I social network sono lo specchio della realtà, o uno spazio fittizio in cui si insediano relazioni sociali occasionali e altrettanto fittizie? L’istantaneità informatica riduce o aumenta le distanze tra le persone?
Con il tempo, con l’affermazione dell’individualismo, i singoli soggetti hanno conquistato la propria autonomia, riuscendo a percepire se stessi, come un qualcosa di differente rispetto agli altri. Esseri pensanti, con capacità decisionali, con competenze specifiche, con idee formulate attraverso un percorso cognitivo senza condizionamento (per lo meno) palese.
Quell’individuo che ha finalmente conquistato la propria autonomia, si trova ora ad affrontare una situazione paradossale: la libertà… che può essere così feroce da trasformarsi in fragilità...
Il soggetto, lupo solitario tra i lupi, cerca così di affidarsi ad altri individui, al fine di ridurre quello stato di solitudine e indifferenza in cui è immerso e catapultato. Tutto ciò è reso possibile grazie ai mezzi di comunicazione e informatici.
Nell’era della tecnologia si rischia di fondere e con-fondere le due sfere, quella pubblica e quella privata, perché tali strumenti vengono utilizzati non come mezzi di informazione, ma di condivisione ossessiva e smisurata del proprio essere, di ciò che si è. Narcisismo informatico che nasconde insicurezze, bisogno di affermarsi e di affermare la propria immagine. Così, il profilo personale diventa etichetta che creiamo per noi stessi, con cui diventiamo un libro facilmente giudicabile dalla copertina, il più delle volte pieno di pagine vuote e bianche.
Così, la musica che ascoltiamo, le opinioni che esprimiamo riguardo ad un avvenimento socialmente e mediaticamente rilevante, definiscono la nostra identità informatica. “Io sono, in quanto sono iscritto a facebook”. La perplessità nasce ancora più forte quando si coinvolge tutto ciò che fa parte del nostro bagaglio intimo: così vediamo sempre più spesso dichiarazioni d’amore online, rapporti sessuali immortalati e poi condivisi con gli “amici” e altre aberrazioni simili.
Come scrive Simmel: “Le metropoli sono i veri palcoscenici di questa cultura che eccede e sovrasta ogni elemento personale. Qui, nei luoghi di intrattenimento, nei miracoli e nel comfort di una tecnica che annulla le distanze, nella formazione della vita comunitaria e nelle istituzioni visibili dello Stato, si manifesta una pienezza dello spirito cristallizzato e fattosi impersonale, così soverchiante che – per così dire – la personalità non può reggere il confronto”.
E’ come se la collettività fosse scomparsa, non esistono più i gruppi, ma si incontrano per strada solo singoli individui disinteressati a tutto, se non a se stessi. La solitudine irrompe nella società post-moderna, come conseguenza e causa dell’iperattivismo e della velocità con la quale si svolge la vita degli individui. Il riparo per sfuggire alla pioggia di indifferenza sembra essere la tecnologia, che ci permette di confidarci e confrontarci con estranei, che spesso sentiamo più vicini di chi ci sta accanto fisicamente. E’ una gabbia di solitudine quella in cui si trova l’uomo della società contemporanea, una gabbia nella quale anche la solidarietà organica di cui ci parla Durkheim si annulla.
Nell’era della tecnologia si rischia di fondere e con-fondere le due sfere, quella pubblica e quella privata, perché tali strumenti vengono utilizzati non come mezzi di informazione, ma di condivisione ossessiva e smisurata del proprio essere, di ciò che si è. Narcisismo informatico che nasconde insicurezze, bisogno di affermarsi e di affermare la propria immagine. Così, il profilo personale diventa etichetta che creiamo per noi stessi, con cui diventiamo un libro facilmente giudicabile dalla copertina, il più delle volte pieno di pagine vuote e bianche.
Così, la musica che ascoltiamo, le opinioni che esprimiamo riguardo ad un avvenimento socialmente e mediaticamente rilevante, definiscono la nostra identità informatica. “Io sono, in quanto sono iscritto a facebook”. La perplessità nasce ancora più forte quando si coinvolge tutto ciò che fa parte del nostro bagaglio intimo: così vediamo sempre più spesso dichiarazioni d’amore online, rapporti sessuali immortalati e poi condivisi con gli “amici” e altre aberrazioni simili.
