C'è una storia parallela, che nei libri non è mai entrata e che solitamente viene definita “complottista”.
Ogni volta che qualcuno mette in dubbio tempi, modi e protagonisti dell’epopea che ci ha permesso di sbarcare sulla Luna appena due decenni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, be’, inevitabilmente l’ardimentoso viene tacciato di ignoranza e di fare uso esagerato della sua immaginazione.
Ma cosa accadrebbe se spuntassero documenti ufficiali in grado di dimostrare che in effetti le cose non sono andate come è sempre stato raccontato e che le fantasie di alcuni ricercatori sono fatti reali?
Sicuramente, sarebbe un terremoto capace di scuotere tutte le nostre certezze non solo in merito alla conquista dello spazio, ma in generale riguardo le verità di Stato che ci vengono di volta in volta propinate.
Se esistono, questi fascicoli sono ben custoditi lontani da occhi indiscreti.
Eppure, c’è una normativa il cui acronimo in inglese è FOIA- Freedom Of Information Act– che prevede l’obbligo per le istituzioni e gli enti governativi di rilasciare copia di tutti i loro atti su richiesta di un cittadino.
È questa azione di istanza civica che Luca Scantamburlo ha perorato con altri cittadini valorizzandola ...
Il suo invito è stato infatti raccolto da alcuni suoi lettori. «Gli sviluppi più recenti, che condivido in esclusiva con te di Extremamente e con il tuo pubblico, sono la rivelazione da parte mia della presunta identità del Comandante di Apollo 19 e le interrogazioni FOIA rivolte da cittadini italiani alle Autorità statunitensi, che nascono dal mio appello rivolto nel 2016 dalle pagine del mio vecchio sito Web e successivamente da un video (riprodotto anche a fine articolo - NdC) che feci nel corso della intervista ad Alberto Negri della Associazione SpazioTesla, che ringrazio per avermi dato modo di approfondire il caso in un dialogo a due».
Luca mi ha fornito copia delle risposte sulle quali ha omesso i dati personali di chi ha scritto le domande per motivi di privacy. Ma gli autori hanno acconsentito alla loro divulgazione a beneficio di tutti: per chi vuole leggere per intero i documenti, questi sono i link (LINK1,LINK2, LINK3 e LINK4).
Le risposte sono arrivate da parte della NGA (National Geospatial-Intelligence Agency), NASA, USAF (l’Aeronautica militare degli Stati Uniti) e NSA (National Security Agency), tutte agenzie governative o parti integranti delle Forze Armate americane.
Nelle risposte è evidente una sorta di muro di gomma: spiccano, ad esempio, l’imbarazzo e la reticenza della agenzia spaziale statunitense, trincerata dietro alla convinzione che la domanda FOIA sia stata fatta in modo inappropriato e non circostanziato (cosa non vera come si evince dalla domanda FOIA citata nella risposta).
In altre circostanze, altre agenzie si rimpallano la questione a vicenda e accennano ai NARA- ossia agli Archivi Nazionali.
Una delle domande rivolte tramite FOIA riguarda una particolare voce che sarebbe stata registrata durante la missione Apollo 15, mentre la capsula sorvolava il lato nascosto della Luna dove notoriamente non possono giungere comunicazioni dirette dalla Terra.
Eppure, il pilota a bordo avrebbe sentito un messaggio incomprensibile che suonava all’incirca così: “Mara rabbi allarmi Dini endavour esa couns alim“. La fonte originaria dell’episodio è un libro “Le Livre du passé mystérieux” scritto nel 1973 dal francese Robert Charroux, poi ripreso da altri autori.
L'equipaggio della missione Apollo XV, al centro il pilota Alfred Worden
«La risposta FOIA della NSA del 22 marzo 2023 sulla vicenda di una presunta intercettazione radio o intromissione di frequenza nella comunicazione fra il Controllo missione e Al Worden di Apollo 15, con una misteriosa voce in apparente lingua semitica che si rivolge direttamente alla capsula di Comando e Servizio Endeavour, è forse la più interessante e più professionale a mio giudizio, comparandola alle altre: per motivi di sicurezza nazionale, la NSA nega la richiesta di accesso documentale rivoltale, ai sensi della prima esenzione dal FOIA, come da legge vigente.
