giovedì 28 luglio 2022

IL GRANDE TUMULO DI NEWGRANGE – L’ORIGINE DEL MITO DEL MINOTAURO?

Il grande tumulo di Newgrange, situato in Irlanda, è vecchio di almeno 5.000 anni. Risale al 3200 – 3.000 a.C. circa ed è dunque incredibilmente più antico di siti come Stonehenge, o delle piramidi erette in Egitto al tempo di Cheope, Chefren e Micerino. 

La struttura si presenta come una tipica tomba a corridoio composta da un unico passaggio centrale. Ha una forma circolare con un diametro di circa 80 metri, cinta da un alto muro perimetrale costituito da pietre di quarzo bianche e scure e da un ulteriore cerchio più largo, formato da 97 grosse pietre. Il più interessante di tali massi, è quello posto di fronte all’entrata, decorato con motivi a losanga ed a spirale; decorazioni che si trovano in molti altri siti archeologici sparsi un po’ ovunque nel mondo. 

Tuttavia, la caratteristica più enigmatica e spettacolare di Newgrange, la si può scoprire all’alba del giorno del solstizio d’inverno, quando i raggi del sole penetrano nel passaggio attraverso una piccola finestrella posta sopra l’ingresso, e illuminano il cammino verso la camera funeraria. 
Questa antica e magica attrazione, rende il grande tumulo una tomba a corridoio di grande importanza mondiale! ...

Illustrazione a cura di Andrea Rebuscini (Misteri del Passato).

Newgrange, si trova nella valle del fiume Boyne, a circa un’ora a nord da Dublino e fa parte della Brú na Bóinne, che costituisce uno dei più importanti siti archeologici di origine preistorica al mondo, eretti nel neolitico da un’antichissima civiltà contadina pre-celtica, repentinamente scomparsa. 

Tra questi siti, oltre che Newgrange, spiccano in particolare i grandi tumuli di Dowth e Knowth. Quest’ultimo (in origine chiamato Cnobà), è la struttura più ampia, ma soprattutto, la più antica del complesso archeologico della Brú na Bóinne, con un diametro di 95 metri e circondata da altri 18 tumuli più piccoli, alcuni dei quali, risultano collegati al grande tumulo principale. 

Knowth, presenta due lunghi passaggi a corridoio che conducono a due camere funerarie separate e al fianco delle entrate, sono disposte alcune grosse pietre perimetrali ricavate da quarzo e granito; molte delle quali, sono scolpite con articolati disegni dalle forme geometriche ed astratte. In pratica, quest’antichissima tomba a corridoio, presenta la maggiore concentrazione di arte megalitica di tutta Europa, e supera il più famoso e “gettonato” sito di Newgrange, per la quantità dei suoi “tesori”.

IL “CULTO DEL TORO” IN IRLANDA

Grazie alla mitologia irlandese, apprendiamo come il TORO, fosse un animale molto importante per gli antichi irlandesi, quasi certamente anche nel periodo in cui fu edificato Newgrange ed in generale, i tumuli della Brú na Bóinne. 

La saga irlandese chiamata “Táin Bó Cúailnge” (“La razzia di vacche di Cooley”), narra la storia di una grande guerra combattuta fra gli eserciti di due antichi regnanti irlandesi, quello della regina Medb, e quello di suo marito Ailill, scaturita da un banale litigio a proposito di due splendidi tori; uno dalle lunga corna bianche, e l’altro dal manto bruno, che prima di assumere le sembianze di tori, erano stati dei porcari reali, ovvero i guardiani dei porci del palazzo del re. 
Leggendo con molta attenzione il racconto, che in realtà, è l’episodio centrale di una lunga ed avvincente saga, ossia quella di Cuchulainn, un temibile guerriero semidivino, troviamo elementi che, in qualche modo, riconducono ad altri grandi condottieri facenti parte della mitologia greca, come ad esempio Teseo, l’eroe che nel mito cretese, sconfisse ed uccise il Minotauro rinchiuso nel famoso labirinto sull’isola di Creta.