Come scrive Simmel: “Le metropoli sono i veri palcoscenici di questa cultura che eccede e sovrasta ogni elemento personale. Qui, nei luoghi di intrattenimento, nei miracoli e nel comfort di una tecnica che annulla le distanze, nella formazione della vita comunitaria e nelle istituzioni visibili dello Stato, si manifesta una pienezza dello spirito cristallizzato e fattosi impersonale, così soverchiante che – per così dire – la personalità non può reggere il confronto”.
E’ come se la collettività fosse scomparsa, non esistono più i gruppi, ma si incontrano per strada solo singoli individui disinteressati a tutto, se non a se stessi. La solitudine irrompe nella società post-moderna, come conseguenza e causa dell’iperattivismo e della velocità con la quale si svolge la vita degli individui. Il riparo per sfuggire alla pioggia di indifferenza sembra essere la tecnologia, che ci permette di confidarci e confrontarci con estranei, che spesso sentiamo più vicini di chi ci sta accanto fisicamente. E’ una gabbia di solitudine quella in cui si trova l’uomo della società contemporanea, una gabbia nella quale anche la solidarietà organica di cui ci parla Durkheim si annulla.
Ci si chiede: l’istantaneità informatica riduce o aumenta le distanze? Come tutto ciò che coinvolge la vita sociale e le relazioni sociali, si tratta di un’arma a doppio taglio.
E’ certamente vero che la distanza fisica viene ridotta, ma cosa ne è di quella sociale? Gli esiti sono sotto gli occhi di tutti.
Partiamo allora dall’analisi del soggetto sociale, il quale definisce la sua esistenza grazie ai rapporti sociali costruiti in modalità totalmente volontaristica, senza alcun tipo di imposizione. La sfera dei rapporti interpersonali è quella che più ci rende liberi. E la struttura delle relazioni sociali cambia di conseguenza al cambiamento della quotidianità. La frenesia, l’incertezza, la diffidenza, sono solo alcuni dei tratti tipici della società odierna. Affannati, gli individui rincorrono quella macchina societaria che non smette di produrre a un ritmo incessante e incalzante.
Le conseguenze e le ripercussioni che si hanno sui soggetti sono disastrose: depressione e nevrosi sono le malattie del secolo. E’ ora possibile analizzare la personalità di un attore sociale attraverso l’uso che fa dei social network. Ci sono persone per cui un commento, un like, un parere, una domanda su ask, rappresentano conferme o dissensi che avranno poi delle ripercussioni sui propri modi di agire. Il condizionamento degli strumenti informatici è subdolo, infiltrato tra una foto e una condivisione, si nasconde dietro un commento di troppo, o una valanga di mi piace.
Partiamo allora dall’analisi del soggetto sociale, il quale definisce la sua esistenza grazie ai rapporti sociali costruiti in modalità totalmente volontaristica, senza alcun tipo di imposizione. La sfera dei rapporti interpersonali è quella che più ci rende liberi. E la struttura delle relazioni sociali cambia di conseguenza al cambiamento della quotidianità. La frenesia, l’incertezza, la diffidenza, sono solo alcuni dei tratti tipici della società odierna. Affannati, gli individui rincorrono quella macchina societaria che non smette di produrre a un ritmo incessante e incalzante.
Le conseguenze e le ripercussioni che si hanno sui soggetti sono disastrose: depressione e nevrosi sono le malattie del secolo. E’ ora possibile analizzare la personalità di un attore sociale attraverso l’uso che fa dei social network. Ci sono persone per cui un commento, un like, un parere, una domanda su ask, rappresentano conferme o dissensi che avranno poi delle ripercussioni sui propri modi di agire. Il condizionamento degli strumenti informatici è subdolo, infiltrato tra una foto e una condivisione, si nasconde dietro un commento di troppo, o una valanga di mi piace.
Il dilemma è sempre lo stesso, forse irrisolvibile: i social network sono lo specchio della realtà o uno spazio fittizio in cui si insediano relazioni sociali occasionali? La risposta sta nel modo in cui essi vengono utilizzati. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di dare il giusto peso a tali finestre interattive e considerarle nient’altro che spazi artificialmente costruiti, in cui si definiscono e prendono forma rapporti sociali a distanza.
