mercoledì 12 maggio 2021

L'esigenza di una alimentazione ETICA e di QUALITA' nel percorso di realizzazione del Sé

 di Arcangelo Miranda

Più facciamo i furbi, più rimaniamo imprigionati dalla stessa nostra furbizia; tutto ciò che accade, indica come il mondo che stiamo creando ci stia sempre più sfuggendo di mano a causa della nostra irresponsabilità derivante dal fatto che non ci impegniamo a far andar bene le cose.

Buona lettura e scusate se non sarò breve, ma queste informazioni sono di carattere vitale.

Il quarto ostacolo agli studi occulti è rappresentato dal corpo fisico che è stato costituito con un nutrimento a base di carne e di cibi e bevande fermentati ed è cresciuto in ambienti in cui aria fresca e luce solare non erano fattori predominanti.
Da secoli l’alimento base delle razze occidentali è formato da cibi in decomposizione e quindi in condizione di fermentazione; il risultato si può riscontrare nei corpi non adatti a sostenere gli sforzi imposti dall’occultismo che costituiscono quindi una barriera al chiaro risplendere della Vita interiore.
- Alice Bailey -

Con queste parole di Alice Bailey vogliamo introdurre il presente servizio che è una presentazione costituita da alcuni brani prelevati dal libro IO SONO Immortale; questo servizio, che è stato integrato ben oltre i contenuti del libro stesso, ne ricalca le linee guida per le quali è certo che un avvelenamento del corpo fisico è un ostacolo per lo Studente impegnato nella Grande Opera.
Buona lettura!..



- INTRODUZIONE -

Lo scopo di questo servizio è di aumentare la responsabilità delle persone facendo comprendere che ciò che abbiamo è il risultato della nostra realtà; inoltre facciamo riferimento agli alimenti in quanto riteniamo vero che la cura del corpo è tanto necessaria quanto quella della mente e dello spirito.

Il corpo è davvero il Tempio di Dio e deve essere mantenuto pulito e in ordine: da qui ne consegue che l'uso di corretti e genuini alimenti sono necessari per aiutare lo Studente della Grande Opera a realizzare il suo sogno; un'alimentazione sana ed equilibrata è anche necessaria al fine della riduzione e dell'eliminazione delle dipendenze.

Seppur è vero che il pensiero può tutto, è anche vero che la quasi totalità delle volte se il corpo non è a posto e leggero, l'attività dello spirito rimane imprigionata; anche il miglior pilota in un'auto malandata, non potrà vincere alcuna corsa. E' da tener presente che le emozioni negative che noi abbiamo conosciuto in questo servizio - Anatomia del perdono - sono in grado di ancorarsi al corpo fisico solo se in questo vi sono le condizioni materiali e parliamo quindi di muco, pus, tossine, metalli tossici, parassiti, farmaci, droghe e veleni, batteri e virus patogeni e cose del genere. Il principio è che per poter essere coinvolti da uno stato emozionale negativo, le relative forme-pensiero devono essere ancorate al corpo fisico. Se il corpo fisico è pulito, l'individuo non può più sperimentare compulsivamente stati negativi; ciò significa che la morte di una persona cara sarà vissuta come fatto spiacevole, ma non diverrà un trauma su cui si perpetueranno per lungo tempo stati emozionali negativi.

Alcuni fanatici "dello spirito" credono che la cura del corpo sia inutile poiché il pensiero può tutto; per rarissimi individui potrebbe essere così, ma al momento non ne ho mai incontrato uno, a questo punto la cosa da fare sarebbe quella di far bere loro veleno: se nulla gli accadrà, hanno ragione, ma se ci rimangono secchi, vuol dire che ancora la qualità della vita dipendeva anche dalle condizioni del corpo.

In realtà potremmo affermare che:

- se non si rivolgono dovute attenzioni al campo dello spirito, non si può ascendere alla vita non illusoria
- se non si rivolgono dovute attenzioni al campo della mente, non si può ascendere alla vita non illusoria
- se non si rivolgono dovute attenzioni al campo del corpo, non si può ascendere alla vita non illusoria.

Nel servizio Perché la gente crede quasi a tutto, era già stato lanciato questo avvertimento: 

La prossima volta che leggi un articolo di giornale riguardo ad una questione ambientale o riguardo alla salute, nota come l'autore mostra la sua inclinazione quando usa i seguenti termini per controbattere informazioni "scomode" :
- scandalo
- scienza spazzatura
- allarmante
- fobia
- allarmista
- scienza autentica
- ragionevole
- responsabile
- imbroglio
- isteria.

Le informazioni per noi vitali sono oggetto di attacco con questi termini e questo è il risultato di un addestramento molto specializzato. 

Un'altra tecnica standard delle PR (Pubbliche Relazioni, Marketing) è quello di usare lo stesso linguaggio degli ambientalisti per difendere un prodotto pericoloso e mai sottoposto a test che lo catalogherebbe come effettiva minaccia per l'ambiente. 
Questo possiamo vederlo costantemente dietro lo schermo fumoso delle PR che circonda i cibi geneticamente modificati: loro affermano che gli OGM sono necessari per produrre più cibo e per porre fine alla fame nel mondo, quando in realtà la produzione degli OGM per acro (10.000 mq.) è inferiore a quella dei prodotti naturali. (Stauber pag.173). L'intero disegno appare chiaro una volta che si è realizzato che tutti i cibi OGM sono stati creati dai produttori di erbicidi e pesticidi perché possono sopportare maggiori quantità di erbicidi e pesticidi (da: The Magic Bean).

Vediamo cosa accade nell'informazione dei cibi e sulle etichette alimentari.


PARLIAMO DEL GRANO

Che ne sai tu di un campo di grano? Sì, sto scimmiottando la canzone di Lucio Battisti Pensieri e parole, ma, per davvero, che ne sai tu di un campo di grano?






Ecco, questo è un campo di grano: bello, vero?
( ... )












Ecco, ora facciano qualche passo indietro - agli egizi - e guarda questa immagine della raccolta del grano. Bella, vero?









E se andiamo nel 1300, c'è un'altra immagine dal titolo "Soldato fermato dal campo di grano cresciuto miracolosamente": bella, vero?


(autorizzazione Biblioteca Riccardiana - archivio Datini ms RICC. 429 - vedi nota 1)






Questa, invece, è una trebbiatrice, la macchina che raccoglie il grano: bella, vero?






Ora, una domanda da un milione di dollari? 

Non credi che nelle immagini che hai visto ci sia qualcosa che stona? 

Rivedile e osserva con attenzione: c'è qualcosa di davvero molto malvagio; osserva bene...

Ci sei arrivato? Beh, entro nel dettaglio del servizio in modo che tu possa avere tutti i dati possibili che servono per cautelare la tua salute, poiché qui, ragazzi, è questione di vita o di morte e a noi serve vita per produrre altra Vita. Quindi occhio...

Sapete che differenza c’è tra un prodotto
geneticamente modificato e uno genicamente modificato?

Beh, vi racconto una storia, una sporca storia, che abbiamo creato con i nostri atteggiamenti "spirituali"…

Indipendentemente dal fatto che ancora oggi non si conoscano bene gli effetti dei prodotti OGM, è certamente saggio rimanere sempre al passo con la natura e non farsi attrarre da quei cibi prodotti da forzate tecnologie umane. Si vocifera infatti di problemi che deriverebbero dall’uso di farinacei, specie il frumento; vediamo un po’ la situazione.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, nelle campagne arrivò definitivamente la rivoluzione tecnologica: trattori, trebbiatrici, chimica. Da allora il passo verso le biotecnologie del XXI secolo fu abbastanza breve: secondo il significato letterale del termine, sono biotecnologie tutte quelle pratiche che comportano la scelta e/o la modificazione di organismi animali o vegetali al fine di renderli adatti a produzioni specifiche; esempi di biotecnologie antiche quanto l’uomo, sono gli incroci tra varietà colturali per ottenerne di nuove, l’utilizzo di lieviti per la produzione di pane, vino e birra, oppure l’uso di microrganismi per la produzione di formaggi e yogurt e questo solo per fare degli esempi.


Poiché tali tecniche erano frutto esclusivamente di prove ed esperienze casuali, l’intervento dell’uomo era abbastanza limitato, anche considerando il fatto che non era mai stato possibile renderle standard poiché non si era a conoscenza delle basi scientifiche su cui poggiavano; però, a partire dai primi del ‘900, con la scoperta delle leggi dell’ereditarietà da parte di Gregorio Mendel, l’abilità dell’uomo di modificare piante e animali è aumentata notevolmente, pur mantenendosi nell’ambito di una esclusiva accelerazione dei processi evolutivi.

Le distorsioni all’evoluzione naturale, seppur più o meno indotta, si sono avute in seguito alla scoperta del DNA da parte degli scienziati Watson e Crick nel 1953: da allora siamo entrati nella genetica ed è ciò che ha fornito all’uomo la possibilità di intervenire direttamente sui meccanismi vitali; da questa scoperta si è avviata la vera perversione delle biotecnologie.