IL “SIMBOLO DEL TORO” SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI

Ma la grande importanza che i costruttori del tumulo di Newgrange diedero al Culto del Toro, a mio parere, è intuibile analizzando il suo stesso design!
Osservando infatti Newgrange con il programma Google Earth, da un’inquadratura aerea, ho notato che le sue caratteristiche pietre bianche, poste nella parte anteriore del tumulo, e già presenti in epoca neolitica, che molti storici da sempre hanno interpretato come la “luna crescente”, in realtà, sembrano formare (palesemente) delle corna di toro! 

Da sottolineare che presso molti culti antichi, il toro veniva comunque associato alla luna crescente. Detto questo, a mio parere non ci sono assolutamente dubbi, le pietre bianche di Newgrange, ricordano proprio un paio di corna di toro bianche, con al centro un grande disco solare; un simbolo che, stranamente, fino ad oggi pochissimi ricercatori avevano individuato!


Infatti, questa interpretazione non è menzionata in nessun libro, intervista, documentario, blog o sito web inerente a Newgrange.

Sono da sempre stato un grande appassionato dell’Irlanda, ho letto molto riguardo i tumuli della Brú na Bóinne ed ho persino avuto l’opportunità ed il piacere di visitarli di persona, e posso dirvi che fino ad ora, nessuno storico o archeologo accademico aveva mai fornito un’interpretazione simile. Tuttavia, questa cosa mi lascia un po’ perplesso. 

Com’è possibile che in tutti questi decenni, non sia mai stata presa in considerazione l’ipotesi che la fiorente cultura che edificò Newgrange, praticasse un culto solare rivolto al “toro” (identificato con la Grande dea Madre), e che le pietre bianche collocate sullo stesso monumento, possano di fatto rappresentare delle corna di toro bianche unite al “disco solare” (un simbolismo presente anche in Egitto con la Dea Hator o il Dio Api), rappresentato dallo stesso tumulo di forma circolare?

Alcuni di voi staranno pensando che la mia, potrebbe essere solo una banale interpretazione, se però, non fosse sostenuta da un ulteriore, e senza alcun dubbio, prezioso indizio!

NEWGRANGE – CAIRN DI GAVRINIS, STESSI ARCHITETTI?

In Bretagna (Francia), sulla piccola isoletta di Gavrinis, sorge un antichissimo sito del Neolitico, ossia il Cairn (tumulo) di Gavrinis, una tomba a corridoio risalente ad un periodo che va dal 3500 a.C. fino al 3000 a.C., che presenta innumerevoli somiglianze con il grande tumulo di Newgrange.

 
Non solo l’architettura rispecchia quella dei tumuli d’Irlanda, con un unico passaggio centrale che conduce ad una camera sepolcrale centrale, orientato anch’esso ad est ed illuminato all’alba del giorno del solstizio di inverno, ma qui, si possono osservare serie di pietre con le medesime incisioni che caratterizzano il monumento di Newgrange.



Qui di seguito le incisioni di Gavrinis.




Troviamo inoltre alcune pietre che presentano tre fori circolari paralleli; un motivo decorativo che, incredibilmente, ritroviamo anche presso il grande tumulo della Brú na Bóinn.


Ma non è tutto, perché fra le centinaia di simboli che rappresentano corni, spirali o aspidi, su alcune pietre, come ad esempio sull’enorme architrave superiore del tetto del corridoio, è possibile scorgere l’immagine di un toro!


L’enorme similitudine fra questi due antichi siti del neolitico, edificati più o meno nello stesso periodo storico, fa presupporre che gli architetti potrebbero di fatto essere gli stessi, e l’immagine del toro scolpita all’interno del tumulo di Gavrinis, una conferma della devozione per il Culto del Toro da parte di questo antichissimo popolo.

