E’ necessario fare un breve riepilogo: il moto di rotazione della Terra sta rallentando, il suo campo magnetico si sta indebolendo, lo strato di ozono si sta assottigliando, i fenomeni sismici si stanno incrementando, moltissimi sono gli squilibri climatici, le tempeste solari potrebbero raggiungere un picco massimo (l'articolo è del 2012 NdC), tutto il sistema solare si sta surriscaldando.
Il geofisico russo Alexei Dmitriev ha trovato per tutto questo una spiegazione molto convincente: il sistema solare sta entrando in un’area di plasma magnetizzato, un’area che lui chiama la Cintura Fotonica. La prova definitiva di ciò è il riscontrato accrescimento di 10 volte del plasma interstellare nella eliosfera.
Per comprendere la teoria della Cintura Fotonica di Dmitriev è necessario fare per un attimo un passo indietro.
La Terra, oltre a compiere quotidianamente un giro completo intorno al proprio asse e annualmente un giro completo intorno al Sole, si muove anche, insieme al sistema solare, attraverso la Via Lattea che, a sua volta, si sposta nell’universo.
L’ipotesi di poter entrare in una regione caratterizzata da condizioni diverse, con un contenuto di energia più elevato, con requisiti forse ostili, non solo quindi non è scartabile, ma è addirittura molto plausibile.
Di fatto, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta del XX secolo, nell’atmosfera terrestre ha improvvisamente fatto la sua comparsa una presenza inedita: un numero sempre crescente di particelle di luce dette “fotoni“.
Particelle che assomigliano molto alla luce che, secondo la profezia maya interpretata da José Arguelles, dovrebbe investire il nostro pianeta quando i Maya Galattici giungeranno ancora una volta sulla Terra per aiutare l’uomo a realizzare il suo salto evoluzionistico.
Alexei Dmitriev chiama la fascia di densa luce che la Terra sta attraversando Cintura Fotonica e sostiene che questa densa luce che la caratterizza provenga dal buco nero al centro della galassia.
José Arguelles, nell’interpretare la profezia maya, ha sostenuto che, come un raggio sottile, l’onda d’informazione genetica codificata nelle particolari frequenze e qualità del pianeta prescelto si manifesterebbe in modo istantaneo e che, attraverso essa, i Maya Galattici riuscirebbero a penetrare nei diversi sistemi. Ha aggiunto che un’informazione di qualsiasi tipo, quindi anche l’informazione genetica, deve partire da Hunab Ku, il centro galattico, e passare attraverso la stella del sistema ricevente, nel nostro caso il Sole, che ha il ruolo di mediatore.
Così Alexei Dmitriev spiega la serra interplanetaria:
“L’intensificazione dell’attività solare è una conseguenza diretta dei flussi crescenti di materia, energia e informazione che stiamo rilevando via via che penetriamo nella nube interstellare di energia”.
Lo scienziato ritiene che l’intero sistema solare si stia riscaldando proprio per tale ragione: per l’attraversamento di questa nube interstellare di energia caratterizzata da strisce magnetizzate, da detriti spaziali, forse resti di una stella esplosa, e da striature contenenti idrogeno, elio e ossidrile.
Abbiamo detto che la prova definitiva della tesi di Dmitriev deriva dal riscontro di un accrescimento di 10 volte del plasma interstellare contenuto nell’eliosfera: dopo aver riscontrato il fenomeno, lo scienziato ha anche provato a spiegarlo. Avanzando nello spazio interstellare, l’eliosfera, la gigantesca bolla magnetica che contiene il sistema solare, avrebbe generato un’onda d’urto davanti a sé e tale onda d’urto sarebbe divenuta più grande e più compatta nel momento in cui l’eliosfera sarebbe entrata in questa regione più densa dello spazio.
Il geofisico calcola che l’onda d’urto prodotta dall’eliosfera si sia dilatata al punto da tornare indietro e penetrare nell’eliosfera stessa.
Il risultato sarebbe che le grandi quantità contrastanti di energia immesse nella regione interplanetaria del sistema solare abbiano spinto il Sole a un comportamento erratico, mettendo sotto sforzo il campo magnetico terrestre e, verosimilmente, aggravando questo riscaldamento globale che il nostro pianeta stava già subendo.
Dmitriev deve la scoperta di quest’onda d’urto all’analisi dei dati provenienti dalle regioni più esterne del sistema solare inviati dalle due sonde Voyager.
