giovedì 9 febbraio 2023

Poliglottismo e iperpoliglottismo

 
Imparare nuove lingue - in particolare l'inevitabile inglese - è oggi diventato una quasi necessità, non tanto per tradurre un testo, per quello c'è Google translate e simili, ma soprattutto per viaggiare e interagire nel mondo. 
Molte persone ne sanno parlare fino a 4 o 5. Sono i poliglotti.
Leggendo un articolo sul signor Riccardo Bertani, un contadino di 92 anni che conosce 100 lingue non si può che rimanere a bocca aperta. Un iperpoliglotto!
Leggiamo qui ... 

Alcune considerazioni scettiche sugli iperpoliglotti
di Giacomo Taglinani

L'articolo in questione, pubblicato su Repubblica, ha destato il mio vivo interesse, come tutto ciò che di straordinario e di mirabolante ha a che vedere con i misteri del linguaggio umano. Già qualche tempo prima mi ero imbattuto nella figura di Riccardo Bertani da Campegine nel corso di alcune mie letture sugli iperpoliglotti, persone che parlerebbero fluentemente un gran numero di lingue.

La definizione di iperpoliglotta spesso cambia a seconda degli autori, ma potremmo ritenere tale, senza timore di smentite, una persona in grado di padroneggiare almeno dieci lingue ...

La Torre di babele, simbolo del poliglottismo

Wikipedia elenca un certo numero di poliglotti e di iperpoliglotti a partire dall'Evo Antico e dal Medioevo per arrivare a tempi più recenti, fornendo per ciascuno la data di nascita e di morte, annotando brevemente molti nominativi con qualche dettaglio biografico. 

Si parte da Mitridate, Re del Ponto, che gli Antichi ci dicono fosse capace di amministrare la giustizia nelle ventidue lingue parlate nel suo regno, passando per Federico II di Svevia, soprannominato Stupor Mundi, percorrendo secoli e giungendo infine a soggetti ancora viventi, come l'attore Viggo Mortensen - che a quanto pare parlerebbe soltanto sei lingue. https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_polyglots

Non è certo mia intenzione negare a priori l'esistenza del fenomeno dell'iperpoliglottismo. Semplicemente non posso evitare di nutrire qualche dubbio. Nella sostanza, sento di essere profondamente scettico. 

Cominciamo con l'analizzare alcuni contesti in cui più facilmente possono trovarsi soggetti in grado di parlare diverse lingue. Presso le popolazioni in cui si ha convivenza di lingue diverse, spesso da secoli, è naturale che si sviluppi una certa capacità di parlare o almeno di comprendere diversi idiomi oltre al proprio. Posso citare i seguenti casi:

1) Gli Israeliti sono abituati a parlare diverse lingue e ne apprendono facilmente di nuove. Non per nulla sono spesso chiamati cosmopoliti dai gentili. In non pochi casi le loro famiglie sono composte da coniugi di diversa origine. Rammento i signori S., che conobbi a Sassello e che ormai sono defunti (Z''L). Il capofamiglia proveniva dall'Austria e parlava tedesco, oltre allo Yiddish. Sua moglie era di origine turca e conosceva il turco, il tedesco e lo Yiddish. Entrambi si esprimevano in un buon italiano e parlavano l'ebraico in modo fluente, tanto che intercalavano i loro discorsi con parole ed espressioni di tale lingua (e si mostrarono sommamente inquieti quando diedi prova di capire quello che dicevano). 

2) I Cinesi apprendono facilmente per motivi di affari lingue assai diverse dalla propria nella fonetica e nella struttura. Possono trovare utile apprendere anche lingue in via di estinzione, al punto che ho potuto udire un cinese rispondere a tono in perfetto brianzolo alle provocazioni di T., un anziano parlante di quel dialetto gallo-italico. Accadde in un ristorante cinese. Comportandosi da cafone, T. aveva borbottato qualcosa come "U mangià da schivi". Al che il cameriere, per nulla intimorito, lo seccò con un "Basta che te pàghet". Se noi dovessimo imparare il cinese, non riusciremmo neanche a memorizzare poche espressioni stereotipate, senza contare le infinite possibilità di essere fraintesi per via della natura tonale della lingua e delle numerosissime omofonie. Le genti della Cina invece già solo gestendo un ristorante arrivano a imparare sempre meglio la nostra lingua, tanto dissimile dal loro idioma natio nei suoni e nel modo in cui sono formate le parole.

