mercoledì 15 agosto 2018

Siamo già tutti in una relazione a tre

di Pierpaolo Mandetta

"Non potevo credere di essere nel salotto di una coppia aperta, che sparecchiava la tavola mentre guardavo la Tv, e tremavo all’idea che di lì a poco avrei sperimentato il sesso a tre.

Ma torniamo indietro. 
Era fine estate, quel periodo un po’ friccicarello in cui i tramonti arrivano ogni giorno un po’ prima, e col giubbotto li ammiri come se ti stessero portando via una promessa infranta. Ci si aspetta sempre grandi cose, dall’estate. Io sognavo un fidanzato con cui trotterellare verso l’inverno, lungo viali di neve, con una cioccolata in mano e le fisarmoniche suonate dai mendicanti, a cui avremmo dato qualche spicciolo per sentirci due che non solo si amano, ma fanno pure una buona azione. Lo immaginavo alto, col ciuffo fuori dal cappellino di lana e vestito di verde scuro. Imbranato, per darmi l’occasione di pulirgli la cioccolata dalla barba.

Invece, con me l’estate aveva fatto la stronza: baci deludenti, scopate sotto le stelle con turisti che all’alba mettevano in moto, e io che rincasavo sempre da solo, e mi fermavo sui gradini ad ascoltare i grilli.
Siccome era tutto magico solo nella mia testa, criticavo duramente chi umiliava la mia idea di romanticismo. Odiavo le coppie aperte, così frequenti nel mondo gay. Sbraitando che schifo le chat, che schifo le disco con le dark, che schifo chi cerca una sveltina e basta, che schifo chi tradisce. 

Ma il mio mondo era comunque in pericolo, perché in paese un sacco di matrimoni finivano in divorzio. Avvilito, mi stavo convincendo che Dawson e Joey si fossero alzati dal molo del fiume, e fossero diventati un ex alcolista e una dirigente Tv che dimentica i bambini dalla tata. L’era moderna aveva offeso la virtù della relazione ...


Così una sera di novembre, col cuore freddo, accettai l’invito a cena di una coppia. 

Guidando, mi ripetevo che era uno sbaglio. Che se avessi fatto una porcheria simile avrei detto addio per sempre al mio sogno col bravo ragazzo e la cioccolata calda. Ma ero arrabbiato coi tempi che cambiano, con la mia generazione dissoluta, col bisogno di sesso, con le troie, coi matrimoni a pezzi che rovinano i figli, con chi si arrende e si lascia, e con tutte le bugie dei miei genitori, che stavano insieme da trent’anni ma litigavano continuamente. Mi aggrappai al volante, mi misi a piangere e ricordai di quella volta che a sette anni, una notte che ascoltavo dal mio lettino, papà minacciò di andarsene.

Allora non frenai, ma giunsi a casa loro per dimostrare che l’amore non esiste. Mi asciugai le guance, bussai alla porta con la mano vigliacca, ed entrai immaginando di trovarli nudi e affamati di cazzo.

Avevano una bella casa. Non di quelle che s’immagina da gay, bianco e oro e coi pezzi da design. No, una casa all’italiana come tante. Con una dispensa per le conserve, una libreria con le foto dei parenti, un cesto dei panni sporchi.
Marco mi portò delle pantofole per stare comodo e mi presentò il cane, ormai attempato e giuggiolone davanti alla stufa. Giacomo mi aveva preparato il brodo con le polpettine. Parlarono dei loro vecchi da accompagnare in ospedale, della crisi sul lavoro, del crudo in offerta alla Coop. 

Guardammo poi Hero 6 sul divano e a un certo punto mi abbracciarono insieme. Marco mi accarezzava la testa, Giacomo mi baciava il collo con tenerezza. Per un istante m’immaginai nella sigla de Willy il principe di BelAir, “poi tanto male non è”. Infine, terrorizzato come in una sala operatoria, mi sdraiai nudo su un grande letto, assieme a loro, che mi toccavano accorti per tranquillizzarmi. Marco mi disse che, quando volevo, potevamo smettere. Ma no, ero deciso a smascherarli. Volevo documentare che il sesso mette in discussione l’amore. E invece, dopo il torto subito dall’estate, anche l’autunno mi umiliava: mentre i due facevano sesso con me, si baciavano e tenevano per mano come fidanzati al secondo mese insieme, e non riuscivo a sopportare che io fossi in errore. Non sopportavo che non riuscissi a capire, e che ogni cosa intorno a me fosse più complessa della romantica illusione dello stare insieme e basta.

(L'immagine, presa dal web, non ritrae i protagonisti del racconto)

Una volta rivestiti, continuarono a trattarmi con cura. Prendemmo un caffè e poi Marco mi accompagnò all’auto.

Mi diede un ultimo bacio, ma lo trattenni, fissandolo col broncio. 

