Attorno al 1150, l’arcivescovo di Magdeburgo ebbe una singolare idea per aumentare le proprie entrate: diede ordine agli esattori della zona di ritirare spesso, anche più volte all’anno, le monete in circolazione per riconiarle.
Tenendo per sé gran parte della valuta tolta dalla circolazione, giustificando questa emorragia come spese di conio, in breve l’arcivescovo riuscì ad accumulare quanto desiderato.
La trovata venne in seguito copiata da altri principi e governanti, sia ecclesiastici che laici, ma sorprendentemente a beneficiarne non furono solo loro. I sudditi – per evitare la perdita – non avevano più motivo di risparmiare il proprio denaro, e quindi lo spendevano. Così ogni possessore di moneta si trovava nella stessa posizione di chi aveva merci da vendere e si sbarazzava del denaro che come qualsiasi altro bene di consumo non poteva essere conservato.
In questo contesto, il denaro tornava a essere unicamente un mezzo di scambio e passava continuamente di mano in mano, stimolando la produzione e la distribuzione.
Fino al 1350, il denaro finì per avere in sostanza una data di scadenza, come se si trattasse di yogurt o frutta fresca ...
L’esperimento però era destinato ad avere vita breve: i prelievi periodici imposti dal reconio fecero sentire molti defraudati e il malcontento spinse ad accantonare l’idea del denaro utilizzabile “a tempo”, che venne riproposta solo secoli dopo, trovando estimatori soprattutto a cavallo tra la fine dell’Ottocento e inizio Novecento.
Nel 1891, il libro La riforma del sistema monetario come accesso allo Stato sociale rilanciò la possibilità del denaro con la data di scadenza. L’autore del volume era un personaggio dalla biografia rocambolesca, Silvio Gesell.
Gesell era un imprenditore tedesco trapiantato in Argentina a fine Ottocento. Dopo aver attraversato una grossa crisi finanziaria, nel 1880, si convinse che i soldi fossero la causa principale di tutti i mali economici del mondo: povertà, diseguaglianze, disoccupazione, stagnazione. Secondo Gesell, il problema principale del denaro risiedeva nella tendenza del risparmiatore ad accumularlo, senza spenderlo mai. Era necessario quindi creare un’alternativa che "marciva come patate" e "ruggiva come ferro”: in questo modo, i soldi sarebbero tornati a essere solo "uno strumento di scambio e nient’altro".
L’idea utopica di Gesell fece proseliti e la sua intuizione divenne la base per una teoria economica ben più strutturata, in grado di affascinare soprattutto nei periodi di crisi. Quella di Gesell è la storia di un profeta – o forse semplicemente di un sognatore – che provò a modo suo a cambiare il mondo in meglio.
Gesell nacque nel 1862 da padre tedesco e madre francese nel paesino di Sankt Vith, oggi nel territorio della Vallonia belga e al tempo parte dell’Impero prussiano. Fu un autodidatta e la sua conoscenza dell'economia e del mondo degli affari si formarono unicamente sul campo. La malattia del padre lo costrinse ad abbandonare presto la scuola e quando i fratelli maggiori aprirono una ditta di prodotti odontoiatrici a Berlino lui diede una mano.
Nel 1887, Silvio Gesell aveva venticinque anni e tanta voglia di realizzarsi da solo: convinse i fratelli ad aprire una succursale a Buenos Aires e si imbarcò sulla prima nave, pronto a partire alla volta dell’Argentina. Gli affari andavano molto bene ma ben presto l’entusiasmo per il prodotto scemò e l’impresa sudamericana di Gesell si arenò.
Nel 1891 la Grande Depressione aveva paralizzato completamente il Paese e Gesell diede alle stampe il suo primo lavoro, Riforma della valuta come ponte verso lo stato sociale, in cui forniva la sua ricetta per uscire dall’impasse. Il fulcro delle sue teorie era la creazione di un nuovo tipo di carta moneta che avrebbe avuto una data di scadenza. Per garantirsi un timbro che “allungasse” la vita del denaro, si sarebbe dovuto affrontare un sovrapprezzo. Senza un nuovo timbro, i soldi sarebbero diventati carta straccia non più spendibile. In questo sistema economico, il risparmio avrebbe avuto un tasso di interesse negativo e sarebbe stato quindi scoraggiato. Al contrario, spendere e investire diventava conveniente, perché significava evitare tasse, bolli e sanzioni.
