Chiamati anche nazareni – Nazareth era un loro presidio molto importante – è il popolo da cui discende Gesù Cristo e che si presume vivesse vicino a Masada. Gli esseni erano contadini, frutticoltori e profondi conoscitori delle proprietà delle erbe, dei cristalli e del colore con i quali curavano tutti coloro che richiedevano il loro aiuto.
Detenevano quindi un’antica conoscenza, tramandata da Atlantide, portata in Palestina da Mosè e dal suo popolo (gli esseni) e divulgata successivamente in Europa dagli egizi. Medici e guaritori, con leggi e tradizioni ortodosse, imponevano a chi desiderava entrare nella loro comunità delle iniziazioni che duravano fino a sette anni.
La loro era una stirpe reale, proveniente da una razza e cultura diversa da quella dei rabbini e farisei del Tempio di Gerusalemme. Convinti vegetariani, non facevano sacrifici a Dio e dedicavano molto del proprio tempo a ringraziarlo, attraverso le preghiere che rivolgevano agli Angeli, a cui erano particolarmente devoti.
Si dice che si alzassero all’alba e andassero nei boschi a chiamare le energie angeliche, con le quali si intrattenevano in modo molto naturale. Abbandonate le vanità del mondo, si erano ritirati ad una vita semplice che consentiva di avvicinarsi allo spirito per viverlo nella materia come successivamente Gesù il Cristo (cristhos = “sapere“) ci ha ampiamente raccomandato.
Si dice che il loro nome abbia una radice ebraica hasidim (“Pii”); altri sostengono che esseni derivi dall’aramaico asya (“medico”). Ciò che di “ufficiale” si sa di loro ci viene tramandato dagli scritti di Plinio il Vecchio, Flavio Giuseppe, Filone Alessandrino e dai Rotoli di Qumran ritrovati a Qumran, vicino al mar Morto, intorno al 1947.
Questi antichi rotoli, decodificati dall’ebraico antico e dall’aramaico, sono stati solo parzialmente divulgati. Perché non lo sono stati interamente? Cosa contenevano di così pericoloso? ..
Molti dei loro insegnanti spirituali sono presenti in numerose religioni. In particolare, l’aspetto esoterico dell’insegnamento esseno era rappresentato dall’albero della vita e dalle comunioni essene con gli angeli di cui troviamo traccia nel libro Il Vangelo Esseno della Pace dove gli angeli vengono chiamati energie elettromagnetiche della luce, dell’aria, della terra, dell’acqua e del sé.
L’esperienza essena si ritrova nello Zend Avesta di Zarathustra, negli insegnamenti dei Veda e nel buddismo, dove il “sacro albero dell’illuminazione” non è altro che l’albero della vita. In Occidente contribuirono alla ricerca spirituale dello gnosticismo, della Cabala e del Cristianesimo.
Uno tra i principali argomenti di studio della comunità essena riguardava il tema della resurrezione del corpo che trovava il suo fondamento nella convinzione che ci sarebbe stato un tempo (il nostro) in cui il corpo sarebbe risorto a nuova vita; un tempo in cui l’uomo avrebbe sconfitto la morte e i “figli della luce” (come gli esseni si definivano) avrebbero vissuto nella Luce.
Il pensiero esseno sosteneva anche che l’essere umano, in accordo con il proprio Dio interiore, custodisce un “progetto dell’anima” e che, aiutato dai propri angeli custodi, dalle guide e dai maestri, arriva sulla Terra per imparare ciò che si è prefisso, acquisendo integrità ed esperienza per crescere nella consapevolezza di essere di luce.
L’uomo ha quindi il suo destino di predestinazione e poco può fare per cambiarlo; può agevolarlo o ritardarlo, ma è solo una questione di tempo. Concetti quali “la vita dell’anima” e “la coscienza dopo la morte fisica” erano ampiamente insegnati nelle loro scuole di saggezza e nello studio dei simboli come l’albero della vita.
