maledice il suo stesso figlio?
Le discendenze dai 3 figli di Noè ci vengono specificate in Genesi 10:
I figli di Sem: Elam, Asshur, Arphaxad, Lud e Aram
I figli di Jafet: Gomer, Magog, Madai, Javan, Tubal, Meshech e Tiras
I figli di Cam: Cush, Mizraim, Put e Canaan
Sono tutte discendenze maschili, niente viene detto della parte femminile quindi resta il mistero su come l’ umanità si ripopolò. Indubbiamente sono contemplate anche sorelle non nominate dalle quali, tramite matrimoni misti consanguinei, questi 16 nipoti maschi di Noè generarono.
2. Il diluvio in Mesopotamia
Quando alla fine del XIX secolo importanti scavi in Mesopotamia portarono alla luce la vastissima biblioteca di Assurbanipal a Ninive, la comunità archeologica e la comunità religiosa vennero scosse dalla scoperta di alcune tavole che riportavano parole completamente diverse dall’assiro che era in corso di studio. Esistevano intere tavolette che fungevano da dizionario con un' altra lingua che veniva attribuita alla grande civiltà di Akkad. Esistevano intere tavolette ricopiate nella lingua originale accadica, che contenevano riferimenti a una lingua precedente, la ‘lingua degli dei di Sumer’. Una tavola dello stesso Assurbanipal dichiarava:
“Il dio degli scribi mi ha concesso in dono la conoscenza della sua arte.
Sono stato iniziato ai segreti della scrittura. So anche leggere le complicate tavole nella lingua di Sumer.
Comprendo le enigmatiche parole scritte nella pietra sin dai giorni prima del diluvio.”
Queste frasi enigmatiche suggerirono a studiosi come H. Rawlinson e J. Oppert che esisteva una civiltà precedente a quella accadica, e che questa civiltà avesse una lingua propria, tracce della quale si trovavano nelle tavolette dissepolte a Ninive. Sumer fu identificata nella piana centro meridionale della Mesopotamia, la Shin’ar di cui si parla nella Bibbia in Genesi 11:2 “muovendosi verso est trovarono una piana a Shin’ar e vi si stabilirono”.
Tra le migliaia e migliaia di tavolette se ne trovarono alcune che, sin dalle prime letture, si rivelarono particolarmente interessanti per capire qualcosa di queste antiche civiltà. Vi si raccontava la storia di un re, Gilgamesh, che ritenendosi di origine semidivina, ingaggiò un viaggio lunghissimo e faticosissimo per raggiungere la terra degli dei, il Tilmun, dove avrebbe chiesto al dio del sole Shamash di aiutarlo ad accedere al cielo.
Nella seconda parte del viaggio, essendo fallito questo obiettivo, Gilgamesh va alla ricerca di Ziusudra, un eroe che era sopravvissuto al diluvio che aveva distrutto l’ umanità e al quale il dio Enlil aveva concesso la vita eterna.
Era il secondo riferimento che si trovava a un ‘diluvio’. Come interpretare questi riferimenti?
Non solo: successivamente in altri scavi vennero trovate altre versioni della stessa storia, anche se più frammentarie, scritte in lingua sumerica, nelle quali i nomi cambiavano leggermente. Al posto di Shamash compariva Utu, e al posto di Ziusudra compariva Utnapistim. Ciò permise di stabilire che effettivamente la storia di Gilgamesh era un poema molto antico che ogni popolo si tramandava di generazione in generazione ma rimanendo sempre fedeli, a parte le traduzioni dei nomi, alla storia originale.
Tutti questi particolari aiutarono gli studiosi a capire che molti racconti del libro della Genesi in realtà non sono che echi di racconti assiri, babilonesi, e ancora prima accadici e sumeri.
Una volta trovata la chiave di lettura fu facile identificare altri passaggi della Genesi nelle tavole mesopotamiche.
Ma quale era il racconto del diluvio secondo i sumeri?
Quando Gilgamesh riesce finalmente a trovarsi di fronte Ziusudra, egli gli racconta: “vieni Gilgamesh, un segreto io ti svelerò… un segreto degli dei”.
La vicenda del diluvio ha inizio a Shuruppak. In un non precisato periodo (Ziusudra non dà nessun riferimento temporale) vi si trovarono riuniti tutti ‘i vecchi dei’. Il fatto che tutti questi ‘vecchi dei’ fossero riuniti in un unico posto indica secondo Sitchin che l’ evento si verificò in un arco temporale in cui Nibiru si trovava vicino alla terra. Particolarmente indicativa in questo senso è la presenza anche di Anu, dio supremo del pantheon sumero ma che risiedeva nei cieli e solo raramente faceva la sua comparsa a Sumer.
In quei giorni il mondo pullulava, la gente si moltiplicava, il mondo mugghiava come toro selvaggio e il grande dio venne destato dal clamore. Enlil udì il clamore e disse:
“Lo strepitio dell’umanità non è più tollerabile e il sonno non è più possibile”. Così gli dei si accordarono per sterminare l’ umanità.
Lo fece Enlil ma Ea, per il suo giuramento, mi avvertì in sogno del tremendo piano.
Secondo la versione mesopotamica che è stata inserita nel racconto di Gilgamesh quindi, il diluvio sembra un atto volontariamente causato da un dio iracondo, Enlil. Questa del racconto di Gilgamesh è una versione che riassume molto l’ inizio della storia, quella della decisione di Enlil. Nel poema ‘Atra Hasis e il diluvio invece’, ci si ferma di più su questa fase iniziale raccontando che all’ inizio Enlil pretendeva che fosse Ea a porre fine al genere umano, ma questi si rifiutò.