Pretendevo da lui delle risposte e gridai le mie domande. Come fate a non essere gelosi l’uno dell’altro? Non avete paura che qualcuno al di fuori del rapporto possa separarvi? E se mentre fate sesso, uno di voi due si innamora del terzo? O il terzo si innamora di uno di voi? Come fate a gestire un simile pericolo? Perché, se avete deciso di unirvi, non avete il coraggio di restare solo voi? Perché non vi bastate sessualmente? Perché sembrate felici così come fate, e a soffrire nel guardarvi sono io?
Marco mi abbracciò come un fratello maggiore che ci è passato, ma non può mollare il predicozzo perché è inutile spiegare. 
Mi disse solo «noi ci amiamo. Giacomo è la mia famiglia. Non si sta insieme per impedire che l’altro possa innamorarsi ancora di qualcuno.»

Mi sistemò la sciarpa e mi raccomandò di andare piano. Quella notte, una coppia aperta mi insegnò a non giudicare, e io mi sentii piccolo e puerile.

Cinque mesi dopo ero ancora single. Davanti a un gelsomino in fiore, scrivevo al portatile e pensavo alla diversità. A tutte le volte che rendiamo perversa una faccenda che ci risulta non in linea col nostro modo di agire. Alle paure personali, che si rispecchiano nel proibizionismo. Proibire la droga per paura che ci seduca. Proibire la prostituzione per non cadere nella scappatella. Proibire le famiglie omogenitoriali per non doverle spiegare ai più piccoli. Proibire che l’amore stia sciolto per prevenire l’abbandono.

Una volta deposte le false convinzioni, possiamo ammettere di essere deboli e vulnerabili. Di essere umani.

Che quando biasimiamo il prossimo, stiamo solo palesando il terrore che il mondo, come lo abbiamo imparato, possa essere stravolto. Che ci piace camminare sulle certezze come strade familiari in cui ci sono il panettiere, il macellaio e la fioraia. Che, nell’egoismo, non vogliamo subire il dovere di adattarci.

L’ammissione più importante di tutte, però, credo sia quella di temere che le novità possano risvegliare desideri rinnegati. 

Quando proibiamo che gli altri facciano qualcosa che noi non faremmo, probabilmente stiamo cercando di non puntare lo sguardo su noi stessi nei loro panni.

Chi fa sesso a tre mi ha ricordato che il nemico non è il terzo, ma l’ipocrisia di far finta che il terzo non esista già. 

Il terzo è un sms nascosto. Una litigata senza perdono. Un regalo mai donato. Una gravidanza che possa aggiustare le cose. I film porno nascosti sotto il letto. L’ostilità dei suoceri.

L’amore vero non è mai a due. Perché c’è sempre il terzo, ed è la vita reale."

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4 commenti:

  1. L Amore,quello vero,sincero e disinteressato e non il sesso che è tutto un altro discorso non conosce,a mio modesto parere,confini o limitazioni di nessuna natura.L importante secondo il mio punto di vista è che esso non si limiti solo e esclusivamente a una semplice attrazione di carattere sessuale ma sia bensì qualcosa di veramente puro e profondo a livello spirituale.E per spiegarmi ancora meglio,io voglio semplicemente dire che se due esseri di questo pianeta,indipendentemente da quelle che possono essere le loro inclinazioni sessuali,si vogliono bene veramente e il loro è un affetto puro e sincero,una società che si definisce civile e pluralista ha l obbligo di accettarli pienamente a tutti gli effetti.A mio avviso la cosa veramente importante è solo che essi rispettino sempre e comunque le regole e le leggi di questa società e questo significherebbe in un certo senso anche un grande passo verso l evoluzione del nostro mondo.Emilio









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  2. L'amore ha tantissime sfumature e nessuno deve permettersi di giudicare gli altri. Giacomo però non si è innamorato di PierPaolo, ha solo deciso in accordo col compagno Marco di fare sesso con un'altra persona, le loro strade si sono poi separate.
    Questo non è amore a tre.
    Anni fa volevo molto bene ad una donna, lei ne voleva a me e al mio compagno. C'era una splendida amicizia tra noi.
    Uscivamo insieme, ci divertivamo, ci aiutavamo nei momenti bui, ma poi un giorno lei ha detto che si era innamorata di noi due e voleva stare con noi. Sognava una vita con noi, una casa in cui abitare con noi, e una storia d'amore a tre con tutti i crismi.
    Ho dovuto allontanarla non senza prima dire al mio compagno che lui era libero di vederla se voleva.
    Anch'io credo che non si sta insieme ad una persona per impedirle di amare altre persone.
    Il mio compagno e io siamo ancora insieme, anche se questa storia ci ha scombussolato perché non ne avevamo esperienza e questa donna non ha capito che non era possibile, perché queste cose possono accadere e andare avanti solo se tutte le parti in gioco provano le stesse cose e sono risolte dentro, altrimenti è solo un gran casino.
    Io poi l'ho anche scritto giorni fa, già trovo che le relazioni a due siano abbastanza difficili (parlo per me), figuriamoci a tre.
    Però questo può essere un mio limite.
    L'amore non è mai esclusivo ma inclusivo, e se ci sono persone che riescono a portare avanti vere e proprie relazioni a tre o con qualunque numero di altre persone, relazioni intese non sessualmente che è la coss più semplice, ma moralmente e spiritualmente, sono felice per loro.

    Anna

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    1. Argomento difficile, concordo sia con Emilio che con Anna.

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