venerdì 19 maggio 2023

Luca Scantamburlo: «Ecco quello che ho scoperto sulle missioni segrete della NASA»


C’è chi pensa che sulla Luna non ci siamo mai stati veramente e chi ritiene invece più plausibile un’altra possibilità: ci siamo stati, ma non nei tempi e nei modi che conosciamo. 

La recente storia della conquista dello spazio sarebbe piena di lacune, censure e falsità, almeno stando alle affermazioni di informatori anonimi che nel corso degli anni hanno fatto rivelazioni sconcertanti citando programmi segreti. 
Pura disinformazione o realtà abilmente occultata? 

Uno dei ricercatori più attivi nel cercare di dare risposta a questo interrogativo è sicuramente Luca Scantamburlo, depositario delle confidenze di alcune “gole profonde” che gli avrebbero svelato l’esistenza di missioni ufficialmente mai avvenute. 
Non solo quelle dirette sulla Luna, ma persino su Marte …


Storie davvero incredibili, di cui abbiamo già trattato a lungo nel blog in passato. In estrema sintesi: un sedicente ex militare americano con il nick name retiredafb (poi identificato come tale William Rutledge) raccontava sul web di essere stato ai comandi di una missione super top-secret (Apollo 20) nell’estate 1976, inviata pochi mesi dopo una precedente fallita (Apollo 19),  per andare a vedere da vicino le anomalie fotografate sulla faccia oscura del nostro satellite, vicino al cratere Delporte, insieme ai Russi. 

L’ utente di Youtube aveva postato vari video: alcuni mostravano l’oggetto misterioso da distanza ravvicinata- un’astronave lunga chilometri;  altri, invece, l’interno di un altro velivolo alieno precipitato sulla Luna con il suo occupante- una EBE in stato di letargo; un altro ancora le rovine di una città selenita.

Filmati che però, per la maggior parte,  ad una attenta analisi si sono dimostrati non autentici o comunque manipolati. 
Eppure, in seguito, altre fonti anonime hanno tuttavia confermato la veridicità di queste e di altre missioni lunari mai rese note all’opinione pubblica e hanno persino rivelato un progetto altamente classificato, denominato Red Sun, che avrebbe portato equipaggi umani su Marte negli anni Settanta- ne parleremo. 

Una vicenda intricata che appare quasi impossibile da dipanare, con un’unica certezza: esistono  davvero quelle  anomalie sul suolo lunare,  presenti nel catalogo delle foto scattate dalla NASA, ma le immagini hanno una risoluzione troppo bassa per stabilire cosa siano realmente.


Eravamo rimasti a questo punto. 

Ora, in una lunga intervista, il ricercatore ripercorre con noi quello che ha potuto appurare in anni di ricerche e confronti incrociati, ma ci spiega anche le novità emerse più di recente insieme a quello che ancora deve essere verificato per avere un quadro finalmente chiaro.

Lasciamo a Luca la parola. «Innanzi tutto ti ringrazio, Sabrina, per la opportunità che mi dai nell’approfondire questa vicenda controversa ma indubbiamente affascinante. In realtà il sedicente Comandante di Apollo 20  (“retiredafb”) e il preteso Comandante di Apollo 19 (“moonwalker1966delta”)  furono contattati da me attraverso la messaggistica di YouTube, rispettivamente nel 2007 il primo e dal 2008 al 2012 il secondo. Non furono loro a contattare me, ma io loro.  
Il primo lo individuai visto il clamore sollevato dai suoi post e video caricati in aprile e maggio 2007. Il secondo  mi fu segnalato da un ingegnere brasiliano che mi scrisse -dopo aver letto la mia intervista del 2007 al Comandante di Apollo 20 – e lo portò alla mia attenzione. 

Per quanto concerne l’altra gola profonda europea che mi mise al corrente della esistenza del presunto Progetto Sole Rosso (il Red Sun Project),  mi cercò e contattò nell’estate dell’anno 2010 (il nostro contatto durò poche settimane), proprio perché ammirava, a suo dire, “il mio estremo prodigarsi” (sic) nella ricerca della verità.»

L’indagine di Luca sulla questione di Apollo 19-20 fu possibile non solo grazie alla sua costanza unita al molto tempo che le ha dedicato e alla sua caparbietà, ma anche alla estesa rete di semplici cittadini- e talora anche addetti ai lavori della comunità scientifica – che da tutto il mondo lo hanno aiutato condividendo con lui commenti personali e indizi su questa sconcertante storia di pagine segrete della esplorazione spaziale. 

