di Sabrina Pieragostini
In testa alle classifiche di vendita di Amazon e IBS nella categoria scienza, evoluzione e biologia, richiesto dalla Harvard Medical School per metterlo a disposizione di studenti e ricercatori dato l’alto interesse delle ipotesi che contiene, “Resi Umani– Da organismi scimmieschi all’ominide pensante, una storia da riscrivere” (Unoeditori) sta diventando un caso letterario.
Affronta un tema delicato, l’evoluzione umana, proponendo una terza via alternativa tanto al Creazionismo quanto al Darwinismo.
Autori del saggio sono Mauro Biglino, esperto di Storia delle Religioni, biblista e traduttore dall’ebraico masoretico, e Pietro Buffa, biologo molecolare con un master in bioinformatica, da tempo impegnato nel tentativo di comprendere quali “determinanti genetici” abbiano permesso il passaggio dai primi ominidi antropomorfi agli esseri umani moderni.
La loro collaborazione si è sviluppata un po’ per volta. “Conosco Mauro Biglino da diversi anni e lavorare con lui alla stesura di questo libro mi ha riempito di gioia”, dice il ricercatore siciliano nell’intervista che ha concesso a Extremamente.
“Proveniamo da due ambiti di studio diversi, io quello biologico, lui quello legato ai testi biblici, ma devo dire che affrontando il controverso tema delle origini umane, i nostri rispettivi studi e le nostre idee sembrano trovare stimolanti punti di contatto.
Non è mai semplice la collaborazione tra studiosi di settori diversi, ma è questa la strada da perseguire se vogliamo dare risposte più esaustive a diverse domande che rimangono ancora eluse.”
Come, appunto, quelle che ci permetteranno di comprendere come siamo nati come specie, come siamo diventati quello che siamo in un lasso di tempo incredibilmente breve da un punto di vista evoluzionistico ...
“Nessuna scoperta è mai stata fatta senza un’audace ipotesi”, ha affermato Sir Isaac Newton, il padre della fisica classica.
E in quanto ad audacia, “Resi Umani” non scherza.
Ecco infatti l’idea centrale sulla quale si sviluppa il saggio: “Homo sapiens è portatore di numerosi tratti biologici e comportamentali che ci inducono a ritenere plausibile l’ipotesi che gli ominidi nostri progenitori si siano evoluti all’interno di un regime di domesticazione, un processo cioè di evoluzione guidata da terzi”, spiega Pietro Buffa.
“Parliamo di una differente interpretazione del successo evolutivo della nostra specie, un’interpretazione che va oltre il concetto imperante di “adattamento evolutivo” di stampo darwiniano che troppo spesso, a mio avviso, non trova pieno riscontro nell’evoluzione umana.”
Insomma, né Dio né la Natura, ma un terzo incomodo - al momento, sconosciuto - sarebbe il responsabile della nostra evoluzione. Questo misterioso attore avrebbe agito manipolando geneticamente i primi organismi scimmieschi, modificandone il DNA. Nulla di impossibile: lo stiamo facendo anche noi oggi nei nostri laboratori.
Ma pensare che qualcun altro possa aver utilizzato queste tecniche decine se non centinaia di migliaia di anni fa lascia sconcertati. Eppure, i due studiosi percorrono proprio questa via come ipotesi di lavoro, ancora da dimostrare e verificare ovviamente, ma comunque meritevole di essere presa in considerazione.
Alcuni elementi, infatti, sembrano far propendere per l’intervento esterno.
“L’uomo moderno mostra i principali “contrassegni” di un avvenuto processo di domesticazione. Parliamo di una specie portatrice di tratti neotenici (ovvero, una specie che mantiene in età adulta caratteristiche tipiche dell’infanzia), dalla spiccata socievolezza e tendente all’assoggettamento.
Tutti elementi che sappiamo comparire nelle specie addomesticate”, spiega il dottor Buffa. “Come descrivo nel libro, Homo sapiens mostra anche una serie di miglioramenti estetici a livello cranio-facciale che rendono il suo aspetto più armonico e meno ‘scimmiesco’ rispetto agli altri ominidi suoi predecessori.”
Chi ci ha addomesticato, dunque, non avrebbe agito molto diversamente da noi, quando abbiamo trasformato un lupo aggressivo in un cane mansueto attraverso attente selezioni. Insomma, alterandone il normale processo evolutivo.
Il parallelo con il migliore amico dell’Uomo ritorna infatti spesso nel libro.
Continua Pietro Buffa:”Come dimostrano specifiche evidenze sui cani, le morfologie cranio-facciali di un animale possono subire ampie modificazioni attraverso la selezione artificiale operata da terzi. Tramite incroci programmati gli allevatori guidano l’emergere nell’animale di tratti estetici non necessariamente utili all’animale stesso, ma voluti da chi opera le selezioni. E se questo fosse accaduto anche ai nostri progenitori?
Come ammetteva lo stesso Charles Darwin, “se si potesse provare che una qualsiasi parte della struttura di una specie è stata formata per beneficio di un’altra specie, ciò distruggerebbe la mia teoria, poiché quella parte non potrebbe essersi prodotta attraverso la selezione naturale“.
Fonte: www.extremamente.it
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