giovedì 16 luglio 2020

Storia del Personal Computer - da ENIAC al primo Macintosh -

Tutti ormai abbiamo un PC, desktop oppure portatile, che utilizziamo a casa o per lavoro. Ma sapete qual è la sua origine? Qual è stato il primo Personal Computer della storia? Ve lo raccontiamo noi.

Fin dall’antichità, l’uomo ha avuto necessità di contare e svolgere operazioni numeriche nelle sue attività quotidiane. Per questo motivo, nel corso degli anni, ha ideato e sviluppato strumenti sempre più funzionali e precisi che lo aiutassero in questo bisogno primario. 

Basti pensare all’abaco (usato fin dal XXI secolo a.C. in Cina) che può essere considerato il primo vero e proprio strumento di calcolo, anzi, addirittura l’antenato del PC. 

Infatti, cosa vuol dire la parola computer? Il termine deriva dal verbo latino "computare" e significa "fare di conto". Il computer nasce proprio come macchina in grado di ricevere dati, elaborarli sulla base di istruzioni (ad esempio, calcoli matematici), per poi restituire un risultato.

Dall’abaco ai computer moderni, ne è stata fatta di strada. Una strada, costellata di invenzioni geniali e di insuccessi, che è stata segnata dalla nascita dei primi ingombranti elaboratori creati per esigenze militari durante la Seconda Guerra Mondiale e che ha portato, attraverso una serie di vicissitudini, alle grandi innovazioni informatiche degli anni Settanta, nate in alcuni garage americani, come quello di Steve Jobs e Bill Gates.
Oggi vi vogliamo raccontare l’evoluzione del computer, dalle origini ai giorni nostri, attraverso i PC che hanno fatto la storia dell’informatica ...


ENIAC, il calcolatore digitale per l’esercito

Electronic Numerical Integrator And Computer: è questo il nome del primo computer elettronico “programmabile” general purpose della storia, un calcolatore digitale a valvole realizzato nel 1946 dagli Stati Uniti per esigenze militari. 

Il Governo americano aveva infatti bisogno di uno strumento per risolvere problemi bellici legati al calcolo delle curve balistiche dei proiettili dell’artiglieria. ENIAC non aveva parti meccaniche in movimento, solo circuiti elettronici, e le sue dimensioni erano impressionanti: con 18.000 valvole termoioniche collegate da 500.000 contatti saldati manualmente, il computer occupava una superficie di 180 metri quadrati (quasi quanto una grande palestra) e aveva un peso di 30 tonnellate. 

Solo un anno dopo, nel 1947, fu inventato il transistor, il componente elettronico che andrà a sostituire la valvola termoionica, consentendo così la realizzazione di computer dal peso e dalle dimensioni sempre più ridotti. Parallelamente, aumentava la potenza di calcolo e diminuivano i costi. 


Altair 8800: il primo microcomputer a processore in commercio 

Gli anni ‘50 e ‘60 pongono le basi per i computer moderni, grazie a invenzioni importanti, come la memoria RAM, e la scoperta del microchip, che portò alla creazione dei microprocessori e, di conseguenza, alla progettazione di computer sempre più piccoli ed economici. 

È così che negli anni Settanta, i computer abbandonano un contesto applicativo prevalentemente tecnico-industriale o militare, per entrare nelle case dei civili, anche se limitatamente a appassionati di tecnologia e hobbisti. 

Questi primi PC venivano comunemente chiamati “microcomputer”: tra questi, vale la pena ricordare Altair 8800 basato su processore Intel 8080, il primo personal computer messo in commercio al costo di 495 dollari e venduto in kit di montaggio. 
Era il 1975, il successo commerciale di Altair 8800 fu enorme.


1981: inizia l’epoca del PC moderno

Nell’estate del 1981, IBM annunciava al pubblico la commercializzazione del Personal Computer 5150, il primo vero computer ad avvicinarsi - per caratteristiche estetiche e tecniche - ai desktop così come li intendiamo oggi. 

Questo modello montava un microprocessore Intel 8088 a 4,77 Mhz, 64k di RAM, 40k di ROM, un floppy da 5,25 pollici da 160k e un sistema operativo PC-DOS 1.0 derivato da Microsoft. IBM PC 5150 si caratterizzava per un’architettura aperta e includeva anche un monitor a fosfori verdi e una scheda grafica a colori. 
Le vendite di questo PC inizialmente non furono eccezionali, ma in poco tempo IBM divenne uno dei maggiori produttori di personal computer.

