Tutti ricordano il crollo delle Torri Gemelle di New York. Era l'11 settembre 2001, una data che potrà essere adottata dai libri di scuola del futuro come quella di un'epoca che si apre.
Quel giorno io ero a Modena e Morena [dott.ssa Gatti] a Londra.
Tutti e due vedemmo il disastro in diretta TV e Morena mi telefonò dicendomi che, con tutta quella polvere, era impossibile che non si verificasse un'impennata delle "nostre" patologie. La considerazione era ormai del tutto ovvia per noi.
A un anno di distanza, il New York Herald Tribune chiese ai lettori di tutto il mondo di mandare qualche riga in commemorazione del disastro, e Morena scrisse che ci sarebbe stata tutta una serie di malattie e di morti di cui non si sarebbe capita la causa. Un messaggio un po' alla Nostradamus per chi non fosse informato sulle nanopatologie, ma chiarissimo e lapalissiano per tutti gli altri.
La cosa non ebbe alcun seguito finché una sera di fine agosto del 2004 mi squillò il telefono cellulare. Qualcuno mi chiamava da New York, dicendo che c'erano 170.000 persone che si erano ammalate di quelle che poi erano nanopatologie e chiedendo un intervento a buoi scappati. Non era certo la prima volta che avevamo conferma della teoria secondo cui a tanta polvere corrisponde l'instaurarsi di malattia. [...] .
La cosa non ebbe alcun seguito finché una sera di fine agosto del 2004 mi squillò il telefono cellulare. Qualcuno mi chiamava da New York, dicendo che c'erano 170.000 persone che si erano ammalate di quelle che poi erano nanopatologie e chiedendo un intervento a buoi scappati. Non era certo la prima volta che avevamo conferma della teoria secondo cui a tanta polvere corrisponde l'instaurarsi di malattia. [...] .
...[a New York] per motivi politici si era deciso di dimostrare che, se i grattaceli erano crollati, se i morti c'erano stai, anche perché quelle cose le avevamo viste tutti, la cosa era finita lì senza altre conseguenze.
Morena andò a New York, invitata da una associazione di ricerca chiamata FASE.
A New York, a due passi dal cratere del Ground Zero, c'era, e c'è tuttora, un piccolo centro in cui si trattano i pompieri che erano stati coinvolti nelle operazioni di soccorso e che per settimane, quando non addirittura per mesi, avevano respirato e mangiato la polvere finissima che il disastro aveva generato. Nel disastro erano letteralmente spariti due aerei e due fra i più grandi grattacieli del mondo con tutto ciò che aerei e grattacieli contenevano, compresi molte migliaia di computer con tutti gli elementi insoliti che li compongono e migliaia di tonnellate di amianto, un minerale la cui capacità di indurre il cancro è notissima e indiscussa.
Morena andò a New York, invitata da una associazione di ricerca chiamata FASE.
A New York, a due passi dal cratere del Ground Zero, c'era, e c'è tuttora, un piccolo centro in cui si trattano i pompieri che erano stati coinvolti nelle operazioni di soccorso e che per settimane, quando non addirittura per mesi, avevano respirato e mangiato la polvere finissima che il disastro aveva generato. Nel disastro erano letteralmente spariti due aerei e due fra i più grandi grattacieli del mondo con tutto ciò che aerei e grattacieli contenevano, compresi molte migliaia di computer con tutti gli elementi insoliti che li compongono e migliaia di tonnellate di amianto, un minerale la cui capacità di indurre il cancro è notissima e indiscussa.
Spariti dalla vista, ma, in realtà, trasformati in qualcosa d'altro: gas e polveri sottilissime e, a sentire le testimonianze unanimi di chi a New York abitava, queste polveri invadevano l'ambiente insinuandosi con grande facilità all'interno delle abitazioni: una specie di talco bianco, almeno così ci veniva descritto, che si posava lentamente ovunque ma che, prima di posarsi aveva aleggiato nell'aria per molto tempo.