«Fra tutti ricordo Paolo Rosati di Piacenza e il suo contributo storico sulla missione Apollo-Soyuz Test Project del 1975, con un particolare quasi inedito – ma ufficiale – che egli scovò in un sito di cimeli commemorativi autografati gestito da un russo e che andò a incastrarsi perfettamente nella rivelazione e narrazione di Apollo 20, corroborandola in una certa misura. 
Naturalmente, mi è capitato spesso di ignorare contributi o testimonianze che ho ricevuto in privato e che io ho giudicato poco attendibili, oppure non sufficientemente pertinenti e fuorvianti», sottolinea.

Il ricercatore Luca Scantamburlo
 Ma cosa lo ha indotto a pensare che quelle rivelazioni contenessero un fondo di verità e non si trattasse, piuttosto, delle invenzioni di millantatori? 

«Proprio questo è il punto cruciale- mi risponde- invece di guardare soltanto al profilo dei miei interlocutori, ho sempre dato priorità e maggiore energia alla coerenza o incoerenza delle informazioni fornite e alle argomentazioni correlate, sia dal punto di vista tecnico sia storico, e nel corso degli anni ho trovato via via continue conferme a particolari inediti o poco noti dal punto di vista astronautico, che solo addetti ai lavori ad altissimi livelli potevano e possono conoscere, tecnicamente e storicamente. Bisogna avere una prospettiva diacronica e vedere nel tempo quale coerenza assumono determinate rivelazioni. 

Nel mio saggio “Apollo 20. La Rivelazione” ho fatto i riferimenti del caso e argomentato cosa ho scoperto studiando la manualistica di settore.»Il primo interlocutore, “retiredafb”,  sarebbe stato un impostore che ha recitato solo una parte: ha  raccontato una storia occulta ma anche seminato volutamente incongruenze, ad esempio, ha “contaminato” il materiale video con riprese e foto di Apollo 11 e 17, spacciandole per parte del filmato di Apollo 20.  

Il secondo, invece, John Moonwalker, alias “moonwalker1966delta”, gli è sembrato più credibile.
«Ho rivelato la sua reale e possibile identità- John W. Young-per la prima volta in occasione del mio intervento pubblico a Cremona, in qualità di relatore, il 16 marzo 2019. Della possibilità, che sospettai tempo dopo, in base alla quale “retiredafb”  poteva essere  una sorta di attore che viveva in Ruanda per sviare l’attenzione dal reale Rutldge vivente in USA, ebbi conferma nel luglio 2012, in occasione di uno degli ultimi contatti con il Comandante di Apollo 19».

L'ex astronauta John Young,
scomparso nel 2018
     Un personaggio, John W. Young, davvero illustre nel panorama della conquista dello spazio, come ci ricorda Scantamburlo: «Quel nome mi fu fatto dal mio stesso interlocutore quasi sin da subito, nell’anno 2008.  

Stiamo parlando di un astronauta NASA che dal 1959 al 1962 – anno di chiamata all’ente spaziale – fu anche test pilot (cioè pilota collaudatore) per la U.S. Navy (la Marina), da cui si congedò nel 1976 con i gradi di Capitano. 
Fu Capo dell’Ufficio Astronauti fino al 1987. Dal maggio 1987 fino al febbraio 1996, Young lavorò come Assistente Speciale del Direttore del JSC (Johnson Space Center) per l’ingegneria, la sicurezza e le operazioni. 

Si ritirò  il 31 dicembre 2004. John W. Young fu l’unico astronauta americano ad aver volato e pilotato tutte e tre le capsule spaziali o astronavi della NASA: Gemini (3 e 10), Apollo (10 e 16) e Space Shuttle (STS-1 e STS-9).»

«Un’autentica leggenda negli Stati Uniti. Young aggiunse alla sua carriera – firmandosi con me in privato – la missione Apollo 19. Ulteriori indizi molto forti che confermerebbero che proprio di lui si tratta li ho forniti nella intervista video che ho rilasciato ad Alberto Negri a fine dicembre 2021 (https://youtu.be/pDPfKS8P0qw). 

Young- ammettendo che sia stato effettivamente lui il protagonista Comandante di questa missione spaziale di Apollo 19- mi spiegò dopo alcuni anni (anche su mia richiesta di delucidazioni e illazioni che andavo facendo) che fornire indicazioni biografiche non precise sul Comandante di Apollo 20 fu una precisa strategia scelta allora (ma non mi disse da chi) e fu fatto volutamente per allontanare la curiosità sull’autentico Comandante di Apollo 20, che si chiama effettivamente Rutledge ma ha un diverso nome.»