Fonte: www.fisicaquantistica.it
Fonte: www.fisicaquantistica.it
Il mondo virtuale è una pseudo realtà,la vera realtà è quella che viviamo tutti i giorni e quindi la prima cosa da fare è discernere e dividere nettamente le due cose.L*uso dei Social Network ha sicuramente ridotto le distanze fisiche e temporali che esistono tra gli individui e ciò ha comportato quindi un indice di miglioramento per la nostra esistenza.L*importante però è non farne un uso esagerato e rimanere sopratutto con i classici piedi per terra e cioè cercare di restare sempre ancorati alla vera realtà,perché alla fine si tratta solo e soltanto di uno spazio fittizio.Io personalmente,preferisco comunicare alla vecchia maniera,quando questi mezzi informatici non esistevano e si usava socializzare guardandosi negli occhi e dialogando in maniera naturale.Poi,per carità,ognuno è libero di fare la sua scelta.Emilio
RispondiEliminaIl problema secondo me è reale per gli adolescenti di oggi è del futuro. Apparte il condizionamento dei Social di cui ormai si parla anche al telegiornale,il problema è più serio e riguarda l'aspetto più intimo del ragazzo. Noi ci si ritrovava per parlare e giocare in strada, ci picchiavamo per la ragazza di turno, ci si dava i primi baci dopo ore ed ore di carezze, ci sporcavamo di fango nel campo a caccia di lucertole... questo sta sparendo e si sta TRASFORMANDO IN FREDDI RAPPORTI SOLITARI CON UNO SMARTPHONE IN MANO. Io vedo questo in città specialmente, nei paesi di campagna un po' meno. La lotta é tra chi vuole che tu stia connesso il più possibile e tra i genitori che dovrebbero insegnare al figlio come usare questo potente mezzo che é la rete in generale
RispondiEliminaPur detestando i social per l'uso improprio che ne fanno gli utenti, per lo più frustrati e psicopatici nella mia esperienza, so che le cose e gli usi e costumi in una società non accadono dal giorno alla notte ma c'è una sorta di fase di preparazione, e quella fase a mio parere pessima e' stata la generazione dal 1970 in poi, la mia generazione non a caso definita generazione X.
RispondiEliminaGià dagli anni '80 ho assistito e vissuto una incapacità delle persone mie coetanee o poco più grandi di impegnarsi in relazioni durature e di avere le idee chiare su quello che volevano dalla vita.
Volevano tutto e subito, c'erano le discoteche dove già dagli anni '90 anzi meta' anni 80 cominciavano lo sballo da droghe e la musica techno con il suo orrendo ritmo monotono, alienante e ipnotico, i bagni venivano usati per sesso mordi e fuggi o per spaccio e acquisto di droghe sintetiche, di romanticismo manco l'ombra, i gruppi cominciavano a frantumarsi con l'entrata all'università e di seguito nel mondo del lavoro.
Inutile dire che molti di loro, lo dico perché li conosco e osservo ogni giorno, sono pessimi genitori che sono convinti che ai figli si debba comprare il pc e lo smartphone già a 7 anni, che genitori e figli siano amici e quindi i figli guai a ricevere uno schiaffo o un rimprovero, e se lo fanno gli insegnanti sono loro gli stronzi e non certo i loro figli, immaturi figli di immaturi.
In una società cosi, totalmente annichilita dallo shopping e dall'ansia di procurarsi ogni agio materiale, e' ovvio che Internet abbia finito per diventare, attraverso i social, quella famiglia che la famiglia vera ma disfunzionale in cui i genitori sono occupati tra lavoro, palestra, hobby, amanti, shopping, problemi eccetera, ha disintegrato dal suo interno.
Internet in sé non è altro che un mezzo di informazione e crescita, se si hanno le basi familiari e psicologiche per affrontarlo e discernere tra cosa e' adatto ad un adolescente ancora in formazione fisica e psichica, altrimenti e' ciò che e' diventato, il mezzo perfetto di alienazione, incomunicabilità e messaggi da 140 caratteri e uso scorretto anche della propria lingua madre, con le k al posto del ch e così via.
L'impoverimento culturale e spirituale attualmente e' spaventoso, ci sono ragazzini che si ammazzano per il cyber bullismo, ragazze che si ammazzano per aver avuto loro momenti intimi messi in rete da sciacalli della loro stessa età, insomma un caos sociale di proporzioni e ripercussioni epiche, specie da quando qualche malato mentale ha deciso che fare lo youtuber o il blogger su Instagram o altri social sia un lavoro come gli altri, e dare in pasto la propria vita fin nei minimi dettagli sia normale e cosa buona e giusta pur di speculare su se stessi, diventando le azioni quotate in borsa di se stessi e prodotto da bramare a ogni costo per non essere considerati sfigati e fuori dal gruppo...virtuale.
