lunedì 26 giugno 2023

In che modo l'arroganza rappresenta una minaccia per la libertà

Uno dei migliori esempi di arroganza che abbiamo oggigiorno è rappresentato dalla setta ambientalista. 

Quella che covano è di tale portata da farli arrivare a dire che l'essere umano è addirittura un cancro per il pianeta. Questa è una metrica palesemente anti-umana e un ovvio pretesto per future atrocità. 

Da quando esistono, gli stati hanno usato come giustificazione tutte quelle ideologie che avrebbero permesso loro di raggiungere maggiore potere. La tesi di aumentare i poteri del ramo esecutivo del governo, ad esempio, non fa gola all'apparato burocratico per le sue acute argomentazioni, ma perché gli permette di agguantare più potere. 
Lo stesso lo si può dire per il keynesismo e ora per l'ambientalismo. Negli ultimi decenni questa setta ha intrapreso una campagna rivolta principalmente ai giovani: terrorizzare la popolazione affinché cedesse il controllo socioeconomico e si potesse quindi respingere un'(eco)apocalisse causata dal cambiamento climatico. 
E la setta ha lavorato duramente per creare un alto costo sociale per qualsiasi tipo di disaccordo. Inoltre il “cambiamento dello stile di vita” richiesto è la de-industrializzazione del mondo sviluppato unita all'arresto dell'industrializzazione del Terzo Mondo. 
C'è un malinteso comune: la prossima grande ideologia malvagia che vorrà spazzare via il nostro mondo sarà facilmente identificata sin dall'inizio. Ma non è vero: il prossimo grande male si svilupperà come tutti quelli passati. 
A molti sembrerà sensato, sarà popolare e ci sarà una pressione sociale verso la conformazione. Ma sotto le belle parole ci sarà un rifiuto dell'umanità ed esso pianterà il seme per future atrocità. L'ambientalismo ha tutti i tratti di una tale ideologia: non merita l'altura morale da cui sbrodola i propri dogmi. Un ambiente sano, pulito e prospero per gli esseri umani è ciò che la nostra specie ha costruito per migliaia di anni. 
Non cadete nei tranelli di coloro che vogliono fermare o invertire tal progresso, e non sostenete mai un movimento che pensa che il mondo starebbe meglio senza di voi ...

"Estinzione umana, finché siamo in tempo" 

di Barry Brownstein

Nel suo libro del 1962, Capitalism and Freedom, Milton Friedman ha affermato: “L'umiltà è la virtù distintiva di chi crede nella libertà; l'arroganza, invece, è quella del paternalista”.

Oggi ci sono molti più paternalisti arroganti che non sempre hanno l'etichetta di progressista o socialista. Creano poco e pretendono molto da chi invece aggiunge valore alla vita degli altri. Come scrisse Friedman, il sistema di credenze in cui vivono gli arroganti è una grave minaccia alla libertà.

Nei miei anni d'insegnamento ho notato come, per alcune persone, l'umiltà non rappresentasse una virtù da coltivare. Tali individui erano preoccupati del fatto che altri se ne potessero approfittare; temevano che essere umili li avrebbe resi vulnerabili.

Le virtù incarnano stati mentali che non corrispondono a comportamenti specifici e l'umiltà non significa sottomettersi agli altri. Come l'arroganza, sminuirsi significa insistere sul fatto che si è ciò che invece non si è.

L'umiltà ci avvicina alla realtà: capiamo più chiaramente quanto dipendiamo dalla cooperazione con gli altri per la nostra esistenza; capiamo quanto siamo ignoranti, quanto è limitata la nostra conoscenza; capiamo quanto ci è stato dato rispetto a quanto abbiamo contribuito a dare. 
Siamo tutti fruitori di ciò che è stato costruito da altri vissuti prima di noi, siamo in soggezione per la maestosità di ciò che l'ordine spontaneo ha creato prima di noi. Quando siamo in contatto con la realtà, non possiamo fare a meno di sentirci grati. Entra in gioco la miseria quando invece viviamo in contrasto con la realtà; quando le voltiamo le spalle, l'umiltà ci aiuta a reimpostare il nostro orientamento.

Più umiltà coltiviamo, più possiamo spersonalizzare le nostre interpretazioni della vita; un tale cambiamento nel punto di vista ci rende più facili da frequentare e ci aiuta a diventare campioni della libertà.

Tramite Zoom io e mia moglie teniamo un club del libro per famiglie. Ogni settimana lavoriamo su un paio di capitoli di libri che vanno da The Road to Serfdom di F. A. Hayek ad Atomic Habits di James Clear. Di recente abbiamo terminato Leave Me Alone and I Will Make You Rich di Deirdre McCloskey e Art Carden.

Leggendo gli ultimi capitoli di quest'ultimo libro, nostra figlia s'è resa conto che “la mano invisibile non è personale”. McCloskey e Carden citano John Stuart Mill dal suo libro, On Liberty: “La società non ammette alcun diritto, né legale né morale, per quei concorrenti delusi, nessuna immunità da questo tipo di sofferenza; ed essi si sentono chiamati a interferire impiegando mezzi che invece sono contrari all'interesse generale, vale a dire frode, tradimento e forza”.

Nessun individuo, nessuna impresa, ha diritto a un trattamento speciale. La mano invisibile è impersonale; non mostra favoritismi. L'ordine spontaneo non ci favorirà, ma ci aiuterà a spiccare il volo. In Cosmos and Taxis, Hayek spiega che gli ordini spontanei non “hanno uno scopo particolare” e non sono progettati dalle menti umane. Tuttavia, scrive Hayek, l'ordine spontaneo “può essere estremamente importante per il nostro successo nel perseguimento” dei nostri scopi.

