domenica 15 marzo 2020

Via le teste di legno dalla scuola, mettiamoci veri studiosi

E’ un professore che si è voluto complicare la vita impegnandosi in diversi contesti culturali assieme ad altri professori, scienziati e studiosi. 

Gestisce un sito in cui presenta interpretazioni e spiegazioni differenti da quanto i media divulgano sulla critica scientifica: si chiama Enzo Pennetta e doveva collaborare con Carlo Freccero a una nuova trasmissione su Rai 2.

Perché si è lanciato in uno scontro con i media ufficiali su argomenti scientifici come il neodarwinismo, economici come la moneta unica, geopolitici come le politiche della UE in Africa?

Tutto è iniziato quando dopo, aver insegnato per anni la teoria di Darwin, ho constatato che aveva degli evidenti punti deboli, di cui inizialmente non mi ero accorto o a cui non avevo dato molto peso; nonostante queste evidenti debolezze, la teoria veniva sostenuta con grande forza e spesso con aggressività.

Per capire quale dinamica fosse dietro a tutto ciò mi sono messo a cercare le origini della teoria e a ricostruirne il percorso, scoprendo che essa stata promossa e impiegata come strumento politico di potere.

A quel punto argomenti apparentemente estranei ad essa, come le politiche verso il Terzo Mondo, la geopolitica e l’economia, hanno mostrato di essere in realtà collegati da un’unica visione sociale, economica e politica, che a livello filosofico è rappresentata proprio dal darwinismo ...


Ha scritto diversi saggi e, a breve, uscirà un nuovo libro: cosa la spinge a smontare le tesi ufficiali?

Fin dal liceo ho amato la scienza perché ho una spinta innata alla ricerca della verità; nella vita avrei potuto fare certamente scelte più convenienti, alcuni miei amici ai tempi del liceo oggi siedono nel cda di importanti banche, altri hanno fatto carriera nelle multinazionali farmaceutiche, ma non era quella la mia strada.

Le grandi figure della scienza e della filosofia sono sempre state il mio riferimento ideale. Con l’insegnamento ho poi sviluppato un senso di responsabilità verso le nuove generazioni, specialmente quando vedo che sono sottoposte a manipolazioni di ogni genere: lo trovo inaccettabile e sono contento di poter offrire loro un punto di vista diverso.

Dopo aver finora affrontato la visione socio-economica neoliberista e le sue basi darwiniane, passerò alla proposta di un loro superamento, una proposta con la quale dico con consapevolezza che sarà inevitabile confrontarsi: questo sarà il contenuto del nuovo libro.

In questi anni ha creato un buon seguito: quali i motivi di questo successo tra i giovani?

I giovani possono essere dei critici spietati, spesso sono diffidenti -giustamente, aggiungo- ma sono anche pronti a dare credito a chi sentono vero e appassionato; io non cerco di essere simpatico o di carpire la benevolenza di chi ho davanti, anzi spesso sono crudo e diretto nel fare osservazioni o nel dire cose contro corrente.

Ma forse il punto è proprio questo: i ragazzi hanno bisogno di interlocutori che trasmettano un messaggio forte, a prescindere dal fatto che lo condividano o meno, di persone che si espongono per le loro idee senza preoccuparsi di ottenere consenso o di ricevere biasimo e questo accende comunque un interesse.

Il mondo degli ultimi venti anni ha avuto cambiamenti incredibili sia a livello tecnologico che di usi e costumi, a suo avviso è migliorato o peggiorato?

Se penso dal punto di vista cognitivo e culturale, non posso che constatare un peggioramento, ma del resto tutte le riforme della scuola sono state effettuate per ottenere questo risultato e sarebbe stato strano che non lo avessero ottenuto.

Al di fuori della scuola ho visto un indebolimento generale delle persone, che sono divenute sempre più remissive verso le ingiustizie del sistema socio economico, sempre più individualiste e pronte a fare massa solo per seguire le indicazioni del pensiero politicamente corretto.

Ma a mio parere ci sono anche segni di reazione, ci si informa sempre più su canali alternativi ai grandi media e le grandi narrazioni sociologiche di libertà irreali o surrogate e diritti cosmetici stanno perdendo la loro presa: questo è il momento in cui un cambiamento si può innescare.

Spesso commenti su di lei e chi la segue fanno riferimento a una visione medioevale: cercano di dipingerti come un passatista antiscientifico, ma il Medioevo è stato un periodo incredibilmente di alta cultura…

La rappresentazione del passato come un periodo negativo è un’invenzione del Positivismo ottocentesco, che intendeva mostrare la Storia come una marcia del progresso da epoche oscure a sorti sempre più “magnifiche e progressive”: per dare autorevolezza al presente aveva bisogno di sminuire il passato.

Il vero pensiero scientifico era invece quello che, con Newton, diceva di poter guardare lontano perché si era posto sulle spalle dei giganti del passato. Come si vede, i veri nemici della scienza sono quelli che la fanno.


Ha letto il rapporto sulle nostre scuole? Ci aiuti a capire cosa manca e cosa andrebbe fatto.

I rapporti sulla scuola non valgono spesso la carta su cui sono stampati. La nostra scuola è stata per decenni la migliore del mondo e lo è ancora oggi: quando i nostri studenti ritornano da periodi di studio all’estero riferiscono di essersi trovati al di sopra dei loro coetanei e viceversa devono poi faticare a riallinearsi con i compagni ritrovati in classe. 

La scuola italiana ha preparato generazioni di persone con una ottima base culturale degna degli eredi di una delle tradizioni intellettuali più ricche del mondo, ma dagli anni Ottanta si è iniziato a dare spazio alle idee che indicavano nel “mercato” il riferimento ultimo della formazione scolastica ed è iniziato il declino.

Quello che manca è un cambiamento di rotta che riporti la bussola dalle esigenze del mercato alla formazione della persona. 

Per prima cosa andrebbero azzerate tutte le riforme degli ultimi venti anni, a cominciare dalla così denominata “buona scuola”, dall’alternanza scuola lavoro, dalla ipertrofia dell’inglese con il metodo CLIL, andrebbero poi liberati gli insegnanti da una serie di appesantimenti che con l’insegnamento hanno poco a che fare.

Insomma, basta far fare la scuola agli insegnanti e nominare ministri con una lunga esperienza di insegnamento, o che siano in alternativa forti esponenti della cultura e non invece delle teste di legno facilmente influenzabili dietro cui hanno facilità ad operare gli apparati del Ministero e soggetti esterni, cosa che è invece è regolarmente avvenuta negli ultimi venti anni.


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