“questo non è mio potere, non è una azione per me...è una azione per te, Enlil, e tuo figlio Ninurta.
Se vuoi un diluvio dì a Ninurta di aprire le porte del cielo”
Quando Ea per far si che Ziusudra si salvasse gli dà le indicazioni per costruire una barca, usa queste parole:
“Che la sua altezza sia uguale alla sua larghezza, che il suo ponte abbia un tetto come la volta che ricopre l’ abisso; conduci quindi nella nave il seme di tutte le creature viventi”
Il termine utilizzato nel poema per descrivere la barca è Ma.Gur.Gur che significa ‘che può rotolare e capovolgersi’. Dalla descrizione più che una barca o nave sembra si tratti di una specie di ‘sottomarino’ o ‘sommergibile’. La frase ‘il seme di tutte le creature viventi’ ha destato non poco imbarazzo tra i sumerologi perché è una di quelle espressioni di chiara traduzione ma con un significato che, nel contesto dell’ epoca, è assolutamente fuori luogo. Se è lecito pensare a un vero e proprio seme per le piante e i frutti, come si dovrebbe interpretare questa espressione nel caso di animali e uomini?
Più avanti nel testo Ziusudra ricorda che:
Poi sorsero gli dei dell’ abisso: Nergal divelse le dighe delle Acque dell’Absu, Ninurta abbattè gli argini e i sette giudici, gli Anunnaki, innalzarono le loro torce, illuminando la terra con le loro livide fiamme.
L’ espressione ‘acque dell Absu’ è un riferimento geografico. Indica che le acque si riversarono da Sud. L’Absu era la regione di dominio di Nergal e sua moglie Ereshkigal, e precedentemente sotto dominio di Enki. Corrispondeva grossomodo al sudafrica fino alla Tanzania.
Una conferma di questo riferimento si trova qualche riga più avanti nel testo:
I venti soffiarono per sei giorni e sei notti,
fiumana buffera e piena sopraffecero il mondo.
All’alba del settimo giorno la tempesta del sud
diminuì, divenne calmo il mare.
Dal racconto si legge che:
‘la nave sul monte Nisir si arenò,
lì rimase incagliata la nave’
Il monte Nisir, che ricorre in alcune tavolette di re Assurbanipal in cui egli scrive di aver trovato la nave di Ziusudra, attualmente viene generalmente identificato con il Pir Magrun, ed è localizzato al confine tra il Kurdistan iraqeno e la Turchia dell’ est, l’ antica Anatolia. Approssimativamente nel tratto in cui è collocato l’ Ararat della bibbia (data la non definitiva identificazione di entrambe le montagne ci si può permettere una certa tolleranza). Ziusudra allora manda fuori dalla nave una colomba che torna indietro non trovando dove poggiarsi. Libera poi una rondine, ma anche lei torna indietro. E’ poi la volta del corvo che, trovando le acque diminuite e la vegetazione libera, mangia, effettua dei giri intorno alla nave, e poi vola via.
Val la pena notare come sia nel mito mesopotamico che in quello biblico sono menzionati il corvo e la colomba.
C’è un punto del racconto la cui traduzione viene resa in due modi differenti a seconda dell’interprete.
Il passaggio sumero è:
gish má.gur.gur a.gal.la tu.ul.bul.bul.a.ta
utu im.ma.ra.è an.ki.a u.gá.gá
Che viene tradotto in due modi diversi: “aprì una finestra della grande nave (ma.gur.gur) e si prostrò davanti a Utu (il dio del sole)” oppure, in una versione meno ‘devozionale’: “aprì una finestra della nave (ma.gur.gur) e vedendo il sole (utu) cadde in ginocchio e pianse”.
Nelle righe conclusive della storia, Ziusudra racconta che, una volta che gli dei furono ridiscesi sulla terra e trovarono Ziusudra vivo, Ishtar festeggiò e richiamò gli dei dicendo:
“Che tutti gli dei si riuniscano intorno al sacrificio.
Tutti fuorchè Enlil. Lui non si accosterà a questa offerta
perché senza riflettere ha portato il diluvio”.
Tra le migliaia e migliaia di tavolette se ne trovarono alcune che, sin dalle prime letture, si rivelarono particolarmente interessanti per capire qualcosa di queste antiche civiltà. Vi si raccontava la storia di un re, Gilgamesh, che ritenendosi di origine semidivina, ingaggiò un viaggio lunghissimo e faticosissimo per raggiungere la terra degli dei, il Tilmun, dove avrebbe chiesto al dio del sole Shamash di aiutarlo ad accedere al cielo.
Nella seconda parte del viaggio, essendo fallito questo obiettivo, Gilgamesh va alla ricerca di Ziusudra, un eroe che era sopravvissuto al diluvio che aveva distrutto l’ umanità e al quale il dio Enlil aveva concesso la vita eterna.
Era il secondo riferimento che si trovava a un ‘diluvio’. Come interpretare questi riferimenti?
