Il nostro vivere e il nostro sapere si basano per lo più su norme e precetti silenziosamente accettati.
Sostanzialmente, viviamo una vita assimilando delle credenze che non sono scaturite da nessun nostro pensiero, da nessuna nostra esperienza diretta, ma che ci vengono ripetutamente imposte dalla società, dalla famiglia, dalla scuola, dal contesto mediatico.
Ci comportiamo similmente ad un animale domestico che non si ribella al guinzaglio poiché è una pratica che sperimenta da sempre e che pertanto considera naturale.
Tutto avviene solo per cieca fede, così accettiamo che qualcun altro pensi per noi, che ci dia una direzione e una certa impostazione e, in qualsiasi ambito, una condizione diviene per noi effettiva proprio perché consensuale.
“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”
Per effetto di questo pragmatismo intellettuale, persiste nel pensiero occidentale un’ideologia che proverebbe la presenza dell’uomo a prescindere da un Creatore, da un “sommo progettista”, che ha organizzato tutta la vita nell’universo ma, analizzando la questione con lucida attenzione, è possibile comprendere che, nonostante un simile modello possa sembrare attendibile e per certi aspetti conveniente, restano comunque degli interrogativi esistenziali che la sola scienza non riesce ancora a soddisfare.
La teoria dell’evoluzione tanto caldeggiata dal pensiero contemporaneo, è una teoria che miscela altre teorie e secondo cui saremmo stati originati da un’incredibile esplosione di materia che avrebbe generato le potenzialità creative che hanno dato vita a tutto ciò che conosciamo, senza un disegno preordinato ma solo grazie a leggi fisiche e chimiche.
L’essere umano sarebbe quindi stato lentamente prodotto da un “brodo” popolato da resistenti batteri che via via si sono specializzati per esigenze individuali fino a creare tutte le specie esistenti.
NON DIMENTICHIAMO DIO
Benché sia ormai considerata blasfemia mettere in discussione tale visione, ora, avendo milioni di anni di “storia evoluzionistica” a disposizione, sarebbe bene che la scienza spiegasse per quale motivo tutti i generi esistenti, malgrado siano stati interessati nel tempo da svariate mutazioni, sono sempre restati all’interno della propria linea filetica continuando a reiterare i comportamenti istintivi tipici di quella razza.
In sintesi, e questo è davvero riscontrabile da tutti, un volatile è sempre stato un volatile e si è sempre comportato da volatile e, allo stesso modo, un primate è sempre stato un primate e si comporta ancora oggi da primate.
Rammentiamo che adattamento ambientale non significa evoluzione.
Mutare la forma di un becco, di un polmone, di una pinna, non fanno di un animale un’altro animale.
Se l’uomo si fosse realmente evoluto da una scimmia o da un koala, anch’esso con cinque dita e DNA simile, come mai non disponiamo di reperti che spiegano il famoso “anello mancante”?
Come mai i primati hanno sviluppato le attuali caratteristiche in svariati milioni di anni mentre noi siamo divenuti, in poco più di sessanta mila, esseri differentemente intelligenti, dotati di una coscienza qualitativamente diversa? E’ davvero una natura imperfetta che ha dato casualmente luogo a questo paradosso?
Dal punto di vista scientifico, con le scoperte della fisica quantistica e della moderna biologia, ci stiamo avvicinando a un nuovo modello di pensiero (si vedano ad esempio la Teoria M del fisico Edward Witten o quella della risonanza dei campi morfici del biologo Rupert Sheldrake) ma, anche se queste dottrine forniscono importanti tasselli per comporre una visione più completa, la soluzione al mistero della “creazione” non è ancora così a portata di mano e sarebbe per certi versi più plausibile accettare con umiltà l’idea di essere stati concepiti intelligentemente e con uno scopo, come tutto il resto da cui siamo apparentemente differenziati.
Se non riusciamo a definire le sembianze di una Forza Creatrice o a spiegarne le finalità, ciò non ci autorizza a respingerne l’esistenza o a ignorare l’ordine con cui regola le cose.
(Attivare i sottotitoli)
Antiche filosofie ci raccontano di una forza amorevole che tutto sovrintende e alla quale è possibile sintonizzarsi, una forza che non ha tempo e che opera da dentro la natura stessa, permeando e creando universi, esseri e cose.