Seguono consigli su come rinnovare la domanda a terzi, in particolare alla NASA, essendo stato coinvolto il Controllo missione e non essendo il dato e il materiale documentale richiesti prodotti dalla NSA stessa.
Colpisce in tutti i casi la possibilità chiaramente indicata di appellarsi, ma anche il silenzio della NGA la quale non ha ancora concluso l’ istruttoria protocollata il 19 gennaio 2022 e non ha nemmeno risposto finora ai solleciti del mio contatto italiano che mi ha gentilmente fornito il documento (i cittadini italiani sono due, uno si è rivolto alla sola NGA mentre l’altro a tutti gli altri enti citati).»
«Nonostante la NGA come agenzia di intelligence geospaziale sia nata negli anni Novanta del secolo scorso, potrebbe aver ricevuto in passato informative dalla NASA o dalla USAF, per motivi di sicurezza nazionale e di studio, in merito alle scoperte effettuate dall’equipaggio di Apollo 15 nel 1971 e di Apollo 20 nell’agosto 1976. Si tratta infatti di un ente che raccoglie l’eredità dell’agenzia NIMA e di altri enti nati nei decenni precedenti per studiare e raccogliere dati sulla mappatura e sull’interpretazione fotografica per motivi di sicurezza nazionale nell’ambito del Dipartimento della Difesa.
Non è da escludere che gli enti precedenti siano stati interpellati da chi di dovere per interpretare gli scatti di Apollo 15 del 1971 e l’anomalia lunare relativa all’oggetto sigariforme che giace sul lato oscuro della Luna, di cui a quanto pare i Sovietici si accorsero prima degli Americani.
Ci tengo a precisare che le interrogazioni FOIA – decidendo cosa chiedere, come e a chi – sono avvenute su iniziativa di questi due cittadini italiani che hanno sì raccolto idealmente il mio appello, ma hanno proceduto autonomamente e in maniera indipendente l’uno dall’altro, e soltanto dopo mi hanno messo al corrente dei loro sforzi.»
Missioni coperte dal massimo segreto e mai ammesse.
Ma anche missioni realizzate tenendo all’oscuro l’opinione pubblica e annunciate solo in un secondo momento, a risultato raggiunto, alterando e manipolando i fatti.
È quanto potrebbe essere accaduto in merito al primo allunaggio della Storia.
Una data ben scolpita nella memoria collettiva: 21 luglio 1969, Neil Armstrong lascia la prima impronta di piede umano sulla polvere lunare- “un piccolo passo per un uomo, un enorme balzo per l’Umanità”.
Ebbene, secondo moonwalker1966delta e bravoxsierra24 (un’altra “gola profonda” dalla quale Luca Scantamburlo ha ricevuto informazioni), si tratterebbe solo di una clamorosa messinscena.
Rivelazioni che si collocano all’interno di una molteplicità di indizi che da almeno 40 anni hanno messo in discussione l’intera narrazione relativa ad Apollo 11, come conferma il ricercatore.
«Sin dai tempi del celebre libro Non siamo mai stati sulla Luna di Bill Kaysing (Cult Medianet, Roma, 1997), libro uscito negli States nel 1981, è stato chiaro che le numerose incongruenze evidenziate da giornalisti e studiosi attestano una ripresa in una specie di studio o set cinematografico o teatro di posa, relativamente alla missione Apollo 11, che non sarebbe avvenuta sulla superficie lunare.»
«Kaysing aveva lavorato per la Rocketdyne Corporation a stretto contatto con ingegneri e scienziati del Programma Atlas e Apollo, pertanto conosceva bene molti aspetti tecnici del viaggio spaziale, della propulsione, delle difficoltà nell’operare sulla superficie lunare in condizioni di temperatura e vuoto proibitive e nel raggiungere il nostro satellite senza incidenti.»