Ognuno sia la merce da mettere sul mercato, dice il neo liberismo economico che ha creato Internet, la rete che ti acchiappa e poi divora.
E tutto questo e' colpa della mia generazione e di quella prima, figli del benessere per i quali il superfluo diventa necessario e il necessario superfluo, gente che non ha nulla da insegnare e proprio per questo insegna e trasmette anche per DNA il suo vuoto interiore e cosmico.
Anna
Condivido pienamente
RispondiEliminaAnna ha fatto una analisi esaustiva non c'è da aggiungere nulla, tranne il vero perchè di tutta questa alienazione.
RispondiEliminaI social network sono armi di distrazione di massa, un mezzo per rendere le persone isolate ed ovviamente facilmente controllabili. Il cambiare la moralità rendendo accettabile l'inaccettabile è tutto ben programato e messo in essere.
La colpa non è di nessuna generazione, è un programma specifico di controllo delle masse in opera da millenni, sono cambiati solo i mezzi.
LA DITTATURA PERFETTA
70 o 80 anni fa Huxley che era all'interno dell'èlite descrisse in un libro la attuale società:
La dittatura perfetta avrà le sembianze di una democrazia, una prigione senza muri nella quale i prigionieri non si sogneranno mai di fuggire. Un sistema di schiavitù dove, grazie al consumo e al divertimento, gli schiavi ameranno la loro schiavitù. - Aldous Huxley
Ed è proprio quello che sta succedendo non trovi Anna?
Gianni
Si, concordo Gianni, i social sono armi di distrazione e distruzione di massa della coscienza e dell'etica, ma secondo me le generazioni di cui parlavo hanno fatto da apripista coi loro comportamenti.
EliminaIl benessere del boom economico ha flippato il cervello a tante persone e per me regalare uno smartphone o un pc a un bambino è da folli sciagurati, programmazione millenaria o meno.
Laddove c'è chi detiene un potere sulle masse ci sono masse che glielo permettono perché hanno perso il senso delle cose e del loro valore.
Se avessi un figlio sarebbe molto difficile per me perché non gli metterei in mano tecnologia che non sa controllare, rischierei di essere odiata e non capita ma non è neanche questo il punto, il punto è che al giorno d'oggi se non hai questi gingilli elettronici e non stai sui social già alle elementari sei un paria e uno sfigato e io dovrei lottare tutto il tempo con mio figlio e la società con le sue follie.
Noi abbiamo vissuto senza sta roba per tanti anni e non siamo vissuti male, adesso che usufruiamo di Internet non siamo più o meno felici di prima.
Anna
L'ELEMENTO NON COSIDERATO
EliminaI social network ne sono l'esempio eclatante. La triste condizione umana ha una spiegazione. Da senpre gli umani sono pecore che si fanno tosare, mungere, e macellare belando dalla contettezza.
Se si guarda il quadro generale risulta che le persone sono incentivate ad appartenere o riconoscersi in qualcosa e c'è nè motivo.
Si tratta dei campi mentali condivisi che gli antichi chiamavano egregore, è questo l'elemento non considerato che trasforma gli umani in automi.
Oggi le scienze della mente grazie alla meccanica quantistica hanno capito come funzionano, cosa che gli antichi già sapevano e usavano alla grande.
I pensieri sono energia che contiene informazione il cervello funziona a elettricità vibratoria, essendo onde lasciano la testa e si diffondono nell'ambiente.
Quano trovano un pensiero simile vanno in risonanza e si autoalimentano, tutto dipende da quante menti hanno lo stesso tipo di pensiero, essendo tante il campo mentale condiviso acquista vita propria, non è vivo ma si comporta come se lo fosse.
Il suo scopo è semplicemente esistere e si nutre dell'energia vibratoria delle persone che ne fanno parte, ed è sempre dannoso.
Il campo mentale condiviso essendo collegato con le menti dei suoi membri scarica sul cervello un programma parassita, che obbliga la persona a comportarsi in modo da alimentare il campo.
I social network hanno vita propria perchè chi li frequenta viene parassitato e poi obbligato a farne parte. Ovviamente chi li frequenta per informazione non viene parassitato.
Le religioni, la credenza in Gesù, la politica, la chemioterapia, il calcio e così via sono tali campi.
Chi li avvia deve solo iniziare il meccanismo che poi si autoalimenta e le pecore si danno un gran da fare per fare gli interessi dei loro macellai.
