venerdì 9 ottobre 2020

L'Arca, Manu e la conservazione della Conoscenza

di Gandolfo Dominici

La conoscenza esoterica nei miti.

La storia dell'umanità è molto più antica della storia scritta ed è caratterizzata da numerosi cambiamenti avvenuti in un periodo di tempo che varia a seconda che si consideri la nascita del genere Homo (circa 2,5 milioni di anni fa), dell'Homo Sapiens (circa 500.000 anni fa) o dell'Homo Sapiens Sapiens (circa 200.000 anni fa).

Per capire il presente, dunque, non si può prescindere dallo studio e dalla comprensione del nostro passato. E' solo rischiarando la mente dal buio creato dall'amnesia del passato che l'Uomo moderno può comprendere se stesso in modo pieno e consapevole, pronto ad affrontare le sfide dei cambiamenti a venire. E' infatti nel nostro passato che si sono formati i caratteri dei singoli e dei popoli, le religioni e loro civiltà.

A riguardo della potenzialità del "sapere" Nietzsche scriveva:

"Nella selezione, il soccombente è sempre il più debole e questo debole è LUI , l'uomo ignorante".


La storia umana nel corso dei millenni ha affrontato numerosi cambiamenti dovuti a disastri naturali, cambiamenti culturali, cambiamenti nel linguaggio e soprattutto cambiamenti di consapevolezza, non sempre in senso positivo, ma che comunque hanno portato all'evoluzione dell'umanità se consideriamo tale trend in una prospettiva millenaria.

I vari miti che sono sopravvissuti ai giorni nostri non sono semplici favole, ma fonti di conoscenza atavica che contengono per chi le sa leggere le fonti del Sapere antico ...


Diceva il sommo Dante:

"O voi che avete gl'intelletti sani,
Mirate la dottrina che s'asconde
Sotto il velame delli versi strani!"

(Inf. IX, 61-63)

Il Diluvio Universale come archetipo globale

Il Diluvio Universale è forse il più grande mito dei tempi antichi. Un mito diffuso in più culture anche molto distanti tra loro, su cui la scienza non ha saputo fino ad oggi dare risposte certe ed univoche.
Il mito del Diluvio Universale è un “ricordo confuso” ma ben radicato in molte culture differenti con trame tanto simili.

Come nota Edward De Bono (in Michele Barresi - Il misterioso Egitto - Tipheret - 2009, p.5):

"un mito offre un modello standard per interpretare il mondo, che non può essere ignorato, perché guardando attraverso il mito, ci si rende conto che la realtà esalta l'evidenza del mito stesso"

La coscienza collettiva dunque include il mito come parte del patrimonio culturale comune dell'umanità.

Non appare pertanto infondata l’ipotesi che il tutto si riconduca ad eventi storici, impressi in modo indelebile nella coscienza delle persone sopravvissute al disastro. La derivazione delle tradizioni orali, i testi antichi e quant’altro ci parli di questo mito, sembra essere una fonte prototipica comune a diverse civiltà (Sumeri, poi i Babilonesi, gli Ebrei,...).

Il racconto biblico (Genesi 6, 13-17) ci dice:

"Allora Dio disse a Noè: 'E' venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco io li distruggerò, insieme con la terra. Fatti un'arca di legno di cipresso [...]. Ecco io manderò il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne, in cui è alito di vita".

Tutti ne conosciamo il seguito: una settimana dopo, Dio mandò una tempesta che sommerse tutta la superficie terreste; tutti morirono tranne Noè e familiari rifugiati sull'arca.

Dopo quaranta giorni e quaranta notti, Noè fece uscire un corvo per vedere se le acque si erano ritirate. Il corvo tornò senza niente, Noè provò a far uscire una colomba e anch'essa tornò a becco vuoto.
Dopo sette giorni, la fece uscire di nuovo e tornò con un ramo di ulivo nel becco e più tardi ancora la liberò per la terza volta e non tornò più da lui. A questo punto, Dio ordinò a Noè di uscire con la famiglia e gli animali sul monte Ararat.

Ma a conservare il ricordo di una mitica inondazione rigeneratrice dell'umanità non è soltanto la Bibbia.