Non solo: anche altri materiali provenienti da successive missioni mostrerebbero manipolazioni fotografiche intervenute sullo sfondo. Commentando le tesi del libro di Kaysing e quelle espresse in documentari e riviste fotografiche, il sociologo Roberto Pinotti, saggista ed esperto di questioni spaziali e ufologiche, nel suo libro Spazio. I segreti e gli inganni.
Breve controstoria dell’astronautica (Editoriale Olimpia, 2003) ha parlato infatti di una possibile falsificazione.
In maniera intelligente e molto intuitiva, ha ipotizzato che sulla Luna gli Americani ci siano effettivamente andati, ma non nei tempi e nei modi noti.
«La clamorosa farsa, frode e manipolazione di Apollo 11 mi è stata confermata anni fa proprio dal Comandante di Apollo 19, il quale mi scrisse che una missione militare americana (non sotto egida NASA, dunque) allunò in gran segreto nel 1966 e che la ripresa video della discesa sulla scaletta del LM “Eagle”, che molti di noi ricordano e che fu attribuita ad Apollo 11, non ritrarrebbe Neil Armstrong, ma il vero astronauta americano che tre anni prima era disceso sul nostro satellite naturale, astronauta di cui ignoro l’identità», prosegue Luca.
Il modulo lunare Eagle della missione spaziale Apollo 11 |
Mentre il resto del materiale fotografico e di comunicazioni radio di Apollo 11 sarebbe frutto di pre-registrazioni, il filmato della discesa in bianco e nero presentato in mondovisione sarebbe autentico, ma antecedente al 1969 e relativo a una diversa missione. Ciò è stato fatto all’insaputa dell’opinione pubblica.
Chiesi a suo tempo al mio interlocutore dettagli sull’identità di questi due astronauti militari che nel 1966 avrebbero calcato il suolo lunare per la prima volta nella storia, ma mi fu detto che non era autorizzato a darmi indicazioni in proposito.
Fu quella l’ultima volta che ebbi contatto con lui, dopo cinque anni di rapporti scritti (dal 2008 al 2012).
In ultima analisi, Armstrong, Collins e Aldrin partirono effettivamente nel luglio 1969 con l’Apollo 11, andarono in orbita ma non fecero manovra di inserzione translunare, e poi dopo alcuni giorni rientrarono dallo spazio venendo acclamati in tutto il mondo come i primi astronauti a viaggiare e tornare dalla Luna dopo uno sbarco.
L’altro mio contatto, la fonte europea che mi scrisse nel 2010 tramite posta elettronica e mi mise al corrente dell’esistenza del Project RedSun e che io appellai con il nome “bravoxsierra24”, mi confidò proprio una cosa analoga, definendo l’Apollo 11 “la grande farsa”, portata a termine con maestria da un “gruppo di scienziati, astronauti e strateghi militari”.
Un giornale americano del 21 luglio 1969 |
L’ex ufficiale, prima di andarsene indignato minacciando di agire per vie legali, rispose in modo molto onesto: disse che queste domande andavano rivolte alla NASA e non a lui, perché loro avevano soltanto eseguito degli ordini.
Non negò dunque la presunta manipolazione. Sibrel è la stessa persona che anni prima si prese in pugno in faccia per aver chiesto ad Aldrin di giurare sulla Bibbia di aver effettivamente calpestato il suolo lunare.
«Poi c’è un ulteriore dettaglio e indizio- prosegue Scantamburlo- perché molti anni fa scrissi io stesso ad Aldrin chiedendo se avesse fatto parte dell’equipaggio di riserva di Apollo 19, aiutando da terra insieme a Neil Armstrong i colleghi in difficoltà nelle ore subito dopo l’incidente accaduto nel febbraio 1976 (perché questo fu ciò che mi fu riferito), quando la navicella in viaggio verso la Luna fu colpita improvvisamente da un oggetto che la danneggiò scatenando un piccolo incendio a bordo e facendo abortire la missione.