Diamo un occhio superficiale, ma concreto, alla situazione.

C’è un grano, il Triticum Turgidum conosciuto come Kamut (questo nome è un marchio d’impresa della Kamut International) che, nonostante contenga maggiori percentuali di proteine del grano duro (quello usato per fare la pasta), risulta molto più tollerabile relativamente al discorso allergia (tipica dei frumenti), pur rimanendo comunque controindicato ai celiaci proprio per la presenza del glutine. 

<--- Queste sono le spighe del Kamut.

Il Kamut era il grano degli antichi egizi e nell’antica lingua significa l’anima della terra; se andiamo a spasso nella storia, in alcuni disegni si nota che le piante di grano che gli antichi egizi coltivavano erano alte quasi quanto gli stessi contadini. Poiché è accertato che l’altezza media degli antichi egizi era di un metro e sessanta, le piantagioni di Kamut potevano essere alte fino a un metro e ottanta, come tra l’altro lo sono attualmente, visto che quei semi sono stati recuperati.

Camminando in una piantagione di Kamut, rimani affascinato dall’energia che ti avvolge grazie proprio all’altezza delle piante; mentre Kamut e frumento, contrariamente agli antichi disegni, erano alti, oggi la pianta di frumento "moderna" è bassa. Cos’è accaduto? Perché?

Per comprendere cosa è accaduto, dobbiamo seguire lo sviluppo delle biotecnologie e lo faremo proprio in relazione alle seguenti tipologie di grani:


- il grano naturale (ad esempio il kamut e alcune specie di farro)

- il grano proveniente dagli incroci naturali (innesti, incroci, ecc.)

- il grano genicamente modificato con metodi indiretti, senza intervenire sul DNA (OGM?: vediamo tra un attimo); non appena scoperto il DNA subito si tentò di agire indirettamente su di esso sottoponendo vari semi vegetali a radiazioni o ad altri agenti mutageni. Si ottennero in tal modo mutazioni geniche casuali che, in alcuni casi, davano origine a pianticelle con caratteristiche che sembravano potersi rivelare di qualche utilità per l’uomo. Dalla moltiplicazione di questi semi si sono ottenute una lunga serie di varietà geneticamente modificate, oggi diffuse e coltivate in tutto il mondo (esempio, il grano “creso”)

- il grano geneticamente modificato con tecniche transgeniche (OGM? anche di questo ne vediamo il significato tra un attimo), cioè quei sistemi atti ad intervenire direttamente sul DNA per mezzo di tecniche di laboratorio.Questa è la fregatura: il termine OGM è definito come un organismo vivente a cui è stato modificato il patrimonio genetico per mezzo di tecniche di ingegneria genetica; per tale motivo si intende che solo quando si interviene direttamente sul DNA e si apporta modificazione genica, si parla di OGM. Ma questo tipo di organismo è detto trans-genico in quanto c’è una transizione di sostanze all’interno del DNA a seguito di una manipolazione diretta. Ma anche se non usiamo metodi per mezzo dei quali modifichiamo qualcosa, il DNA lo modifichiamo ugualmente, non stiamo creando un qualcosa OGM? Se vogliamo tenerci gli anelli al naso o le fette di prosciutto sugli occhi, la risposta è NO, ma se vogliamo attivare e ragionare con un paio di neuroni in più, la risposta diviene certamente SI.

L’orientamento internazionale continua a definire impropriamente come “Organismi Geneticamente Modificati” (OGM) solo gli organismi transgenici e non quelli genicamente modificati, contribuendo a creare (volutamente?) confusione sul tema facendo credere che organismi genicamente modificati, ad esempio dalle radiazioni X o Gamma, non siano OGM.

In definitiva poiché la regolamentazione della coltivazione biologica esclude in modo assoluto l'uso di prodotti OGM, ciò significa che potete pagare un chilo di pasta biologica 50 euro credendo di avere una garanzia bio: in realtà potete pagare un prodotto che non è OGM, ma che è genicamente modificato e che quindi di biologico ha solo il modo in cui viene coltivato. Quindi buon appetito con un costoso grano Creso irradiato. Ma sapete qual è la farsa: che in Italia è vietata la vendita di qualsiasi prodotto OGM, quindi possiamo stare sicuri...


Stiamo a vedere cosa è successo…

Dei grani originali, quelli che posseggono ancora il patrimonio genetico inalterato, c’è poco da parlarne ed è il Triticum Turgidum, quello della Kamut International, ne abbiamo parlato.

Un'aspetto interessante riguarda il grano proveniente da incroci naturali e per questo parliamo dell’opera che l’agronomo italiano di fama mondiale Nazareno Strampelli (1866-1942), prestò al regime di Mussolini. Il Regime, è noto, perseguiva l’autarchia, una forma di auto-sostentamento e di indipendenza dalle materie prime straniere e in quest’ottica incaricò Strampelli che, in dieci anni di lavoro, riuscì a selezionare un centinaio di qualità di grani che avevano almeno le seguenti necessarie caratteristiche:

- che fossero capaci di adattarsi alle relative condizioni climatiche regione per regione
- che fossero nutrienti e digeribili (per le conoscenze di allora)
- che sfamassero il popolo
- che contenessero grosse quantità di quella proteina chiamata glutine che era ciò che dava l’energia e la forza alle milizie.Infatti, circa quest’ultimo aspetto, anche gli antichi romani usavano il farro come alimento molto energetico e utilizzavano un pulmento (farina di farro tostata e cotta come la polenta) accompagnato da lenticchie e ceci. Non capisco perché il regime non si orientò verso il maggior apporto energetico del farro e ripiegò verso il classico grano, ma a noi interessa solo capire come si è evoluta la storia delle biotecnologie.


Ritornando al lavoro di Strampelli (nella foto), fin qui abbiamo dei grani non prodotti originariamente dalla Natura, ma comunque naturali, come il famoso grano Senatore Cappelli. Il grano duro Senatore Cappelli è esente da ogni contaminazione da mutagenesi indotta in qualsiasi modo; questo tipo di grano era stato individuato in quanto coltivazione ottimale per la zona dell’Italia centrale (Toscana, Marche, Sardegna).

Negli anni ‘60 cominciarono a cambiare le cose e si passò alle mutazioni; qualcuno ricorderà che una quindicina di anni fa la stampa tedesca ci accusò di produrre grano modificato geneticamente e venne costruita una campagna diffamatoria nei confronti dei prodotti italiani a base di frumento: qual è la verità? 

Qui passiamo al terzo caso, il più grave, quello dei grani a cui è stata apportata una mutazione del gene, ma che non sono ritenuti OGM.

Il 25 ottobre 1974 venne iscritta per decreto nel “Registro varietale” una nuova tipologia di grano duro che in pochissimo tempo avrebbe rivoluzionato la cerealicoltura italiana e non: il grano Creso. 

Questa tipologia di grano aveva tutti i numeri per vincere sulle altre: maggiore produttività, precocità, stabilità qualitativa, ricca di glutine, tutte caratteristiche che l’industria della pasta cercava da tempo. In più la pianta era molto più bassa delle altre che arrivavano anche al metro e sessanta per cui erano sempre minacciate da vento e pioggia: avere piante più basse è un enorme vantaggio per la coltivazione estensiva meccanizzata in quanto i bracci e le maglie delle trebbiatrici (la macchina che raccoglie il grano) sono basse; inoltre, un altro vantaggio non trascurabile, sta nel fatto che il frumento ad alto fusto “alletta”, cioè si piega verso terra, a causa dell'azione del vento e della pioggia. 

Anche per ovviare a questo inconveniente, il frumento è stato quindi per così dire “nanizzato” attraverso una modificazione del gene (ma non in modo transgenico): piante basse non vengono piegate dal vento, cosa che non obbliga il contadino a variare continuamente la sua direzione di trebbiatura; in definitiva l’operatore va avanti e indietro per il campo senza il problema di dover recuperare la posizione di cattura della pianta se piegata in più direzioni.

Da una pubblicazione del 1984 si ricavò poi che quel grano era stato inventato e sviluppato presso il centro di studi nucleari della Casaccia, poco lontano da Roma, nei laboratori di quello che allora si chiamava Cnen e che oggi si chiama Enea (Ente Nazionale per l'Energia Atomica). 

Qui, un gruppo di ricercatori guidati dal professor Gian Tommaso Scarascia scopre che bombardando coi raggi Gamma di un isotopo radioattivo del Cobalto la varietà storica di grano duro allora più diffusa (appunto la “Senatore Cappelli”), si producevano delle mutazioni geniche straordinarie. Incrociando poi quel che ne veniva fuori (il “Cappelli CB144”) con un’altra varietà, la messicana “Cimmyt” se ne dava l’ultimo tocco e da qui nacque il malefico grano Creso, quello che tutti i giorni avete sulle vostre tavole: sì, state mangiando OGM da quando siete nati e non lo sapete e, per quel che riguarda i cibi genicamente modificati, anche per molti prodotti biologici nei quali non si dichiara la qualità del grano utilizzato.