Per meglio conoscere la grande esperienza spirituale tramandata dagli esseni, occorre risalire al tempo del faraone egizio Amhenotep IV o Akhenaton della XVIII dinastia, che impose il culto monoteistico del disco solare Aton. Venuto sulla Terra con il preciso compito di divulgare alcune conoscenze sull’unico dio Aton, Akenathon si dedicò alla preparazione di un popolo che successivamente avrebbe per primo prodotto un cambiamento nella coscienza, iscritto nel DNA delle generazioni successive e che si sarebbe risvegliato a tempo debito. Il popolo in questione erano gli esseni, portati successivamente in Palestina da Mosè, che alcuni sostengono essere stato Akenaton stesso.
Un bellissimo colloquio fra Carlos Castaneda e Don Juan suo maestro dice: “Un improvviso colpo di vento mi colpì, facendomi bruciare gli occhi.” Guardai il punto in questione e vidi che tutto era normale. “Non riesco a vedere niente” dissi. “L’hai appena sentito” – rispose lui – “Cosa? Il vento?”. “Non solo il vento”, disse lui, “Ti può sembrare il vento, perché il vento è la sola cosa che conosci”.
Gregg Braden, famoso geologo e spiritualista americano, dice che noi siamo coloro che “camminano tra i mondi”, i pionieri, ovvero coloro che hanno un piede nella vecchia concezione del mondo e un altro nel nuovo risveglio che conduce a ricordare chi siamo veramente. Si sta ristabilendo il contatto con gli angeli, con quelle energie elettromagnetiche che sono perfettamente consapevoli e vive intorno a noi.
Riflettete: che cosa sta succedendo? Quante sono le cose che non conosciamo? Le nostre convinzioni tradizionali e i nostri condizionamenti si stanno sgretolando per lasciar spazio a nuovi modi di essere e di pensare, ad emozioni capaci di risvegliare in noi quelle parti addormentate da molto tempo.
A questo proposito gli esseni ci hanno tramandato una “tecnologia” che ci permette di velocizzare questo processo di trasformazione, rendendolo al tempo stesso più armonioso e gentile. Si tratta di una “tecnologia interiore“, arrivata a noi grazie al prezioso lavoro di Gregg Braden, nota come I Sette Specchi Esseni dei rapporti umani e della compassione.
Applicare questa tecnologia alla propria vita implica un cambiamento nelle emozioni e il raggiungimento della serenità e della quiete; tutto il mondo intorno a noi cambierà, perché ciò che noi siamo nel presente cambierà. L’uomo crea infatti la propria realtà attraverso i pensieri e le emozioni; intervenire su pensieri ed emozioni può quindi cambiare il mondo intero.
Alcuni potrebbero obiettare che si tratta di un concetto semplicistico e incapace di modificare realtà devastanti, quali la fame nel mondo e le guerre in atto in vari Paesi. Ma tutto inizia dal primo mattone; se il primo passo è un atto di pace e di comprensione di ciò che si è nel presente, tutti i rapporti umani ne avranno un beneficio e chi sta di fronte cesserà di essere il nemico.
Di seguito riportiamo la “tecnologia” relativa ai Sette Specchi e alcuni passaggi tratti dalla videoconferenza Camminare tra i Mondi di Gregg Braden.
I sette specchi Esseni
Gli antichi esseni identificarono, forse meglio di chiunque altro, il ruolo dei rapporti umani definendoli in sette categorie: sette misteri corrispondenti ai vari tipi di rapporto che ciascun essere umano avrebbe sperimentato nel corso della propria vita di relazione. Gli esseni hanno definito queste categorie “specchi“, ricordandoci che, in ogni momento della vita, la nostra realtà interiore ci viene rispecchiata dalle azioni, dalle scelte e dal linguaggio di coloro che ci circondano.
Il primo Specchio Esseno riguarda la nostra presenza nel momento presente. Il mistero è incentrato su cosa noi inviamo, nel presente, alle persone che ci stanno accanto. Quando ci troviamo circondati da individui e modelli di comportamento in cui dominano la rabbia o la paura, lo specchio funziona in entrambi i sensi. Potrebbe invece trattarsi di gioia, estasie felicità perché ciò che vediamo nel primo specchio è l’immagine di quello che noi siamo nel presente. Chi ci è vicino ce lo rimanda, rispecchiandoci.