Scrissi ad Aldrin che avrei interpretato il suo silenzio sulla presunta vicenda come un no comment.
Aldrin ricevette la mia email, perché ebbi conferma di ricezione a suo tempo, ma non mai ottenuto alcuna risposta.» Inoltre Buzz Aldrin- oggi 93enne- è al centro anche di un altro mistero.
Sempre secondo bravoxsierra24, sarebbe stato proprio lui a compiere in totale segretezza il primo viaggio mai compiuto da un essere umano su Marte. Questa presunta missione di cui nessuno ha mai ufficialmente parlato sarebbe avvenuta all’inizio degli anni Settanta e avrebbe visto, tra i suoi protagonisti, anche Neil Armstrong.
Qualche anno fa, in un’intervista in tv, un loro collega potrebbe essersi tradito quando, parlando dell’esplorazione del pianeta Rosso e in particolare di un monolite fotografato sul satellite Phobos, disse: “Buzz vuole tornare su Marte”. Tornare, non andare: quindi c’era già stato?
«Le dichiarazioni pubbliche dell’ex astronauta Eugene A. Cernan (ingegnere elettrico e Comandante di Apollo 17) di un ritorno su Marte da parte di Aldrin e di cui ti accorgesti tu anni addietro, sono un altro significativo indizio e un tassello importante, difficilmente attribuibile a un mero lapsus linguae, perché proprio Aldrin mi fu indicato come primo astronauta a calcare il suolo marziano assieme a Neil Armstrong, nell’ambito del Progetto RedSun.
La mia rivelazione su Aldrin e Armstrong coinvolti nello sbarco su Marte è precedente alle dichiarazioni di Aldrin sul Pianeta Rosso.
Posso ipotizzare che scegliere proprio loro due come primi uomini a sbarcare su Marte sia stato da parte delle Autorità una ricompensa e un giusto riequilibrio al torto di averli trascinati controvoglia in un colossale imbroglio, facendo credere a tutto il mondo che fossero allunati nel 1969. Seppur un primato non condivisibile come primi astronauti su Marte, sicuramente è stato motivo di grande soddisfazione personale a coronamento di tanti sforzi e anni di estenuante addestramento.»
Per quanto riguarda John Young, l’ex astronauta non ha mai ammesso, ma nemmeno mai smentito, il suo coinvolgimento in una missione lunare segreta.
Continua il racconto di Scantamburlo:«Molti anni fa, fu informato da un mio contatto per email del suo presunto coinvolgimento, che all’epoca ancora non avevo divulgato. Young non diffidò il sottoscritto: si limitò a dire al suo contatto che la persona con cui io mi stavo interfacciando sarebbe stato un impostore. A me, scrivendo poco dopo in privato nella messaggistica di YouTube, alludendo alla mia lettera, disse invece che aveva scelto di non esporsi pubblicamente, ancora, e che non aveva nulla di personale contro di me.
Ma io in quella email mi ero qualificato solo come un freelancer europeo, restando anonimo. Se la storia fosse stata inventata e non mi fossi relazionato effettivamente con lui in privato, avrebbe avuto tutto l’interesse di chiedere diritto di replica come minimo e di rivalersi contro tutti coloro che ingiustamente potevano nuocere alla sua immagine, diffondendo informazioni non veritiere.»
«Per quale motivo il vero Young (nella foto a destra) non mi diffidò subito tramite il suo contatto personale dal raccontare pubblicamente la storia e non cercò di sapere di più a proposito di questo freelancer europeo e di questo suo presunto coinvolgimento in Apollo 19, se non fosse stato vero?
E come poteva lui sapere del mio tentativo di farlo esporre con un suo contatto privato, se non nella ipotesi che effettivamente fosse proprio lui, cioè John Young, a scrivermi?