Sono solo aneddoti fantasiosi che i popoli si tramandano da millenni con l’unico scopo di intrattenere i posteri, oppure facciamo realmente parte di un maestoso piano che non abbiamo ancora interamente codificato?
La trama inevitabilmente si infittisce.
LA VISIONE MISTICA DEL TUTTO
Mistici e maestri spirituali di tutto il mondo ci hanno più volte confermato che la “separazione” e il “controllo” sono un’illusione, che tutto è Uno e nulla in realtà muore ma si trasforma attraverso cicli di esperienza.
Di conseguenza, l’intero universo tenderebbe all’equilibrio e sarebbe coeso da una coscienza superiore che ne armonizza ogni singolo, impercettibile moto.
Un’interdipendenza totale dove qualsiasi cosa esistente è importante e ha un significato, non solo logico o biologico. Tutto ciò lascia intendere con un certo sollievo che il solo fatto di esistere implica l’appartenenza ad un progetto che possiamo arrivare a comprendere.
Qualcuno potrebbe dire che certe nostre tendenze comportamentali derivano solo dal retaggio del nostro cervello o da informazioni registrate e tramandate fisiologicamente dal DNA di una generazione a quella successiva per questioni legate alla mera sopravvivenza della specie. Ma siamo certi che sia tutto qui?
L’unica cosa certa è che siamo incredibilmente complessi e che, per quanto gli esperti si prodighino a semplificare, descrivere, nomenclare, sezionare, tuttora permangono molte lacune sulla nostra vera natura.
QUALE MENTE UTILIZZIAMO?
La necessità di fede nell’appartenenza a qualcosa di più grande e la ricerca delle cause della nostra esistenza, che siano giustificate da un’ideologia o dalla presenza di un Creatore, sono fattori innati, che da sempre ci inducono a cercare un senso più profondo nella nostra vita e a cui istituzioni scientifiche e religiose hanno tentato di dare un’interpretazione il più possibile credibile e digeribile.
Gli studi di MacLean sulla costituzione del cervello hanno recentemente determinato il concetto di “Cervello Trino” o “tripartito”, una sorta di triade di cervelli che agirebbe in sinergia determinando qualsiasi pensiero, emozione e aspirazione, nonché la sede dell’individualità cosciente.
In base a questi studi subiamo gli impulsi di un sistema mentale eterogeneo che si è strutturato nel tempo in rapporto ad esigenze specifiche. Ma questi sono solo aspetti funzionali del nostro essere.
Ci siamo mai chiesti chi ascolta e controlla la voce della nostra mente? Chi osserva i nostri sogni quando dormiamo? In quale processo mentale realmente si identifica la nostra individualità quando siamo coscienti?
LA STRUTTURA DEI TRE SÉ
Essere connessi ad un certo tipo di mente, come ad esempio quella subconscia o quella conscia, può essere utile per assicurarci la riproduzione, la sopravvivenza o la soluzione ad un problema pratico ma non può proteggerci dagli effetti determinati dalla qualità delle nostre azioni o dei nostri pensieri, né può condurci alla vera evoluzione che in breve consiste nel giungere ad una connessione stabile con una mente più saggia ed avanzata (mente superconscia) che potremmo intendere come l’ambasciatrice della nostra “parte sovrannaturale”, quel frammento di coscienza universale che sceglie di fare esperienza di se stesso in questo mondo per contemplare il suo perfezionamento, vita dopo vita.
Traduce, in buona sostanza, le istruzioni di quella che comunemente chiamiamo “anima” e viene spesso definita “voce del cuore” o della “coscienza” poiché incorpora e trasmette virtù come la compassione, la pazienza, l’amore, il perdono. Ma quella di assegnargli un nome è più una convenzione umana che una reale necessità.
Traduce, in buona sostanza, le istruzioni di quella che comunemente chiamiamo “anima” e viene spesso definita “voce del cuore” o della “coscienza” poiché incorpora e trasmette virtù come la compassione, la pazienza, l’amore, il perdono. Ma quella di assegnargli un nome è più una convenzione umana che una reale necessità.
Tuttavia, il termine più adeguato per definire una simile risorsa, in quanto evoca la sua corretta collocazione rispetto all’insieme corpo-mente-anima, è Sé Superiore. Questo Sé sa di noi ogni cosa, compreso il nostro futuro che, variando continuamente in funzione delle nostre scelte e dell’intensità dei nostri pensieri, rappresenta solo una potenzialità e non è mai interamente predeterminato.