Dopo l’ennesima soffiata, Luca Scantamburlo ha fatto le sue ricerche e ha scoperto che esiste effettivamente un Rutledge che è stato un alto ufficiale della Aeronautica americana e ha prestato servizio fino al grado di Brigadiere Generale. É sua la foto che io utilizzai per il servizio dedicato a questa vicenda andato in onda nel 2009, nel corso di una puntata speciale di Studio Aperto e Mistero. Un puro caso o una fortunata intuizione? Non so dirlo, forse è stato solo un azzardo.  In ogni caso, l’ex ufficiale  che sarebbe stato a capo di Apollo 20 è da tempo ormai in pensione, è diventato un apprezzato istruttore di golf negli Stati Uniti ed è tuttora vivente. 

Ma torniamo al racconto di Luca e al millantatore che si sarebbe spacciato per chi non era.

Il Brigadiere generale
Bill Rutledge
 «Sin dall’inizio (pensiamo alla mia intervista scritta di maggio 2007 con il sedicente William Rutledge Comandante di Apollo 20) sono stato proprio io a mettere in dubbio l’ identità della prima gola profonda, “retiredafb”: nel corso della mia intervista, feci osservare al mio interlocutore che il suo inglese non sembrava quello di un nativo madrelingua. E mi chiesi come era possibile. 
Ma una identità fittizia o un ruolo da impostore, seppur gettando discredito sulla vicenda, non invalida un racconto inedito che può essere vero – anche parzialmente – a prescindere da chi lo racconta. 

Nondimeno, gli concessi il beneficio del dubbio e di poter argomentare la sua posizione. Quello che più mi interessava e mi interessa era la discussione della grande anomalia lunare (ma sono più di una nella stessa zona) presente sul lato invisibile della Luna, celato a noi dalla Terra, che fino al 2007 nessuno aveva mai commentato o portato alla luce pubblicamente, e che proprio lui aveva indicato in modo circostanziato a partire dall’aprile 2007 sulla piattaforma di YouTube, allora nata da poco tempo.»

Eccolo, lo snodo centrale della vicenda. Quelle stranezze ci sono e sono autentiche. 

Una, la più visibile, è un oggetto affusolato, di enormi proporzioni (sui 3-4 mila metri), adagiato in un cratere; le altre due,  più piccole e a poca distanza, avrebbero invece una forma triangolare. Di esse, solo una però è stata individuata con certezza da Scantamburlo sulla mappa lunare. 

Aggiunge il ricercatore:«Quei dettagli fotografici di immagini NASA- seppur sgranati perché contenuti in foto realizzate da una quota di oltre cento chilometri in orbita lunare- erano inequivocabili, una realtà concreta che presentava simmetrie inusuali per un paesaggio lunare e dunque potevano ascriversi a un oggetto di origine artificiale di natura non selenologica. 
L’oggetto sigariforme lungo all’incirca 4 km presente in più scatti delle missioni Apollo sotto diverse condizioni di luce e diverse angolazioni (in particolare Apollo 15 e 17,  questo l’ho verificato personalmente andando a studiare una per una le immagini) e adagiato sul suolo lunare, era di per sé sufficientemente intrigante e incomprensibile.

Il logo della missione Apollo 20
mai avvenuta per la storia
dell'esplorazione spaziale
 La mole di dettagli storici e tecnici che mi fu fornita nel corso delle due interviste che ebbi con loro -in particolare la seconda con il dichiarato Comandante di Apollo 19 e che completava i dettagli tecnici emersi nella divulgazione dei video su YouTube- costituì il vero banco di prova. 

Mi spiego meglio: la testimonianza di “moonwalker1966delta”, il presunto Comandante di Apollo 19, emersa nel 2008 sempre grazie a una mia intervista che la portò alla ribalta internazionale, corresse e chiarì meglio questioni di astronautica molto difficili da capire per chi non è un addetto ai lavori, come il lancio di un Saturno V modificato in orbita polare e la sua opportunità, che è possibile dalla costa californiana (Base di Vandenberg, la stessa base dove negli anni Ottanta fu operativo un programma di lancio di Shuttle spaziali militari, programma poi abbandonato).»

Dunque, al centro del mistero c’è questa immagine ripresa sul lato oscuro della Luna che ha avuto uno strano percorso: quella oggi visibile consultando Google Moon è molto meno nitida di quella  degli anni Settanta. In questa sua nuova versione,  è impossibile allargarla e da lontano, con i suoi contorni sfumati e imprecisi, sembra solo un’inconsueta roccia dalla forma estremamente allungata. 