Il secondo Specchio Esseno ha una qualità simile alla precedente, ma è un po’ più sottile, anziché riflettere ciò che siamo, ci rimanda ciò che noi giudichiamo nel presente. Se siete circondati da persone, i cui modelli di comportamento vi provocano frustrazione o scatenano la vostra rabbia e se percepite che quei modelli non sono vostri in quel momento, allora chiedetevi: “Mi stanno mostrando me stesso nel presente?”. Se potete onestamente rispondervi con un no, c’è una buona probabilità che vi stiano invece mostrando ciò che voi giudicate nel momento presente. La rabbia, l’astio o la gioia che voi state giudicando.
Il terzo Specchio Esseno è uno degli specchi più facili da riconoscere, perché è percepibile ogni volta che ci troviamo alla presenza di un’altra persona, quando la guardiamo negli occhi e, in quel momento, sentiamo che accade qualcosa di magico. Alla presenza di questa persona, che forse non conosciamo nemmeno, sentiamo come una scossa elettrica, la pelle d’oca sulla nuca o sulle braccia. Che cosa è successo in quell’attimo? Attraverso la saggezza del terzo specchio ci viene chiesto di ammettere la possibilità che, nella nostra innocenza, rinunciamo a delle grosse parti di noi stessi per poter sopravvivere alle esperienze della vita.
Queste “parti di noi” possono venir perse più o meno consapevolmente, o portate via da coloro che esercitano un potere su di noi. Se vi trovate in presenza di qualcuno e, per qualche motivo inspiegabile, sentite l’esigenza di passare del tempo con lui, ponetevi una domanda: che cos’ha questa persona che io ho perduto, ho ceduto, o mi è stato portato via? La risposta potrebbe sorprendervi molto, perché in realtà riconoscerete questa “sensazione di familiarità” quasi verso chiunque incontriate. Vedrete cioè delle parti di voi stessi in tutti. Questo è il terzo mistero dei rapporti umani.
Il quarto Specchio Esseno è una qualità un po’ diversa. Spesso nel corso degli anni ci accade di adottare dei modelli di comportamento che poi diventano tanto importanti da farci riorganizzare il resto della nostra vita per accoglierli. Sovente tali comportamenti sono compulsivi e creano dipendenza. Il quarto mistero dei rapporti umani ci permette diosservare noi stessi in uno stato di dipendenza e compulsione. Attraverso esse rinunciamo lentamente proprio alle cose cui teniamo di più, le cediamo, le lasciamo. Ad esempio, quando parliamo di dipendenza e compulsione, molte persone pensano all’alcol e alla nicotina. Ma ci sono altri modelli di comportamento più sottili; si pensi all’esercizio di controllo in ambito aziendale e in famiglia, alla dipendenza dal sesso e dalpossedere o generare denaro e abbondanza. Quando una persona incarna un simile modello di comportamento, può star certa che il modello, che pur è bello di per sé, si è creato lentamente nel tempo. Se riorganizziamo le nostre vite per far posto al modello dell’alcolismo o all’abuso di sostanze, forse stiamo rinunciando a porzioni della nostra vita rappresentate dalle persone che amiamo, dalla famiglia, dal lavoro, dalla nostra stessa sopravvivenza. Il tratto positivo di questo modello è che può essere riconosciuto ad ogni stadio, senza dover arrivare agli estremi e perdendo tutto. Possiamo riconoscerlo, guarirlo e ritrovare la nostra interezza ad ogni step.
Il quinto Specchio Esseno è forse il più potente in assoluto, perché ci permette di vedere meglio, e con maggiore profondità degli altri, la ragione per cui abbiamo vissuto la nostra vita in un dato modo. Esso rappresenta lo specchio che ci mostra i nostri genitori e l’interazione che intratteniamo con loro. Attraverso esso ci viene chiesto di ammettere la possibilità che le azioni dei nostri genitori verso di noi riflettano le credenze e le aspettative che nutriamo nei confronti del rapporto più sacro che ci sia dato di conoscere sulla Terra: il rapporto che intercorre fra noi, la nostra Madre e il nostro Padre Celeste, vale a dire con l’aspetto maschile e femminile del nostro creatore, in qualunque modo lo concepiamo.
La relazione con i nostri genitori può quindi svelarci il nostro rapporto con il divino. Per esempio, se ci sentiamo continuamente giudicati o se viviamo in una condizione per cui “non è mai abbastanza”, è altamente probabile che il rapporto con i nostri genitori rifletta la seguente verità: siamo noi che, grazie alla percezione che abbiamo della nostra persona e del Creatore, crediamo di non essere all’altezza e che forse non abbiamo realizzato quello che da noi ci si aspettava.