Diventa un potente alleato quando ci poniamo in una modalità di osservazione, quando percepiamo la vita nel momento presente, scevri da qualsiasi credenza indotta, ed è la sola “voce” a cui credere e che può guidarci verso il progresso spirituale. Va distinto dal Sé Inferiore (mente subconscia, gestita dall’emisfero destro) che raccoglie e invia dati in modo irrazionale (come istinti, paure, pulsioni, capacità artistiche, ricordi ancestrali, archetipi) e dal Sé Intermedio (mente conscia, gestita dall’emisfero sinistro) che si limita a filtrare razionalmente i flussi di informazioni che gli pervengono da ambo le parti.
I POTERI DEL SÉ SUPERIORE
Dobbiamo pertanto riconoscere la presenza di una “mente illuminata”, in apparenza disgiunta dal corpo fisico, che comunica con l’altra parte del “velo” stabilendo i compiti e gli scopi più elevati dell’essere. Una mente le cui manifestazioni non sono frutto di elaborazioni come negli altri casi ma scaturiscono dall’accesso al sapere più raffinato. Sapere che non è determinato dall’ambiente fisico in cui vive il corpo ma dalla comunicazione sottile con una dimensione le cui informazioni di grado superiore sono immediatamente assimilabili e possono alterare e incrementare la nostra percezione della realtà. Persino noti uomini di scienza, per definizione in contrasto con la sfera metafisica, si sono serviti di questo sapere per ricavarne veri e propri “lampi di genio”.
Nel momento in cui siamo allineati alla sua saggezza viviamo nel “qui ed ora”, liberiamo noi stessi dalle interpretazioni delle altre menti, manipolabili e conflittuali, e ci avviciniamo al nostro vero scopo. Ma quando ciò non accade, quando non siamo in pace con noi stessi, le informazioni che ci invia vengono respinte o male interpretate e prima o poi ci assale un senso di insoddisfazione e di latente disagio che puntualmente tentiamo di soffocare con euforie di breve durata.
Questa particolare guida, che è molto simile ad un “custode interiore”, comunica con noi attraverso intuizioni, visioni e sensazioni e con esse ci spinge a immaginare e realizzare un determinato percorso o un determinato accadimento. Tuttavia, se ritiene opportuno “detergere” il nostro essere da inutili e persistenti sovrastrutture, può anche indurci a consegnarci al dolore della solitudine, della disperazione o della malattia facendo emergere i difetti e le debolezze di cui vuole renderci coscienti. Ha un’unica richiesta, che le si dia ascolto in modo sempre più stabile.
Qualcuno chiamerebbe il raggiungimento di un simile stato “illuminazione”, attribuendolo solitamente a pochi eletti ma in realtà dovrebbe essere la vera e unica condizione in cui tutti dovrebbero esistere.
Ciò che ci preclude questa condizione sono quelle connessioni ad altre parti di noi che allo stato attuale si sono sviluppate oltre il dovuto e che una minoranza al potere sta pilotando per asservirci, ostacolando la nostra libertà e annientando il nostro senso critico.
È TEMPO DI CAMBIARE
Quanto appena detto ci fa capire che la realtà, come la definiamo, dipende essenzialmente da come decidiamo di interagire con essa, in altre parole, dalla modalità in cui ci poniamo mentre focalizziamo i nostri intenti. Utilizzare lo “strumento” giusto è essenzialmente solo questione di pratica e maturità. Dedicarsi alla riconquista del nostro Sé autentico non ci distoglierebbe dalla vita sociale o familiare per come la intendiamo, anzi, ci permetterebbe di vedere con più chiarezza chi siamo e dove stiamo andando.
Sebbene in ogni epoca non siano mancate delle eccezioni, siamo sempre stati connessi alla parte di noi più utile e funzionale al ciclo di cui facciamo esperienza. Perciò, se agli albori della nostra storia, similmente ad un’infanzia, ha predominato la nostra parte istintiva ed emotiva e successivamente, in epoche più mature, quella razionale e intellettuale, ora è il tempo di connettersi alla nostra “saggezza interiore” per trasformarci in qualcosa di più elevato.
Dunque meditiamo su ciò che siamo: esseri passivi, incapaci di guadagnarsi la libertà, oppure esseri consapevoli che determinano il loro destino?
Fonte: statoquantico.it
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