venerdì 29 luglio 2022

Premi Nobel: quando vanno bene e quando no

Che cosa ci ha insegnato la pandemia? 
Fino a poco tempo fa, che se a parlare di certi argomenti è un premio Nobel, non vuol dire che le sue affermazioni siano scientificamente corrette. 

Per carità, un ragionamento che fila, ma che è stato sfruttato per azionare una macchina del fango contro illustri esponenti della comunità scientifica. 

Come, ad esempio, accaduto nei confronti del virologo francese Luc Montagnier, insignito del premio Nobel per la medicina nel 2008. Scomparso l’8 febbraio 2022, la morte di Luc Montagnier è stata inevitabilmente addobbata dai media con le sue dichiarazioni sulla pandemia e sui vaccini anti-Covid e che gli sono valsi il titolo di “paladino dei no vax”. 

Questo il titolo assegnato allo scopritore del virus HIV dal Corriere della Sera, all’indomani della sua morte ...


Sbaglia solo chi ha ragione?

Presto, chi ha iniziato ad ascoltare le tesi di Montagnier è diventato uno scarto della società, un deviato che si affida ciecamente alle parole di un vecchio bacucco. In realtà, chi ha ascoltato Montagnier fino ai suoi ultimi giorni, lo ha fatto perché nelle sue parole ha visto una luce in fondo a un oscuro tunnel fatto di menzogne e manipolazione del pensiero. E diciamolo, Montagnier di torto ne ha avuto ben poco. 

Al contrario dei vari Pregliasco, Burioni e compagnia cantante, cui è permesso sbagliare e “perculare”. Come accaduto con la virostar Roberto Burioni, che ha schernito su Twitter Alessia, una ragazza disabile, per il suo aspetto estetico.

Esiste quindi una gerarchia nella comunità scientifica? Ovvero, esistono affermazioni che sono più attendibili di altre? E nel caso, perché bisognerebbe fidarsi di colui che diceva che il virus non sarebbe mai arrivato in Italia e che bullizza ragazze fragili sui social, piuttosto che di un premio Nobel per la medicina? Tanto più di uno scienziato come Montagnier, che ha trascorso la sua vita, fino agli ultimi giorni, dedito alla scienza e alla scoperta di una verità che semplicemente non vuole essere portata alla luce.

Le incoerenze della “scienza unica”

A partire dalle cure contro il Covid, da sempre esistenti e ribadite da Montagnier, ma negate all’insegna dell’ignobile protocollo ministeriale “tachipirina e vigile attesa”. 

“Non prendete antinfiammatori per proteggervi”, titolava Repubblica il 16 marzo 2020. Due anni dopo il Corsera fa inversione: “Antinfiammatori e antivirali per curarsi a casa”. 

Senza parlare dei vaccini anti-Covid, che prima proteggevano dall’infezione ed erano privi di effetti avversi, e che adesso proteggerebbero dalla “forma grave” della malattia e ogni tanto portano al decesso di qualche soggetto sano.

Premio Nobel Parisi testimonial della quarta dose

Il 26 luglio 2022, il ministero della Salute ha pubblicato uno spot alquanto discutibile per promuovere la quarta dose di vaccino. Testimonial del vaccino è nientepopodimeno che Giorgio Parisi, recente premio Nobel per la Fisica. 

Seduto a un tavolo di un ristorante, Parisi viene interpellato da uno dei commensali riguardo all’importanza della vaccinazione anti-Covid. 
Con un disegnino a dir poco rudimentale, il Nobel spiega che la quarta dose sarebbe fondamentale per riportare la protezione a un livello più alto. “Sappiamo certamente che il vaccino protegge dalla malattia grave”, dice Parisi ripetendo il mantra del piccolo vaccinatore seriale.

“Problema complesso, soluzione semplice”, conclude Parisi. Uno slogan pubblicitario che ci si attenderebbe in uno spot della Barilla. Di certo non in una pubblicità pagata dai contribuenti, per quella che viene orwellianamente chiamata “seconda dose di richiamo”. Insomma, la narrazione unica è caduta nella sua stessa trappola. 

Attribuire a un Premio Nobel credibilità e autorevolezza in un settore con gli compete. A differenza di Montagnier, Parisi non è virologo, bensì fisico.

Premi Nobel: quando vanno bene e quando no

“Non sarà un attore da Oscar ma è pur sempre un Nobel: Giorgio Parisi testimonial della quarta dose”, titola la testata online Open con un tono a dir poco estasiato. La stessa Open che continua talvolta a inveire sul defunto Montagnier. 

C’è poco da fare: ci sono Nobel che vanno bene e Nobel che non vanno bene. 
A decidere chi fa parte di quale categoria è il pensiero unico.


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