giovedì 22 dicembre 2022

Salario minimo in Italia: lo stato attuale e le proposte per il 2022

 
La guida dettagliata sul salario minimo in Italia, l’attuale scenario sociale, normativo, politico ed europeo con le nuove proposte di legge per il nostro Paese.

Nell’Unione Europea, in 21 dei 27 Stati membri è stato già introdotto il salario minimo, ma l’Italia non ha ancora provveduto a tale riforma.

Tra i Paesi dell’UE, il salario minimo non esiste, oltre che in Italia, anche in Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia, qui i salari sono disciplinati dai contratti collettivi nazionali.

Scopriamo insieme qual è l’attuale situazione italiana relativamente alla legge sul salario minimo, norma che interessa almeno 4 milioni di lavoratori in difficoltà ...


COS’È IL SALARIO MINIMO

Il salario minimo è la retribuzione di base per i lavoratori di differenti categorie, stabilita per legge, in un determinato arco di tempo. Non può essere in alcun modo ridotta da accordi collettivi o da contratti privati. 
È in sostanza, una “soglia limite” di salario sotto la quale il datore di lavoro non può scendere. Si parla da diversi anni in Italia della scelta di affidare il compito di determinare il livello minimo di salario alla legge e non solo alla contrattazione collettiva, così come avviene oggi. Vi sono numerose proposte di disciplina del salario minimo ma per ora, nessuna è stata approvata né ha trovato l’accordo tra le parti sociali.

C’è quella dell’ex Ministra del Lavoro Catalfo del 2018, rimasta ferma in Commissione Senato a causa di divergenze politiche (9 euro netti all’ora) e quella che dovrebbe vedere la luce grazie all’attuale Ministro del Lavoro Orlando entro la fine dal 2022 (estensione e rafforzamento della contrattazione collettiva), ma la discussione è ancora in corso. L’impulso a fare un passo in avanti viene dall’Europa che, nel corso dell’estate 2022, ha definitivamente direttiva UE del 14 settembre 2022 sul salario minimo di cui vi parliamo in questo approfondimento

SALARIO MINIMO, LA SITUAZIONE IN ITALIA

In Italia esistono pensioni minime per legge, mentre una soglia per i salari non è previsto da leggi nazionali, ma dalla contrattazione fra le parti sociali. 

Stando alla stima del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) in Italia quasi tutti i lavoratori (98%) e tutte le aziende (99%) sono coperte dalla contrattazione collettiva. 
Ecco quindi, che visto che ogni contratto ha dei livelli minimi retributivi (sebbene molto più bassi rispetto alla media europea) si potrebbe dire che in Italia è già in vigore il salario minimo, ma nei fatti non è così per i seguenti ordini di motivi:

- In Italia non è obbligatoria la stipula di contratti collettivi. 
Infatti, esistono comunque imprese o tipologie di contratti di lavoro individuali in cui non è applicabile nessun contratto collettivo (e nessun limite retributivo);

- Spesso, nonostante ci sia un CCNL di riferimento, questo viene non considerato. Ne è una prova il fatto che più della metà dei contratti collettivi registrati nell’archivio del CNEL non viene utilizzata dai datori di lavoro nelle denunce mensili INPS (a ottobre 2020, su 854 contratti collettivi solo 403 sono stati indicati nelle denunce UNIEMENS);

- I salari fissati dalla contrattazione collettiva sono comunque troppo bassi rispetto alla media europea. Si pensi che nel 2021 il salario lordo annuale medio di un lavoratore dipendente a tempo pieno era di 27.404 euro quando il valore per l’Eurozona è di 37.382 euro. (dati Eurostat consultabili a questo indirizzo).