Esiste però un ulteriore indizio che, a mio dire, potrebbe in effetti confermare che presso i tumuli irlandesi, venissero praticate cerimonie in onore di un culto solare rivolto al toro.

IRLANDA E SARDEGNA, UN INCREDIBILE PARALLELISMO

In Sardegna, sorge infatti il nuraghe Santa Barbara, datato a circa il 1.500 a.C., che in effetti, presenta una caratteristica architettonica identica al tumulo irlandese di Newgrange!


Un particolare così significativo che, a mio dire, non può essere considerato come una banale coincidenza nella progettazione.
Anche il nuraghe Santa Barbara, come Newgrange (e il Cairn di Gavrinis), è stato infatti costruito secondo alcuni canoni astronomici. 
La sua entrata principale, è orientata al solstizio d’inverno, e proprio durante quel giorno, la luce del sole filtra all’interno dell’edificio tramite una finestrella posta sopra l’entrata principale, producendo un effetto davvero singolare. 

In pratica, la luce entra nel monumento formando una sorta di TESTA DI TORO luminosa con tanto di corna stilizzate.


Possibile che presso tre siti archeologici così distanti fra loro, si riscontri la stessa, identica, ed insolita caratteristica nella progettazione?

Possiamo considerare l’idea che i costruttori di questo nuraghe, conoscessero a loro volta l’architettura di Newgrange, nonché la devozione dei suoi occupanti per il Culto del Toro?

Forse, coloro che realizzarono il nuraghe Santa Barbara, erano in qualche modo legati (forse per discendenza) al popolo irlandese che più di un millennio prima, costruì Newgrange. Oppure, in quel periodo storico, un gruppo di navigatori sardi (forse Shardana, fra i più abili e temibili navigatori e guerrieri della coalizione dei Popoli del Mare), raggiunsero le coste irlandesi ed in seguito, ebbero modo di conoscere la particolare architettura del grande tumulo di Newgrange; da sempre il monumento più affascinante e famoso di tutta l’Irlanda.

Ciò che è certo, è che i costruttori del nuraghe Santa Barbara, sembra si siano ispirati proprio a Newgrange per il loro progetto, e proprio come quest’ultimo, abbiano scelto di orientare l’edificio al solstizio d’inverno, in quel giorno dell’anno in cui la luce del sole, filtra all’interno del nuraghe, disegnando una testa di toro di luce!

L’insolita analogia nella progettazione di queste antiche strutture, nonché il simbolo del “toro” che, a quanto pare, ritroviamo presso tali monumenti, potrebbero dunque essere considerati ulteriori indizi a favore dell’ipotesi che vede una chiara connessione fra nord e sud Europa durante l’età del bronzo?

Se questa teoria fosse corretta, significherebbe che i costruttori sardi, per qualche motivo, abbiano voluto rendere omaggio ai costruttori di Newgrange. D’altronde, in quel momento storico è probabile che l’Irlanda fosse sotto il dominio dei famigerati “Tuatha De Danan” (o “tribù di Dan”), che secondo alcuni ricercatori (tra cui Leonardo Melis, autore di una lunga saga dedicata al tema “Shardana e Popoli del Mare”), erano di fatto legati ad alcuni contingenti dei Popoli del Mare operanti nel Mediterraneo, come ad esempio gli stessi Shardana stanziati in Sardegna.

CHI ERANO I TUATHA DE DANAN

Nel “ciclo mitologico” irlandese, e più precisamente nel “Libro delle Invasioni”, nonché nel libro della “Seconda Guerra di Mag Tured”, si narra delle gesta e della conquista di Eriu (ovvero l’antico nome dell’Irlanda) da parte dei leggendari Tuatha De Danan, discendenti di potenti sovrani che, nel corso della storia, fecero più volte vela verso la Grecia, per poi ritornare nella loro patria “originaria”, a volte anche dopo secoli.