3) Tra le genti Papua della Nuova Guinea ci sono uomini capaci di apprendere numerose lingue di tribù vicine, spesso molto distanti dalla propria. Le condizioni di diversità linguistica in certe aree impervie e poco conosciute sono a dir poco incredibili, tanto che in una singola valle si possono trovare tribù che non hanno nulla in comune. Non sempre quelle genti mostrano curiosità e interesse per i loro vicini: lo stato di belligeranza non è una rarità e si danno anche episodi di esocannibalismo, tutte cose che non favoriscono lo scambio di informazioni. 
Uno studioso ha provato a registrare le voci di un gruppo che viveva a un'estremità di una valle e le ha fatte poi sentire a un altro gruppo che viveva all'imbocco della stessa valle, a pochi chilometri di distanza. Risultato: le frasi risultavano del tutto incomprensibili, come se fossero giunte da un altro pianeta.

4) Nel Nordovest dell'Argentina imperava il caos linguistico. Vi erano genti come i Diaghiti, che oltre alla propria lingua Kakán conoscevano spesso anche il Tonocoté, il Quechua e una lingua affine all'Atacameño. I membri di non poche popolazioni parlavano di norma quattro o cinque lingue, avendo conoscenza passiva di altrettante per via della convivenza in zone ristrette di un gran numero di etnie dissimili. 
Ancora oggi nella regione del Gran Chaco può capitare di trovare casi di multilinguismo di contatto come quelli descritti, in cui convivono lingue di ceppo Mataco (Mataguayo) con lingue di ceppo Guaycurú, anche se tutte sono minacciate dall'azione corrosiva dello spagnolo, vero e proprio idioma infestante responsabile della perdita di un gran numero di idiomi che un tempo avevano moltissimi parlanti. 

5) Le genti del Caucaso abitano in valli di altissima densità linguistica. Come già visto nel caso della Papua Nuova Guinea, anche nel Caucaso esistono distribuzioni strane di lingue diversissime all'interno di aree ristrette. Vi sono enclavi in gran numero e i casi di multilinguismo non si contano. Le lingue del ceppo nord-caucasico sono tra loro tanto diverse che si fatica non poco a ricostruirne una protolingua che renda conto di tanta diversità. 
Esistono anche lingue del ceppo kartvelico o sud-caucasico, come il georgiano, che non hanno alcuna relazione con le lingue nord-caucasiche: la denominazione è soltanto di carattere geografico. Il georgiano è una lingua di una tale complessità che ben pochi stranieri sono riusciti a impararla. Convivono con queste lingue difficilmente classificabili alcune lingue di diversa origine come quella degli Osseti, che è indoeuropea di tipo iranico e che discende dalla lingua degli Alani. 
Per inciso, stupirà molti sapere che un tempo esistevano parlanti della lingua alanica anche nella pianura padana, giunti con i Longobardi. Poco a sud dell'area del Daghestan si estende l'Azerbaijan, la cui lingua è di tipo turcomanno, appartenente al gruppo altaico.

Cosa spicca nell'analisi di tutte queste situazioni? 

Innanzitutto si vede subito che sono parlate sì diverse lingue, ma sempre in numero limitato: abbiamo a che fare con poliglotti, non con iperpoliglotti. 

Di norma si tratta al massimo quattro o cinque lingue e in alcuni casi sono tra loro imparentate; già non si arriva a trovare persone che ne parlino dieci. Le persone capaci di parlare diverse decine di lingue sembrano figure mitologiche e a quanto pare si trovano con la stessa facilità dello Yeti, degli unicorni o delle sirene. Tutto ci porta ad essere profondamente critici ogni qual volta si discute della stessa esistenza di genuini iperpoliglotti in grado di parlare cento lingue con la stessa naturalezza della propria. Inoltre l'apprendimento delle varie lingue avviene per esposizione diretta col parlato fin dalla più tenera età e non per studio tramite materiale scritto. 
Nessuno è mai diventato poliglotta grazie all'istituzione scolastica, alla scrittura e ai corsi. 

Dovremmo tutti porci una domanda. Come mai un tempo si parlava tanto degli iperpoliglotti e in questi tempi non se ne parla quasi più? Per capirlo è necessario fare un bizzarro paragone antropologico.