Macintosh: arriva l’interfaccia grafica sui personal computer

Dopo Apple II (il primo home computer che uscì nel 1977 con semplici programmi di videoscrittura, fogli di calcolo e giochi), l’azienda di Cupertino lanciò nel gennaio del 1984 un’altra importante rivoluzione per il mondo dell’informatica, ovvero il Macintosh: si tratta del primo PC con interfaccia grafica a icone, destinato a diffondersi su larghissima scala. 

Facile da utilizzare, dotato di mouse e con sistema operativo Mac OS, questo computer usava per la prima volta metafore semplici da comprendere, come il cestino, la scrivania e le finestre. Finalmente, anche coloro che avevano limitate conoscenze informatiche potevano utilizzare un computer in tutta tranquillità. 

Un anno dopo, nel 1985, Microsoft creò il proprio sistema operativo Windows, adottando la struttura user-friendly del sistema introdotto da Macintosh. 

È da questo momento, grazie anche all’avvento di Internet negli anni ’90, che il Personal Computer diventa uno strumento immancabile sulle scrivanie di casa e dell’ufficio di milioni di persone in tutto il mondo.



Alle origini del PC c’era la "Perottina", il computer della Olivetti

Fu nei primi anni sessanta che Olivetti decise di sviluppare un computer desktop. Vale a dire un computer molto più piccolo di quelli usati all’epoca e abbastanza compatto da essere “un oggetto personale, qualcosa che doveva convivere con una persona, sulla sua scrivania” (Roberto Olivetti). 

Questo oggetto, il primo personal computer del mondo, venne chiamato Programma 101 (P101) e soprannominato Perottina.

Un’idea del genere era assolutamente rivoluzionaria poiché, all’epoca, i computer erano enormi mainframe sigillati in stanze ermetiche e gestiti da un’élite di tecnici specializzati in camice bianco. Ecco perché la pubblicità di Programma 101 recitava: “Benvenuti nel mondo di domani. State per fare un viaggio fuori da questo mondo, dritti nel mondo del futuro”.

Perottina, l’invenzione di un ingegnere italiano

Programma 101 ebbe presto un soprannome, Perottina, dal nome del suo inventore, l’ingegnere Pier Giorgio Perotto, allora 32enne. 
Fu a lui che Olivetti assegnò la direzione del progetto nel 1962. 

Il rivoluzionario computer fu sviluppato da un team di cinque giovani tecnici: lo stesso Perotto, Giuliano Gaiti, Giancarlo Toppi, Gastone Garziera e Giovanni De Sandre (quest’ultimi due ancora in vita).

La storia di Programma 101 è in qualche modo romantica. Olivetti aveva appena venduto la sua divisione elettronica a General Electric, che non era per nulla interessata ad un computer italiano. Tuttavia, il team di Perotto non voleva rinunciare al progetto, già in una fase embrionale. Perciò, inventarono un trucco.

Durante la notte, depennarono Programma 101 dalla lista dei computer e lo inserirono in quella delle calcolatrici. La divisione delle calcolatrici non faceva parte dell’accordo con General Electric. Così, per alcuni mesi, poterono continuare a sviluppare la loro “macchina del futuro“.

Anche la NASA ne comprò una decina

Nonostante Olivetti avesse poche aspettative sulle possibilità di un ritorno commerciale, Programma 101 ebbe successo.

Con un prezzo di 3.200 dollari (circa 20.000 dollari di oggi), era abbastanza economico se confrontato con altri computer dell’epoca. Inoltre, la Perottina era piccola e si poteva trasportare facilmente da una stanza all’altra, collegarla a una presa di corrente e iniziare a lavorare in pochi minuti. Nel suo libro sulla storia del P101, Pier Giorgio Perotto racconta che alcuni visitatori del Bema Show, quando la macchina fu presentata per la prima volta, credevano che fosse un computer finto, collegato ad un mainframe nascosto altrove.

Olivetti vendette circa 44.000 Programma 101, principalmente negli Stati Uniti. Tra i clienti c’era anche la NASA, che ne utilizzò dieci nel programma Apollo 11 per lo sbarco sulla Luna.

Tornando ai nostri giorni, è lecito domandarsi come sia potuto accadere che l’Italia, con un simile vantaggio tecnologico sul resto del mondo e con un’azienda tanto innovativa come la Olivetti, abbia potuto buttare alle ortiche questo patrimonio.

Di fatto, uno degli insegnamenti che la vicenda Olivetti ci ha lasciato è che quando uomini geniali e innovatori vivono in un paese di ignoranti (tecnologicamente e scientificamente parlando), non c’è alcuna speranza che possano fare il loro lavoro e creare benessere per tutta la società. Ma questa è un’altra storia che, prima o poi, vi racconteremo…



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