Ad aggravare la situazione c'erano i condizionatori d'aria usati, come del resto in tutti gli Stati Uniti in maniera inutile e addirittura maniacale, e questi apparecchi convogliavano aria inquinata negli appartamenti dove la gente abitava, restandone inquinati a loro volta. L'EPA, l'ente di protezione ambientale più o meno omologo della nostra ARPA, si piegò immediatamente ai voleri della politica, per demenziali che questi voleri fossero, e rassicurò immediatamente la popolazione e i soccorritori: l'aria era perfettamente respirabile senza alcun pericolo.
Quella follia fu pagata a caro prezzo perché non furono prese le precauzioni del caso e si lavorò per settimane senza nessuna forma di protezione, mentre gli abitanti della città andavano, venivano e mangiavano senza sapere a quali pericoli andassero incontro. Il solo iniziare i lavori immediatamente, tranquillizzati dall'EPA, invece di aspettare che almeno parte delle polveri si disperdessero per diluizione fu alla lunga un vero e proprio disastro.
Così, pochissimi portavano una maschera protettiva davanti al volto, il cibo rimaneva esposto all'aria e le mani non erano sempre lavate adeguatamente prima di mangiare. Poi quella polvere fine finiva inevitabilmente negli abiti e nei capelli di chi era impegnato in zona trovando così un ulteriore vettore.
Comunque, stante il comportamento di quel tipo di particelle, è logico pensare che entro poche ore esse si trovassero in concentrazioni più o meno elevate entro un raggio ragguardevole. In aggiunta i detriti furono trasferiti in un'isola appena fuori New York dove le polveri sono a disposizione del vento.
Le conseguenze furono la solita tosse secca incoercibile, la solita diarrea abbastanza modesta e un po' di febbre. poi, piano piano, ecco l'instaurarsi di malattie, la più vistosa delle quali è la CFS (Chronic Fatigue Sindrome), quello stato di stanchezza cronica accompagnato da tutta una serie di sintomi di cui già si è accennato e che è quasi una costante tra i militari di Sindrome del Golfo o dei Balcani. Non poteva che farmi un certo effetto, quando anch'io andai a New York vedere i pompieri, uomini che parevano usciti da un film di Rambo, incapaci di compiere sforzi per chiunque abbordabilissimi uscire stremati da qualsiasi attività per quanto modesta. [...]
Può essere in un certo senso curioso vedere come oggi a distanza di anni e al cospetto di manifestazioni diventate ormai troppo palesi per passare sotto silenzio, diversi ricercatori americani e non solo stiano notando ciò che avevamo notato noi da tempo e di questo si attribuiscano una primogenitura. A noi la cosa non interessa: non sono meriti quelli che noi cerchiamo ma soluzioni.
Ed. Macro Edizioni
(1°ed. febbraio 2008)
Estratto del capitolo 26
Le conseguenze furono la solita tosse secca incoercibile, la solita diarrea abbastanza modesta e un po' di febbre. poi, piano piano, ecco l'instaurarsi di malattie, la più vistosa delle quali è la CFS (Chronic Fatigue Sindrome), quello stato di stanchezza cronica accompagnato da tutta una serie di sintomi di cui già si è accennato e che è quasi una costante tra i militari di Sindrome del Golfo o dei Balcani. Non poteva che farmi un certo effetto, quando anch'io andai a New York vedere i pompieri, uomini che parevano usciti da un film di Rambo, incapaci di compiere sforzi per chiunque abbordabilissimi uscire stremati da qualsiasi attività per quanto modesta. [...]
Può essere in un certo senso curioso vedere come oggi a distanza di anni e al cospetto di manifestazioni diventate ormai troppo palesi per passare sotto silenzio, diversi ricercatori americani e non solo stiano notando ciò che avevamo notato noi da tempo e di questo si attribuiscano una primogenitura. A noi la cosa non interessa: non sono meriti quelli che noi cerchiamo ma soluzioni.
Ed. Macro Edizioni
(1°ed. febbraio 2008)
Estratto del capitolo 26
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