Non solo: successivamente in altri scavi vennero trovate altre versioni della stessa storia, anche se più frammentarie, scritte in lingua sumerica, nelle quali i nomi cambiavano leggermente. Al posto di Shamash compariva Utu, e al posto di Ziusudra compariva Utnapistim. Ciò permise di stabilire che effettivamente la storia di Gilgamesh era un poema molto antico che ogni popolo si tramandava di generazione in generazione ma rimanendo sempre fedeli, a parte le traduzioni dei nomi, alla storia originale.
Tutti questi particolari aiutarono gli studiosi a capire che molti racconti del libro della Genesi in realtà non sono che echi di racconti assiri, babilonesi, e ancora prima accadici e sumeri.
Una volta trovata la chiave di lettura fu facile identificare altri passaggi della Genesi nelle tavole mesopotamiche.
Ma quale era il racconto del diluvio secondo i sumeri?
Quando Gilgamesh riesce finalmente a trovarsi di fronte Ziusudra, egli gli racconta: “vieni Gilgamesh, un segreto io ti svelerò… un segreto degli dei”.
La vicenda del diluvio ha inizio a Shuruppak. In un non precisato periodo (Ziusudra non dà nessun riferimento temporale) vi si trovarono riuniti tutti ‘i vecchi dei’. Il fatto che tutti questi ‘vecchi dei’ fossero riuniti in un unico posto indica secondo Sitchin che l’ evento si verificò in un arco temporale in cui Nibiru si trovava vicino alla terra. Particolarmente indicativa in questo senso è la presenza anche di Anu, dio supremo del pantheon sumero ma che risiedeva nei cieli e solo raramente faceva la sua comparsa a Sumer.
In quei giorni il mondo pullulava, la gente si moltiplicava, il mondo mugghiava come toro selvaggio e il grande dio venne destato dal clamore. Enlil udì il clamore e disse:
“Lo strepitio dell’umanità non è più tollerabile e il sonno non è più possibile”. Così gli dei si accordarono per sterminare l’ umanità.
Lo fece Enlil ma Ea, per il suo giuramento, mi avvertì in sogno del tremendo piano.
Secondo la versione mesopotamica che è stata inserita nel racconto di Gilgamesh quindi, il diluvio sembra un atto volontariamente causato da un dio iracondo, Enlil. Questa del racconto di Gilgamesh è una versione che riassume molto l’ inizio della storia, quella della decisione di Enlil. Nel poema ‘Atra Hasis e il diluvio invece’, ci si ferma di più su questa fase iniziale raccontando che all’ inizio Enlil pretendeva che fosse Ea a porre fine al genere umano, ma questi si rifiutò.
“questo non è mio potere, non è una azione per me...è una azione per te, Enlil, e tuo figlio Ninurta.
Se vuoi un diluvio dì a Ninurta di aprire le porte del cielo”
Quando Ea per far si che Ziusudra si salvasse gli dà le indicazioni per costruire una barca, usa queste parole:
“Che la sua altezza sia uguale alla sua larghezza, che il suo ponte abbia un tetto come la volta che ricopre l’ abisso; conduci quindi nella nave il seme di tutte le creature viventi”
Il termine utilizzato nel poema per descrivere la barca è Ma.Gur.Gur che significa ‘che può rotolare e capovolgersi’. Dalla descrizione più che una barca o nave sembra si tratti di una specie di ‘sottomarino’ o ‘sommergibile’. La frase ‘il seme di tutte le creature viventi’ ha destato non poco imbarazzo tra i sumerologi perché è una di quelle espressioni di chiara traduzione ma con un significato che, nel contesto dell’ epoca, è assolutamente fuori luogo. Se è lecito pensare a un vero e proprio seme per le piante e i frutti, come si dovrebbe interpretare questa espressione nel caso di animali e uomini?
Più avanti nel testo Ziusudra ricorda che:
Poi sorsero gli dei dell’ abisso: Nergal divelse le dighe delle Acque dell’Absu, Ninurta abbattè gli argini e i sette giudici, gli Anunnaki, innalzarono le loro torce, illuminando la terra con le loro livide fiamme.
L’ espressione ‘acque dell Absu’ è un riferimento geografico. Indica che le acque si riversarono da Sud. L’Absu era la regione di dominio di Nergal e sua moglie Ereshkigal, e precedentemente sotto dominio di Enki. Corrispondeva grossomodo al sudafrica fino alla Tanzania.
Una conferma di questo riferimento si trova qualche riga più avanti nel testo:
I venti soffiarono per sei giorni e sei notti,
fiumana buffera e piena sopraffecero il mondo.
All’alba del settimo giorno la tempesta del sud
diminuì, divenne calmo il mare.
Dal racconto si legge che:
‘la nave sul monte Nisir si arenò,
lì rimase incagliata la nave’
Il monte Nisir, che ricorre in alcune tavolette di re Assurbanipal in cui egli scrive di aver trovato la nave di Ziusudra, attualmente viene generalmente identificato con il Pir Magrun, ed è localizzato al confine tra il Kurdistan iraqeno e la Turchia dell’ est, l’ antica Anatolia. Approssimativamente nel tratto in cui è collocato l’ Ararat della bibbia (data la non definitiva identificazione di entrambe le montagne ci si può permettere una certa tolleranza). Ziusudra allora manda fuori dalla nave una colomba che torna indietro non trovando dove poggiarsi. Libera poi una rondine, ma anche lei torna indietro. E’ poi la volta del corvo che, trovando le acque diminuite e la vegetazione libera, mangia, effettua dei giri intorno alla nave, e poi vola via.