La modifica genetica delle varietà di grani moderni è correlata a una modificazione della loro proteina e in particolare di una sua frazione, la gliadina, che è una proteina dalla cui digestione si produce una sostanza chiamata frazione III di Frazer alla quale è dovuta l’enteropatia infiammatoria e quindi il malassorbimento (intolleranza al glutine e allergie): ed ecco la celiachia. 

I grani fondamentalmente non sono cibi adatti all’alimentazione umana, ma se ci mettiamo anche la modificazione genica (con metodo diretto in laboratorio di genetica o con metodo indiretto per irradiazione), siamo davvero messi male. 

Attualmente solo in Italia si ipotizza una potenziale popolazione di 400.000 celiaci e c’è una precipitazione della malattia di 2.800 nuovi casi all’anno con 55.000 malati già diagnosticati. Mentre qualche decennio fa l'incidenza della malattia era di un caso ogni mille o duemila persone, oggi siamo giunti a dover stimare 1 caso ogni 100 o 150 persone e questi dati sono balzati in alto proprio in questi ultimi decenni, proprio grazie all’avvento di grani non naturali.

Questo non significa che un celiaco possa far uso di prodotti contenenti glutine anche se contenuto in grani naturali: quando la malattia è precipitata, bisogna in ogni caso astenersi dall’ingerire glutine.


Va da sé che dopo qualche anno il Creso diventa la varietà più prodotta in assoluto: ancora oggi ha un posto di rilievo tra i dieci tipi di grano duro che vanno per la maggiore, quasi tutti selezionati negli ultimi 10 anni a partire proprio dal Creso: schifo su schifo...

Questo tipo di grano ha le seguenti preziose caratteristiche “commerciali”:

- pianta bassa e quindi di facile raccolta.

-
si evita la eterogenicità della direzione (multidirezione) della pianta evitando l'enorme “spreco” di tempo in fase di trebbiatura per dover continuamente ridirezionare il senso di marcia della macchina trebbiatrice o addirittura intervenire a mano.

- maggiore produttività a parità di spazio. Seppur questi sono aspetti invitanti per i contadini, il risvolto negativo è l’aver ottenuto una minor fertilità della pianta, per cui il contadino si è infilato in un mercato obbligato di acquisto annuale di sementi e, cosa più pericolosa, questo grano può sopportare maggiori quantità di veleno; mi chiedo: ma se proprio si doveva mutarlo, non era meglio che fosse automaticamente tenace alle malattie e non ai veleni?


Al contrario, pur essendo altamente fertile, la resa del grano Cappelli è bassissima, 14 quintali per ettaro, all’incirca come quella del Kamut, mentre quella del grano irradiato può arrivare fino a cinque volte tanto.

Altri tipi di grani derivanti da ulteriori manipolazioni del progenitore Creso sono etichettati con nomi inventati, tipo Duilio, Rossella e così via a seconda della moda e della fantasia del genetista o del proprietario dell’azienda produttrice di quel nuovo tipo di grano che magari vuole dedicarlo alla sua amata (o all'amante), un po’ come fate con il nome della vostra barca o della vostra villa: pura fantasia.

La fregatura sta nel fatto che si crede che un prodotto sia OGM solo se si va a manipolare un gene (per essere cavillosi quella è una mutagenesi diretta), ma ciò non toglie che se alla fine abbiamo una mutazione della catena genica per mezzo di metodi esterni, sempre di mutazione genetica si tratta. Quindi buon appetito con brioche, cornetti, pasta, pane e dolci all’effetto-cobalto-radioattivo.

Oggi si intende per OGM un prodotto al cui DNA, in un laboratorio di genetica, si mette mano alla catena genica per produrre una mutazione, ma quasi nessuno è al corrente che se i geni si modificano nei laboratori nucleari per mezzo di radiazioni, il prodotto non è inteso OGM anche essendo genicamente modificato; risultato: può essere venduto e pubblicizzato come prodotto non OGM pur, praticamente, essendolo a tutti gli effetti.

Secondo la legge, il produttore non è obbligato a dichiarare il tipo di grano che sta usando nei suoi prodotti; figuratevi che i grani vengono conferiti ai consorzi che chiaramente li mischiano tutti per produrre un solo tipo di farina o di semola. Allora chiedetevi: se le qualità dei vari tipi di grani sono tali da non poter assicurare una quantità minima di glutine per far addensare la pasta, che soluzione si trova?

La legge, che dovrebbe proteggere il consumatore, viene invece in aiuto all’industria e accade che conceda di non citare in etichetta l’uso di eccipienti a patto che siano tenuti al di sotto di una certa percentuale. 

Questo orientamento vale anche per i prodotti bio: al di sotto del 5% un’azienda Bio può metterci dentro quello che vuole senza obbligo di dichiararlo (a patto che non sia OGM), ma questo nessuno lo sa.

Ma torniamo alla pasta: se la quantità di glutine necessaria per addensarla è bassa, come si rimedia? Appunto con degli eccipienti: lattosio e polvere di marmo, ad esempio. Sì, avete letto bene…

All’altro opposto abbiamo che se coloro che dichiarano che il prodotto è costituito da un determinato tipo di grano e invece vi si trova all’interno anche un chicco di grano di altro tipo, allora scatta un’azione penale.

Se avete osservato attentamente il mercato, quando nel 2006 è stata attuata la legge che obbligava a dichiarare la presenza di prodotti allergizzanti (tipo il lattosio), alcune aziende hanno inaugurato nuove linee di pasta dal costo più elevato: per forza, se devono entrarci qualità migliori di grano il prezzo deve per forza aumentare.

È da tenere presente che le leggi vengono rese efficaci anche diversi anni dopo la loro elaborazione, per cui, fino alla fine, i consumatori mangeranno schifezze.
L’attuazione è infatti avvenuta con il Decreto Legislativo 8 febbraio 2006, n. 114 (Gazzetta Ufficiale n. 69 del 23 marzo 2006), ma attua direttive della CEE anche abbastanza datate: 2003/89/CE, 2004/77/CE e 2005/63/CE.

Prima di dare un’occhiata alla salubrità di un prodotto a base di cereali, diamo un’occhiata a queste definizioni.

Molatura: procedimento di frantumazione fine del chicco di grano al fine di renderlo commestibile. È possibile ottenere dalla lavorazione anche un grado di raffinazione per eliminazione della buccia e questo rende il prodotto più o meno raffinato. Questi sono i livelli dal meno raffinato al più raffinato: integrale, farina (semi integrale), farina 0, farina 00, farina 000. Al di sotto di un certo grado, non è possibile arrivarci con il classico mulino a pietra ed è necessario l’uso del mulino a cilindri d’acciaio. Con queste farine non si può ottenere la pasta secca, ma solo quella fresca (quella che fate in casa).

Semolatura: sistema di frantumazione del chicco di grano per avere dei granellini sferici abbastanza uniformi tra loro al fine di poter ottenere una farina per fare la pasta secca in quanto la proteina del glutine non viene distrutta come nella farina da molatura altrimenti la pasta non può essere lavorata. Anche per questo procedimento ci sono tre livelli: integrale, semolato e semola. Proprio la semola, la sostanza con cui maggiormente si fa la pasta secca, soffre dell’alterazione strutturale della proteina del glutine, motivo per il quale la pasta a base di semola perde le sue qualità nutrizionali e provoca difficoltà di digestione, il tipico gonfiore di pancia da amidi.

In definitiva, la salubrità di un prodotto quale la pasta, deve rispondere almeno a queste caratteristiche:

- la qualità delle sostanze primarie, se trattasi cioè di grani originali o modificati: questa cosa viene sempre dichiarata da parte di coloro che usano prodotti buoni; è un fatto di onestà e sinonimo di qualità reale che un’azienda seria ci tiene a pubblicizzare

- deve essere costituita da semolato o da integrale e non da semola: la semola provoca problemi di digeribilità e di nutrizione

- deve essere trafilata al bronzo ed essiccata con metodo lento per cui la pasta è rugosa; attualmente il mercato si muove in direzione opposta, cioè si trafila al teflon (si vede dal fatto che la pasta è lucida) e viene essiccata al forno e quindi a caldo, cioè a temperature superiori a 60-80°C e ciò determina la vetrificazione superficiale del glutine. 

Questa cosa può far promettere una pasta che non scuoce e ve ne accorgerete anche dal fatto che l’acqua di cottura rimane limpida perché non si colora dall’amido che rimane tutto imprigionato nella vetrificazione superficiale; questo glutine difettoso produce enormi sforzi al pancreas causando allergie in concomitanza all’uso di pessime qualità di frumenti lavorati in modo ancor più selvaggio (le procedure prevederebbero 1 litro d'acqua per ogni 100 grammi di pasta proprio per far spurgare l'amido). 