Già dal III° millennio a.C. nell’antico Sumer si rievocava un’antica cultura scomparsa che a sua volta preservava ricordi di epoche ancora più remote. I Sumeri erano già presenti in Mesopotamia dal 3.500 a.C.; da alcune tavole di argilla ritrovate in Iraq, vi si raccontano le imprese di Gilgamesh (L’epopea di Gilgamesh, N.K. Sandras- Adelphi Milano, 1986) :

"[...] l’uomo a cui erano note tutte le cose, il re che conobbe i paesi del mondo. Era saggio; vide i misteri e conobbe cose segrete; un racconto egli ci recò dei giorni prima del Diluvio.
Fece un lungo viaggio, fu esausto, consunto dalla fatica; quando ritornò si riposò, su una pietra l’intera storia incise"


Gilgamesh scrisse sulla pietra una storia che gli fu tramandata da Utnapishtim (un vecchio regnante di migliaia di anni prima), sopravvissuto al diluvio e conservatore "del seme dell’umanità e di tutte le creature viventi”. ("Impronte degli Dei" - G. Hancock , TEA, 2009)

In tempi antichi, all’epoca in cui gli Dei vivevano ancora sulla Terra, il mondo pullulava di gente rumorosa; Enlil, esecutore delle decisioni divine (alle dipendenze del Signore del firmamento, Anu), udì quel chiasso insopportabile ed inammissibile ed avuto un consesso con gli Dei, si decise per lo sterminio dell’umanità. Il Signore delle acque, Ea, ebbe però compassione per Utnapishtim e gli ordinò la costruzione d’una nave (Arca) in cui rifugiarsi con la famiglia e “tutto il seme delle creature viventi”.
Poi il racconto si conclude con la liberazione di una colomba, che fece però ritorno in quanto non “trovò su cui posarsi”; di una rondine che tornò anch’essa; di un corvo che “mangiò, volò all’intorno, gracchiò e non fece ritorno”.

Il mito greco tramanda, invece, che Zeus inondò la Terra per punire i numerosi figli di Licaone che avevano osato sacrificare un fanciullo agli dèi dell'Olimpo.

Il diluvio si protrasse per nove giorni e dalla catastrofe si salvarono soltanto Deucalione, re di Ftia e figlio del titano Prometeo, e la moglie Pirra, che si erano rifugiati su un'arca, su consiglio dallo stesso Prometeo.
La nave approdò su un alto monte e Deucalione fu avvertito della fine del diluvio dal volo di una colomba da lui prima liberata. Fu poi ordinato a Deucalione e Pirra, una volta scesi a terra, di buttarsi dietro le spalle i sassi del fiume: i sassi si trasformarono in uomini e donne, a seconda di chi li aveva lanciati.

Fra i tanti mitici diluvi che, a sua volta, la tradizione religiosa Induista rammenta il più importante è quello in cui Matsya - un'incarnazione, sotto forma di pesce, del dio Vishnu - dopo aver rivelato al padre dell'umanità, Manu, la data dell'imminente diluvio, lo guidò su una barca fino all'Himalaya. Sul Tetto del mondo Manu ricreò una nuova umanità.

Nei miti dell'Iran zoroastriano il diluvio segna la fine dell'età dell'oro inaugurata da Yima, il primo uomo, che rifugiatosi in una fortezza montana nell'imminenza della catastrofe, vi creò un nuovo genere umano.

Le numerose leggende estremo-orientali tramandano l'esistenza di un mitico diluvio causato dal fatto che il mostro Kung-kung aveva distrutto il monte Pu-shu, un pilastro dell'universo.
La Terra, non adeguatamente sostenuta, fu sommersa allora dalle acque. Ma Niü-kua, il dio creatore dell'umanità, riparò il pilastro e fermò il dilagare delle acque.

Anche per quanto riguarda le Americhe precolombiane esistono diversi miti del Diluvio, che ricordano quello narrato dalla Bibbia.

Per gli Aztechi, un uomo ed una donna (Coxcoxtli e sua moglie Xochiquetzal) sopravvissero al cataclisma di un Dio, fuggendo a bordo di un’enorme imbarcazione ordinatagli da una divinità, finendo incagliati sulla vetta di un’alta montagna.

I Chibcha, popolazione della Colombia centrale, hanno tramandato il mito di Bechica. Vecchio e di razza diversa, apparve fra la popolazione colombiana portando saggezza e civiltà; un giorno però sua moglie Chia, tanto bella quanto spregevole e maligna e gelosa del marito, decise di prendere il sopravvento e con l’aiuto della magia provocò un enorme diluvio in cui perirono numerose persone.

Bochica, arrabbiatissimo esiliò la moglie in cielo (dove divenne la Luna, destinata a risplendere la notte), recuperò i pochi superstiti rifugiatisi nei monti ed iniziò nuovamente ad impartire loro leggi, a coltivare la terra, il culto del Sole portando nuova civiltà.
Quando Bechica morì, ascese al cielo divenendo un Dio.

