Se una sonda spaziale inviata da una altra civiltà vagasse per il nostro Sistema Solare, saremmo in grado di riconoscerla?
E come sarebbe la sua tecnologia?
Immagine: NASA, rappresentazione artistica di una sonda terrestre.
Immagine: NASA, rappresentazione artistica di una sonda terrestre.
Sicuramente, apparirebbe come qualcosa di estremamente innovativo, superiore a qualsiasi altra sofisticata apparecchiatura creata finora da noi.
Anche perché si tratterebbe del modello più avanzato mai prodotto da quella società extraterrestre.
A dirlo è uno studio che potrebbe avere implicazioni su come cercare l’intelligenza ET, su come pianificare le nostre future missioni di esplorazione del cosmo e anche su come interpretare quegli strani oggetti che ogni tanto fanno capolino nella nostra atmosfera ...
A dirlo è uno studio che potrebbe avere implicazioni su come cercare l’intelligenza ET, su come pianificare le nostre future missioni di esplorazione del cosmo e anche su come interpretare quegli strani oggetti che ogni tanto fanno capolino nella nostra atmosfera ...
L’autore della ricerca è il professor Graeme Smith, astronomo australiano che insegna all’Università della California, a Santa Cruz.
Nell’abstract dell’articolo pubblicato dalla rivista International Journal of Astrobiology intitolato “In merito alla prima sonda a transitare tra due civiltà interstellari” (“On the first probe to transit between two interstellar civilizations”), sostiene che, nel caso in cui degli scienziati di un altro pianeta intraprendessero un programma interstellare, anno dopo anno migliorerebbero le performance delle loro sonde: ad arrivare alla meta in minor tempo, quindi, non sarebbe la prima ad essere stata lanciata, ma piuttosto l’ultima.
«Tale sonda sarebbe il prodotto di una fase relativamente avanzata della tecnologia di quella civiltà extraterrestre. Più distante è il sito da cui essa sta lanciando le sonde, maggiore sarà il divario tecnologico tra una sonda al primo incontro e la tecnologia terrestre», sostiene il ricercatore.
Il punto di partenza di Smith è semplice: la tecnologia migliora nel tempo. Lo vediamo negli oggetti di uso quotidiano, ad esempio i nostri cellulari o i nostri pc: hanno prestazioni sempre più performanti e quelli di appena 20 anni fa non sono nemmeno paragonabili a quelli attuali.
Lo stesso vale per le strumentazioni spaziali.
Nel 1972, la NASA ha lanciato la Pioneer 10; cinque anni dopo, è toccato alla Voyager 2, dotata di propulsione e meccanismi un po’ più avanzati. Un piccolo miglioramento che però ha fatto una grande differenza: avendo una velocità superiore, la Voyager 2 ha colmato il gap e il prossimo aprile supererà la Pioneer 10 in viaggio oltre i confini del sistema solare. Se nei prossimi anni lanciassimo un’altra sonda, essa scavalcherebbe le altre due in un lasso di tempo ancora inferiore. E qualunque navicella spedita nello spazio nel XXII secolo, batterebbe tutte quelle prodotte in precedenza.
Il "viaggiatore interstellare" Oumuamua - rappresentazione artistica
Quindi vale anche il contrario: un’eventuale versione aliena della Voyager che dovesse mai raggiungere la Terra non sarà il primo prototipo spedito in esplorazione, ma il modello di ultima generazione.
«Se un oggetto inviato da una civiltà extraterrestre interstellare dovesse entrare nel Sistema Solare, è probabile che non si tratti di una reliquia analoga a una sonda tipo Voyager consumata dal tempo, ma piuttosto ci si potrebbe aspettare un veicolo molto più sofisticato, anche se non più funzionante», scrive infatti il professore.
Come - forse - Oumuamua, il misterioso viaggiatore interstellare che ha rapidamente attraversato il nostro sistema solare nel 2017: per il fisico di Harvard Avi Loeb poteva essere un artefatto alieno lanciato migliaia o persino milioni di anni fa alla ricerca di forme di vita. E a suo avviso, di Oumuamua ce ne sarebbero molti a zonzo nel cosmo e qualcuno potrebbe essere persino già transitato nelle nostre vicinanze. Proprio per individuarli, Avi Loeb ha promosso il Galileo Project che ha anche la dichiarata intenzione di scoprire la reale natura degli UAP.
I fenomeni aerei non identificati - il nome più di moda per indicare i vecchi, cari UFO - potrebbero in effetti rivelarsi delle sonde inviate dagli ET per carpire informazioni sulle forme di vita più o meno intelligenti della Terra.
Lo ammette anche Graeme Smith, che sembra aver trovato un metodo, rapido ed efficace, per valutare gli avvistamenti di oggetti inusuali. Basterebbe farsi la seguente domanda: «Le caratteristiche degli UAP sono così al di là di ciò che l’innovazione terrestre può attualmente realizzare da essere coerenti con il primo arrivo di veicoli da una lontana civiltà extraterrestre dotata di un programma spaziale interstellare?» Se la risposta fosse affermativa, beh, ecco la prova che non siamo soli nell’Universo e nemmeno i primi della classe.
Ma per ora sembrano tutti concordare sul fatto che nulla di troppo speciale voli nei nostri cieli, almeno stando alle dichiarazioni ufficiali di chi ha avuto mandato dal Congresso di Washington di far chiarezza sugli intrusi spesso avvistati negli spazi aerei americani.