Nel 1977, approfittando di un raro allineamento di Giove, Saturno, Urano e Nettuno tale che i campi gravitazionali dei pianeti potessero essere utilizzati per accelerare i veicoli delle sonde nello spazio fino a velocità altrimenti impensabili, è partito il “programma Voyager“, costituito, appunto, da due sonde spaziali, la Voyager 1 e la Voyager 2.
Voyager Golden Record: la "playlist" che viaggia nello spazio
E’ bello, e anche romantico, a questo punto aggiungere che a bordo di ognuna delle sonde si trova una copia del Voyager Golden Record, un disco d’oro che contiene immagini e suoni della Terra insieme alle istruzioni su come adoperarlo nel caso qualcuno dovesse trovarlo.
Dmitriev ha confrontato i dati Voyager con i risultati di ricerche più recenti che ha tratto da riviste scientifiche russe e occidentali, e con i dati raccolti dalla statunitense NASA, National Aeronautics and Space Administration (l’Amministrazione Nazionale dell’Aeronautica e dello Spazio), e dall’ESA, European Space Agency (l’Agenzia Spaziale Europea). Ha così trovato prove convergenti del fatto che, dalle più minuscole lune gelate in orbita intorno ai pianeti esterni fino al cuore del Sole stesso, l’eliosfera si sta comportando in modo più eccitato e turbolento di quanto non facesse decenni fa, quando le sonde Voyager hanno effettuato le loro prime misurazioni.
Forte delle testimonianze raccolte a sostegno della sua tesi, Dmitriev è andato avanti prevedendo che l’eliosfera rimarrà lungo l’onda d’urto per i prossimi 3000 anni. Ovviamente l’onda d’urto avrebbe una maggiore intensità al bordo di entrata dell’eliosfera, perché quel bordo sarebbe il primo a impattare: pertanto essa produrrebbe, almeno inizialmente, l’effetto più rilevante sulle atmosfere, i climi e i campi magnetici dei pianeti esterni del sistema solare.
Il sistema solare è costituito da otto pianeti che, in ordine di distanza dal Sole, sono: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano eNettuno. A metà del 2008 cinque corpi del sistema solare sono stati classificati come pianeti nani: Cerere, situato nella fascia degli asteroidi; e altri quattro collocati al di là dell’orbita di Nettuno, e cioè Plutone, che in precedenza era stato classificato come il nono pianeta, Haumea, Makemake ed Eris.
Ci sarebbe poi il pianeta X, il decimo pianeta, un pianeta ipotetico al di là di Plutone, la cui esistenza è stata supposta sulla base di apparenti discrepanze nell’orbita di Nettuno.
A conferma della tesi che l’onda d’urto eserciti una maggiore pressione sui pianeti esterni è il dato che Urano e Nettuno abbiano entrambi visto una migrazione dei poli magnetici, analoga a quella che, secondo un numero consistente di scienziati, ha iniziato a verificarsi anche sulla Terra (argomento approfondito in questo post); inoltre le atmosfere di entrambi i pianeti risplendono in modo più brillante e, a quanto pare, sia Urano che Nettuno si stanno riscaldando, che è proprio quanto dovrebbe accadere nel caso di apporti di nuova energia.
Gli effetti dell’onda d’urto però non interesserebbero più soltanto i pianeti esterni ma avrebbero cominciato a essere osservabili anche in quelli interni.
L’atmosfera di Marte sta diventando più densa e pertanto potenzialmente più favorevole alla vita, dal momento che, come abbiamo visto nel caso della Terra (leggi questo post), un’atmosfera più densa fornisce una maggiore protezione dai raggi cosmici e dalla radiazione solare.
L’atmosfera di Venere si sta modificando nella composizione chimica e nelle proprietà ottiche, diventando più luminosa: una buona indicazione del fatto che il suo contenuto di energia sta aumentando.
E ora veniamo al Sole: sebbene esso sia al centro dell’eliosfera, e quindi nel punto più lontano dagli effetti dell’onda d’urto, c’è da dire che, in quanto grumo fuso di energia, è molto più sensibile dei pianeti agli influssi di ulteriore energia perché ha molta meno capacità, rispetto a un corpo compatto e freddo, di assorbirla e dissiparla. Per questo, secondo la teoria di Dmitriev, anche i relativamente piccoli afflussi iniziali provenienti dall’onda d’urto starebbero già avendo effetti significativi sul Sole.
E, come giustamente osserva lo scienziato russo, qualunque cosa turbi il Sole, turba anche noi.
Dmitriev sostiene che tutti i pianeti, compresa la Terra, sono, per questo rapporto d’interdipendenza con il Sole, soggetti a un doppio legame con l’onda d’urto: subendone sia le conseguenze dirette, sia quelle dirette che dall’astro derivano.
