sabato 25 maggio 2019

Onde gravitazionali, la memoria dell’universo?

Le onde gravitazionali lasciano il segno. E non soltanto perché la loro osservazione, per la prima volta nel 2016, ha cambiato il modo di studiare il nostro universo. 
Secondo una nuova ricerca guidata dalla Cornell University statunitense, le affascinanti increspature dello spazio-tempo già ipotizzate da Einstein oltre un secolo fa lascerebbero dietro di sé una testimonianza del loro passaggio nel cosmo.

Lo studio, pubblicato su Physical Review D, attribuisce alle onde gravitazionali la capacità di alterare lievemente la regione di spazio che attraversano, imprimendo così nell’universo una sorta di ricordo prolungato.

Questo permetterebbe agli scienziati di rilevare le onde gravitazionali anche parecchio tempo dopo il loro passaggio, quando non sono tecnicamente più alla portata degli interferometri come Ligo e Virgo ...


In che modo? 

Grazie a specifici segnali che gli scienziati hanno definito “osservabili dell’onda gravitazionale persistente”. Si tratta di “effetti collaterali” del passaggio di un’onda gravitazionale, dovuti al fatto che le particelle dello spazio attraversato dall’onda stessa vengono in qualche modo alterate. 

In particolare, il team di ricerca ha identificato tre osservabili, ricollegabili rispettivamente al tasso di rotazione, accelerazione e velocità delle particelle.

Al momento siamo ancora su un piano teorico, ma secondo i calcoli degli autori dello studio ciascuna di queste osservabili potrebbe essere misurata da un rivelatore. 

“Prima d’ora – commenta Éanna Flanagan, leader dello studio – non avevamo mai immaginato la ricchezza e la diversità di ciò che può essere osservato. La cosa più sorprendente è la connessione inaspettata di concetti apparentemente diversi: tra le osservabili considerate, abbiamo scoperto che spesso per conoscerne una era necessario comprenderne un’altra.” 

Analizzare in dettaglio queste variabili potrebbe aiutare a riattivare il ricordo cosmico lasciato dalle onde gravitazionali, aggiungendo un nuovo tassello alla moderna astronomia multimessaggera.

Fonte: www.globalscience.it

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