Davanti a tale situazione, ha preso piede anche in Italia il fenomeno dei working poors

Si tratta di quei lavoratori il cui reddito è inferiore alla soglia di povertà relativa, magari perché lavorano a tempo parziale, pur essendo regolarmente occupati. Secondo l’ultimo report di “In-work poverty in the EU” in Italia l’11,7% dei lavoratori dipendenti riceve un salario inferiore ai minimi contrattuali. 
Prendendo in considerazione gli ultimi dati disponibili Istat, in media lo stipendio di un lavoratore in Italia è di poco superiore ai 21.000 euro annui. Pari a circa 1.700 euro al mese (a questo indirizzo è possibile consultare l’analisi Istat 2022). Per tali motivi, alcune forze politiche, ancora prima della proposta europea in merito, hanno proposto l’introduzione del salario minimo nazionale. L’obiettivo è superare lo schema dei contratti collettivi e disciplinare la soglia minima gli accordi tra privati.

COSA PREVEDE LA LEGGE ITALIANA SUL SALARIO MINIMO

Attualmente in Italia non è in vigore alcuna legge nazionale, né regionale, sul salario minimo. 

Anche se in ballo ci sono diversi interventi normativi sulla tutela dei lavoratori, nonché la recentissima norma sulla parità salariale di cui potete leggere in questo approfondimento, di fatto il fenomeno working poors è ben lontano dall’essere disciplinato. Dobbiamo però sottolineare che alcuni tentativi in tal senso sono stati fatti. Basti pensare al Jobs Act.

SALARIO MINIMO NEL JOBS ACT

Il salario minimo era stato previsto nel Jobs Act, ma poi è rimasto escluso dai decreti attuativi. L’articolo 1, comma 7, lettera g) della Legge 10 dicembre 2014, n. 183, prevedeva l’introduzione di un “compenso orario minimo”. Questa soglia andava a soddisfare soltanto i settori non coperti da contrattazione collettiva. Tale norma prevedeva un sistema dove la maggior parte dei compensi era stabilito dai contratti collettivi nazionali di settore vincolanti, mentre veniva istituito un salario minimo legale per i settori non disciplinati dai CCNL. Come accennato però, questa legge non è mai stata attuata.

L’ASSENZA DI PROTEZIONE SOCIALE PER I LAVORATORI

Attualmente in generale, in Italia non esiste una forma di protezione sociale “non a termine” per le fasce sociali che vivono al di sotto della soglia di povertà. Dopo un certo periodo di copertura tramite gli ammortizzatori sociali, queste persone e famiglie non hanno nessun sostegno, fatta eccezione per il reddito di cittadinanza. Tale misura, introdotta dal 2019 su tutto il territorio nazionale è stata modificata nella recente Legge di Bilancio 2022 come si legge in questo approfondimento.

IL SALARIO SECONDO LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NAZIONALE

In assenza di una legge sul salario minimo nazionale tutto si basa sulla contrattazione collettiva su cui i sindacati hanno enorme potere, specie quelli con un maggior numero d’iscritti. Se è vero che la giurisprudenza tende a fissare i minimi tabellari comunque a tutti i lavoratori di categoria, iscritti o meno al sindacato, di fatto nessuna legge tutela tali dipendenti.

La concertazione fissa le regole del salario minimo ma manca un riconoscimento di questa prassi mediante una legge ordinaria. Inoltre, in Italia un contratto collettivo di lavoro da applicare nei contratti di lavoro individuali ha dei limiti, ovvero:non è obbligatorio: l’imprenditore può non applicare nessun CCNL, ovvero stabilire un contratto aziendale creato ad hoc;gli ambiti di applicazione dei contratti collettivi talora si sovrappongono e il datore può scegliere lo strumento contrattuale ritenuto più conveniente;non è necessario il consenso del sindacato e perciò può essere fatta una scelta unilaterale dell’impresa;due unità produttive della stessa impresa possono avere contratti collettivi diversi.

In questo modo, una parte di lavoratori dipendenti rischia di non essere tutelata da un contratto collettivo e dunque, finisce per restare priva di un salario minimo ...

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