Lo scienziato afferma che:
“Gli effetti del passaggio della nube interstellare di energia sulla Terra vanno ricercati nell’accelerazione dello spostamento dei poli magnetici, nella distribuzione verticale e orizzontale del contenuto di ozono e nell’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi climatici significativi”.
Ma se così fosse davvero, se davvero insieme all’universo stessimo attraversando la Cintura Fotonica e se davvero i mutamenti del sistema solare fossero imputabili a questo evento, quali conseguenze potrebbero esserci per il nostro pianeta?
Quali conseguenze potrebbero esserci per questo nostro pianeta che abbiamo imparato a riconoscere come un organismo vivente e che quindi come un organismo vivente tenterebbe di reagire per difendersi?
Se la biosfera dovesse improvvisamente riscaldarsi, per esempio per effetto dell’attraversamento della nube interstellare di energia descritta da Dmitriev, sicuramente cercherebbe il modo di raffreddarsi; possiamo ipotizzare che proverebbe a farlo aumentando la corporatura protettiva delle nuvole per schermarsi da un Sole troppo intenso e possiamo ipotizzare che proverebbe a farlo arrivando addirittura all’esplosione di un supervulcano, un’esplosione che potrebbe essere potente quanto l’esplosione di magnitudo 8 del lago Toba che circa 74.000 anni fa ha portato molti organismi sull’orlo dell’estinzione.
Queste sarebbero probabilmente le prime misure prese dalla Terra, misure necessarie, anche se gli effetti per noi potrebbero essere disastrosi. Naturalmente ci sono dei limiti alla capacità della biosfera di autoregolarsi in modo da mantenere un confortevole status quo; e tale capacità di compensazione diminuisce ogni volta che componenti chiave della biosfera vengono disattivate.
E qui torna in campo il fattore umano.
In una simile circostanza potremmo pagare molto cara la distruzione della Foresta Amazzonica: infatti, essa non solo agisce come un gigantesco sistema di condizionamento dell’aria nelle regioni più calde della Terra, non solo ci regala una grande quantità di ossigeno, ma produce anche nuvole che riparano il pianeta e tali nuvole a loro volta producono enormi quantità di pioggia che raffreddano le regioni equatoriali e contribuiscono a impedire che si trasformino in deserto.
E potremmo pagare molto caro l’inquinamento con il quale abbiamo compromesso l’atmosfera e molti ecosistemi.
Se, forse, l’organismo vivente Terra avesse la capacità di difendersi dai turbamenti incontrati, se, forse, avesse la capacità di superare l’impatto con la Cintura Fotonica, la menomazione che l’essere umano gli ha inflitto potrebbe metterla comunque seriamente in difficoltà. E noi con lei.
Ma c’è ancora un altro problema da prendere in considerazione.
Tutti i corpi si attirano a vicenda a causa della forza di gravità: la Terra attira tutti noi, la Luna e i satelliti artificiali verso il suo centro; il Sole attira la Terra e i pianeti verso il proprio; le lontanissime galassie o i giganteschi buchi neri sparsi nel cosmo ci attirano verso il loro centro anche se, ovviamente, molto debolmente a causa della grande distanza.
Ma dobbiamo chiederci:
“Che cosa succederebbe se, come afferma Dmitriev, i buchi neri o le galassie non stessero fermi?”.
Se una galassia si spostasse improvvisamente da una posizione all’altra, allora la direzione dell’attrazione gravitazionale che essa esercita su di noi si dovrebbe muovere per seguire lo spostamento del suo centro.
L’obiezione che si può facilmente fare è che la galassia è lontana milioni di anni luce da noi e che quindi non è possibile che l’informazione che il suo centro si è spostato ci arrivi immediatamente.
Invece questo è potenzialmente possibile: così come la forza elettromagnetica si propaga sotto forma di onde che viaggiano alla velocità della luce, così anche la gravità si deve propagare nello stesso modo. E la luce viaggia più velocemente di qualunque altro tipo di informazione.
Così, se un cataclisma si verificasse ora da qualche parte nello spazio a un anno luce da noi e rimescolasse la posizione di un gruppo di stelle, fra un anno una piccolissima perturbazione nella forza peso ipoteticamente passerebbe dalle nostre parti.
Tutto questo è grandioso e, proprio perché enormemente grande, è anche spaventoso e inquietante.
Inquietante come il ricordo della profezia maya che si chiude dicendo che al volgere della quinta età del mondo le forze magnetiche e attrattive saranno talmente forti che opporci potrebbe esserci fatale.
Per approfondire: Il grande cambiamento del sistema solare
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