«Gli oggetti non identificati nei cieli, nel mare e nello spazio rappresentano potenziali minacce alla sicurezza e alla protezione, in particolare per il personale operativo, e per questo stiamo conducendo uno sforzo mirato per caratterizzare, comprendere e attribuire meglio questi oggetti impiegando i più alti standard scientifici e analitici», ha detto durante una tavola rotonda Sean Kirkpatrick, direttore dell’AARO. La sigla sta per All-domain Anomaly Resolution Office (ovvero Ufficio per la Risoluzione delle Anomalie in Tutti i domini) ed è l’organismo che il Dipartimento della Difesa ha istituito sulla base di quanto previsto dal National Defense Authorization Act del 2022.
Ma nonostante gli esperti brancolino nel buio in merito a natura e provenienza di quegli ospiti indesiderati e gli studi siano appena all’inizio, pare già sicuro che non ci siano prove sulla loro provenienza extraterrestre.
«In questo momento, la risposta è no, non abbiamo niente», ha confermato il sottosegretario alla Difesa per l’intelligence e la sicurezza Ronald Moultrie.
«Anche se è molto presto, non abbiamo visto nulla che ci porti a credere che qualcuno degli oggetti che abbiamo osservato sia di origine aliena. Se troveremo qualcosa del genere, lo esamineremo, lo analizzeremo e intraprenderemo le azioni appropriate», ha assicurato.
A differenza della Task Force sugli UAP (gestita dalla Marina) che l’ha preceduto, l’AARO starebbe lavorando in concerto con altre agenzie per migliorare la raccolta di informazioni: a collaborare con la nuova agenzia ci sono i servizi segreti militari, le varie Intelligence, il Dipartimento dell’energia, la NASA, la Federal Aviation Administration, la National Oceanic and Atmospheric Administration.
La mancanza di dati certi sul fenomeno è - dicono -la questione cruciale.
Già se ne erano lamentati gli analisti della Task Force, nel presentare il primo report sugli avvistamenti misteriosi che nel giugno 2021 erano a quota 144. Se ne lamentano ora gli investigatori dell’AARO, che devono rivedere tutta la casistica del passato insieme alle nuove segnalazioni in continua crescita.
Sarebbero, in totale, qualche centinaio.
La priorità va agli episodi avvenuti nelle vicinanze di istallazioni militari o nel corso di esercitazioni, per ovvi motivi di sicurezza nazionale. Senza fornire dettagli, visto la delicatezza della tematica, Moultrie ha tuttavia puntato l’attenzione sui droni e su altre strumentazioni che al giorno d’oggi si muovono nei nostri cieli.
La priorità va agli episodi avvenuti nelle vicinanze di istallazioni militari o nel corso di esercitazioni, per ovvi motivi di sicurezza nazionale. Senza fornire dettagli, visto la delicatezza della tematica, Moultrie ha tuttavia puntato l’attenzione sui droni e su altre strumentazioni che al giorno d’oggi si muovono nei nostri cieli.
Ma visto che anche un bambino potrebbe obiettare che nessun drone vola come gli oggetti ripresi dalle telecamere montate sui caccia militari, il direttore Kirkpatrick ha aggiunto: «Non esiste una risposta univoca, in effetti ci sono oggetti che sembrano dimostrare dinamiche di volo interessanti e li stiamo studiando e ricercando a fondo in questo momento. Il fenomeno potrebbe però dipendere dalla tipologia dei sensori, dal modo in cui registrano un evento o anche da un’illusione ottica».
Chissà cosa ne pensano tutti i piloti che si sono trovati di fronte a quei velivoli sconosciuti dalle prestazioni straordinarie e li hanno visti schizzare via a folli velocità e con accelerazioni pazzesche, non solo attraverso il monitor di una telecamera ma con i loro occhi. Chi glielo dice, adesso, che in realtà non hanno visto niente?
Idem per i cosiddetti “velivoli transmediali“, in grado cioè di muoversi indifferentemente in diversi ambienti- nell’atmosfera, nello spazio, nell’acqua.
Una tecnologia non in uso e nemmeno mai tentata, per quanto ne sappiamo, da nessuna Nazione del pianeta.
Anche in questo caso, ci sono le immagini che mostrano degli oggetti volanti sprofondare in mare e sparire. E ci sono i testimoni oculari.
Eppure, durante la tavola rotonda, i funzionari hanno detto che al momento non ci sono prove nemmeno di un fenomeno trans-medio non identificato. Zero. E - giusto per fugare ogni dubbio - non è emerso nulla di significativo neppure rovistando tra i file di vecchia data. Velivoli extraterrestri precipitati, corpi recuperati o visite aliene? Non scherziamo. Secondo il sottosegretario Moultrie, le informazioni attuali escludono che qualcosa del genere si sia mai verificato.
Esaminando documenti, interviste e promemoria, non ha trovato nulla che suggerisca incontri o incidenti con esseri di altri mondi. «Nella ricerca che ho svolto io, non ho sentito o visto nulla in questo momento che possa supportarlo», gli ha fatto eco Kirkpatrick.
Ecco, con inquirenti del genere possiamo dormire sonno tranquilli …
Fonte: www.extremamente.it
Fonte: www.extremamente.it
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