lunedì 27 gennaio 2020

La tirannia del mediocre

 Già pubblicato qui l'11.11.2016, ripropongo volentieri questo articolo ... 

di Claudio Cabona

I banali amano l’ignoranza, la disconoscenza, la mancanza di certezze. Fattori che portano l’uomo a trasformarsi.

E’ ora che si prenda in mano una tavolozza di colori e si pitturi sopra questo grigio. Perché la nostra società è attraversata da una rivoluzione antropologica che trascende le classi sociali, esula i particolari e le appartenenze, si alimenta e vive del piattume, della mediocrità.

Ad oggi, dai grembi delle donne nasce un uomo mediocre, sterile, che ha il compito di trascinare la moltitudine nell’omologazione. 

Quando si viene al mondo si è nudi, non si hanno vestiti né reali né sociali, si è un foglio bianco. Ma poi, per forza di cose, bisogna coprirsi. L’uomo d’oggi si macchia di colori scuri, che non lo facciano notare, che lo rendano passaggio di vita. Colori funebri suggeriti da chi vuol creare atteggiamenti contagiosi all’interno del tessuto sociale.
Il mediocre è fra noi. 

È lui la nuova evoluzione umana. È lui che nato come un uomo, ma alimentato da banalità, falsità, ombre, sogni infranti, invidie, ignoranza, ha il compito di spazzare via il colore caldo. Di imporre il grigio, di schiacciare il volo della fantasia, di ingabbiare l’essere.
Il sistema in cui viviamo è governato da mediocri, si ciba di mediocrità e vuole mettere al mondo propri simili. Un uomo ridotto a vivere nell’ombra, a non alzare mai la voce in nome della “sacralità” del quieto vivere, a incamminarsi su strade già asfaltate.

Indifferente...


Essere primitivo, incapace di picchiettare il proprio destino, che brama il “meno peggio”, che si accontenta, che accerchia e destabilizza il cuore di chi vive, e non solo esiste.

Tagliano i fondi alla cultura, alla scuola, loro, i mediocri. Portano avanti l’istituzionalizzazione del precariato, svendono i nostri patrimoni, rendono la realtà instabile.
Sempre loro, i mediocri.

Perché la mente di chi non è ancora grigio marcisca, si corrompa e si affligga. I mediocri vogliono l’ignoranza, la disconoscenza, la mancanza di certezze. Fattori che portano l’uomo ancora sano, non cresciuto, piano piano, a trasformarsi. Creano sogni a orologeria che si sgretolano sul più bello, compattano, ammassano, chiudono in lager mentali e tangibili. Creano numeri vestiti da individui, recintati con il cartello “mediocri”.


Zombie senza spirito critico, senza rivendicazioni. Vogliono che tutto sia a loro immagine e somiglianza, loro che non sanno vivere, che recitano nel triste.

Tutto ciò perché possano governare.


* «Rimettere la decisione sulle cose più grandi ai più incapaci». 
Questo il destino della democrazia indicato, 150 anni fa, da Henri-Frédéric Amiel. Il filosofo che, dal suo pensatoio nel cuore di Ginevra, aveva già previsto i danni della demagogia di cui oggi paghiamo le conseguenze. A causa di un’«uguaglianza» politicamente corretta che ha dato il potere alla mediocrazia. *

La mediocrità è un modo di tracciare la vita. Si diventa mediocri quando ci si adatta alla situazione, subendo i condizionamenti, arrendendosi.
Il grigio si impossessa dell’uomo nel momento in cui si abbandona al luogo comune, quando non si pone domande, non prova ad interpretare gli eventi.

Non è una questione di ruolo sociale. Un intellettuale, o un artista potrebbero rivelarsi molto più mediocri di un “comune”.

È la profondità con cui ci si approccia alla vita che fa la differenza, la ricerca di una verità, l’allontanamento delle paure. Un “anonimo” che valorizza ogni istante e prende coscienza di un qualche cosa, ha già tracciato una linea colorata.

L’essere padroni delle proprie azioni, rivendicare il proprio spazio vitale graffia il grigiore. Bisogna avere il coraggio di sbandierare la propria unicità. Il mediocre attende nascosto, colpisce alle spalle quando si avanza, striscia e infesta le menti con la sconfitta perenne, la superficialità, ma soprattutto con il limite. Ciò che taglia le gambe al sano, è il limite.

Credere che tutto sia impossibile è mediocrità. 

È ora che si colori sopra questo grigio. Che si scriva, almeno una volta nella vita, una poesia, che si insegua un’utopia affacciandosi al di là della siepe, che ci si senta, ogni tanto, migliori.

È ora di ferirsi cadendo dai gradini più alti, di avere un amico immaginario, di sorridere senza motivo, di combattere per il futuro, di non tenere le mani al proprio posto, di urlare in una piazza, di mandare a fan culo i propri idoli e quelli degli altri, di fare il passo più lungo della gamba.

È ora che si soffra di vertigine ...

Fonte: coriintempesta.altervista.org (sito oggi archiviato)


6 commenti:

  1. Grazie Catherine per questo articolo e per molti altri già pubblicati.
    Chissà forse anche essere riconoscenti è un modo per bucare la mediocrità.
    Luci.

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    1. Grazie a te! E grazie di aiutarmi a diffondere ciò che può essere utile a ciascuno di noi, per comprendere e riflettere.
      ^_^

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  2. Il mediocre ( scelto, ad arte, tra gli ex schiavi ) non riesce a vedere alcun rapporto (non si pone domande) tra l’attività di Wall Street e l’impossibilità di sfamarsi nel corno d’Africa, per cui il suo folle cinismo ci fa pensare/constatare che non c’è peggior padrone di un ex schiavo!
    Un uomo che sa qual è il bene per gli altri è pericoloso (per il Potere). N. Maharaji

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  3. Bell'articolo. Ricorda in modo impressionante un mio monologo teatrale dal titolo Dissolvenza Finale che misi in scena nel 2012 (ma che avevo iniziato a scrivere nel 1987...). Piacque molto, anche se i più lo trovarono di un pessimismo senza scampo. Sto pensando di mandartelo (privatamente), così, per dono. E magari lo giri a Cabona. :-)

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    1. Purtroppo non conosco personalmente Claudio Cabona ma se ti va di mandarmelo certamente io lo leggerei più che volentieri!
      Grazie ^_^

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