Val la pena notare come sia nel mito mesopotamico che in quello biblico sono menzionati il corvo e la colomba.
C’è un punto del racconto la cui traduzione viene resa in due modi differenti a seconda dell’interprete.
Il passaggio sumero è:
gish má.gur.gur a.gal.la tu.ul.bul.bul.a.ta
utu im.ma.ra.è an.ki.a u.gá.gá
Che viene tradotto in due modi diversi: “aprì una finestra della grande nave (ma.gur.gur) e si prostrò davanti a Utu (il dio del sole)” oppure, in una versione meno ‘devozionale’: “aprì una finestra della nave (ma.gur.gur) e vedendo il sole (utu) cadde in ginocchio e pianse”.
Nelle righe conclusive della storia, Ziusudra racconta che, una volta che gli dei furono ridiscesi sulla terra e trovarono Ziusudra vivo, Ishtar festeggiò e richiamò gli dei dicendo:
“Che tutti gli dei si riuniscano intorno al sacrificio.
Tutti fuorchè Enlil. Lui non si accosterà a questa offerta
perché senza riflettere ha portato il diluvio”.
3. Il diluvio nelle Ande e nel Sudamerica
Dalle popolazioni andine ci sono giunte poche testimonianze sul diluvio.
Non abbiamo racconti elaborati e dettagliati come nel caso della bibbia, dell’Atra Hasis o dell’epopea di Gilgamesh.
Due racconti in particolare però ci raccontano dei particolari abbastanza curiosi.
Il mito del diluvio e dei tre figli d Pacha (il primo uomo creato) ci dice che il diluvio fu causa della distruzione del primo popolo in seguito a un ‘gioco alla guerra’ dei tre fratelli. Questi volevano combattere, ma non avendo avversari decisero di combattere il drago il quale, ferito dalle frecce dei fratelli, si difese gettando acqua dalla bocca. Quest’ acqua ricoprì le ande e l’ intera terra.
Pacha, il primo uomo, trovò rifugio per sè, i suoi figli e loro mogli, sulla vetta del monte Pichincha, che sovrastava la città di Quito. Giunto al sicuro, costruì una capanna e vi raccolse moltissime specie di animali e una bastevole quantità di cibo e attese che la furia del diluvio si attenuasse. Dopo qualche tempo liberò un grande uccello, l' Ullaguanga, che tuttavia non fece ritorno perchè trovò sufficiente possibilità di nutrimento nei corpi degli animali morti, sparsi nella vallata. Un altro uccello, però, liberato da Pacha, tornò portando nel becco delle foglie verdi e da questo segno Pacha dedusse che la vita vegetale aveva ripreso a svolgersi e che, quindi, era ormai possibile lasciare la cima del Pichincha.
In questo racconto si possono notare subito alcuni tratti comuni agli altri miti: l’ acqua che ricopre un monte altissimo (Il Pichincha è un vulcano dell’ Equador alto 4780 metri – l’ Ararat è un vulcano alto 5170 metri) e tutte le terre circostanti, gli uccelli che vengono mandati in avanscoperta (l’ uccello Ullaguanga a volte è identificato con i ‘gallinazos’, gli avvoltoi, altre volte con i corvi), un uomo saggio e la sua famiglia che si salvano, la raccolta di animali per dare di nuovo inizio alla vita dopo il ritirarsi delle acque.
E’ interessante anche notare la strana conclusione del racconto:
Insieme alla sua famiglia, si stabilì in una capanna nel luogo ove sorge la città di Quito, per vivervi sempre, ma accadde che i suoi figli si trovarono improvvisamente a parlare lingue diverse e a non essere più in grado, quindi, di intendersi.
A causa di questo misterioso evento, i tre fratelli e il loro padre Pacha lasciarono quel luogo e si separarono, volgendo ognuno in una direzione e dando origine a tutti i popoli che oggi abitano quelle terre.
In un solo mito ecco riuniti due eventi identificabili con il diluvio universale e il confondersi delle lingue dell’episodio della torre di Babele.
Il secondo mito andino che ci parla di un diluvio è quello della ‘Ira degli dei’. Se nel primo mito troviamo in comune con quello mesopotamico e biblico gli elementi già evidenziati, in questo tali elementi sono assenti ma fa la comparsa un altro elemento comune: un dio iracondo che decide di sterminare gli uomini per ‘motivi personali’.
Secondo questo racconto gli uomini, creati dal dio Pachayachachic, a un certo punto della loro storia dimenticarono il culto di questo dio, il quale, furioso, scagliò sulla Terra le sue folgori sterminatrici. Questo però non bastò e dunque, sempre più adirato, provocò un grande diluvio che sommerse ogni terra e ogni villaggio, provocando la morte di gran parte degli uomini: solo a quei pochi che si erano mantenuti fedeli a lui, Pachayachachic permise di salvarsi trovando rifugio sulle alte montagne o in profonde grotte.
E’ evidente un parallelo con il Dio biblico e con l’ Enlil sumero, entrambi iracondi e vendicativi per puro interesse personale. Inoltre il nome Pachayachachic viene tradotto in vari modi: ‘Dio dell'universo’, ‘dio invisibile’, ‘dio che vive nel vento’, tutti epiteti che si prestano bene sia a rappresentare Jahwe che, ancora meglio, Enlil.