Una buona essiccazione lenta prevede temperature di 39-42°C per tempi più lunghi di quelli industriali.

Queste sono due immagini di paste una a base di Kamut e un'altra a base di frumento Senatore Cappelli: notate come l'azienda produttrice ci tiene a far sapere la bontà dei prodotti che usa e delle relative lavorazioni; notate la qualità del grano usato, il fatto che è un semolato e non una semola, che è lavorato senza stress termici e quindi non può ricevere processi di vetrificazione del glutine:

<--- Pasta a base di Triticum Turgidum o Kamut (il nome Kamut non è usato in quanto trattasi di proprietà commerciale soggetta a pagamento di costose royalties alla kamut International)

Pasta di semolato di grano duro Senatore Cappelli --->

Questa azienda biologica che usa prodotti e tecnologie di altissima qualità è il Podere del Pereto che si trova in provincia di Siena e che distribuisce in tutt'Italia. 

Se proprio dovete mangiare pasta e volete anche usare legumi, miglio, conserve di cipolle, peperoni, salse, paté e cose del genere, vi conviene contattarli per farvi dire chi sono i rivenditori nella vostra zona: Podere Pereto telefono 0577-704.371 - www.poderepereto.it : le persone per bene vanno premiate, perbacco!!!

Per tali motivi e per quelli esposti sopra, una pasta prodotta in modo decente non può costare poco, tipo 90 centesimi al chilo.

Quindi, anche quando leggiamo le ricerche e i riferimenti citati in questo libro (N.B. questo è un riferimento ad altri contenuti di IO SONO immortale), dobbiamo, per dovere etico, porre una linea di confine tra quegli studi che sono rivolti a grani originali e a quelli modificati.
Infatti gli stessi studi, se fossero stati condotti prima di questa infestazione del Creso e della sua nefasta progenie, avrebbero dato risultati meno mortiferi.


Inoltre un pericolo enorme per la salute dei cittadini sta nella migrazione del gene del prodotto OGM impiantato verso altre specie: come affermato da un nuovo studio americano, il polline di un tipo di erba geneticamente modificata (OGM) era stato trasportato dal vento per circa 21 chilometri prima d'impollinare altri prati; questo significa che il mondo è a rischio di contaminazione OGM per il semplice effetto del vento.

Questo dimostra l’impressionante aggressività dei pollini OGM e la loro capacità di contaminare la biodiversità circostante; ma attenzione, la storia potrebbe non essere finita: i brevetti per semi OGM sterili registrati sono già 31 e una nuova tecnica, analoga, è già stata proposta. Si chiama Gurt (Genetic Use Restriction Technology) e funziona in questa maniera: i semi in vendita sono apparentemente normali e liberamente ripiantabili; ma se il contadino vuole esaltare le capacità di quelle piante, ottenute con la manipolazione dei geni e nascoste nel Dna, dovrà comprare uno speciale spray che agisce come attivatore, sborsando ogni anno altri soldi oltre all’acquisto dei semi.

Sono d’accordo con le parole di Ernesto Landi, Presidente dell'Ordine Nazionale dei Biologi italiani, quando dice: “Non esito a definire pauroso lo scenario che l'intreccio di tecnologia, scienza e interessi commerciali ci fa intravedere. Non mi piace un mondo in cui l'agricoltura e dunque il diritto a una alimentazione sana, equilibrata e quantitativamente sufficiente, possa venir messo sotto il completo controllo di pochi giganti multinazionali. 

Questo pericolo è particolarmente acuto e terribilmente probabile. 
La scienza e la tecnica devono essere strumenti di progresso e di democrazia e non dovrebbero piegarsi alle cieche leggi di un'economia che non rispetta i reali bisogni della gente. Non bisogna dimenticare che le società umane sono strutture che elaborano complessi codici di comportamento all'interno dei quali si organizzano rapporti centrati sulla condivisione di valori comuni. 
Tale elaborazione culturale crea una rete di interessi e di scambi basati sulla solidità e la compattezza dell'intero sistema sociale. Senza il cemento culturale, da cui discendono norme di comportamento condivise, non esisterebbero strutture sociali e nemmeno scambi. La sfera economica, dunque, deriva e dipende dalla sfera culturale e deve essere a servizio di questa, non viceversa.”

Se dedicassimo un po’ di attenzione all'etimologia delle parole, scopriremmo che i pomidoro erano chiamati così perché in origine erano giallo-oro, non rossi e il colore rosso era stato ottenuto con procedimenti naturali. 

Addirittura è concesso chiamare “integrale” un prodotto in cui la farina bianca è stata mischiata alla crusca (quindi senza germe) invece che proveniente dalla diretta macinazione integrale.

Per concludere, problemi di leggi poco cautelanti nei confronti dei consumatori sono presenti su centinaia di prodotti; per esempio, andate al negozio e leggete le etichette delle bottiglie d’olio extra-vergine che sono sullo scaffale: sono pochissime quelle che dichiarano che le olive sono prodotte in Italia, ma molte giocano dichiarando che l’olio è stato confezionato in Italia e non dicono altro non avendo l’obbligo di dichiarare da dove provengano le olive. 

Circa gli olii di semi, non esiste alcun regolamento che impone, come per l’olio extra-vergine, la spremitura per mezzo di procedimenti meccanici, per cui se non è scritto, l’olio di semi che state usando è ottenuto per mezzo di estrazione con solventi chimici. Infatti, se siete deboli di stomaco prendete un antiacido e mettetevi comodi perché vedrete come ci imbrogliano continuamente e subdolamente; cominciamo: ora...


PARLIAMO DELL'OLIO DI OLIVA

L'enorme varietà di aromi che l'olio d'oliva può avere, lo rende un alimento utilizzabile in qualunque tipo di cucina. I primi utilizzatori sono stati ovviamente i popoli del Sud che, grazie alla ex salutare dieta mediterranea (quella che oggi viene spacciata come Dieta Mediterranea non è quella delle origini) detengono il record dei più bassi tassi di malattie cardio-vascolari.

L'olio extravergine di oliva, a differenza degli altri olii alimentari, è costituito prevalentemente da acidi grassi monoinsaturi (una specifica categoria di grassi oltre ai polinsaturi, ai saturi ecc.), con la presenza in giusta quantità di acido grasso oleico (omega 9), polifenoli, vitamina E e beta-carotene. La presenza di questi elementi antiossidanti rende l'olio extravergine particolarmente importante per la nostra salute. Contiene le vitamine E, A, K, D che hanno proprietà antiossidanti ed effetto protettivo sulle cellule dell'organismo.

È stato infatti scientificamente verificato che il suo costante utilizzo favorisce un abbassamento del colesterolo "cattivo" (LDL = low density lipid) ed un contestuale innalzamento di quello "buono" (HDL = high density lipid) aiutando a prevenire le malattie cardiovascolari e l'artereosclerosi. 
Secondo diversi studi, l'olio di oliva extra vergine sembra essere più indicato di altri olii per i diabetici e contribuirebbe anche a favorire la memoria, mantenendo elastiche le pareti e le membrane delle cellule, non ultime quelle del cervello: ed allora, urrà. 

Un extra-vergine presenta un livello di acidità inferiore all'1% (1% = 1 grammo di contenuto acido per ogni 100 grammi di prodotto).
I conoscitori e gli amatori sanno che l'olio d'oliva può essere fruttato o speziato, dolce o amaro, forte o delicato; il suo gusto infatti è fortemente determinato da diversi fattori naturali che lo rendono tipico alla zona di produzione.