Infatti questo popolo discendeva da Beothach, figlio di Iarbonel il profeta, fratello di Starn, Aninin, Fergus dal Fianco Rosso e Alma Solente; tutti figli di Nemed, ossia il figlio di Agnoman, un potente signore dei Greci di Scizia. Nemed generò i figli Fergus dal Fianco Rosso e Alma Solente insieme a Relbeo, ovvero la figlia del Re di Grecia. 
Si racconta che dopo aver sconfitto i temuti Fomori, i figli di Nemed si dispersero per il mondo. 
Fergus dal Fianco Rosso insieme al figlio Britannio, conquistarono Mon Conain e riempirono dei loro discendenti la grande isola di Britannia. Da loro discenderebbero tutti i Britanni del mondo. 
Semeon, figlio di Erglan, a sua volta figlio di Starn, uno dei cinque figli di Nemed, con il suo gruppo di nove lasciarono l’isola per sbarcare in Grecia, dove si moltiplicarono fino a diventare migliaia e migliaia, tanto che i Greci cominciarono ad imporre loro un pesante tributo; una buona ragione che spinse tale popolazione, ormai divisa in tre gruppi, i Fir Galeoin, i Fir Bolg e i Fir Domnann (ma comunemente raggruppati sotto il nome di Fir Bolg, poiché il loro compito in Grecia era stato quello di scavare e trasportare la terra nei sacchi, bolg) a ritornare in patria a Eriu (Irlanda), dove governeranno per circa trent’anni, prima dell’arrivo dei potenti Tuatha De Danan. 

Come già accennato, i Tuatha De Danan discenderebbero da Beothach (figlio di Iarbonel, figlio di Nemed), che dopo la guerra contro i Fomori decise di rimanere a Eriu, dove morì di peste. Tuttavia, i suo figli partirono per le Isole del nord e le coste di Alba. Nelle isole settentrionali del mondo essi si moltiplicarono e appresero la scienza druidica, la magia, i sortilegi e l’arte. Completata la loro erudizione, si narra che partirono per unirsi agli Ateniesi e i Filistei, ma non passò molto prima che fra queste due stirpi, cominciarono ad esserci pesanti conflitti. I Filistei ebbero però la meglio sugli Ateniesi e siccome i Tuatha De Danan erano alleati di questi ultimi e confederati contro di loro, decisero di vendicarsi e di attaccarli. Fu in quel momento che i Tuatha De Danan decisero di ritornare a Eriu, giudicando che l’isola spettasse loro per diritto ereditario! A quel punto, giunti sull’isola, riuscirono a sconfiggere i Fir Bolg che di fatto, avevano la medesima discendenza dei Tuatha De Danan.



Dunque, la mitologia Irlandese, considerata da sempre dagli antichi abitanti dell’isola come un insieme di racconti e storie di eventi realmente accaduti in epoche remote, e tramandate oralmente dai grandi poeti, sottolinea come gli antichi popoli che si spartirono il territorio nel corso di alcune invasioni, fossero legati a loro volta alle popolazioni stanziate in Grecia, ed una delle più potenti (se non la più potente) popolazioni dell’antica Irlanda, ossia quella dei Tuatha De Danan, per alcuni secoli ebbe addirittura a che fare con gli Ateniesi, in guerra contro i Filistei che, come ci insegna la storia, erano stanziati anche sull’isola di Creta.

LA “CONNESSIONE” IRLANDA – DANIMARCA

Spostandoci in Danimarca, possiamo constatare come, più o meno nello stesso periodo storico della costruzione di Newgrange, venissero eretti tumuli “architettonicamente parlando” molto simili, se non identici, a quelli irlandesi della Brú na Bóinne. 

Un esempio è il “Ganggrab Grønhøj” di Rugballe, una struttura esteticamente uguale ai piccoli tumuli costruiti intorno a Knowth; una piccola collinetta ricoperta interamente di erba e delimitata da una cinta composta da grosse pietre.