In Centro America il mito sul diluvio più famoso è quello contenuto nel codice Latino-Vaticano del popolo degli Aztechi. Si dice infatti che la prima era della storia del mondo fu distrutta da un diluvio d' acqua. Il primo sole, Matlactili, durò 4008 anni. In questo tempo il popolo era costituito da esseri giganti che mangiavano prevalentemente mais. Solo una coppia si salvò dal diluvio (Nene e Tata) poichè era protetta da un albero. Comunque altri miti locali affermavano che sette coppie si rifugiarono in una caverna e ne uscirono quando le acque si ritirarono. Quando la terra venne ripopolata, questi superstiti vennero considerati delle divinità.
Secondo un altro popolo mesoamericano chiamato Mechoacanesecs, il dio Tezcatilpoca volle distruggere tutta l' umanità con un diluvio e salvò solo un uomo di nome Tezpi. Quest' ultimo si imbarcò con la sua famiglia e ogni genere di animali e sementi su un' arca. Quando il dio ordinò la fine del diluvio, l' imbarcazione si arenò su una montagna. Tezpi, per sondare l' abitabilità della terra, liberò un avvoltoio che non tornò perché si nutriva delle carcasse degli animali. Allora vennero liberati molti altri uccelli, dei quali tornò solo il colibrì con un ramo nel becco. Il diluvio era finito. Quest’ ultimo racconto contiene il particolare dell’ avvoltoio che abbiamo già visto nella storia di Pacha.
In altre zone dell’ America latina poi son stati tramandati molti racconti riguardanti il diluvio, più o meno tutti simili. I Chibcha della Colombia dicono che furono portati alla civiltà da un certo personaggio barbuto detto Bochica.
Quest' ultimo aveva una moglie invidiosa e cattiva, Chia, la quale fece piombare sulla terra un diluvio che distrusse gran parte dell' umanità. Bochica cacciò sua moglie facendola divenire la luna. Nonostante il disastro, questo essere superiore riorganizzò i superstiti e alla fine ascese al cielo divenendo un dio.
Gli Indios Tupinamba del Brasile raccontano che l' eroe civilizzatore Monan aveva creato l' umanità ma distrutto il mondo tramite un diluvio. Anche i Canari dell'Ecuador parlano di due fratelli scampati al diluvio.
Non abbiamo racconti elaborati e dettagliati come nel caso della bibbia, dell’Atra Hasis o dell’epopea di Gilgamesh.
Due racconti in particolare però ci raccontano dei particolari abbastanza curiosi.
Il mito del diluvio e dei tre figli d Pacha (il primo uomo creato) ci dice che il diluvio fu causa della distruzione del primo popolo in seguito a un ‘gioco alla guerra’ dei tre fratelli. Questi volevano combattere, ma non avendo avversari decisero di combattere il drago il quale, ferito dalle frecce dei fratelli, si difese gettando acqua dalla bocca. Quest’ acqua ricoprì le ande e l’ intera terra.
Pacha, il primo uomo, trovò rifugio per sè, i suoi figli e loro mogli, sulla vetta del monte Pichincha, che sovrastava la città di Quito. Giunto al sicuro, costruì una capanna e vi raccolse moltissime specie di animali e una bastevole quantità di cibo e attese che la furia del diluvio si attenuasse. Dopo qualche tempo liberò un grande uccello, l' Ullaguanga, che tuttavia non fece ritorno perchè trovò sufficiente possibilità di nutrimento nei corpi degli animali morti, sparsi nella vallata. Un altro uccello, però, liberato da Pacha, tornò portando nel becco delle foglie verdi e da questo segno Pacha dedusse che la vita vegetale aveva ripreso a svolgersi e che, quindi, era ormai possibile lasciare la cima del Pichincha.
In questo racconto si possono notare subito alcuni tratti comuni agli altri miti: l’ acqua che ricopre un monte altissimo (Il Pichincha è un vulcano dell’ Equador alto 4780 metri – l’ Ararat è un vulcano alto 5170 metri) e tutte le terre circostanti, gli uccelli che vengono mandati in avanscoperta (l’ uccello Ullaguanga a volte è identificato con i ‘gallinazos’, gli avvoltoi, altre volte con i corvi), un uomo saggio e la sua famiglia che si salvano, la raccolta di animali per dare di nuovo inizio alla vita dopo il ritirarsi delle acque.
E’ interessante anche notare la strana conclusione del racconto:
Insieme alla sua famiglia, si stabilì in una capanna nel luogo ove sorge la città di Quito, per vivervi sempre, ma accadde che i suoi figli si trovarono improvvisamente a parlare lingue diverse e a non essere più in grado, quindi, di intendersi.
A causa di questo misterioso evento, i tre fratelli e il loro padre Pacha lasciarono quel luogo e si separarono, volgendo ognuno in una direzione e dando origine a tutti i popoli che oggi abitano quelle terre.
In un solo mito ecco riuniti due eventi identificabili con il diluvio universale e il confondersi delle lingue dell’episodio della torre di Babele.
Il secondo mito andino che ci parla di un diluvio è quello della ‘Ira degli dei’. Se nel primo mito troviamo in comune con quello mesopotamico e biblico gli elementi già evidenziati, in questo tali elementi sono assenti ma fa la comparsa un altro elemento comune: un dio iracondo che decide di sterminare gli uomini per ‘motivi personali’.