ACIDITA’ DEGLI OLII

Nuova classificazione degli olii di oliva (applicabile dal 1° Novembre 2003):

Ottenuti con la sola spremitura meccanica a bassa temperatura:
- Olio extravergine di oliva - contenuto in acidità inferiore allo 0.8%**
- Olio vergine di oliva - acidità fino al 2%

Olio lampante e derivati:
- Olio di oliva vergine lampante* - ottenuto mediante spremitura meccanica, presenta alta acidità o altri difetti organolettici
- Olio di oliva rettificato* - prodotto della rettificazione chimica dell'olio lampante, volta ad eliminarne il contenuto in acidità; mancano totalmente i tipici sapori e profumi dell'olio d'oliva
- Olio di oliva - composto di oli raffinati e oli di oliva vergini con acidità non superiore all'1%

Olio di sansa e derivati:
- Olio di sansa di oliva greggio* - ottenuto dai residui della spremitura mediante solventi chimici
- Olio di sansa di oliva rettificato* - olio di sansa greggio sottoposto ad una ulteriore rettificazione chimica
- Olio di sansa di oliva - olio di sansa rettificato miscelato con olio vergine
* Non ammessi alla vendita diretta - ** Percentuale espressa in peso di acidità di acido oleico (fonte Wikipedia.it)


OLII DI OLIVA VERGINI
Acidità libera espressa in grammi di acido oleico per 100 grammi di olio

- Olio extra vergine di oliva....... inferiore a 0,8 g
- Olio di oliva vergine................ inferiore a 2 g
- Olio di oliva lampante............. superiore a 2 g
- Olio d’oliva oppure composto di oli di oliva raffinati e oli di oliva vergini..... inferiore a 1 g
- Olio di sansa di oliva............... inferiore a 1 g

DEFINIZIONE MERCEOLOGICA
L’etichetta di un olio extra vergine di oliva deve riportare la seguente dicitura: Olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici. Può anche essere indicata la spremitura a freddo (o estratto a freddo), cioè estratto a una temperatura non superiore ai 27°C, tale da non alterare le qualità nutrizionali dell’olio. In questo caso la resa dall’oliva sarà minore e il prezzo d’acquisto più alto; questa dicitura non è obbligatoria, ma chi la fa, se ne vanta.
Per la legge attuale, l'olio extravergine di oliva è l'unico olio vegetale ottenuto con sola pressione (mezzi meccanici), senza manipolazione o additivi chimici, a differenza degli olii di semi (soia, arachide, girasole ecc.).

ETICHETTATURA

Marchio BIOLOGICO 
- L’olio extra-vergine può essere biologico o meno, ma questo è segnato sull’etichetta ed è supportato dal bollino del certificato biologico.

Il fatto che sia biologico non è un obbligo di legge, ma una scelta del produttore per dare un maggior prestigio al suo prodotto.


Marchio DOP 
- Il marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta) indica un prodotto strettamente collegato alla zona di produzione garantendo la zona di origine di un olio extra vergine di oliva. Caratteristiche, sapore e profumi dell'olio infatti cambiano sensibilmente di regione in regione, spesso anche all'interno della stessa regione. Questo marchio garantisce che tutti i procedimenti di produzione sono stati effettuati nell’ambiente geografico del luogo d’origine. La Denominazione di Origine Protetta tutela quindi la tipicità del prodotto essendo conferito soltanto agli olii extra vergine di oliva prodotti nel pieno rispetto della tradizione della propria zona di origine. Il rigido controllo circa il conferimento della DOP è effettuato da enti pubblici o privati individuati da apposite leggi comunitarie e nazionali.

Ad esempio la DOP per la Liguria è indicata come "Riviera Ligure" e si suddivide in queste ulteriori indicazioni:
Riviera dei Fiori
Riviera del Ponente Savonese
Riviera del Levante.


Questo è un marchio DOP --->

Marchio IGP 
– denominazione di origine protetta, è un marchio di origine che viene attribuito a quei prodotti agricoli ed alimentari per i quali una determinata qualità, la reputazione o un'altra caratteristica dipende dall'origine geografica e la cui produzione, trasformazione e/o elaborazione avviene in un'area geografica determinata.

Anche in questo caso non è un obbligo di legge, ma una scelta del produttore per dare un maggior prestigio al suo prodotto. Diversamente al marchio DOP, quello IGP indica che almeno una e non tutte le fasi di lavorazione e produzione sono state effettuate nella zona d’origine.

SOSPETTO DI PROVENIENZA

Nei negozi mi diverto a leggere le etichette degli olii: l’olio è un prodotto che amo e quindi cerco di saperne sempre di più. Mi sono accorto di un giochetto che molte aziende fanno: indicano che è stato imbottigliato in Italia, ma l’olio non è italiano. Un olio potrebbe anche non essere IGP o DOP e fin qui niente di male. Ma il problema consiste nel sapere se l’olio è italiano o meno, visto che abbiamo olive che il mondo ci invidia; per legge non è obbligatorio dichiarare la provenienza (regolamento CE 1019/2002 del 14.06.2002) per cui quando acquistiamo un olio extra-vergine, se non è indicata chiaramente la provenienza non possiamo dare per scontato se proviene dall'Italia o dal Marocco; infatti l’articolo 3 dice che l’indicazione dell’origine è FACOLTATIVA (pazzesco!!!!!!!!). Figuratevi che il potente gruppo spagnolo SOS ha acquistato solo i marchi toscani Carapelli e Bertolli e non gli oliveti poiché loro hanno bisogno solo dell'immagine "Italia" che è quella che vende: provate a vedere sulle bottiglie se c'è scritto che le olive sono italiane...

Molte aziende scrivono imbottigliato in Italia, ma la produzione dell’olio NON E’ ITALIANA; quindi attenti: se non esplicitamente riportato, l’olio PUO’ NON ESSERE italiano. Un olio di provenienza italiana e prodotto ed imbottigliato in Italia è normalmente specificato, altrimenti spesso viene dall'estero ed è imbottigliato qui.


CONSERVAZIONE

L’olio deve essere conservato al riparo dalla luce, possibilmente in bottiglia scura e non al caldo. Una volta aperto dovrebbe essere utilizzato nel più breve tempo possibile poiché anche l’olio si ossida. Quindi se si apre una latta da 5 litri, per esempio, provvedere immediatamente al travaso in bottiglie da un litro, scure, conservandole al buio e al fresco.

OSSERVAZIONI FINALI

Se non è scritto non c'è dentro!!! A buon intenditor.....


PARLIAMO DELL'OLIO DI SEMI 
E DEL CAFFE'

( ... ) Allora, cominciamo dal principio: gli olii di semi vengono usati principalmente per friggere: sbagliatissimo. Gli olii di semi sono gli olii più instabili che esistono per la frittura poiché "bruciano" a temperature basse, cioè si dice che raggiungono il punto di fumo più presto di altri grassi e producono molte tossine. 
Un punto di fumo maggiore ce l'ha l'olio extravergine di oliva, ma il migliore sarebbe quello dei grassi animali: ricordate la nonna che friggeva con la sugna (strutto) di maiale? Anche il burro puro sarebbe ottimo, ma quello che compriamo non è burro puro poiché per legislazione europea il burro che acquistiamo in genere può avere solo l'82% di materia grassa:

Inoltre non tutti i burri sono uguali: solo il burro prodotto con panne ottenute dalla centrifugazione del latte fresco può fregiarsi della denominazione "Tradizionale"; infatti ci sono vari tipi di burro e ve ne accorgete dal costo: il burro, il burro tradizionale, il burro ricombinato, il burro di siero di latte, il burro fuso e il burro anidro (butteroil). 
Comunque per friggere con il burro lo si deve chiarificare, cioè eliminare la parte non grassa da quella grassa e questo lo si fa facilmente ponendo il burro da chiarificare in un contenitore che a sua volta va immerso nell'acqua di un contenitore più grande; a questo punto si accende una minima fiamma sotto il contenitore grande e per effetto bagnomaria, il burro si scomporrà. 
Dopo qualche minuto vedrete che il burro si separerà in parte dorata (la preziosa materia grassa o acido butirrico, essenzialmente) e nel resto che è caseina e acqua. Con la sola materia grassa è possibile friggere senza che il grasso rilasci sostanze tossiche o bruci in quanto con questa procedura è stata eliminata la parte proteica e quella acquosa.

Entriamo nel dettaglio degli olii di semi: Ragazzi forza, state svegli e facciamo un altro po' di esercizio.


Quale dettaglio vi colpisce su questa bottiglia?

Sapete che per gli olii di semi la normativa è meno stringente che per quelli d'oliva? Infatti a meno che l'olio di semi non sia dichiarato biologico, la spremitura del seme viene fatta... con il petrolio. 
Se si prende un olio che non è stato ottenuto per spremitura con mezzi meccanici, allora vuol dire che sono stati usati solventi chimici per spremere l’oliva o per tirare fuori l'olio dai semi: non si usa spremere i semi poiché la produzione di olio è bassissima; conviene estrarre l'olio con solventi, tanto che ci interessa della salute della gente, basta che ci guadagniamo...

Potete fare questa prova: una bottiglia d’olio sulla quale non è stata dichiarata la spremitura con soli mezzi meccanici e non totalmente piena, agitatela forte; apritela e sentirete odore di chimica venire fuori: si tratta di eteri del petrolio, tutta roba salutare... per chi vende.

Sappiate che anche per il caffè decaffeinato è la stessa cosa: se non è stato decaffeinato con mezzi naturali (tipo il Lavazza Dek, per fare un esempio in cui si usa l'anidride carbonica), anche per questo prodotto si usano solventi per decaffeinarlo.

Tempo fa acquistai una confezione di decaffeinato Coop; arrivato a casa ne trasferii il contenuto nel classico barattolo da dispensa; dopo qualche giorno lo aprii e venne fuori un fetore simile al kerosene che bruciava nelle stufe da camera che usavamo una quarantina d'anni fa; i più grandi si ricorderanno di che fetore si tratta.


