Intervista di Maddalena Loy al professor Emilio Mordini
Proviamo a immaginare l’umanità con la mascherina, per sempre. Come sarebbe?
“Semplice: un mondo che renderebbe difficile e immateriale la comunicazione delle emozioni”. “Semplice”, ma agghiacciante.
Anche perché sembra che quella per la mascherina sia una devozione tutta italiana" come osserva il professor Emilio Mordini.
Laureato in medicina e in filosofia, già docente universitario di bioetica e di etica, segretario scientifico della Commissione di Bioetica del CNR e di quella dell’Ordine dei Medici di Roma, Mordini si è occupato di epidemie e vaccinazioni per la Commissione Ue. Oggi è research fellow all’Università di Haifa in Israele ed esperto della DG HOME della Commissione Ue. Esercita in Friuli ...
Come mai c’è uno zoccolo duro ancora affezionato alla mascherina?
“Mi sembra un fenomeno soprattutto italiano. Fuori Italia, il tema delle mascherine interessa ormai poco: chi per esigenze mediche ne ha bisogno la usa, ma la stragrande maggioranza non ci pensa più”.
In America alcuni Stati continuano a richiederla.
Gli Usa sono un continente e c’è di tutto. Direi, però, che anche lì la questione è stata molto politicizzata, è un conflitto ideologico.
C’è qualche altra ragione per cui in Italia le mascherine sono ancora importanti?
E me lo chiede (risate)? Ma perché in questo Paese le maschere sono importanti da duemila anni! Sono sempre state usate come linguaggio sociale e politico, fa parte del carattere nazionale. Tutto il teatro romano – parliamo di qualcosa che è durato quasi un millennio – era in maschera. Lei sa come si chiamava la maschera in latino? “Persona”, il termine che noi oggi usiamo per indicare qualsiasi essere umano, come fossimo tutti maschere!
Siamo il Paese in cui ogni regione ha le sue maschere; dove è nata la commedia dell’arte (che era in maschera); dove nella New York dell’epoca, Venezia, per più di un secolo, tra la fine del 1500 e l’inizio del 1700, portare la mascherina tutto l’anno era una regola di “savoir vivre”, di educazione nei rapporti con gli altri, e oltretutto indicava il ceto sociale delle persone. Siamo il paese di Pirandello. E Petrolini, Totò, Alberto Sordi, cos’altro erano se non maschere straordinarie, in cui gli italiani si riconoscevano o, meglio, riconoscevano il proprio vicino?
Quelle però erano maschere, qui parliamo di mascherine usate come presidio medico …
Presidio magico, piuttosto. Io non voglio entrare nel merito. Mi limito a notare che chiunque non sia ipocrita deve ammettere che la stragrande maggioranza di "portatori sani di mascherina” non le usa come presidio sanitario.
La mascherina sarebbe quindi una “superstizione”?
Ma lo vede anche lei, no? Nessuno tocca la mascherina con le mani pulite, nessuno la sostituisce ogni due ore e spesso, anzi, usa la stessa mascherina per più giorni. Nessuno la porta correttamente, viene costantemente abbassata per bere, fumare o semplicemente per grattarsi il naso. Quando ce la si leva, la si appoggia ovunque, o, peggio, la si estrae senza confezione dalla tasca (come mi dicono abbia fatto in TV persino Anthony Fauci!). Per non parlare, poi, di come la usano i bambini. Come la vuole chiamare, questa, se non superstizione?
Forse le persone non sanno usarla?
Ma no! Il 99% degli adulti è informatissimo, li hanno martellati sul “corretto uso dei dispositivi (voce altisonante, ndr)”, e poi usare correttamente una mascherina è cosa quasi intuitiva, mica occorre essere medico.
Ricapitolando, l’italiano “ama” la mascherina però la indossa male e inutilmente. Perché?
Vede, le ho detto che in latino “maschera” si diceva “persona”, ma esisteva anche un altro termine per indicarla, la parola “larva”, che significava “spettro, fantasma”, perché la maschera sembrava un po’ una maschera mortuaria.
Quindi l’idea di maschera nell’inconscio sociale degli italiani ha due significati: il primo è quello di identità personale (persona). La maschera, come dimostra la storia di Venezia, non serve a nascondersi ma a indicare chi si è. Ma il secondo significato è quello legato alla morte. Questi due significati affondano le loro radici nelle profondità dell’inconscio sociale del nostro Paese, come si è stratificato attraverso i secoli. Oggi emergono entrambi di nuovo, grazie all’epidemia. Le mascherine sono usate da alcuni per rimarcare la propria identità sociale (sono un bravo cittadino, attento alla salute degli altri) e da altri come “cornetto portafortuna” per scacciare il Covid. Però, come vede, nessuno dei due gruppi si cura di usare le mascherine correttamente e in modo davvero protettivo (ammesso che servano, ma questo è un altro discorso).
Ma se la maschera fa parte dell’inconscio degli italiani, perché prima ha detto che un’umanità con la mascherina non comunicherebbe le emozioni?
Bisogna considerare come sono fatte le mascherine. È vero che a Venezia per 150 anni tutti indossavano una mascherina come oggi noi mettiamo una sciarpa o un cappello, però coprivano la parte alta del volto e lasciavano scoperta la bocca.
Quindi la maschera del passato non aveva gli stessi effetti di quella di adesso…
Affatto! Si dice spesso che la comunicazione non verbale avvenga attraverso lo sguardo, ma è in gran parte falso. La comunicazione facciale è soprattutto legata ai muscoli peri-orbicolari della bocca. La maschera del Seicento li metteva in risalto e migliorava la comunicazione emozionale. Le nostre, invece, la ottundono, perché alterano in modo significativo la capacità reciproca di trasmettere e riconoscere le emozioni (oltre a rendere la vita impossibile a chi ha problemi di udito).
E allora perché parte della scienza continua a suggerirci di usarla?
Gran parte delle istituzioni medico-scientifiche ... evitiamo di usare troppo la parola “scienza” che è una parola seria.
La mascherina anti-Covid è il modo più semplice che hanno queste istituzioni per dire ai cittadini “C’è un problema, noi vi diamo la soluzione: se non la adottate e vi ammalate a questo punto è colpa vostra”, un po’ come è successo anche con i vaccini.
L’aspetto di comunicazione simbolica finisce per prevalere su ogni altra esigenza e non sempre è un bene.
E se lo dice lei che è uno psicoanalista...
Appunto (risate).
Fonte e articolo integrale: www.emiliomordini.info
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