mercoledì 27 luglio 2022

De Donno: un anno fa la morte del medico che curava dal covid con il plasma iperimmune

Ci sono delle anime talmente pulite da non riuscire a sopportare l’abbaiare furioso di uomini piccoli, che riescono a gonfiare il petto solo grazie alla cassa di risonanza di un microfono aperto in uno studio televisivo.

C’è chi lavora alacremente senza dare nulla per scontato e chi twitta con la stessa alacrità, nascondendo l’interesse personale dietro un supposto bene collettivo. 

Di questi uomini piccoli ce ne sono a bizzeffe, le anime pulite invece sono sempre di meno.
E a volte siamo costretti a piangerle.

Oggi, in cui cade l’anniversario della morte di Giuseppe De Donno, ufficialmente morto suicida il 27 luglio 2021 nella sua casa di Curtatone, vale la pena soffermarsi su quanto male possa fare una società di professionisti verbalmente violenta e pronta a mettere alla berlina chi alza la testa per proporre soluzioni diverse da quelle vendute come diktat universali ...


Chi era Giuseppe De Donno

Nato a Mantova il 2 luglio del 1967, Giuseppe De Donno era primario del reparto di pneumologia dell’Ospedale Carlo Poma di Mantova. Da subito si è distinto per il suo impegno in prima linea nella sperimentazione di cure contro il Covid- 19, in particolare il cosiddetto “plasma iperimmune”, ottenuto da persone che hanno sviluppato una grande quantità di anticorpi.

Nonostante alla data del 5 aprile 2022 l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale mantovana sostiene sul proprio sito che:


Il plasma iperimmune è stato tra le prime terapie efficaci a disposizione degli ospedali per fronteggiare le più gravi forme di infezione provocate dal Covid ed ha permesso di salvare decine di vite, anche di donne in gravidanza, con oltre 400 pazienti curati

La terapia fu largamente osteggiata e diverse prestigiose riviste pubblicarono studi in cui sostennero che il plasma iperimmune non dava gli effetti sperati. 

All’epoca bisognava spianare la strada ai vaccini, spacciati come unica “chiave” per uscire dalla pandemia e una cura funzionante avrebbe potuto rallentare o rendere problematica l’immissione in commercio su larghissima scala di un farmaco sperimentale.
 
La terapia presa di mira

A prendere di mira De Donno e la strategia portata avanti all’ospedale di Mantova furono anche le istituzioni, che reagirono con un accertamento dei NAS, che telefonarono all’ospedale chiedendo conto della sperimentazione fatta su una donna incinta, a cui il team di ricerca aveva salvato la vita proprio grazie al plasma iperimmune. I motivi di quella telefonata non sono stati mai chiariti del tutto.

Alla fine, per motivi mai direttamente chiariti, il 5 luglio De Donno si dimise dall’ospedale per tornare a fare il medico di famiglia. Poco più di due settimane dopo però, appunto il 27 luglio, l’uomo si tolse la vita, impiccandosi.

Pochi giorni dopo la Procura di Mantova ha aperto un’indagine per istigazione al suicidio, al fine di comprendere se qualcuno potesse aver indotto l’ex primario a togliersi la vita mentre la Lega, nella persona di Paolo Grimoldi, aveva indirizzato un’interrogazione al Ministro Speranza sottolineando tra le altre cose che De Donno si era battuto anche per le terapie domiciliari e che anche per questo “aveva ingiustamente scontato l’emarginazione e l’isolamento di una parte della comunità medica”.



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