Un altro spunto di riflessione ci viene dai Maya e più precisamente dal Popol Vuh, vera e propria Bibbia di questo popolo, compilata in lingua Quichè (“Atlantide”, C. Berlitz, Edizioni Mediterranee 2005):

"[...] allora le acque furono scosse e agitate per volontà di Hurakàn, e una grande inondazione si abbatté su queste creature [...] Ed esse furono inghiottite dalle onde, mentre una resinosa e fitta oscurità scendeva dal cielo; si oscurò la faccia della Terra, ed ebbe inizio una pioggia incessante, notte e giorno, una pioggia nera che tutto oscurava [...]"

La similitudine di questi miti con il nostro mito biblico di Noè ed il Diluvio ebraico è ovvia. Ci sarebbero molte altre civiltà antiche da ricordare (Incas, Indiani Hopi d’America, Babilonesi, Egiziani, etc.) ma si tratterebbe d’un resoconto veramente molto lungo.

Barresi (op. cit) ne conta 560, di cui 474 di impronta giudaico-cristiana e 86 indipendenti dalla narrazioni bibliche.

L'Arca di Noè come contenitore di conoscenza astrologica

Secondo l'interpretazione di alcuni studiosi di simbologia (Cfr. Tompkins L.), in realtà il vero significato dell'Arca di Noè non è quello di una barca piena di animali, ma quello, più profondo, del cerchio della vita.

L'Arca come "vascello simbolico" che si, come vedremo, sul sistema numerico e sullo zodiaco sarebbe dunque un sistema per custodire la conoscenza legata all'Individuo, alla Terra e al Cosmo.

Un "vascello" in grado di sopravvivere al cataclisma per essere eternamente riscoperto dall'umanità. 
Un "vascello" che racchiude la conoscenza della geometria delle sfere e del potenziale evolutivo dell'umanità verso la consapevolezza dell'Unità del Tutto.


Il primo indizio che l'Arca di Noè può essere considerata come un simbolo cosmologico anziché una semplice nave, deriva dalla corrispondenza tra il mito biblico di Noè con la mitologia Vedica.

Nel mito Vedico, Vishnù, il Protettore, si trasforma, come abbiamo visto in un pesce (Matsya/ Pesci) che cresce con vari otri d'acqua (Kumbha/Acquario) finché non diventa grande come l'oceano e avverte Manu del diluvio imminente.
Manu costruisce una gigantesca nave dove imbarca la sua famiglia, 9 semi e vari animali per ripopolare la Terra. All'arrivo dell'inondazione Manu lega la nave a Vishnù sotto forma di pesce con le corna (Capricorno) usando il serpente di Vishnù come corda (Shesha/Tempo).

In altri miti vedici Vishnù è descritto mentre nuota sicuro nel vasto oceano dello spazio cavalcando il serpente Shesha. Da questo mito si può facilmente dedurre che il simbolismo del racconto si riferisce al movimento inverso della Precessione degli Equinozi, che iniziando dall'Ariete si muove verso i Pesci, poi verso l'Acquario e dunque al Capricorno.

Tale constatazione porta anche a sfatare la credenza diffusa che l'origine dell'Astrologia zodiacale sia Babilonese, essendo la mitologia Vedica di molto precedente a questa civiltà (Cfr. Aurobindo - Il segreto dei Veda).

Il 9 e lo 0

La seconda prova del significato dell'Arca di Noè è di natura etimologica. La parola Noah (Noè) come la parola è assimilabile al Sanscrito nodha che significa "in nove parti" .

Occorre qui aprire una breve parentesi sul significato di 0 e 9.

Patrizia Norelli-Bachelet in Symbols and the Question of Unity ci fornisce un interessante punto di vista sulla importanza simbolica di questi numeri ricorrenti in vari miti.
Per Norelli-Bachelet l'enneagramma è uno strumento di conoscenza che mostra la corrispondenza tra i nove numeri interi e il Cerchio. I 360 gradi del cerchio possono essere visti come 9 parti di un enneagramma. Il cerchio, rappresentato dal 9, è simbolo di perfezione poiché in esso ogni elemento è in una relazione perfetta con ogni altro.