La palese somiglianza fra l’architettura di queste antiche tombe, suggerisce che durante l’epoca di riferimento, gli irlandesi e i danesi fossero collegati fra loro!

LA MIGRAZIONE NEL MEDITERRANEO DEI “NORDICI”

Ora, leggendo l’ormai famoso saggio “Omero nel Baltico” dell’autore Felice Vinci, scopriamo come gli antichi miti greci stilati da Omero, ovvero la famosa Guerra di Troia dell’Iliade, e il lungo viaggio di Ulisse dell’Odissea, considerati da sempre dagli storici tradizionalisti come “semplice” mitologia, in realtà, potrebbero essere interpretati come cronache di eventi storici realmente accaduti durante l’età del bronzo (ben prima della nascita della cultura Greca) nei territori scandinavi del Mar Baltico, in quelle che oggi sono la Norvegia, la Danimarca, la Svezia, la Finlandia e la Polonia. E proprio quei popoli nordici, a causa di un brusco mutamento climatico, avvenuto fra il 1.800 – 1.700 a.C., che rese quelle terre molto più fredde ed inospitali, avrebbero poi migrato altrove, occupando e colonizzando persino alcune aree del Mediterraneo. 

Fu così, che i biondi “nordici”, chiamati da Omero “Achei”, o “Danai” (sfruttando probabilmente fiumi come il Danubio), sarebbero riusciti a sfociare nel Mar Nero e raggiungere così l’Egeo, finendo per stabilire alcune delle loro colonie nell’attuale Peloponneso, dove fondarono (forse insieme ad altri clan locali) la città di Micene, e da dove iniziarono ad avere delle interazioni con una grande e sofisticata civiltà isolana, sorta già secoli prima in quel tratto di mare. Stiamo parlando della civiltà Minoica, che risiedeva soprattutto in quelle che oggi sono l’isola di Santorini, e Creta; proprio dove, come detto poc’anzi, vivevano anche i Filistei.

Giungendo nel Mediterraneo, i navigatori del Baltico aprirono una nuova ed importante rotta commerciale attraverso le vie fluviali fra il nord ed il sud Europa.
A conferma di tale ipotesi, possiamo menzionare l’enorme quantità di pregiata ambra baltica rinvenuta presso le più antiche tombe micenee!

Oppure i vasi datati all’età del bronzo portati alla luce in Inghilterra, attribuiti alla Cultura del Wessex, che si sviluppò nel territorio già a partire dal 3.000 a.C., che a loro volta, ricordano palesemente i vasi in stile miceneo! Decorazioni in stile miceneo, tra l’altro, si possono osservare anche incise sulle pietre che circondano Newgrange, come quella posta proprio di fronte all’entrata del monumento stesso.

Inoltre, uno dei motivi geometrici più ricorrenti presso i siti irlandesi della Brú na Bóinne, è la cosiddetta “triscele” o “triskelis”, un simbolo che, seppur più elaborato, ritroviamo anche in Sicilia, sulla sua bandiera regionale! Tale analogia, potrebbe essere spiegata menzionando il popolo dei “navigatori” Siculi (o Shakalasa) che di fatto, durante l’età del bronzo, erano compagni fidati dei famigerati Shardana che, come già detto, potrebbero aver avuto contatti proprio con gli irlandesi stanziati in quell’epoca a Newgrange.

Fu così, che dopo secoli di spedizioni navali fra il nord ed il sud Europa, oltre che le materie prime, vennero scambiate oralmente preziose informazioni, e tramandate storie che nel tempo, diventarono leggende. 

Questi colonizzatori nordici, migrando ed occupando il Mediterraneo, in sostanza portarono con sé molte conoscenze, così come molti miti, e fra questi, è probabile che ce ne fosse uno che, in seguito, ispirò quello del Minotauro presso la civiltà cretese.