Vero è anche che il coinvolgimento in missioni segrete di questa natura non denigra o diffama necessariamente astronauti o cosmonauti ma, semmai, aggiunge loro ulteriore lustro. Tuttavia informazioni non corrette diffuse in malafede o per frode possono avere eventuali conseguenze indesiderabili e dunque a propria tutela Young avrebbe avuto tutto l’interesse nel mettere a tacere tali voci se davvero fossero state infondate.»
Lo stesso vale anche per Alexei Leonov, il cosmonauta eroe dell’Unione Sovietica, morto l’11 ottobre 2019 e indicato nel 2007 come membro di Apollo 20.
Anche lui, molti anni fa, fu informato del suo presunto coinvolgimento in quella missione super-segreta in una lettera privata, scritta in cirillico, da parte di un cittadino americano. Leonov rispose in modo ambiguo rievocando la sua partecipazione all’Apollo-Soyuz Test Project del 1975 (missione storicamente ufficiale), che sarebbe stata l’unica sua partecipazione in equipaggi misti USA-URSS.
La storica stretta di mano nello spazio tra il russo Leonov e l'americano Stafford |
«Io ho visto il carteggio, cioè sia la lettera privata di richiesta di chiarimenti sia la risposta di Leonov datata 12 luglio 2007 e scritta con l’assistente personale di Leonov, che al tempo era un funzionario di banca. La cosa degna di nota è questa: da allora alla sua morte, che io sappia Leonov non ha mai smentito ufficialmente e pubblicamente il suo presunto coinvolgimento in Apollo 20. Ufficialmente ha sempre espresso il suo rammarico per non essere stato sulla Luna con i Sovietici (stando alla storia ufficiale), ma non ha mai preso le distanze da questa controversa storia dell’astronave madre e della sua esplorazione. E secondo me, se di invenzione e burla si fosse trattato, sarebbe stato nel suo interesse farlo. D’altra parte, pretendere che Leonov potesse ammettere di essere stato coinvolto in una missione altamente classificata, chiedendogli così di violare il suo giuramento di segretezza, è eccessivo. Ignorare la questione o rispondere in modo ambiguo è invece una posizione più comprensibile.»
Insomma, hanno avuto la possibilità di negare tutto, di denunciare chi aveva accostato i loro nomi illustri a vicende puramente inventate, ma non l’hanno fatto.
Forse perché Apollo 19 e 20 sono davvero parte di una storia segreta dell’esplorazione spaziale che ha visto sia Leonov che Young protagonisti e su cui essi poco o nulla hanno potuto dire pubblicamente, perché legati a determinati vincoli di segretezza?
«Vincoli ai quali poi, in età avanzata, hanno deciso di disattendere, soprattutto John Young come si evince dalla mia intervista del 2008 e dalla mia rivelazione nel 2019 dopo la sua morte avvenuta il 5 gennaio 2018. L’indizio più grande sul coinvolgimento autentico di John Young l’ho fornito nella mia intervista video con Alberto Negri, come ho già ricordato: invito i più curiosi a vederla. Ad ogni modo, anche pensando a una loro volontà di divulgare certi aneddoti personali e di carriera, è probabile che prima di farlo abbiano consultato informalmente certi ambienti riservati, per testare la modalità meno pericolosa per sé e per la sicurezza nazionale dei loro Paesi. Potrebbero aver ottenuto anche un via libera informale e non istituzionale, soggetto a certe condizioni», conclude Luca.
Il cosmonauta Alexei Leonov è stato il primo uomo a passeggiare nello spazio |
Vista l’accesa rivalità con gli Americani nella conquista dello spazio, perché mai non denunciare al mondo una loro eventuale frode? Perché invece tacere e lasciare a Washington tutta la gloria?