LA SOLUZIONE
I maestri da sempre inascoltati lo dicono. Le persone hanno bisogno di essere libere e non di appartenere a qualcosa
Gianni
Quello che dici è verissimo Gianni, io stessa come già scrissi ho avuto una pessima esperienza su Facebook anni fa perché mi identificavo col mio essere vegana e ci restavo nonostante l'energia negativa si tagliasse col coltello per organizzare eventi a difesa degli animali.
EliminaPoi ho capito che dovevo smetterla, uno di identificarmi col mio veganismo e due di credere che attraverso un social si potessero davvero svegliare le coscienze, e mi sono liberata di tutto quel mondo fasulli e allucinante.
Il pericolo dell'identificarsi è sempre in agguato, ogni giorno è una prova molto ardua ma che si può superare, la libertà è rendersi conto di essere schiavi e di essere qui per affrancarsi dalla schiavitù comprendendo che la realtà alla fine è una simulazione piena di test che volenti o momenti dobbiamo attraversare e superare, e più ne superiamo non reagendo come automi ad ogni evento, meno test ed ostacoli ci saranno nel corso degli anni.
La coss più bella che mi è capitata è vedere come cambiando totalmente il mio atteggiamento verso le persone, anche loro hanno cambiato il loro come per magia e la mia realtà con loro si è trasformata in meglio.
Il che conferma la questione eggregore positive ed energia condivisa.
Anna
E tu Gianni non ti riconosci in qualcosa? Non fai parte di un campo mentale condiviso con Anna ed altri milioni di persone creando un egregora? Il tuo pensiero non è in risonanza con altri autoalimentandosi? Tu non 6 parassitato? La controinformazione non è un campo come gli altri che hai elencato? E soprattutto 6 libero?
RispondiEliminaAtunis hai fatto una osservazione molto centrata ti devo ringraziare per avermi messo in dubbio è un modo eccellente per guardarsi dentro.
RispondiEliminaTutti facciamo parte di un campo mentale condiviso, il solo fatto di essere italiano ti colloca nel suo campo.
Chi segue un percorso di risveglio spirituale inevitabilmente entra in qualche egregora, la controinformazione è una egregora ma solo nelle idee simili, e così via.
I campi mentali condivisi possono anche essere non negativi, non ho detto positivi, in ogni caso bisogna fare ogni sforzo per essere unici e avere pensieri propri è il solo modo di evitare i campi mentali condivisi.
In quanto a me sono libero? Domanda di difficile risposta.
Faccio parte degli eseri umani e non delle macchine, non faccio parte delle pecore, ho pensieri miei, non mi riconosco in nulla, praticando lo sciamanesimo vado in cerca di risposte nei mondi invisibili, vivo in modo frugale, questo e altre cose dovrebbero qualificarmi tra i liberi.
Ma....c'è sempre un maledetto ma, qualunque cosa fai un maledetto ma... spunta sempre.
Sono molti anni che mi do da fare eppure ogni tanto spunta qualcosa che richiede attenzione, quindi non guarito, l'unica cosa sensata da fare è di essere onesti con se stessi e riconoscere che abbiamo qualche diavoletto o qualche ombra che va riconosciuta e integrata.
Per cui la risposta alla tua domanda è che sono una persona in cerca della libertà, questo non mi qualifica tra i liberi.
La cosa bella di questi percorsi è che capisci che stai imparando e per quanto impari ti si aprono ancora più domande.
Nessuno è superiore a nessuno, nessuno ha la verità, siamo tutti in cammino con i nostri limiti e io di limiti ne ho molti.
Gianni
Grazie della tua risposta.
RispondiEliminaC'è sempre chi afferma incautamente di essere libero.. Ovviamente non è mai vero, nessuno lo è, nessuno è "arrivato", e credo che saperlo sia già un passo avanti.
EliminaDubito ergo sum! ^_^
Siamo tutti parassitati, la guarigione inizia quando ce ne rendiamo conto e iniziamo a coltivare pensieri nostri, e riconosciamo i nostri pensieri da quelli indotti perché sono armonici con ciò che proviamo e viviamo, se arrivano d'improvviso a guastare l'armonia non sono nostri. Bisogna lavorare continuamente su questo e sul non identificarsi con nulla, nemmeno l'idea che abbiamo di noi stessi, capendo che ospitiamo molti Io e che la mente...mente 😉
RispondiEliminaCondividiamo anche il campo mentale con gli altri esseri umani, ma cambiando noi atteggiamento e visione della realtà come per incanto anche le persone che fanno parte del nostro microcosmo iniziano a cambiare, solo che spesso lo fanno inconsapevolmente, continuando quindi a subire come automi la forte energia di chi invece fa un lavoro consapevole.