Secondo questo racconto gli uomini, creati dal dio Pachayachachic, a un certo punto della loro storia dimenticarono il culto di questo dio, il quale, furioso, scagliò sulla Terra le sue folgori sterminatrici. Questo però non bastò e dunque, sempre più adirato, provocò un grande diluvio che sommerse ogni terra e ogni villaggio, provocando la morte di gran parte degli uomini: solo a quei pochi che si erano mantenuti fedeli a lui, Pachayachachic permise di salvarsi trovando rifugio sulle alte montagne o in profonde grotte.
E’ evidente un parallelo con il Dio biblico e con l’ Enlil sumero, entrambi iracondi e vendicativi per puro interesse personale. Inoltre il nome Pachayachachic viene tradotto in vari modi: ‘Dio dell'universo’, ‘dio invisibile’, ‘dio che vive nel vento’, tutti epiteti che si prestano bene sia a rappresentare Jahwe che, ancora meglio, Enlil.
In Centro America il mito sul diluvio più famoso è quello contenuto nel codice Latino-Vaticano del popolo degli Aztechi. Si dice infatti che la prima era della storia del mondo fu distrutta da un diluvio d' acqua. Il primo sole, Matlactili, durò 4008 anni. In questo tempo il popolo era costituito da esseri giganti che mangiavano prevalentemente mais. Solo una coppia si salvò dal diluvio (Nene e Tata) poichè era protetta da un albero. Comunque altri miti locali affermavano che sette coppie si rifugiarono in una caverna e ne uscirono quando le acque si ritirarono. Quando la terra venne ripopolata, questi superstiti vennero considerati delle divinità.
Secondo un altro popolo mesoamericano chiamato Mechoacanesecs, il dio Tezcatilpoca volle distruggere tutta l' umanità con un diluvio e salvò solo un uomo di nome Tezpi. Quest' ultimo si imbarcò con la sua famiglia e ogni genere di animali e sementi su un' arca. Quando il dio ordinò la fine del diluvio, l' imbarcazione si arenò su una montagna. Tezpi, per sondare l' abitabilità della terra, liberò un avvoltoio che non tornò perché si nutriva delle carcasse degli animali. Allora vennero liberati molti altri uccelli, dei quali tornò solo il colibrì con un ramo nel becco. Il diluvio era finito. Quest’ ultimo racconto contiene il particolare dell’ avvoltoio che abbiamo già visto nella storia di Pacha.
In altre zone dell’ America latina poi son stati tramandati molti racconti riguardanti il diluvio, più o meno tutti simili. I Chibcha della Colombia dicono che furono portati alla civiltà da un certo personaggio barbuto detto Bochica.
Quest' ultimo aveva una moglie invidiosa e cattiva, Chia, la quale fece piombare sulla terra un diluvio che distrusse gran parte dell' umanità. Bochica cacciò sua moglie facendola divenire la luna. Nonostante il disastro, questo essere superiore riorganizzò i superstiti e alla fine ascese al cielo divenendo un dio.
Gli Indios Tupinamba del Brasile raccontano che l' eroe civilizzatore Monan aveva creato l' umanità ma distrutto il mondo tramite un diluvio. Anche i Canari dell'Ecuador parlano di due fratelli scampati al diluvio.
4. Il diluvio in Oceania
A Tahiti viene ancora raccontata una leggenda secondo la quale l’isola fu anticamente sommersa dal mare, nell'isola sopravvissero solamente un uomo e una donna e gli animali che essi salvarono; il disastro iniziò con grandi piogge e una tempesta furiosa che fini per travolgere l'intera isola. Per salvarsi assieme agli animali i due esseri umani si rifugiarono sul monte più alto PITOHITI.
Finalmente dopo 10 notti cessò di piovere e il mare calò, così la vita, grazie alla coppia, tornò a fiorire nell'isola. Dal testo si può leggere:
Venne un forte vento del sud, con piogge e piene, e una forte tempesta esiziale e turbini.
Grandi alberi furono sradicati, con massi di ogni genere e trasportati in aria. Soltanto una coppia fu risparmiata, un uomo con sua moglie furono salvati.
[…]
Tutta la terra di Tahiti e Tai-arapu fu allagata dal mare e dalle acque dolci. Il monte Orena rimase sommerso; solo il monte Pito-hiti si mantenne sopra il livello delle acque. Sopra Tahiti piccola (Mo'orea) pareva mare aperto:
Nessuna montagna emergeva dalle onde.
[…]
Allora dissero: "L'ira di Ta'aroa, l' unico fondamento del mondo, è placata! Il mare è calmo, si è abbassato e il tempo è asciutto, ma noi rimaniamo tra cielo e terra.
Questi tre passaggi del racconto Tahitiano contengono elementi che devono far pensare: innanzitutto nel primo estratto si dice che la tempesta proveniva da sud, esattamente come nel mito di Gilgamesh. Questo fatto è molto importante a causa della posizione geografica dell’arcipelago della Polinesia Francese in cui si trovano le isole tahitiane. Situato a 6000 km a est dell’Australia, è uno dei punti più a sud di tutto il globo. Una tempesta che provenga da Sud dell'Oceania può venire solo da uno specifico luogo geografico: il polo sud, esattamente come sostenuto da Sitchin.
Il secondo passaggio del brano fa riferimento al riversarsi di “acque dolci”, un chiaro riferimento a ghiaccio disciolto, un altro punto a favore della teoria del diluvio come sciogliemnto dei ghiacci del polo sud.