Forse perché, spiega Scantamburlo, anche Mosca aveva parecchia polvere nascosta sotto il tappeto…«L’Unione Sovietica ha diverse pagine di esplorazione spaziale occulta, con numerosi incidenti e vittime mai divulgate all’opinione pubblica. Le intercettazioni radio dei fratelli Judica-Cordiglia dal loro centro di ascolto radio di Torre Bert (sin dagli anni Cinquanta del secolo scorso) non sono l’unica attestazione storica e documentale esistente. Altri radioamatori confermarono le loro intercettazioni, anche in Germania, evidenziando come diversi cosmonauti sovietici siano stati spediti nello Spazio – e siano morti – ben prima dello storico volo di Jurij Gagarin del 12 aprile 1961 conclusosi con un successo e un felice rientro. Semplicemente i loro lanci non venivano annunciati a quel tempo dalle Autorità sovietiche perché si temeva un incidente in diretta- una ferita al prestigio e all’ immagine dell’URSS.»
«Una decisione non solo non trasparente e discutibile, ma anche profondamente irrispettosa nei confronti delle donne e degli uomini che rischiavano a quel tempo la vita per il progresso della umanità, oltre che per vincere la corsa allo Spazio e portare prestigio al Partito comunista di Mosca.
Analoga preoccupazione tormentava l’Amministrazione USA e così fu scelto dagli Americani con Apollo 11 (per ora sappiamo solo relativamente a quella missione) di orchestrare una frode ai danni dei contribuenti e dell’opinione pubblica americana e mondiale, per non rischiare un incidente in diretta dinanzi a oltre settecento milioni di persone incollate allo schermo televisivo in occasione del primo storico sbarco sulla Luna del luglio 1969, incidente che avrebbe minato il prestigio a stelle e strisce anche nell’ambito della corsa con l’URSS alla conquista del cosmo.
Prima di Jurij Alekseevič Gagarin molti altri cosmonauti sovietici sarebbero morti in missioni fallite |
Dall’altra parte della cortina di ferro, una politica di segretezza, manipolazione e non trasparenza che era figlia del clima di ossessione per il nemico che permeava l’URSS in quegli anni, portò la grande nazione- oggi divisa in tante Repubbliche di cui la Federazione Russa è senza dubbio la più grande e significativa, ma non la sola- ad avere molti scheletri nell’armadio.
Tutto ciò invita a non scagliare la prima pietra se si è peccato e a non guardare la pagliuzza nell’occhio altrui, proprio perché una trave è conficcata nel proprio, per parafrasare il Vangelo.»
Prosegue Scantamburlo: «Inoltre gli enti e gli istituti sovietici di allora avranno avuto a certi livelli (ma è una mia supposizione) la consapevolezza del reale e autentico primo sbarco sulla Luna compiuto dagli Americani nel 1966, in una missione militare segreta. La sorveglianza e lo spionaggio reciproco erano all’ordine del giorno allora così come lo è fra le superpotenze di oggi.
Dunque i Russi sapevano a quel tempo che, a fronte di un colossale imbroglio messo in scena con l’Apollo 11, i loro rivali Americani sulla Luna in realtà ci erano stati e dunque aveva anche poco senso denunciarne la frode. Non è poi da escludere che siano stati fatti anche dai Sovietici tentativi di sbarco sulla Luna con il razzo N-1 e che siano falliti non solo sulla rampa di lancio, ma in fasi più avanzate della missione».
Vicende di cui finora non è mai trapelato nulla. Ammettere un fallimento del genere, con la morte dei cosmonauti coinvolti nell’impresa, avrebbe intaccato la maestosa immagine di superpotenza comunista vincente e infallibile. Comprensibile. Ma perché negare e nascondere fino ad oggi un’eventuale conquista del Pianeta Rosso?
FINE SECONDA PARTE - continua
Prima parte qui: Luca Scantamburlo: «Ecco quello che ho scoperto sulle missioni segrete della NASA»
Fonte: www.extremamente.it
FINE SECONDA PARTE - continua
Prima parte qui: Luca Scantamburlo: «Ecco quello che ho scoperto sulle missioni segrete della NASA»
Fonte: www.extremamente.it
Rivelazioni Comandante Apollo 19 con Luca Scantamburlo
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.