Chi si lascia manipolare fa proprio questo, subisce il potere e l'energia vibratoria di un'altra o più persone senza capire che glielo sta lasciando fare poiché non avente coscienza di ciò.
La libertà avviene con la presa di coscienza e col lavoro fatto successivamente per diventare da automi ad autonomi.
È un lavoro che dura una vita intera ed è pieno di prove, ma è sicuramente molto appagante.
Anna
L*uomo non sarà mai libero veramente fin quando non riuscirà a liberarsi dal Male e ci riuscirà solo e soltanto quando libero da vincoli terreni,lascerà questa esistenza per accedere al mondo che gli spetta di diritto.Questo ovviamente,è solo un mio parere personale e quindi si può contestare tranquillamente.Emilio
RispondiEliminaGiovanni 8,31-32
RispondiElimina31 Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; 32 conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».
E' detto anche qui... questione di interpretazione esoterica o essoterica...
Anna hai proprio ragione, siamo tutti parassitati.
RispondiEliminaDici bene nell'osservare i pensieri se sono armonici o no, è tra le poche cose che si possono fare, serve controllo e disciplina, ci vuole molto poco per cadere in costruzioni fantasmatiche.
E' facile parlare di amore, ma l'oscurità dove la si mette?
E' l'altra faccia della medaglia, due aspetti complementari dell'unità.
Prima o poi l'oscurità la si affronta, prima o poi la notte oscura dell'anima colpisce, si viene pesati, misurati e se ritenuti mancanti l'oscurità avvolge la vita, solo quando succede si sa quanto si vale.
Emilio forse dirà brrrrr.
Si fa un gran parlare dell'amore, io sono molto cauto con l'amore, molto più spesso di quanto si creda è solo l'ego al comando che usa l'amore per restare sovrano, felici contenti e addormentati.
Amore è anche dire di no, non aiutare, girarsi dall'altra parte, non fare il volontario, fare la faccia cattiva, perchè si ritiene che queste sono la giusta risposta, strano eppure è così.
L'amore a prescindere è moltissimo sospetto, la puzza dell'ego è sempre la stessa.
Gianni
Pienamente d'accordo sull'amore, ho spesso attuato i NO di cui parli per non alimentare sofferenza e disarmonia, e non sono stata capita in passato, ma ero convinta di quello che facevo e sono andata per la mia strada, trovando poi il giusto compagno di viaggio per me.
EliminaL'amore non prevede gelosia, senso del possesso, e soprattutto non prevede tornaconti personali.
E per quanto cerchi io stessa di vivere con amore, questa parola la trovo troppo inflazionata e usata a sproposito, perché dell'amore terreno non ho grande fiducia e so quanto sia molto spesso un riflesso del nostro egoismo.
Anna
L'amore ti da le ali e ti fa volare.
EliminaIl resto è solo controllo o egocentrismo.
Gianni
ATTACCAMENTO BELLA STORIA
RispondiEliminaUn maestro vive modestamente in una capanna in riva ad un lago vivendo di pesca, la testa dei pesci la tiene per se e il resto del pesce lo da ai poveri. Il suo allievo decide di andare sulla montagna dove vive il grande Dio per chiedere cose, il maesto gli dice già che è li di chiedere perchè è fermo e non progredisce
Il Dio dice al giovane che il maestro è troppo attaccato alla materia, il giovane contesta, il Dio ripete la sua sentenza.
Al ritorno il giovane da la risposta al maestro che subito si mette a ballare e cantare tutto allegro che ha capito.
Al giovane sconcertato il maestro dice:
E' vero che tiene per se solo la testa dei pesci e il resto lo da ai poveri, ma è altrettanto vero che poi per tutta la notte non riesce a togliersi dalla testa il resto del pesce.
Gianni
IL VOLONTARIATO COSA REALMENTE E'
RispondiEliminaSe lavori gratis crei danni enormi
1 – Stai dicendo che il tuo lavoro non vale niente.
2 – Stai dicendo che tu non vali niente
3 – Stai dicendo che chi chiede di essere pagato per lo stesso lavoro evidentemente è un ladro
4 - Stai creando dei disoccupati
5 - Stai infliggendo sofferenza a chi hai tolto il lavoro
6 - Stai togliendo il futuro a chi hai tolto il lavoro
7 – Stai accrescendo la ricchezza e il potere di chi ti sfrutta
8 – Se ora lavori gratis, la prossima volta dovrai pagare per avere il "privilegio" di lavorare.