Nel terzo estratto del brano troviamo, come nei miti visti in precedenza, la figura di un dio iracondo: Ta’aroa. La mitologia tahitiana non si può descrivere come esattamente politeista. Nei testi rinvenutici e nelle leggende raccontate, solo Ta’aroa figura come ‘grande dio eterno’ mentre le altre figure risultano come degli dei creati ‘su commissione’ di Ta’aroa dagli ‘artisti della creazione’. Questi avevano dei cesti ripieni di To’i, una sorta di materiale non identificabile. Da questo materiale crearono 4 personaggi: Tane, Ru, Hina, Maui.
Dopo che Tane creò il cielo con le stelle, Ta’aora creò sette livelli nel mondo e nell’ultimo, il più basso, creò l’ uomo.
Nella sua accezione di ‘dio creatore’ Ta’aroa ricorda molto la figura di Enki nella sua connotazione di ‘Nudimmud’, ossia ‘abile creatore’, che Sitchin identifica in quel dio successivamente adorato dagli egizi come Ptah, il ‘creatore delle cose’.
5. Il diluvio in altre culture
Sparse per il globo, quasi tutte le culture ci hanno lasciato miti riguardanti il diluvio:
Nel mito polinesiano, il Nibbio e il Granchio litigarono e il primo, in impeto di rabbia, colpisce il secondo sul cranio. Il Granchio per vendicarsi inonda e annega tutti gli viventi. Gli unici a salvarsi sono due giovani sposi e gli animali riparatisi sulla loro imbarcazione.
Un mito cinese racconta che un tempo gli uomini si ribellarono agli dei. L' universo allora piombò nel caos e le acque invasero la terra.
Nel Laos e nella Thailandia settentrionale, si dice che un tempo un popolo chiamato Then viveva in un regno superiore, mentre gli inferi erano guidati da tre grandi uomini saggi. I Then decisero che le persone avrebbero dovuto donare loro una parte del proprio cibo. Il popolo si rifiutò e i Then fecero piombare un diluvio sulla terra. I tre uomini tuttavia costruirono una zattere e misero in salvo non solo se stessi ma anche alcune donne e bambini. In questo modo salvarono l'umanità dall'estinzione. E’ importante in questo caso rimarcare che i termini usati nel mito, in lingua thailandese, per ‘inferi’ in effetti vogliono dire ‘mondo inferiore’. Che sia o meno un riferimento geografico come nel caso dell’Absu sumero, la traduzione ‘inferi’ sembra dovuta al contatto della civiltà occidentale con quella locale.
Nel Vietnam, secondo le leggende locali, trovarono scampo dalle acque del diluvio solo un fratello e una sorella. Essi si trovavano all' interno di una ‘cassa di legno’ nella quale c' erano una coppia di ogni specie animale.
Gli aborigeni d' Australia delle coste settentrionali sostengono che un diluvio distrusse un mondo precedente. Secondo altri miti di altre tribù australiane, tuttavia, il serpente cosmico Yurlunggur sarebbe il reale responsabile del diluvio.
In Giappone, alcune tradizioni ritengono che la creazione dell'Oceania sarebbe derivata dal ritirarsi delle acque di un diluvio. Per di più nelle isole Samoa e nelle isole Hawaii si ricorda un diluvio che distrusse il mondo e quasi tutta l' umanità. Secondo i Samoani, sopravvissero al disastro solo due uomini che approdarono nelle isole Samoa.
Anche in Nord America molti gruppi di pellirosse e popolazioni indigene tramandano racconti su una catastrofe dovuta all’ acqua: gli Inuit dell'Alaska parlano di un diluvio e di un terremoto che risparmiarono i pochi che fuggirono tramite canoe o scapparono sui monti. Il popolo Luiseño e quello degli Huroni raccontano che si abbatté un diluvio su tutta la terra e solo coloro che si rifugiarono sulle vette delle montagne si salvarono. Anche i Montagnais, gli Irochesi, i Chickasaw e i Sioux fanno riferimento al mito del diluvio.
A Tahiti viene ancora raccontata una leggenda secondo la quale l’isola fu anticamente sommersa dal mare, nell'isola sopravvissero solamente un uomo e una donna e gli animali che essi salvarono; il disastro iniziò con grandi piogge e una tempesta furiosa che fini per travolgere l'intera isola. Per salvarsi assieme agli animali i due esseri umani si rifugiarono sul monte più alto PITOHITI.
Finalmente dopo 10 notti cessò di piovere e il mare calò, così la vita, grazie alla coppia, tornò a fiorire nell'isola. Dal testo si può leggere:
Venne un forte vento del sud, con piogge e piene, e una forte tempesta esiziale e turbini.
Grandi alberi furono sradicati, con massi di ogni genere e trasportati in aria. Soltanto una coppia fu risparmiata, un uomo con sua moglie furono salvati.
[…]
Tutta la terra di Tahiti e Tai-arapu fu allagata dal mare e dalle acque dolci. Il monte Orena rimase sommerso; solo il monte Pito-hiti si mantenne sopra il livello delle acque. Sopra Tahiti piccola (Mo'orea) pareva mare aperto:
Nessuna montagna emergeva dalle onde.
[…]
Allora dissero: "L'ira di Ta'aroa, l' unico fondamento del mondo, è placata! Il mare è calmo, si è abbassato e il tempo è asciutto, ma noi rimaniamo tra cielo e terra.