Un tempo esistevano numerosissimi settimini, ossia bambini prematuri che le giovani madri mettevano al mondo dopo soli sette mesi di gestazione. I primi figli in certe zone della Lombardia erano quasi tutti settimini. Perché questo? Semplice. Perché i fidanzati copulavano in gran segreto e non esistevano metodi contraccettivi, demonizzati dalla Chiesa Romana, così quando una ragazza si smutandava davanti a un uomo, restava incinta e si gonfiava subito. Ecco dunque la necessità delle cosiddette nozze riparatrici organizzate in fretta e furia. Molta gente ignorante e ingenua credeva che ci fosse davvero un motivo fisiologico per tale abbondanza di settimini: si pensava o si fingeva di pensare che una donna primipara mettesse naturalmente al mondo un bambino prematuro. Tuttavia quando giunse l'emancipazione sessuale, la Chiesa Romana si indebolì fino a decadere, si propagò la pornografia e fu possibile usufruire di stratagemmi per evitare la gravidanza, i settimini sparirono all'improvviso. Non se ne trovano quasi più. 

Voi mi direte: "Che c'entrano i settimini con gli iperpoliglotti?" C'entrano eccome. 

Un tempo l'uomo che aveva fama di essere iperpoliglotta era considerato un fenomeno da baraccone. Si esibiva. Mostrava a tutti le sue presunte capacità di parlare decine di lingue. Il punto è che di ogni lingua il presunto iperpoliglotta conosceva soltanto un elenco di parole più o meno nutrito e un frasario di base, il resto era spesso un grammelot simulato. Molta gente ignorante ha poi l'idea che basti conoscere qualche parola per parlare una lingua e rimane subito impressionata. 

Questo non avviene soltanto in Italia. In Inghilterra numerosissime persone ottuse sono convinte di parlare italiano perché sanno dire "buon giorno", "buona sera", "buon appetito", "pizza", "spaghetti", "mandolino", "mafia". Se poi sanno dire anche "picciotto", "padrino", "stiletto", "vendetta", "ricatto", "pizzo", "minchia", "famiglia", allora si ritengono dantisti. 

Poi non sanno reggere una normale conversazione, in quanto ignorano persino le parole per dire "acqua", "terra", "fuoco", "pietra", "mano", etc. 
A prender per buone le millanterie di questi inglesi, si avrebbe un'idea del tutto distorta della realtà. Per fissare le idee, penso che gli iperpoliglotti abbiano subìto lo stesso fato dei settimini, sparendo nel nulla non appena si è diffusa una maggior conoscenza delle lingue e soprattutto non appena si è avuta la possibilità di verificare le informazioni. Si vuole affermare ad ogni costo l'esistenza di autentici iperpoliglotti? Si può dimostrare che si tratta in ogni caso di allucinazioni cognitive.

Non conosco il signor Bertani e di certo ho per lui il massimo rispetto, perché in ogni caso bisogna riconoscere che ha dedicato l'intera sua vita allo studio. Nutro tuttavia il fondato dubbio che le sue conoscenze siano più che altro tratte dai libri e che non abbia altrettanta dimestichezza con le lingue parlate

Forse è per questo che declinò sempre gli inviti in Russia. Probabilmente non temeva tanto di trovarsi di fronte alle rovine della Grecia dopo essersi nutrito di Omero, ma di impappinarsi, di non distinguere bene i suoni pronunciati dai suoi interlocutori, di fare una brutta figura passando dal russo dei libri a quello articolato da persone in carne ed ossa, che spesso ha suoni sfuggenti e indistinti. Cosa umanissima e comprensibilissima. Le miei ipotesi non sono poi così peregrine. Basti ascoltare con attenzione le parole dello stesso Bertani, documentate nel video da me riportato in questo mio contributo. Egli con grande onestà intellettuale ci dice di trovarsi perfettamente a suo agio con il russo scritto, ma di avere qualche difficoltà col russo parlato. 
Risulta un ottimo traduttore delle lingue scritte, che usando grammatiche e dizionari riesce a venire a capo di testi difficilissimi. 
Essere un ottimo traduttore delle lingue scritte non implica necessariamente essere in grado di seguire un parlante madrelingua in una normale conversazione. Sono due capacità diverse, con buona pace di quei navigatori che non riescono a distinguere tra lingua parlata e lingua scritta.

 
E si, parlare e scrivere sono due cose alquanto diverse ..

Una delle più colossali figuracce televisive a livello mondiale resta quella di Ziad Fazah, un signore libanese che vive in Brasile e che disse per anni di saper parlare 25 lingue (secondo altre fonti sarebbero addirittura 58!) e finì nel Guinness dei primati; poi lo invitarono a un programma tv in Cile, Viva el lunes, e non riuscì neppure a rispondere a domande basilari di persone che parlavano quelle lingue.

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