Tuttavia in seguito sul web è apparsa un’altra fotografia della medesima anomalia che risulta molto più dettagliata: è la foto di Google Moon prima che fosse modificata a livello digitale? O forse è un’immagine reale proveniente da un altro database? Oppure è semplicemente un fake creato ad arte?  
«La vicenda della presunta immagine di Google Moon censurata e che uno dei miei lettori ha gentilmente portato alla mia attenzione negli ultimi tempi- e fornendomi indicazioni – parla da sé», dice Luca.

La foto che circola sul web: fake o autentica?

«Così come il silenzio della Agenzia spaziale JAXA quando – molti anni fa- fu da me interpellata per posta elettronica sul materiale fotografico in loro possesso (mappatura fotografica e riprese video della missione Kaguya, anni 2007-2008), e io non ottenni alcuna risposta (Kaguya sorvolò proprio la regione del cratere Tsiolkovskiy e Delporte, grandi crateri da impatto sul lato opposto della Luna). Ora anche i Cinesi, assieme ai Giapponesi, avranno sicuramente una mappatura della zona.» 

Lo stesso vale per  l’agenzia sud-coreana: al KARI, l’Istituto di Ricerca Aerospaziale di Seul, Scantamburlo ha recentemente scritto per ottenere gli scatti realizzati dal loro orbiter lunare. Una mail sicuramente recapitata, come prova la ricevuta di risposta, ma alla quale per ora nessuno ha replicato. In ogni caso, la presunta immagine di Google Moon della anomalia -non sappiamo se autentica- sembra uno screenshot (si vede infatti la freccia del puntatore del mouse sullo schermo) e secondo il ricercatore è coerente con gli scatti già noti delle missioni Apollo.

Secondo questa ipotesi, ritrarrebbe l’anomalia lunare sigariforme con maggiori dettagli e proverrebbe dalla composizione fotografica di Google Moon prima che su di essa si abbattesse la censura. «Goole Moon è un software possibile grazie a un mosaico lunare ottenuto dalle missioni Apollo e dalla missione Clementine del Dipartimento della Difesa che mappò la Luna nel 1994 come missione spaziale satellitare militare fornendo la prima completa mappatura della superficie lunare, compresi i poli. I mosaici sono stati preparati dallo USGS, storico istituto d’indagine geologica degli Stati Uniti d’America», spiega Scantamburlo. 

«Se si usa oggi Google Moon cercando la presunta astronave madre sul lato lontano della Luna, la superficie lunare nei pressi del cratere Delporte, zoomando a risoluzione maggiore ad un certo punto l’ingrandimento non è più accessibile e dunque non è più visibile in dettaglio, mentre permane un accesso parziale (con pochissimi dettagli d’immagine).»

Negli archivi ufficiali oggi l'anomalia appare così

«Qualcuno ha evidentemente salvato anni fa uno snapshot di dettagli prima che scomparisse. La mappatura lunare è completa, ufficialmente, dunque volutamente qualcuno – allertato da chi di dovere – potrebbe aver pensato che non fosse più opportuno lasciare evidenza della cosa dettagliata in piena luce, ma lasciando una parvenza di accesso trasparente ai dati.» 

Un altro esempio arriva dal software NASA World Wind, oggi non più accessibile nella sua vecchia versione anche se adesso ripristinato, pare, con altre funzioni: «Fu il Comandante di Apollo 19 a suggerirmene l’uso più di una dozzina di anni fa e a indicarmi come nel software fosse brillante la regione lunare in corrispondenza della posizione di una delle due astronavi triangolari, che giacciono a pochi chilometri dall’astronave madre. 

Tutte abbattute in un remoto passato – nella comprensione degli addetti ai lavori interessati segretamente – durante un decollo di emergenza, in uno scenario di guerra accaduto apparentemente milioni di anni fa. Uno scienziato serbo – molti anni fa – mi contattò e usando le coordinate di latitudine e longitudine fornite dal Comandante di Apollo 19, trovò proprio un oggetto adagiato in un cratere, a forma triangolare. Di ciò ho fornito evidenza nel mio saggio Apollo 20. La rivelazione.»