Il denaro doveva servire l’essere umano e non viceversa.
Per questo propose il concetto di “denaro libero” (o Freigold): bisognava svalutare i soldi per farne diminuire l’importanza.
La gente si sarebbe liberata senza troppe remore di qualcosa cui non attribuiva eccessivo valore, rimettendo così in moto l’economia degli Stati in difficoltà.
Nella logica di Gesell, bisognava correggere l’errore strutturale su cui poggiava l’intero sistema valutario e che era la radice di tutti i problemi del mondo: all’interno del libro
L’ordine economico naturale, il tedesco teorizzò definitivamente l’“innaturalezza” di una moneta che mai si consuma.
Per superare questa concezione del denaro, Gesell propose: “Invece di dare un premio (detto interesse) a coloro che hanno più denaro di quanto abbisognano, affinché lo rimettano in circolazione devono essere costoro a pagare un piccolo canone (detto canone di utilizzo) se trattengono denaro dalla circolazione”.
Mentre Gesell scriveva queste righe, il Secolo Breve era già iniziato e il mondo stava cambiando velocemente. Lo stesso Silvio Gesell non si accontentava più di dire la sua solo in campo economico e iniziò a scrivere anche di altri temi: nei suoi articoli sosteneva posizioni pacifiste e antirazziste e proclamava l’amore libero. Non era però il periodo giusto per certe idee, con la Prima Guerra Mondiale alle porte e l’Europa nel caos.
Dopo il conflitto, Gesell diventò parte integrante di uno degli esperimenti democratici più bizzarri della storia: la Repubblica Bavarese. La Repubblica venne fondata nel 1919 a Monaco da anarchici e governata da poeti, artisti e drammaturghi accomunati dall’ideale pacifista. Gesell in questo esecutivo anticonformista divenne ministro delle Finanze e poté finalmente stilare un programma che includesse, tra le altre riforme, un reddito di base per le famiglie e soprattutto il famoso “denaro con la data di scadenza”.
Il programma non venne mai realizzato e l’esperimento pacifista durò pochi giorni. Quando il governo tedesco riprese le redini, Gesell venne processato e poi assolto: aveva solo proposto una bislacca linea economica. Lui era salvo, ma la sua utopia era stata di fatto condannata a morte.
Un nuovo tentativo di attuare la rivoluzione monetaria proposta da Gesell si ebbe, un po’ a sorpresa, nel 1933. In quegli Stati Uniti autoproclamati patria del grande sogno americano il progetto del tedesco arrivò a un passo dal concretizzarsi grazie a Irving Fisher. Il ruolo di accademico nella prestigiosa università di Yale gli conferì la credibilità necessaria a portare le idee di Gesell in America.
Lo fece scrivendo un breve libro, Stamp Scrip, dove si considerava il denaro a scadenza una buona soluzione ai problemi economici ma, nonostante un disegno di legge, la proposta venne abortita. Gli Usa avevano appena varato il New Deal e il denaro timbrato sembrava un ulteriore rischio, una scommessa troppo grande. In più, lo stesso Fisher non sembrava più troppo infallibile: dopo che aveva sottovalutato la bolla speculativa che portò alla crisi del 1929 non pareva il caso di dargli eccessivo credito.
Le idee di Gesell sembravano interessare poco agli economisti più affermati, tuttavia a riabilitare la figura di Gesell fu proprio uno dei più grandi: John Maynard Keynes.
All’inizio, a onor del vero, anche Keynes guardò con sospetto alle teorie di Gesell: non aveva alcuna preparazione teorica e non era sempre attento e rigoroso. Keynes ci mise poco a bollarlo come “un mattoide”, ma si dovette ricredere: dietro l’apparente follia si nascondevano intuizioni interessanti. Nel 1936 dedicò un intero capitolo dell’opera Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta alle teorie di Gesell, concludendo: “Ritengo che il futuro avrà più da imparare dallo spirito di Gesell che da quello di Marx”.
Per l’economista inglese Gesell era un profeta, e in qualche modo è difficile dargli completamente torto. Sicuramente quest’uomo dalla vita rocambolesca aveva capito qualcosa che sarebbe il caso di ricordare, soprattutto al giorno d’oggi: i soldi sono solo un simbolo del valore, non il valore stesso.
Fonte: privatebanking.bnpparibas.it
Fonte: privatebanking.bnpparibas.it
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