Il Cerchio è il Tutto.
Se il cerchio è il tutto il punto rappresenta l'Origine del Tutto. Il Punto è dunque uguale al Cerchio, infatti cosi come ogni punto nel cerchio rappresenta l'intero circolo il punto contiene tutte e ciascuna delle possibili manifestazioni del creato. Il Cerchio non può essere conosciuto senza la comprensione del Punto. Il numero del Punto è lo Zero. 0/9, Cerchio/Punto sono i due opposti che costituiscono il tutto il Padre (maschile - Punto) e la Madre (femminino - Cerchio).

L'importanza della struttura 9/0 del Cerchio è evidente sia dal punto di vista geometrico (9 x 40° = 360°) che dallo stesso numero 360 (3+6=9 seguito dallo 0).

Il 9 e lo 0 possono essere messi in relazione con lo Zodiaco. L'arco di ogni quadrante/stagione dell'anno di 360° è di 90°, dunque ogni punto cardinale è un multiplo di 90° che contiene sia il 9 che lo 0 (0°/360 =Ariete, 90°; 90° = Cancro; 180°= Bilancia; 270°= Capricorno). Nel cerchio inoltre 0° e 360° coincidono nello stesso punto cosi come 0 e 9 sono nello stesso punto. 

La fine è l'inizio, L'Alpha è l'Omega, L'Uroboro si morde la coda.




Dopo tale constatazione la corrispondenza in lingua sanscrita tra Noè (Noha) e nodha, assume un importante significato.
Troviamo anche che Arka in Sanscrito significa "Sole; numero 12", dunque i 12 mesi dell'anno solare e che Manu deriva da Ma = madre e nu = nave, dunque "Nave Madre" = Arca! (Cfr. Tompkins, 2011).

Manu e la precessione degli equinozi

Secondo Norelli-Bachelet Vishnu e Manu/Noè sono simboli della precessione degli equinozi che avverrebbe ogni 25.950 anni. L'incarnazione di Vishnù avverrebbe dunque ogni 6.480 anni ad ogni quarto del ciclo di precessione, durante quattro ere (Leone, Toro, Acquario e Scorpione) (Cfr. The Gnostic Circle).

Secondo la tradizione induista invece Manu si incarna ogni 306.720.000 anni o porzioni di tale ciclo.

I Rosacroce e l'Arca di Noè

La relazione tra L'Arca di Noè e lo zodiaco può essere riscontrata in un antico testo considerato di scuola rosacrociana: il "Mysterium" di Ludgani Batavoaum (1593). 

Lugdani Batavorum (1593) Mysterium [Arca di Noè]. Struttura simbolica dell'"Argha"

L'Arca, nell'antico testo, viene misurata in termini zodiacali ed il corpo dell'uomo (Noè) è equiparato al corpo dell'arca. In tal senso l'Uomo viene riconosciuto come un micro-cosmo del macro-cosmo (Manu = Arca).

Questa modalità conoscitiva (Gnosis) di auto-consapevolezza è sopravvissuta attraverso le varie Ere tramite il mito, ma è visibile solo da parte di coloro che, parafrasando Dante, hanno "gli intelletti sani" cioè aperti, adogmatici e alla perenne ricerca di una vera nuova ma antica consapevolezza.

Fonti:
- Aurobindo - Il segreto dei Veda- Aria Nuova, 2005
- Barresi Michele -Il misterioso Egitto - Tipheret - 2009
- Sandras N.K. - L’epopea di Gilgamesh - Adelphi Milano, 1986
- Hancock G. -Impronte degli Dei - TEA, 2009
- Berlitz C. - Atlantide - Edizioni Mediterranee, 2005
- Norelli-Bachelet P. - Symbols and the Question of Unity - Servire, 1974
- Norelli-Bachelet P. - The Gnostic Circle - Aeon Books, 1994
http://www.patrizianorellibachelet.com/SQU.html
- Tompkins L. - Noah's Ark, the Zodiac, the 0/9 Number System & the Preservation of Knowledge - 2011 - http://circumsolatious.blogspot.com/2011/03/noahs-ark-zodiac-09-number-system.html
- http://digilander.libero.it/mirkopellegrin/html/introduzione_al_diluvio_univer.html
- http://spazioinwind.libero.it/gburrini/contributi/gabriele/diluvio.html
- http://www.racine.ra.it/didaqua/testi/dil1.htm
- http://www.altreviste.com/atlantis.html
- http://www.american-buddha.com/cult.rosicruciansjennings.P.1.htm

Articolo già pubblicato in questo blog il 28.04.2014
Fonte: facebook.com/notes/gandolfo-dominici (fonte oggi off line)

Lettura correlata:
Il Popol Vuh - il “Libro della comunità”

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