Le due immagini a confronto

A far riflettere lo scrittore sono poi  le incredibili coincidenze nei nomi utilizzati  per le ultime missioni e per i programmi spaziali della NASA. Anni fa,  venne avviato  il Programma spaziale Constellation, poi cancellato su proposta del Presidente Obama (2005-2009). Più recentemente (nel novembre 2022) la NASA è ritornata a sorvolare la Luna, seppure con una capsula senza equipaggio: si tratta della missione Artemis 1, con la navicella spaziale Orion – senza equipaggio al momento – del Programma spaziale Artemis della NASA, che ha come obiettivo il ritorno sulla Luna dell’Uomo dopo decenni. Partner della NASA nel Programma Artemis sono imprese private aerospaziali, oltre che la Agenzia spaziale nipponica JAXA, l’ESA europea e la agenzia spaziale canadese CSA. Tenete a mente questi nomi, perché  sono gli stessi che comparivano nei racconti degli informatori anonimi.

«Pochi o nessuno hanno notato un dettaglio tecnico e storico e una singolare coincidenza» dice infatti Luca. «Il nome Artemis – scelto per questo ambizioso ritorno al nostro satellite naturale – sarebbe già stato scelto in passato proprio in ambito NASA per nominare il mezzo di sbarco LM della missione Apollo 19, ufficialmente cancellata per motivi di budget negli anni ’70 del secolo scorso, ma in realtà a quanto pare riprogrammata come missione spaziale segreta e congiunta USA-URSS altamente classificata, sotto l’egida del Dipartimento della Difesa USA e con assistenza NASA. Stiamo dunque parlando di una missione spaziale militare classificata al di sopra del Top Secret (ATS, “above top secret” in gergo). 

Questa presunta missione ebbe luogo, come ho già discusso più volte,  nel febbraio 1976 e lontano da occhi indiscreti, con lanci dalla base militare di Vandenberg, nascosta da alcune alte colline proprio perché tale sito fu scelto per svolgere lanci spaziali senza esporsi a un curiosare indiscreto.»

Il logo della missione Artemis della NASA: un omaggio occulto alla storia passata?

«A quanto pare la missione spaziale abortì a causa di un incidente nello Spazio al termine della manovra di inserzione translunare (TLI) secondo il resoconto fornitomi dal mio interlocutore, che dichiarò di essere John Young, Comandante di Apollo 19, e che ha fornito evidenza dell’incidente a bordo caricando un filmato con audio, che ancora oggi sgomenta per la drammaticità e accuratezza tecnica. Gli obiettivi della missione furono portati a termine dalla successiva Apollo 20 nell’agosto 1976, sempre segretamente e sempre nel quadro di cooperazione statunitense e sovietico. 

A beneficio del pubblico di Extremamente, richiamo un estratto dalla mia intervista scritta con il sedicente Comandante di Apollo 20 che io diffusi in inglese in Rete circa quindici anni fa (anno della intervista: 2007) e che fu tradotta spontaneamente da internauti in molte lingue: […] “When undocking was made the communications were different. Vandenberg Constellation (name of the Apollo spacecraft); Vandenberg Phoenix (name of the LM). The Apollo 19 Apollo spacecraft was Endymion and Artemis was the Lunar Module name.” Ovvero: “Una volta effettuato lo sganciamento, le comunicazioni erano diverse. Vanderberg Constellation (nome della navicella Apollo); Vanderberg Phoenix (nome del modulo lunare LM). La navicella spaziale Apollo 19 si chiamava Endymion e Artemis era il nome del modulo lunare.“

Artemis in inglese è il nome di Artemide, dea della caccia e della Luna, usato attualmente proprio come denominazione del Programma della NASA per il ritorno alla Luna con la navicella Orion ed un nuovo sbarco con equipaggio programmato nell’anno 2024 (salvo contrattempi, ritardi e riprogrammazioni). I più diranno che trattasi di una incredibile coincidenza. 

Coloro che non si sono fermati alle incongruenze e agli aspetti di incoerenza di questa controversa storia emersa nel 2007 e narrata da due diverse fonti – con cui io mi confrontai all’epoca – avranno ben compreso che i nomi e le parole raramente vengono scelti a caso a certi livelli. 

Constellation -il nome del programma spaziale NASA che fu operativo dal 2005 al 2009, prima che venisse accantonato - era invece il nome del modulo di comando e servizio di Apollo 20 secondo Rutledge. 
Se non vogliamo credere a delle coincidenze incredibili, sembra che qualcuno alla NASA abbia suggerito o sia andato a pescare (facendo un omaggio occulto) a una rosa di nomi già impiegata in passato, nell’ambito della esplorazione lunare ma segreta nella fattispecie. 

Comunque la si voglia pensare, le coincidenze sono sbalorditive e sono sotto i nostri occhi, anche per i più scettici.»



Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.