Ci è stato dato uno strumento d'immenso valore, eppure alcuni vogliono di più. Vogliono essere favoriti rispetto agli altri, vogliono garanzie che l'ordine spontaneo non fornirà mai.

Cerchiamo di capire perché alcune persone disdegnano l'ordine spontaneo. Essi infatti credono che i loro progetti siano particolarmente meritevoli e, attraverso il processo politico, mirano a ottenere ricompense che altrimenti non otterrebbero.

L'unico modo per essere riconosciuti in un libero mercato è fornire un bene o un servizio che gli altri apprezzano. Spiegano McCloskey & Carden: “L'innovatore borghese ottiene profitto, e la sua cena, rispettando la dignità degli altri. Non lavora costringendo gli altri a una "concorrenza" violenta, ma facendo un'offerta a un cliente che può accettare o rifiutare”.

Siamo di fronte a una scelta fondamentale su come ordinare la società: decidere se alcune persone e aziende sono speciali o rispettare la dignità di tutti. McCloskey & Carden scrivono: “L'alternativa al rispetto della dignità individuale è decidere le questioni economiche collettivamente, attraverso lo stato, una "concorrenza" autorizzata dalla politica”. 
Gli autori mettono in discussione il potere dello stato ponendo la seguente domanda: “Ci si può fidare di uno stato con tali poteri affinché non li usi a vantaggio dei cosiddetti ammanicati?

La risposta, come sappiamo, è no. 

In un discorso pubblico del 1977 Milton Friedman disse: “I due più grandi nemici della libera impresa negli Stati Uniti, secondo me, sono, da un lato, i miei colleghi intellettuali e, dall'altro, le grandi aziende di questo Paese”.

Ogni intellettuale”, continuò Friedman, “è a favore della libertà per se stesso e contro la libertà per chiunque altro”. 
Per quanto riguarda le corporazioni, Friedman aggiunse: “Ogni impresa è a favore della libertà per tutti gli altri, ma quando si tratta di sé stesse, la questione è diversa”. 
I leader aziendali sostengono che le loro attività sono speciali: “Deve esserci quel dazio per proteggerci dalla concorrenza estera; deve esserci quella disposizione speciale nel fisco; dobbiamo avere quel sussidio”.

Con così tanti che pensano di essere speciali, è “difficile trovare un sostegno genuino e disinteressato per una politica sistematica volta a potenziare la libertà”, tanto per usare le parole di Hayek.

Coloro che pretendono un trattamento speciale da processi impersonali, anonimi e incontrollabili mancano di umiltà. Vogliono credito per i loro risultati e incolpano gli altri quando i loro obiettivi non sono all'altezza. 
Con tale arroganza, la libertà è davvero impossibile.

Hayek disse: “Una civiltà complessa come la nostra si basa necessariamente sull'adattamento dell'individuo a cambiamenti di cui non può comprendere la causa e la natura”. Coloro che mancano di umiltà “attribuiranno tutta la colpa [per gli esiti che non gradiscono] a una causa evidente, immediata ed evitabile, mentre le interrelazioni più complesse che determinano il cambiamento rimangono loro inevitabilmente nascoste”.

Non dovremmo trascurare un avvertimento che ritroviamo in The Road to Serfdom: “Un rifiuto a sottomettersi a tutto ciò che non possiamo capire porterà alla distruzione della nostra civiltà”. L'arroganza ha le sue conseguenze.

Potrebbe sembrare che proprio le persone che hanno bisogno di praticare più umiltà siano quelle meno aperte al potere della sua virtù, ma questa è un'idea sbagliata. Tutti abbiamo il potere di scelta e incolpare gli altri per non aver esercitato tale libertà è il massimo dell'arroganza. Possiamo esercitarci riflettendo sui nostri bisogni e la volontà di ottenere un trattamento speciale per soddisfarli.

Se oggi ci manca l'umiltà, questo non rappresenta un tratto caratteriale permanente. Come ha scritto il professore di filosofia, Iskra Fileva, il carattere “non è un insieme di disposizioni stabili e unificate”. 
Fileva ha fornito grandi consigli a coloro che cercano di esercitare in modo coerente le virtù: “L'unità nel carattere è una conquista. E abbiamo maggiori possibilità di raggiungerla se lo consideriamo un obiettivo piuttosto che uno stato di cose esistente”. 

Possiamo migliorare solo “se [noi] facciamo uno sforzo”. 
Il nostro personaggio è un costante lavoro in corso, così come la società libera che aiutiamo a creare.

Il collettivismo nel mondo è in contrasto con la realtà. La nostra arroganza, anch'essa in contrasto con la realtà, alimenta il collettivismo. Eppure non siamo impotenti, possiamo smettere d'ingannare noi stessi. 

Possiamo vedere i limiti delle nostre menti e provare gratitudine per quanto gli altri fanno per noi; possiamo coltivare la curiosità sui processi spontanei e notare come la cooperazione umana crei miracoli. 
Se “l'umiltà è la virtù distintiva di chi crede nella libertà”, allora oggi possiamo diventare più consapevoli della nostra arroganza e, con la pratica, tornare alla realtà.

Traduzione di Francesco Simoncelli

NO!
L'uomo non è il cancro del pianeta 

La soluzione dei problemi dell'ambiente non è la riduzione della presenza degli esseri umani sulla terra, ma passa attraverso una responsabilità comune: cibo e risorse ci sono per tutti, basterebbe non sprecarle, non depredarle, distribuirle più equamente. 
E così come è umana la responsabilità del degrado ecologico, delle disuguaglianze, dello sfruttamento indiscriminato, allo stesso modo è umana la via d'uscita dalla crisi.
Bisogna cambiare il modello di sviluppo ... (Fonte)

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.