PARLIAMO DEL LATTE

Nel passato mese di luglio abbiamo pubblicato un servizio nel quale abbiamo sottolineato le responsabilità che pseudo vegetariani-vegani-animalisti hanno, con i loro atteggiamenti di odio e rancore verso coloro che fanno uso di carni e di prodotti animali, hanno nell’alimentare la strage che quotidianamente si perpetra nei confronti degli Animali.

Ora, pur volendo parlare di fregature alimentari nell’ambito di un uso del cibo razionale per lo Studente che è sul percorso della realizzazione del Sé, vogliamo comunque dare una mano agli animali che ci stanno comunque molto a cuore. In futuro vi prometto la pubblicazione di un bel servizio tratto dal libro IO SONO immortale che avrà come titolo COME MANGIA UN INIZIATO.

A questo punto parliamo del latte: credo che nessun studente della nostra Scuola faccia più uso di latte per due motivi: uno perché bere latte da adulti è una perversione della sola razza umana: solo i cuccioli hanno bisogno di latte. 

L'altro motivo che risulta parallelo al primo è che queste mucche non sono più viste come animali che hanno e devono continuare a possedere una dignità, bensì come macchine da produzione da spremere letteralmente
Ne consegue che il più delle volte sono alla catena per tutta la vita.


Dal sito www.infolatte.it leggiamo: "Dall'età di circa due anni, le mucche trascorrono in gravidanza nove mesi ogni anno. Poco dopo la nascita, i vitelli sono strappati alle madri perché non ne bevano il latte e rinchiusi in piccoli recinti dove si possono a malapena muovere. 
Sono alimentati con una dieta inadeguata apposta per renderli anemici e far sì che la loro carne sia bianca e tenera (come piace ai consumatori) e infine sono mandati al macello. La mucca verrà quindi munta per mesi, durante i quali sarà costretta a produrre una quantità di latte pari a 10 volte l'ammontare di quello che sarebbe stato necessario, in natura, per nutrire il vitello."

Le mucche sono comunemente fecondate mediante inseminazione artificiale; frequente anche il trasferimento embrionale, pratica estremamente dolorosa tanto da richiedere l’anestesia epidurale per legge. Questa pratica è usata per moltiplicare rapidamente la quantità di mucche di “alta qualità”, cioè più produttive. 
Anni di selezioni genetiche hanno fatto sì che le mucche da latte attualmente producano circa dieci volte la quantità di latte necessaria per nutrire i propri vitelli, tra i 30 e i 50 litri di latte al giorno. 
A causa dell’alta produzione di latte cui sono costrette, le mucche sono in un continuo stato di “fame metabolica”, affinché il loro corpo provveda, esaurendosi, alle energie necessarie a tutte le loro funzioni. 
Inoltre, le mammelle sono così pesanti che il peso incide considerevolmente sulle zampe posteriori, danneggiandole gravemente: sono molto frequenti i casi di zoppie riscontrati nelle mucche da latte.

Oltre al peso, un fattore determinante è rappresentato dal fatto che durante l’inverno sono spesso alloggiate in poste (specifiche aree), nella maggior parte dei casi troppo strette per consentire loro un adeguato spazio, così che spesso le zampe posteriori degli animali restano per ore nel canale di scorrimento dei reflui, subito dietro le poste, quasi marcendo.

Altro fattore è costituito dall’insufficienza di uno spazio lettiera per cui le mucche si sdraiano sui propri bisogni e per il contatto diretto con il pavimento causa loro abrasioni e infiammazioni delle articolazioni: le mucche non sono come i cavalli che vivono l'intera esistenza in piedi.

Ma il costo in dolore e sofferenza dell’animale non è quantificabile: tutte queste patologie contribuiscono in maniera determinante a privarli quasi totalmente di energie, tanto da non riuscire materialmente a rimanere in piedi, diventando quelle che comunemente vengono definite “mucche a terra”: che meraviglia...

Altra patologia frequente delle mucche da latte è l’insorgenza di mastiti, dolorosa infezione batterica delle mammelle le cui cause principali sono costituite dalle macchine per la mungitura automatica e dalle scarse condizioni igieniche degli allevamenti e il 30% delle mucche da latte ne soffrono e questo costa all'industria casearia europea 1,5 miliardi di euro l'anno; si ritiene che ogni anno siano utilizzate milioni di dosi di antibiotici (spesso penicillina) per curare questa patologia, con enormi costi finanziari e una parte dei farmaci ce li becchiamo noi attraverso la catena alimentare.

Queste spesso sono le condizioni di questi animali:

Il vero problema è che stanno cercando di modificare geneticamente queste mucche per renderle resistenti alle mastiti; leggi qui
Siamo in clima di pura follia.

Oltre che per il latte, lo stesso discorso vale anche per i formaggi, chiaramente, visto che per produrre un chilo di formaggio ci vogliono diversi litri di latte; mica ce la possiamo scampare così...

Se non si conosce il metodo di estrazione del latte e le condizioni di come viene trattato l'animale (mucca, pecora, capra), uno Studente sulla strada della realizzazione del Sé ritiene giusto non contribuire a questo genere di disarmonia. 
Ricordiamoci che tutto il dolore e la disarmonia del mondo, premendo sull'inconscio collettivo, comunque ci avvolge tutti fin quando avremo delle forme-pensiero con le quali siamo attaccati all'inconscio collettivo stesso.

Ora passiamo alle fregature commerciali

Le parti in rosso che seguono le abbiamo prelevate dal sito www.latte.it/Pages/datieconomici.htm, ma le abbiamo spudoratamente modificate per dare enfasi a parti specifiche; vediamo le definizioni dei vari tipi di latte.

Latte crudo (fresco da stalla)
È il latte della mucca, fresco di stalla, che non dura più due giorni se non bollito, quattro giorni se bollito; è sempre consigliabile bollirlo. Ad oggi, in Italia, ci sono 1239 distributori alla spina di questo tipo di latte (guarda la mappa). Questo prodotto è pari pari così come prodotto dalla mucca.

Latte intero fresco pastorizzato
Latte intero un piffero: per legge deve avere un contenuto di materie grasse almeno del 3.5%. E' intero solo per dicitura poiché la maggior parte della parte grassa è stata prelevata e ci vendono una specie di scarto che chiamano intero solo perché una normativa lo definisce così. La pastorizzazione è il processo di riscaldamento cui vengono sottoposti il latte o altri prodotti alimentari, generalmente a temperature tra i 54 e i 70°C e per tempi compresi tra i 20 e i 30 minuti. Esistono anche dei nuovi metodi denominati "flash" che riscaldano il latte da 65 a 76°C per 15-22 secondi. In questo modo si distruggono parte dei batteri patogeni e si ritarda lo sviluppo di altri batteri (c’è bisogno di temperature più alte per eliminare tifo, colibacilli, micobatteri, brucelle, così come affermato dal dottor Norman Walzer).
Il calore della pastorizzazione è sufficiente a distruggere i batteri lattici come il Lactobacillus acidophilus necessario per la sintesi delle vitamine del complesso B nel colon.

Latte parzialmente scremato fresco pastorizzato
Latte contenente l' 1.8% di materie grasse; ci vendono quest’acqua sporca a volta arricchita con le Vitamine A e D per compensare le perdite nutrizionali e ci vogliono convincere dicendoci che possiede poche calorie, mentre in realtà per le industrie sarebbe un prodotto di scarto: dovrebbero regalarlo ai consumatori per evitare di doverlo smaltire loro. Poi voi comprate a parte, pagandoli a peso d'oro, la panna e il burro.

Latte scremato fresco pastorizzato
Questo latte contiene meno dello 0.5% di materie grasse, un cimitero di nutrienti. Può essere arricchito di Vitamina A per compensare le perdite dovute alla sottrazione di grassi. Ma vi rendete conto? Talvolta può essere integrato con la Vitamina D per dare la parvenza di qualcosa che sa di qualcosa. In questo caso questo prodotto non ce lo dovrebbero regalare, bensì ce lo dovrebbero pagare per smaltirlo al posto loro.

Latte U.H.T
Il latte U.H.T. viene trattato ad alte temperature e imbustato in contenitori sterili: ciò permette una conservazione a temperatura ambiente per circa 3 mesi. Una volta aperto il contenitore il latte U.H.T. deve essere consumato entro 1 giorno, più rapidamente degli altri tipi di latti. Il trattamento UHT non garantisce la distruzione delle spore più resistenti.