IL “LABIRINTO”

E’ interessante notare che questo famoso mito, tira in ballo un elemento come il “labirinto”, un simbolo che, addirittura, ritroveremo stampato su monete cretesi intorno al 200 a.C., con il medesimo design che caratterizza anche quelle decine di incisioni di “labirinti” rinvenute in tutta Europa,; non fanno eccezione l’Irlanda, la Danimarca e la Sardegna.

Una “decorazione” simile al “classico” simbolo del labirinto, lo ritroviamo addirittura incisa su una delle vasche in pietra rinvenute all’interno del tumulo irlandese di Knowth (come già spiegato, il più antico della Brú na Bóinne), utilizzate durante i riti sacrificali per contenere parti del corpo animali, oppure umane.

Ciò suggerisce che, prima di giungere a Creta, il “simbolo del labirinto” fosse già conosciuto da questa cultura irlandese che, come abbiamo visto, potrebbe aver sviluppato una grande devozione per il Culto del Toro, e stando a ciò che narrano i racconti del “ciclo mitologico”, veleggiò verso la terra dei Greci dove sfidò, insieme agli Ateniesi, i Filistei (probabilmente stanziati a Creta).

A questo punto, è giusto far presente che nel mito del Minotauro, guarda caso, si parla di un “conflitto” che coinvolge Cretesi ed Ateniesi e del pesante tributo (sette fanciulli gettati nel labirinto e sacrificati al Minotauro) che, questi ultimi, ogni 9 anni, (o 1 anno secondo altre fonti), dovevano pagare al potente e sanguinario re cretese Minosse.

UN’ALTRA INTERESSANTE ANALOGIA

Inoltre, è davvero molto interessante notare che, così come i costruttori di Newgrange, del cairn di Gavrinis e del nuraghe Santa Barbara decisero di allineare l’ingresso di tali monumenti al solstizio di inverno, in modo da ricreare un meraviglioso effetto di luce “ultraterrena” all’alba di tale giorno, anche presso il palazzo cretese di Cnosso ritroviamo la medesima caratteristica! Infatti, in una delle sale principali del palazzo, è presente un trono riccamente scolpito in pietra degno solo di un re che, proprio all’alba del solstizio di inverno, viene illuminato dai primi raggi del sole nascente che filtrano nella stanza attraverso una serie di colonne posizionate al suo ingresso. 

Tale dettaglio, ha portato molti storici a prendere in considerazione l’ipotesi che il sovrano di Cnosso, potesse aver esercitato un ruolo da capo spirituale per la città. 

Detto questo, trovo sia alquanto strano che che presso tali luoghi, si riscontrino gli stessi elementi, come ad esempio i riferimenti al toro, o lo stesso allineamento al sole nascente del giorno del solstizio di inverno. 
A mio parere, tali analogie potrebbero indicare che queste antiche strutture, in qualche modo furono edificate in epoche differenti dagli stessi popoli, praticanti il medesimo culto, o perlomeno da architetti con le stesse conoscenze astronomiche.

Illustrazione a cura di Andrea Rebuscini (Misteri del Passato). (l'immagine è più nitida nell'articolo originale)

L’INTRODUZIONE DEL MITO A CRETA

Ripassando la storia, scopriamo come i temuti Micenei, in gran parte i “biondi” Achei o Danai che, secondo Felice Vinci, giunsero nel Mediterraneo dal nord Europa (Baltico), dal 1400 a.C. sostituirono la civiltà Minoica, occupando anche la stessa Creta. In questo momento storico, come è logico pensare, con l’ingresso dei Micenei vennero introdotte sull’isola cretese nuove leggi, nuove usanze, oltre che nuovi miti.

Potrebbe dunque il mito del Minotauro cretese, nascondere origini ben più antiche?