Piuttosto che lavorare gratis, usa quel tempo per imparare altro e per divertirti.
Sarai più preparato e più riposato per la prossima volta che ti offriranno un lavoro pagato
Anonimo
Oh, finalmente! Argomento spinoso e vittima di retorica pelosa e buonismo ancora più peloso.
EliminaDunque, quando ho perso il lavoro a Dublino anni fa, in piena crisi, ho deciso di fare volontariato presso una casa rifugio per senzatetto per lo più alcolisti o alcolisti e tossicodipendenti in cura. Per fare questo bisognava fare un corso di due mesi onde essere preparati a qualunque evenienza, e i soggetti dichiarati idonei sarebbero stati scelti tra il centinaio di partecipanti.
Bene, ho superato le prove del primo mese e volevano già cominciare a farmi fare qualche ora per immergermi nel "lavoro" da fare nella struttura.
Peccato che pretendessero almeno 6 ore di disponibilità continuativa di giorno e di notte 3-4 giorni a settimana, e che decidessero loro i giorni e i turni. In più bisognava tassativamente avvertire almeno uno o due giorni prima se non si poteva coprire il proprio turno, pena l'espulsione dal gruppo di volontari.
Ho fatto presente che a casa mia il volontariato si basa sui giorni e sulle ore decise dal volontario, proprio in virtù del fatto che sta donando alcune ore del suo tempo per aiutare chi è in difficoltà, e che il modo in cui loro strutturavano turni e disponibilità mi suonava di lavoro in tutto e per tutto però gratis per loro e di spese di mezzi pubblici non rimborsare per me.
La responsabile mi ha guardato come se avessi tre teste e abbiamo avuto una breve discussione alla fine della quale ho alzato i tacchi e me ne sono andata.
Ho poi continuato ogni tanto e quando potevo e volevo, ad aiutare in un charity shop vicino casa mia, e nessuno mi imponeva giorni e ore.
Credo nel volontariato solo se praticato in modo discontinuo, senza tabelle fisse di giorni e orari e solo se serve a coprire mancanze temporanee di personale, non certo come sostituzione di un lavoro pagato adeguatamente.
In Italia non faccio più volontariato perché l'ho già fatto sotto le mentite spoglie di un lavoro, ovvero ho lavorato in posti dove mi pagavano da schiava pur avendo io le qualifiche, e pretendevano piena disponibilità.
Anna
Anna la tua testimonianza conferma che si tratta solo di sfruttamento mascherato da buonismo, e ci cascano in massa, quello che i volontari non capiscono è che stanno facendo i fini altrui non i propri.
EliminaAnni fa in posta quello davanti me con l'impiegata si stavano leccando orgogliosi perche entrambi volontari nelle ambulanze, i presenti erano tutti contenti dei due.
Poi tocca a e dico all'impiegata che ho sentito che fa a volontaria nelle ambulanze e lei gongolava tutta orgogliosa e sorridente, dopo una pausa ad effetto gli chiesto se non si vergognava di fare la schiava e togliere il lavoro ad altri, lei era sgomenta, a momenti i presenti mi menano.
Gianni
Ognuno fa quello che vuole, ma di sicuro il volontariato andrebbe regolamentato perché è esattamente come dici tu, è sfruttamento non pagato e personalmente non essendo affetta né da buonismo radical chic né da sindrome della crocerossina non farò mai del volontariato che non possa gestirmi come meglio credo.
EliminaPurtroppo ormai pure nei canili e nei rifugi per animali è diventato così, si chiedono sempre più ore con la scusa dei poveri animali, si gioca molto sul senso di colpa del volontario in buona fede di turno, e ci hanno bell'e fregato.
E se provi a dire che si, sei vegana animalista (ovvero fai già più dei volontari stessi dei canili, che mangiano vitello e pollo e poi piangono per il cagnolino abbandonato) ma hai anche le tue spese da affrontare, animali in casa tua da mantenere in salute e in malattia e anche i soldi contati per far quadrare il bilancio familiare, ti guardano con schifo e disprezzo e cominciano a tirar giù il pippolone moralista de noantri che lascia il tempo che trova.
No grazie, faccio a meno di tutta questa pletora di ipocriti e lacchè del sistema travestiti da altruisti.