Latte a lunga conservazione
Il latte a lunga conservazione è il più diffuso anche rispetto a quello fresco; il suo successo è dovuto al fatto che dai consumatori è ritenuto più comodo perché dura di più. Laboratori specializzati hanno verificato anche se è privo di inquinanti e sostanze pericolose e hanno messo alla prova le marche più diffuse analizzandole a cominciare dall'etichetta (in molti casi non esauriente) per finire con la degustazione.
Le prove di laboratorio hanno invece evidenziato la presenza in quasi tutte le confezioni di tracce di cadmio e cromo, ma in quantità molto trascurabili e non allarmanti.
Per quanto riguarda il gusto, solo un paio di prodotti si sono meritati un giudizio buono sotto questo profilo, molti altri sono sufficienti, qualche prodotto invece non ha incontrato i gusti degli assaggiatori.
Non vogliamo parlare di quelle sofisticazioni alimentari che riguardano latte condensato, latte in polvere e latte aromatizzato.


FREGATURE COMMERCIALI?

Per farvi vedere questa cosa, l'altro giorno sono andato al supermercato ed ho indagato sul Latte Fresco Blu Premium Parmalat: il sito dice che è un latte microfiltrato e mantiene inalterate le sue caratteristiche per 15 giorni, anche se ha, per legge, 10 giorni di scadenza.
Quindi?

Per legge, un latte definito "fresco" non può avere più di 6 giorni di scadenza (Decreto Ministeriale 24-7-03 articolo 1). Uhm... vediamo come stanno le cose. La parte che segue è stata rilevata sul sito http://www.cibo360.it/alimentazione/cibi/latte/latte_microfiltrato.htm.

Dopo una campagna pubblicitaria televisiva di 5 miliardi, il latte Frescoblu conquista una grossa fetta del mercato. La concorrenza non resta al palo e contrattacca a suon di ricorsi prima al garante della pubblicità (con esito negativo), poi al tribunale di Bologna che decreta che il latte Frescoblu non può essere chiamato fresco pastorizzato. Dopo l'istituzione di una commissione di inchiesta, viene fatto un decreto che consente di chiamare "fresco" il latte microfiltrato.
Questa vicenda ha forzato i tempi di una riforma che forse non sarebbe ancora avvenuta, quella della legislazione sul latte fresco.


Le tecniche di produzione e le condizioni igieniche sono migliorate molto in questi anni: questo ha prodotto un aumento della vita del latte fresco, che infatti dura molto più di 4 giorni.
Chiunque può fare la prova: il latte fresco ha una durata variabile e può arrivare fino a 8 giorni senza alcuna alterazione. Ma la legge (del 1989) parla chiaro: il latte fresco DEVE durare quattro giorni, non si può mettere un giorno in più nella data di scadenza! È anche per questo motivo che il tribunale di Bologna diede ragione alla Granarolo contro la Parmalat.
A luglio del 2003, la svolta: appurato che esistono tecnologie che rendono il latte fresco più longevo e che anche il latte tradizionale dura più di una volta, è stato emanato un decreto che allunga la vita del latte fresco fino a 6 giorni dopo il trattamento termico e a 11 giorni se il latte è microfiltrato.

Assaperloprima...: checché se ne dica, io non mi fido che un latte possa conservare le stesse proprietà nutritive se viene filtrato in setacci ceramici capaci di eliminare le impurità responsabili della degradazione; ma come fa a mantenere inalterate le proprie proprietà nutrizionali (ammesso che il latte possa nutrire)? E, ammesso e non concesso, come si fa a chimare FRESCO un latte di tanti giorni? E' come quell'idiozia della pasta fresca che si compra al supermercato che di fresco ha solo la temperatura poiché è conservata nei banchi frigo.

Così come per l'olio, sapete che anche per i formaggi e per il latte non è obbligatorio indicare la provenienza in etichetta? Martedì 21 luglio di quest'anno gli allevatori italiani, in una protesta coordinata dalla Coldiretti e con la presenza del Ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia, hanno inscenato un controllo delle autocisterne da latte provenienti da oltre frontiera.
In definitiva la dimostrazione verteva, giustamente, su questo aspetto, come leggiamo da un servizio on line: La protesta pacifica di Coldiretti [...] a tutela del prodotto italiano è condivisibile.

Proteggere le filiere produttive davvero italiane, dove il prodotto è frutto dell’eccellenza dei nostri territori è fondamentale, soprattutto in un momento difficile come questo. Il valore aggiunto del made Italy non può essere svilito dall’apposizione di marchi su prodotti lavorati in Italia, ma ottenuti da materie prime che arrivano dall’estero. E’ una presa in giro per i produttori che lavorano seriamente e per i consumatori che in fiducia provano a comprare italiano e si ritrovano in tavola prodotti senza le caratteristiche richieste. (fonte testo: www.sassuolo2000.it QUI ).

Questo è ciò che accade: In Italia, secondo i dati forniti dal presidente della Coldiretti, "in un anno sono arrivati ben 1,3 miliardi di litri di latte sterile, 86 milioni di chili di cagliate e 130 milioni di chili di polvere di latte di cui circa 15 milioni di chili di caseina utilizzati in latticini e formaggi all'insaputa dei consumatori e a danno degli allevatori". A rischio - sostiene la Coldiretti - ci sono 43 mila stalle, quasi 200 mila occupati e oltre 22 miliardi di euro di valore generato dalla filiera nel settore lattiero caseario che rappresenta la voce più importante dell'agroalimentare italiano. La situazione è destinata ad aggravarsi poiché dal primo gennaio 2009 - denuncia ancora la Coldiretti - può essere incorporato fino al 10 per cento di caseina e caseinati nel formaggio, al posto del latte, secondo quanto previsto dal regolamento comunitario 760/2008 del 31 luglio 2008. (fonte: www.larepubblica.it QUI)


Però ci sono tra voi dei poveri illusi che credono alla baggianata che il calcio di latte e derivati possa fare bene alle ossa e all'osteoporosi: ebbene, fate questa prova. Prendete un osso di pollo e mettetelo in acqua e aceto per un giorno, poi tiratelo fuori. Vedrete che l'osso fletterà e non si spezzerà. Ciò significa che l'osso ha perso il calcio e ha mantenuto le strutture proteiche in silicio che lo rendono elastico; molti di noi hanno fatto questo esperimento nei laboratori scolastici. 
L’osteoporosi è una malattia dello scheletro che predispone il malato ad un aumento del rischio di fratture. Ora viene il bello: la cosiddetta MOC (mineralometria ossea computerizzata) è una tecnica diagnostica per l’accertamento del grado di mineralizzazione delle ossa e, pertanto, rappresenta l’esame di riferimento per la diagnosi di osteoporosi.

Ebbene, quale minerale o assenza di esso legge la MOC?
Il calcio?
NO!!! Risposta sbagliata: con la MOC non si "legge" nessun tipo di minerale!!!


Qual è l'apparecchio che esegue la MOC? Caspita, ho fatto un po' di ricerche e questo si chiama DXA che significa Dual energy X-ray absorptiometry che in definitiva misura la densità delle ossa per mezzo di raggi X; questo vuol dire che questo genere di tecnica a raggi X non è in grado di capire qual è il minerale che analizza, ma solo di determinare lo stato della densità del corpo in esame: è un'analisi QUANTITATIVA e non QUALITATIVA.

La MOC rileva solo se la struttura ossea ha perso di densità e, seppur nessun medico abbia mai detto che rileva la perdita di calcio, poi prescrivono l'uso di latticini per integrare il calcio. Ma ora ti faccio un'osservazione: visto che il rischio di un osteoporotico è la frattura, se le sue ossa avessero perso calcio, non dovrebbero affatto spezzarsi, non sarebbero fragili, bensì sarebbero elastiche come l'esperimento dell'osso nell'aceto, non ti sembra. Uhm, bella osservazione, vero?
Ora tieni presente questo: i latticini, tutti e senza esclusione alcuna, in fase di digestione producono metaboliti acidi e rendono l'ambiente generale molto acido.


Le ossa, dopo i muscoli, sono le riserve principali a cui il corpo dà ordine di sacrificarne i minerali per cercare di annullare (tamponare, per la precisione) gli alti livelli di acidi contenuti nel corpo e quando lo fa i muscoli perdono sodio e le ossa perdono silicio, per questo con l'ostoporosi divengono fragili, poiché rimane troppo calcio e non c'è più silicio. I latticini, quindi, fanno aumentare il rischio di fratture ossee se per osteoporosi intendiamo la perdita delle strutture elastiche a base di silicio delle ossa. Facile, no?


PARLIAMO DI ZUCCHERO,
SUCCHI DI FRUTTA E ASPARTAME

Affrontiamo la 'questione zucchero', ridimensionando alcuni luoghi comuni, ma sapendo che i suoi aspetti normativi sono così ingarbugliati che è davvero difficile venirne fuori.

