venerdì 10 novembre 2023

Dopo Berlino, tutti i ''muri della vergogna'' che restano. E che crescono.


Il 9 novembre del 1989 cadeva il Muro di Berlino. 

In quel momento iniziavano promesse di libertà e di garanzia dei diritti fondamentali, di apertura dei confini, di esportazione della democrazia. Ma davvero è andata così o si tratta di una grande utopia, di un miraggio, di un’illusione?

In realtà da quel giorno iniziava il grande inganno. 
Basta vedere cosa è accaduto negli ultimi 30 anni: l’estensione dell’egemonia statunitense e la diffusione di un modello economico insostenibile, la globalizzazione, l’annientamento di tutte le diversità culturali, politiche e religiose e la commissione di crimini contro l’umanità, la ricerca sfrenata del petrolio e la distruzione dell’intero Medio Oriente, il depauperamento di ogni risorsa naturale e la ribellione incombente della nostra Madre Terra, infine l’irrefrenabile corsa agli armamenti e il rischio, presente ogni giorno, di una Terza guerra mondiale.

Pensare che a quell’epoca i muri costruiti nel mondo erano a malapena 15. 
Mentre attualmente ce ne sono più di 70, inclusi quelli già finanziati. Sono muri della vergogna, dell’egoismo, dell’odio, dell’avidità e della follia! 
Sono muri che rispecchiano la malvagità della natura umana ...


C’è il muro di George H. W. Bush (1990, e altri presidenti statunitensi a seguito) ai confini con il Messico.
C’è il muro che divide Israele dalla Cisgiordania e quindi Palestina. (2002, presidente Moshe Katsav)
C’è il muro tra il Marocco e il Sahara Occidentale, tra l’Egitto e la striscia di Gaza, tra il Kenya e la Somalia, tra la Grecia e la Turchia, tra l’Ungheria e la Serbia, tra la Norvegia e la Russia.
C’è il muro di Lima, che divide la capitale del Perù e il muro che attraversa San Paolo in Messico.
C’è il muro che separa l’India e il Bangladesh e quello che separa la Corea del Nord e la Corea del Sud.
E questi sono solamente alcuni dei muri fisici eretti negli ultimi decenni.

Ci sono tanti altri muri che sono invisibili: dai muri della povertà e delle disuguaglianze a quelli dell’indifferenza e del pregiudizio, dai muri mediatici ai muri dell’odio e dell’intolleranza.

Tutto questo merita di essere fermato all’istante, ma affidarsi alla volontà politica delle nazioni significa illudersi due volte. È compito della popolazione civile pretendere che gli errori del passato e del presente non vengano commessi domani e dopo domani ancora. 
(Continua qui: www.antimafiaduemila.com)


Secondo lo studio pubblicato nel 2020 dal Transnational Institute, almeno 6 persone su 10 vivono in un Paese con un muro di frontiera.

Persino l’Ucraina aveva un muro in costruzione. Fu, nel 2014, l’allora primo ministro ucraino Arseniy Petrovych Yatsenyuk ad annunciare un piano per fortificare quel confine che toccava la Russia. 
Voleva essere un nuovo inizio per il Paese coinvolto in una guerra con i separatisti sostenuti dai sovietici nella regione del Donbass, il territorio in Ucraina orientale citato di recente dal presidente Vladimir Putin perché i suoi abitanti (e non gli ucraini) hanno subito «un vero genocidio» per 8 anni.

Era stato uno scandalo di corruzione a rallentare i lavori: Vladimir Kulishov, direttore del servizio di frontiera del Servizio di sicurezza federale russo, aveva detto che l’Ucraina aveva interrotto le operazioni di scavo per la mancanza di denaro da aggiungere ai finanziamenti russi del progetto. Nel corso degli anni il muro cambiò nome, da “Project Wall” a “Muro europeo”.
Ma il nome non cambia la sostanza, né l’obiettivo.


La maggior parte delle nuove barriere è stata costruita soprattutto nel 2005 e nel 2015, con un picco straordinario 7 anni fa, quando ne vennero eretti 14 sparsi tra Francia e Gran Bretagna, in Norvegia, Svezia, Austria, Ungheria, Polonia, Slovenia, Grecia, Bulgaria e Macedonia.

Il continente con il maggior numero di muri è l’Asia, con il 56% del totale, seguita da Europa (26%) e dall’Africa (16%).A vincere il premio del Paese con più muri in assoluto, è Israele, che ne ha 6. Seguono Marocco, Iran e India, Sud Africa, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Turchia, Turkmenistan, Kazakhstan, Ungheria e Lituania.

Secondo la ricerca, le motivazioni per decidere di erigere un muro sono state, formalmente, le più disparate: in primis la prevenzione dell’immigrazione, poi del terrorismo, del contrabbando di merci e persone, del traffico di droga, il desiderio di risolvere controversie territoriali e il blocco di militanti stranieri.


Sul sito di World Population Review, un’organizzazione indipendente statunitense senza affiliazioni politiche che si impegna a rendere i dati demografici accessibili e comprensibili attraverso grafici e mappe, sono stati censiti i muri di confine.
(Continua qui: www.lasvolta.it)


L'Europa è tutto un muro

Secondo un documento pubblicato dal Parlamento Europeo lo scorso ottobre, a fine 2022 si contavano 2.048 chilometri di barriere ai confini Ue in 12 Stati membri, nel 2014 erano appena 315, nel 1990 zero.

A dare l’esempio fu la Spagna, che tra il 1993 e il 1996 realizzò 20,8 chilometri di recinzione intorno alle sue exclave in Marocco di Ceuta e Melilla. Pochi anni dopo è stato il turno della Lituania, che ha costruito barriere (71,5 chilometri) con la Bielorussia già tra il 1999 e il 2000, dunque prima di entrare nell’Ue (muri poi «ereditati» dall’Ue). In seguito alla crisi dei profughi “inviati” da Minsk in Europa, la repubblica baltica ha ampliato la recinzione a 502 chilometri.

Possiamo citare i 37,5 chilometri di barriera (con pali d’acciaio alti cinque metri) al confine tra Grecia e Turchia lungo il fiume Evros, Atene ha già annunciato che costruirà altri 35 chilometri.
Anche la Bulgaria ha eretto al confine turco una recinzione a partire dal 2014, che oggi conta 235 chilometri.


Come dimenticare l’Ungheria, che tra il 2015 e il 2017 ha costruito 158 chilometri di recinzione al confine serbo e 131 al confine con la Croazia (oggi membro Ue e di Schengen). 
Muri li troviamo anche ai confini esterni in Polonia, Estonia, Lettonia, in Francia all’imbocco del tunnel della Manica, per non parlare dell’Austria che nel 2015 ha «innovato», costruendo la prima recinzione (3,7 km) al confine con uno Stato Schengen, la Slovenia.

I muri insomma “crescono” e molti Stati membri vogliono che a finanziarli sia l’Ue ...
(Continua qui: www.avvenire.it)





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