Questi tre passaggi del racconto Tahitiano contengono elementi che devono far pensare: innanzitutto nel primo estratto si dice che la tempesta proveniva da sud, esattamente come nel mito di Gilgamesh. Questo fatto è molto importante a causa della posizione geografica dell’arcipelago della Polinesia Francese in cui si trovano le isole tahitiane. Situato a 6000 km a est dell’Australia, è uno dei punti più a sud di tutto il globo. Una tempesta che provenga da Sud dell'Oceania può venire solo da uno specifico luogo geografico: il polo sud, esattamente come sostenuto da Sitchin.
Il secondo passaggio del brano fa riferimento al riversarsi di “acque dolci”, un chiaro riferimento a ghiaccio disciolto, un altro punto a favore della teoria del diluvio come sciogliemnto dei ghiacci del polo sud.
Nel terzo estratto del brano troviamo, come nei miti visti in precedenza, la figura di un dio iracondo: Ta’aroa. La mitologia tahitiana non si può descrivere come esattamente politeista. Nei testi rinvenutici e nelle leggende raccontate, solo Ta’aroa figura come ‘grande dio eterno’ mentre le altre figure risultano come degli dei creati ‘su commissione’ di Ta’aroa dagli ‘artisti della creazione’. Questi avevano dei cesti ripieni di To’i, una sorta di materiale non identificabile. Da questo materiale crearono 4 personaggi: Tane, Ru, Hina, Maui.
Dopo che Tane creò il cielo con le stelle, Ta’aora creò sette livelli nel mondo e nell’ultimo, il più basso, creò l’ uomo.
Nella sua accezione di ‘dio creatore’ Ta’aroa ricorda molto la figura di Enki nella sua connotazione di ‘Nudimmud’, ossia ‘abile creatore’, che Sitchin identifica in quel dio successivamente adorato dagli egizi come Ptah, il ‘creatore delle cose’.
5. Il diluvio in altre culture
Sparse per il globo, quasi tutte le culture ci hanno lasciato miti riguardanti il diluvio:
Nel mito polinesiano, il Nibbio e il Granchio litigarono e il primo, in impeto di rabbia, colpisce il secondo sul cranio. Il Granchio per vendicarsi inonda e annega tutti gli viventi. Gli unici a salvarsi sono due giovani sposi e gli animali riparatisi sulla loro imbarcazione.
Un mito cinese racconta che un tempo gli uomini si ribellarono agli dei. L' universo allora piombò nel caos e le acque invasero la terra.
Nel Laos e nella Thailandia settentrionale, si dice che un tempo un popolo chiamato Then viveva in un regno superiore, mentre gli inferi erano guidati da tre grandi uomini saggi. I Then decisero che le persone avrebbero dovuto donare loro una parte del proprio cibo. Il popolo si rifiutò e i Then fecero piombare un diluvio sulla terra. I tre uomini tuttavia costruirono una zattere e misero in salvo non solo se stessi ma anche alcune donne e bambini. In questo modo salvarono l'umanità dall'estinzione. E’ importante in questo caso rimarcare che i termini usati nel mito, in lingua thailandese, per ‘inferi’ in effetti vogliono dire ‘mondo inferiore’. Che sia o meno un riferimento geografico come nel caso dell’Absu sumero, la traduzione ‘inferi’ sembra dovuta al contatto della civiltà occidentale con quella locale.
Nel Vietnam, secondo le leggende locali, trovarono scampo dalle acque del diluvio solo un fratello e una sorella. Essi si trovavano all' interno di una ‘cassa di legno’ nella quale c' erano una coppia di ogni specie animale.
Gli aborigeni d' Australia delle coste settentrionali sostengono che un diluvio distrusse un mondo precedente. Secondo altri miti di altre tribù australiane, tuttavia, il serpente cosmico Yurlunggur sarebbe il reale responsabile del diluvio.
In Giappone, alcune tradizioni ritengono che la creazione dell'Oceania sarebbe derivata dal ritirarsi delle acque di un diluvio. Per di più nelle isole Samoa e nelle isole Hawaii si ricorda un diluvio che distrusse il mondo e quasi tutta l' umanità. Secondo i Samoani, sopravvissero al disastro solo due uomini che approdarono nelle isole Samoa.
Anche in Nord America molti gruppi di pellirosse e popolazioni indigene tramandano racconti su una catastrofe dovuta all’ acqua: gli Inuit dell'Alaska parlano di un diluvio e di un terremoto che risparmiarono i pochi che fuggirono tramite canoe o scapparono sui monti. Il popolo Luiseño e quello degli Huroni raccontano che si abbatté un diluvio su tutta la terra e solo coloro che si rifugiarono sulle vette delle montagne si salvarono. Anche i Montagnais, gli Irochesi, i Chickasaw e i Sioux fanno riferimento al mito del diluvio.
Tratto da (fonte oggi off line): La storia dell’uomo, vista da un altro punto di vista.
Articolo precedentemente pubblicato qui il 28/06/2017
Per approfondire sul tema dal punto di vista archeologico consiglio questa lettura: Graham Hancock dichiara guerra agli archeologi, nonché la visione della serie dedicata: “Ancient Apocalypse”
Articolo precedentemente pubblicato qui il 28/06/2017
Per approfondire sul tema dal punto di vista archeologico consiglio questa lettura: Graham Hancock dichiara guerra agli archeologi, nonché la visione della serie dedicata: “Ancient Apocalypse”
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