Potrebbe questo mito essersi diffuso per la prima volta in Irlanda, e tramandato successivamente di generazione in generazione grazie alla rete commerciale fra nord e sud Europa durante l’età del bronzo, magari dagli stessi Danai, o forse proprio da coloro che in seguito diventeranno Tuatha De Danan?

Di certo, come abbiamo avuto modo di scoprire grazie ad alcuni indizi archeologici, oltre che alle pagine del “ciclo mitologico” di Eriu, l’antica Irlanda, i popoli delle isole britanniche e dei paesi baltici erano collegati a quelli del Mediterraneo grazie ad una sorta di rete commerciale, almeno durante l’età del bronzo; un’ipotesi confermata tra l’altro anche dalla cosiddetta “cultura del vaso campaniforme” 2600 – 1900 a.C.; periodo in cui presso varie località del nord e sud Europa, comprese le isole del Mediterraneo, apparirà la medesima tipologia di ceramica.

Dunque, a conti fatti, una storia nata in Irlanda, potrebbe aver tranquillamente ispirato altri miti, come ad esempio quello del Minotauro cretese, creato in seguito dai Greci che, in pratica, misero insieme gli elementi derivanti dalla leggendaria cultura cretese e dai suoi grandiosi (ma in quell’epoca già distrutti) palazzi che secoli prima, videro il susseguirsi di potenti popoli e, con ogni probabilità, anche un grosso contingente di navigatori e guerrieri “nordici” praticanti il Culto del Toro; un culto che, comunque, era già presente in precedenza in Medio Oriente, come nel caso di Çatalhöyük; un antichissimo centro urbano datato al 7400 – 5700 a.C. situato in Anatolia, in Turchia, dove si possono ammirare elementi riconducibili a tale devozione. 

In Irlanda, come già detto, il toro era l’”animale divino” per eccellenza nel periodo in cui venne edificato Newgrange, e per tale culto, vennero sicuramente compiuti dei sacrifici umani; proprio come per il Minotauro, stando a ciò che riporta il suo mito. 

Durante la cerimonia annuale del solstizio d’inverno di Newgrange, (stessa caratteristica del Cairn di Gavrinis, del nuraghe Santa Barbara e del Palazzo di Cnosso), potrebbero essere stati infatti compiuti sacrifici rituali; un evento che potrebbe aver ispirare lo stesso mito del Minotauro, con le vittime sacrificali gettate nel labirinto per sfamare il “mostro taurino”.

Le stesse spirali incise sulle numerose pietre presenti a Newgrange e Knowth, potrebbero alludere al “concetto” di labirinto; quel simbolo che troviamo inciso in varie località, come in Irlanda, Danimarca, Sardegna e naturalmente, a Creta; un’ulteriore conferma del collegamento fra i popoli nordici e mediterranei.
Quel labirinto che, secondo il mito cretese, fu edificato da Dedalo sotto il volere del re Minosse, che viveva nell’enorme e sontuoso palazzo di Cnosso.

E’ interessante notare che, al fianco di Newgrange, come già detto, si erge un altro tumulo ancora più remoto di nome Knowth, anticamente chiamato Cnobà, sulla quale, con ogni probabilità, sorgeva un enorme edificio (realizzato in legno). Potrebbe dunque esserci un’analogia nei termini Cnobà e Cnosso? 

Forse, come il re Minosse del palazzo di Cnosso, diede l’ordine di costruire il labirinto, Newgrange venne edificato sotto il volere del re di “Cnobà”, un termine che potrebbe essere stato tramandato nel tempo, fino a giungere a Creta e modificato in “Cnosso”.

Tutte le considerazioni esposte in questo articolo, potrebbero dunque portarci a reputare il grande tumulo di Newgrange, come un luogo in cui, il Culto del Toro fu così sentito e praticato, tanto da ispirare le seguenti civiltà, e capace di dare vita addirittura ad affascinanti miti, come quello del Minotauro cretese.



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