Il sesto Specchio Esseno ha un nome abbastanza infausto; gli antichi lo chiamarono infatti l’oscura notte dell’anima. Ma attenzione, lo specchio in sé non è necessariamente sinistro come il nome che porta.
Attraverso un’oscura notte dell’anima ci viene infatti ricordato che la vita e la natura tendono verso l’equilibrio e che ci vuole un essere magistrale per bilanciare quell’equilibrio. Nel momento in cui affrontiamo le più grandi sfide della vita, possiamo star certi che esse divengono possibili solo dopo aver accumulato gli strumenti necessari per superarle con grazia e facilità; perché è quello il solo modo per superarle. Fino a che non abbiamo fatto nostri quegli strumenti, non ci troveremo mai nelle situazioni che ci richiedono di dimostrare determinati livelli di abilità.
Quindi, da questa prospettiva, le sfide più alte della vita, quelle che ci vengono imposte dai rapporti umani e forse dalla nostra stessa sopravvivenza, possono essere concepite come delle grandi opportunità, che ci consentono di saggiare la nostra abilità, anziché come dei test da superare o fallire.
E’ proprio attraverso lo specchio della notte oscura dell’anima che vediamo noi stessi nudi, forse per la prima volta, senza l’emozione, il sentimento ed il pensiero, senza tutte le architetture che ci siamo creati intorno per proteggerci.
Attraverso questo specchio possiamo anche provare a noi stessi che il processo vitale è degno di fiducia e che tale fiducia può essere accordata anche a noi, mentre stiamo vivendo la vita. La notte oscura dell’anima rappresenta l’opportunità di perdere tutto ciò che ci è sempre stato caro nella vita. Confrontandoci con la nudità di quel niente, mentre ci arrampichiamo fuori dall’abisso di ciò che abbiamo perso e percepiamo noi stessi in una nuova luce, possiamo però esprimere i nostri più alti livelli di maestria.
Il settimo Specchio Esseno dalla prospettiva degli antichi era il più sottile e, per alcuni versi, anche il più difficile. E’ quello che ci chiede di ammettere la possibilità che ciascuna esperienza di vita, a prescindere dai suoi risultati, è di per sé perfetta e naturale. A parte il fatto che si riesca o meno a raggiungere gli alti traguardi che sono stati stabiliti per noi da altri, siamo invitati a guardare i nostri successi nella vita senza paragonarli a niente. Senza usare riferimenti esterni di nessun genere. Il solo modo in cui riusciamo a vederci sotto la luce del successo o del fallimento è quando misuriamo i nostri risultati facendo uso di un metro esterno.
Ma a quel punto sorge la seguente domanda: “A quale modello ci stiamo rifacendo per misurare i nostri risultati? Quale metro usiamo?”
Nella prospettiva di questo specchio ci viene chiesto di ammettere la possibilità che ogni aspetto della nostra vita personale – qualsiasi aspetto – sia perfetto così com’è.
Dalla forma e peso del nostro corpo, ai risultati personali in ambito accademico, aziendale o sportivo. Ci renderemo conto insieme che, in effetti, questo è vero e che un risultato può essere sottoposto a giudizio solo quando viene paragonato ad un riferimento esterno. Il settimo specchio ci invita quindi a permetterci di essere il solo punto di riferimento per i risultati che raggiungiamo.
ma come si fa a starti dietro, vulcano!
RispondiEliminaPer fortuna che ci sei, riesci sempre a scorgere vere e proprie perle!
Grazie mille Cathy!
Un bacione
Barbara
Ma ti ringrazio Barbara!
RispondiEliminaLa cosa bella è che ti ho anche pensata quando ho inserito questo articolo, lo sai? E mi sono chiesta se conoscevi Gregg Braden dandomi come risposta. "Ma si!"
Un bacione a te. :)
Interessante e molto bello, complimenti per l'articolo. Noi oramai sempre più ottusi e convinti che esista solo ciò che vediamo dovremo provare a vivere queste esperienze. Insomma, ritornare alle origini e adorare una natura magica, splendida e misteriosa.
RispondiEliminaCiao Catherine