Anna
Il volontariato! Un'anomalia tutta italiana ..no comment ;)
Elimina*in piena crisi economica
RispondiEliminaHo avuto modo di conoscere personalmente parecchi volontari conosco bene le loro motivazioni nascoste, di cui nemmeno ne sono coscienti.
RispondiEliminaLe vere motivazioni che spingono i volontari risiedono nella infelicità, un senso di vuoto, una vita di cui non hanno il controllo, si sentono degli zero.
Invece di cercare la felicità dentro se stessi la cercano all'esterno, cercano di riempire un vuoto che non può essere colmato.
La divisa luccicante li fa sentire importanti, per anni per motivi professionali ero spesso all'ospedale di Siena ne ho visti un numero incontabile che sembravano dei pavoni.
Poi la ragione da motivazioni serie, che sono solo stupidaggini, menzogne dell'ego niente di più, se glielo dici si arrabbiano.
Si sentono importanti, ammirati, l'egoismo in azione alla grande, anelano ad avere riconoscimenti oppure si danno da se una pacca sulle spalle. Una cara amica poco tempo fa tutta orgoglisa mi ha detto, sai sono una volontaria, l'ho mandata a cag... mi ha fatto un polpettone di grandi motivazioni, tutte palle ben raccontate.
Gianni
Si esatto, ecco perché quando ho scritto il mio commento su Dublino ho corretto la frase "in piena crisi" con "in piena crisi economica", altrimenti sembrava che mi fossi approcciata al mondo del volontariato perché in piena crisi emotiva-spirituale. Ovvio che di crisi emotive e spirituali ne ho attraversare diverse in vita mia, altrimenti non sarei qui ora, ma ciò che mi ha fatto avvicinare al volontariato è stata la curiosità. Volevo vedere coi miei occhi come si svolge il volontariato con persone bisognose di aiuto e in un certo senso volevo osservare i rapporti che si instaurano tra volontari e assistiti.
EliminaE ho capito che l'unico rapporto -nella mia esperienza almeno- che si instaura tra volontario e assistito è il provare pena per il bisognoso, da non confondere con la compassione anche in senso buddista, no proprio la pena, quella della superiorità di chi, tranquillo nel suo status di benestante ma con un vuoto interiore spaventoso e il bisogno di sentirsi buono e utile, si appresta ad aiutare a modo suo il bisognoso, che deve restare sempre nel suo mondo di poveraccio emarginato dalla società e non deve intaccare la vita del volontario una volta finite le ore di assistenza, ma che è assolutamente necessario al volontario buonista radical chic per continuare a raccontarsi quanto è altruista.
D'altronde in questo mondo dualista non abbiamo forse bisogno di chi ci ricordi chi e cosa vogliamo o non vogliamo essere? Se non avessimo una pietra di paragone come potremmo decidere se servire il bene o il male e agire di conseguenza?
Poi bisogna vedere come usiamo quel dualismo, se per evolvere o per continuare a vivere di illusioni.
Con questo non sto dicendo che non bisogna aiutare i bisognosi, ma ci sono tantissimi modi di farlo e senza raccontarlo in giro, poiché l'aiutare in silenzio e senza fanfare un bisognoso da cui non ci si aspetta nulla in cambio distingue una persona equilibrata sulla giusta via da un automa in cerca di riconoscimento sociale.
Anna
A questo proposito segnalo il film "Piovono mucche" del 2002, film italiano che parla del volontariato all'interno della questione degli obiettori di coscienza. Film ironico e brioso che però mostra tutte le crepe dell'organizzazione del volontariato e dello sfruttamento di ragazzi diciottenni non conformi al sistema finalizzato a guerre e servizio di leva.
EliminaAnna
Il dualismo di per se è sempre negativo, è positivo solo se lo si vede e se si integrano i due aspetti opposti.
EliminaNon è un caso che la società è tutta duale, tutto diviso, lo scopo in ultima analisi è di dividere il femminino dal maschile, dividi e impera, per riuscirci bisogna lavorare su tutti gli aspetti della vita che è proprio quello che fanno da sempre.
Se si unisce il femminino al maschile cosa succede? Si apre il terzo occhio ed è la fine per i manipolatori.
Anna hai centrato il punto, il vero aiuto avviene in silenzio, lo si da perchè lo si ritiene giusto senza riconoscimenti egoici, questo fa crescere.
Questo è l'altruismo dei risvegliati o in cerca di risveglio, l'altro tipo è quello di chi dorme.
Gianni