Come potrete leggere lo zucchero raffinato è meno nutriente dello zucchero integrale ed è entrato più in contatto con materie di purificazione, ma la maggior parte della letteratura naturalista batte sul fatto che questo tipo di zucchero non possiede nutrienti; questo mi sembra una fesseria bella e buona, considerato che se una verdura viene cotta apporta più anti-nutrienti di un paio di cucchiaini di zucchero bianco al giorno; la differenza di nutrienti tra lo zucchero integrale e quello raffinato, per l'uso che ne facciamo, è assolutamente trascurabile e vogliamo focalizzare la nostra attenzione su qualcos'altro, cioè sul fatto che lo zucchero viene raffinato per mezzo di procedimenti chimici assurdi in cui si usano anche sostanze velenose. 
Qui il problema è che noi non parliamo di alimentazione, ma vogliamo solo far notare che questo storto mondo, con le sue menzogne commerciali, è solo il risultato del nostro modo di pensare e quindi è nostra responsabilità renderci conto che fogna di mondo abbiamo creato, poiché se non sappiamo in che condizione stiamo, non possiamo fare delle cose per metterlo a posto.

L’associazione francese di Odontostomatologia Preventiva ha confermato i lavori di vari dentisti (tra cui il dottor Weston Price e il dottor Beguin), secondo i quali “lo zucchero integrale di canna rappresenta uno degli elementi essenziali nella prevenzione della carie dentaria” (rif. Consigli di benessere alimentare" di Pierre Pellizzari edizioni "Il Punto d'Incontro").

Le successive fasi di raffinazione dello zucchero eliminano tutte le parti “buone” (vitamine e minerali) e lasciano solo saccarosio puro, che viene anche chiamato “calorie rigorosamente vuote”. 

Lo zucchero che abbiamo sulle nostre tavole può essere ottenuto da due fonti diverse: dalla canna da zucchero e dalla barbabietola da zucchero. Qual è il migliore tra i due? 

Potremmo dire quello ottenuto dalla canna da zucchero, perché subisce minori lavorazioni. Comunque sia quello di canna che quello di barbabietola può essere lavorato in integrale, greggio e raffinato.

Zucchero integrale

Il prodotto ottenuto dalla semplice spremitura della canna da zucchero e successiva evaporazione del succo (Mascobado, Guarapo, Dulcita, Panela); oltre al saccarosio contiene glucosio e sali minerali. Dal caratteristico colore scuro tabacco e dal sapore particolare, è un prodotto ottenuto da lavorazione artigianale.
Vediamo quali possono essere le eventuali frodi dannose per la nostra salute.
Sull'etichettatura di questo tipo di zucchero purtroppo non vale il concetto che se sulla confezione non è scritto "zucchero integrale di canna" non è quello che pensate. 

Il problema è che anche lo zucchero bianco raffinato e quello colorato (il Brown che vedremo tra un attimo) possono provenire dalla canna (oltre che dalla barbabietola), ma non sono integrali.
Allora come si fa a riconoscere il vero integrale, cioé quello che non è stato sottoposto a processi chimici? Basta vederlo o palparlo: lo zucchero integrale di canna è sì scuro, ma deve essere una pappetta poiché non deve essere cristallizzato, cioè non deve essere in granelli:

Purtroppo, in tanti bar viene proposto un certo tipo di zucchero che sembra integrale, ma che però è zucchero greggio colorato con caramello sintetico; fate dunque attenzione alla bustina e leggete bene quello che c'è scritto: se non è scritto "zucchero integrale di canna" e se non è cristallino, probabilmente non lo è.
Lo zucchero integrale dovrebbe essere preferito in quanto è un prodotto per la cui produzione non si sprecano energie per processi industriali di raffinazione e questo è un fatto necessario a chi è sulla strada della realizzazione del Sé.


Zucchero grezzo (o greggio)

L'unico grezzo venduto al dettaglio è quello di canna (Demerara, Cassonade, Rapadura); lo zucchero grezzo di Barbabietola non è commercializzato perché sarebbe di cattivo gusto. Lo zucchero grezzo di canna è parzialmente purificato, ma contiene ancora sali minerali (0,5%) e piccole quantità (4%) di fruttosio e glucosio che, ripeto, sono irrilevanti ai fini nutrizionali. Per lo zucchero il termine RAFFINATO non è equivalente a quando viene usato per i cereali poiché, mentre per questi ultimi significa privato di una parte (importante, la fibra o il germe), per lo zucchero significa solo "ripulito", per usare un termine che non evochi qualcosa di negativo.

Dal nome si è indotti a pensare che lo zucchero greggio non subisca grandi lavorazioni, ma ciò è errato: lo zucchero greggio, prima di essere messo in commercio, subisce un trattamento alcalino con latte di calcio e successivamente con calce viva, quindi viene a contatto con acido carbonico e anidride solforosa (la stragrande maggioranza di queste sostanze non sono tossiche), viene cotto più volte, raffreddato, cristallizzato, centrifugato. Lo zucchero così ottenuto si chiama 'zucchero greggio' ed ha un colore bruno e lo si distingue da quello integrale poiché è cristallizzato e dovete assicurarvi che ci sia scritto "grezzo" sulla confezione come si vede qui di seguito che sono veri zuccheri grezzi:


Infatti su questo zucchero ci può essere un problema che vedremo qui subito di seguito.

Zucchero bruno o Brown sugar

Sulla questione del brown sugar non siamo in grado di essere maggiormente accurati poiché c'è una grossa confusione tra legislazione e consuetudine dell'uso di nomi commerciali in quanto universalmente non c'è accordo. Ciò significa che questo nome può indicare il vero zucchero grezzo di canna (demerara) non completamente sbiancato, insaporito da un’aggiunta di melassa e colorato con caramello (E150).

Sembra che alcuni zuccheri brown siano in realtà zucchero raffinato colorato artificialmente con la melassa, ma che se versato nell'acqua la colora rapidamente mentre i cristalli di saccarosio diventano bianchi; nell'immagine che segue si vede un brown, cioè un grezzo un po' più sbiancato (foto).

Zucchero raffinato (o zucchero bianco o zucchero semolato)

E' lo zucchero 'da tavola' - quello semolato - e si ottiene lavorando ulteriormente lo zucchero greggio; può essere di canna o di barbabietola ed è venduto sotto forma di pani, blocchi, semolato, velo, zollette, granella, candito. Si ottiene per successiva lavorazione dello zucchero greggio; in cosa consiste quest'ultima fase di lavorazione è presto detto: un trattamento con carbone animale, con acido solforoso e con un'opportuna sostanza (il blu indantrene - una sostanza colorante del catrame - e il blu oltremare, una sostanza tossica) che ne stabilizza il bel colore bianco e questi possono essere note negative. Lo zucchero bianco sembrerebbe essere causa di aggressività e di comportamento violento dell’uomo, se se ne fa grande uso poiché sembrerebbe che il vero zucchero tollerato dall'uomo è solo quello della frutta (più avanti vedremo il servizio di come si alimenta un iniziato in cui si nota che non fa uso di zuccheri poiché non si nutre di torte e dolciumi in quanto tossici per la digestione); comunque un cucchiaino di un qualunque zucchero non provoca alcun pericolo, quindi vediamo di non essere estremisti ed ipocriti.

Una ricerca clinica condotta su minorenni particolarmente rissosi, reclusi in 14 istituti di pena statunitensi, ha dimostrato che eliminando lo zucchero industriale dalla loro dieta le risse diminuivano del 40%; un esperimento simile fu condotto in Inghilterra su 50 detenuti e diede risultati pressoché analoghi.


Un’altra ricerca condotta in Virginia su 276 giovani delinquenti detenuti, ha dimostrato la riduzione del 50% del comportamento violento a seguito della soppressione dello zucchero industriale. Quindi sembrerebbe che lo zucchero raffinato danneggi il corretto funzionamento delle cellule cerebrali rendendo l’individuo più irritabile, soggetto allo stress e più violento.

C'è su internet un errato accostamento, come si è detto prima, tra i cereali non integrali e lo zucchero raffinato.

Poiché quando si consumano troppi farinacei raffinati si va incontro ad uno stress glicemico per eccessiva secrezione di insulina che alla fine causa infiammazioni e, col tempo, può provocare obesità, diabete ed alcune forme di tumore in quanto questo ormone è capace di stimolare una proliferazione delle cellule e quindi anche di quelle tumorali, si ritiene falsamente che lo zucchero raffinato possa portare gli stessi problemi poiché è raffinato: ripetiamo che raffinato, nel caso dello zucchero, significa solo purificato, non privato di parti indispensabili all'equilibrio nutrizionale come per i cereali. Basta con questi allarmismi che fanno gli ignoranti; il problema degli "stessi problemi" di cui sopra, il picco glicemico ad esempio, riguarda il fatto che l'organismo umano non tollera gli zuccheri se non sotto forma di frutta.

Come dice anche un opuscolo dell’INRAN, l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (lo trovi qui - se nel frattempo non lo tolgono)
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Fonte e articolo completo (in cui si parla di uova, di nanotecnologie e altro ancora ... ): www.ghiandolapineale.it
(L'articolo è stato precedentemente pubblicato su questo blog il 23.08.2015 con una fonte diversa, alcuni riferimenti potrebbero non essere più disponibili)

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