lunedì 27 giugno 2022

Io non voglio il lavoro!

Il primo articolo della Costituzione Italiana dice che: "L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro".

Questo "fondata sul lavoro" è un compromesso tra chi scrisse la Carta Costituzionale, una sintesi ideologica riuscita male tra socialisti, comunisti e democristiani di allora.

Non sarebbe meglio, almeno sulla carta, avere una "Repubblica democratica fondata sulla felicità, la bellezza o l'amore per la vita"?

Se in alcuni casi il lavoro è stato uno strumento che ha migliorato l’uomo, oggi bisogna chiedersi invece se sia proprio il lavoro (e il modo in cui si lavora) a mortificare e ad abbruttire l’essere umano. 
In tempi di crisi ringraziamo chi ci dà il lavoro, ce lo teniamo ben stretto, e siamo ritornati, come ai tempi della mezzadria, a toglierci il cappello e a baciare le mani a chi ci ruba il tempo e la vita.

Una prigione, anche se ha le sbarre d’oro, rimane una prigione ...


Oggi la gente sta perdendo il lavoro

Il lavoro, in molti casi, non c’è più perché non serve più.
Un dramma. Ma è un dramma finché rimaniamo all’interno della società dei consumi.

Siamo infatti arrivati al punto da avere tutto con poca fatica grazie all'innovazione tecnologica.
Viviamo in un pianeta ricco ma dobbiamo mantenerci in un sistema di scarsità per soddisfare un sistema obsoleto.
Buona parte dei lavoratori nella attuale società tecno-rettile consumista, producono sofferenza invece che gioia e benessere.

E in più il Potere ti prende per il culo, svalutando professionalità, disincentivando la creatività, favorendo i privilegi e gli abusi, sponsorizzando la mediocrità e le raccomandazioni, facendoti pagare le tasse per ingrassare le banche e apparati industriali e statali, mentre tu non hai neanche i soldi per il cinema.


E tu continui a lavorare come hai sempre fatto.
Ti fai un mazzo per che cosa? Se devi farti il mazzo, almeno fallo per qualcosa in cui credi e che ti piace.

Ci credi nell'energia nucleare, nella continua produzione di automobili che inquinano e intasano il nostro territorio, nella produzione di armi, nei medicinali che ti alleviano il mal di gola ma ti fanno venire l'ulcera, nei cibi che invece di nutrire fanno ammalare, nelle industrie che avvelenano i fiumi e l'aria che respiri?

Eppure quante volte si difende la produzione in posti dove sarebbe meglio dire:
"Queste cose che produciamo fanno cagare, ci uccidono! Noi vogliamo fare cose che servono e che innalzano la vita dell'essere umano, non che la abbrutiscono e la distruggono!"

Da una parte si dice giustamente che bisogna mantenere i propri figli, mentre dall'altra si vuole continuare a produrre, per non perdere il lavoro, cose che avveleneranno i propri figli.
A volta bisogna dire NO.
Non si può parlare di lavoro a senso unico senza vederne tutte le implicazioni.

Dovresti dire invece:

“Io non voglio il lavoro. Io voglio contribuire con un’attività che so fare bene al progresso e alla bellezza, al mio sostentamento e al benessere della mia famiglia e della mia comunità.
Io non voglio mendicare un posto di lavoro.
Preferisco fare il vagabondo squattrinato piuttosto che inquinare l’ambiente, avvelenare i miei figli, fomentare le guerre, ingrassare le industrie che stanno distruggendo il mondo, abbruttirmi con la falsità e l’ipocrisia, inquinare la mia psiche umiliandomi e sottomettendomi: da una parte mi date le briciole e dall’altra mi fottete la vita.
Tiè! (e poi, a tua discrezione puoi fare un gestaccio artistico con il braccio o con la mano, ma sempre in modo gentile e non violento, perché noi siamo gente educata)”.


Ti sembra utopista, populista, irresponsabile?
Forse, ma ti invito a fare chiarezza con onestà e vedere quale sia il tuo rapporto col lavoro.

Se non ci assumiamo tutta la responsabilità delle nostre scelte non possiamo aspettarci nulla dall'alto.
Sei tu che nutri i tuoi oppressori quando, con un po' più di organizzazione e di intelligenza, potresti tenerli per le palle.
Fare bene il proprio lavoro oggi è rivoluzionario, ma è rivoluzionario solo se ti piace, se ci metti il cuore, se lo ami, se ci sei mentre lo fai. E ovviamente se ce l'hai. Ma se non hai il lavoro, non chiederlo inginocchiandoti come se fosse l'acqua santa.
Chiedi giustizia sociale, pretendi dignità, fatti rispettare come essere umano, urla con verità il tuo disagio, ma non implorare quello che altri vogliono che tu implori.
Ama, che sia o meno un lavoro, quello che fai.

Tratto da: Manuale del Partigiano Zen
di Giordano Ruini

(Articolo pubblicato precedentemente qui il 04/10/2016)

3 commenti:

  1. Bellissimo post! Peccato che ormai le persone abbiano remore persino a fare uno sciopero, figuriamoci farsi delle domande sulla bontà del lavoro che svolgono e sulla condivisione di intenti verso le aziende per cui lavorano. C'è una visione del lavoro, nella maggior parte dei casi, che riguarda solo se stessi e spesso solo in termini economici: quasi mai ci si chiede se il proprio contributo lavorativo, visto in senso più ampio, stia migliorando o peggiorando il mondo.

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    1. Esatto, la paura di perdere il Lavoro (!) impedisce necessariamente di avere una visione d'insieme corretta, chi deve sopravvivere si fa per forza domande immediate e non a lungo termine: se hai freddo cerchi un riparo, non progetti mica una casa. E di conseguenza non rischia facendo più di uno scioperino di mezza giornata.
      Ad esempio abbiamo visto come i francesi, che non hanno ancora rinnegato gli scioperi ad oltranza, non siano riusciti, a Giugno, ad ottenere nulla con la legge sul lavoro. E ancora di lavoro si tratta! La gente scende per strada per avere un lavoro, anche pagato miseramente, ma non si pone il problema del lavoro stesso!
      Quasi nessuno rimette in questione il funzionamento, alla base, del sistema lavorativo. Come sempre, invece di guardare la Luna si tende sempre a vedere soltanto il dito.
      Ed è per questo che io ci provo, lo dico e lo ribadisco, attraverso gli scritti che, fortunatamente, trovo un po' ovunque nel web.
      E quel dito, lo metto e lo rimetto nella piaga! Sperando che saremo sempre più numerosi a sentirlo. ;)

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  2. E mentre nutri i tuoi oppressori seghi il ramo su cui sei seduto.

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