Ogni persona è identificata con qualcosa: la propria professione, religione, partito politico, nazionalità, con un gruppo etnico, una città, una squadra sportiva, o, più comunemente con il proprio nome e il proprio corpo.
Un altro aspetto dell’identificazione è il sentirsi “tutt’uno” con un’altra persona, ma non energicamente, bensì proiettando su di essa la propria identità desiderata o le esperienze passate.
Può accadere anche che ci si identifichi con la macchina che possediamo, con una marca d’abbigliamento, e se proviamo a riflettere sul modo in cui funziona l’identificazione, scopriremo, che anche noi siamo identificati con qualcosa.
Ad esempio, vi siete mai sentiti offesi nel sentir criticare la vostra nazione o città? Come vi sentite se viene criticata la macchina che guidi, il lavoro che svolgi, il tuo corpo, o lati del tuo carattere? Forse le critiche sono appropriate, magari sono le stesse che in alcuni momenti pensiamo anche noi, ma sentirselo dire da altri ci fa sentire offesi, perché ci siamo identificati con quanto criticato.
Quando ciò accade è impossibile vedere le cose obiettivamente, l’argomento diventa “personale”, in quanto percepiamo l’oggetto della critica come parte di noi ...
Se osserviamo la struttura della nostra personalità (l’ego), ci accorgiamo che parte di essa si è originata attraverso lo stesso processo dell’identificazione: definiamo noi stessi, ci etichettiamo, attraverso l’associazione con una certa nazionalità, professione, religione, cultura, classe sociale, e attraverso la nostra personalità.
Quando ci domandano: “Chi sei?”, generalmente tendiamo a rispondere elencando le cose con cui siamo identificati, ad esempio, se facciamo questa domanda a qualcuno, potremo sentirci rispondere: “Sono Francesco, vivo a Firenze, e di professione sono avvocato. Sono di fede Cattolica, vado ogni domenica in chiesa, faccio volontariato al Grean Peace, tifo per l’Italia e voto sempre il Partito Democratico.” Una persona del genere, che se ne renda conto o meno, è identificata con il ruolo sociale, una professione, una città, una religione, un associazione, un partito politico ed una squadra nazionale.
Gli antichi Romani, invece, erano identificati principalmente con il proprio mestiere, era quello che li faceva sentire importanti e costituiva una grande parte della propria identità, tanto da scriverlo persino sull’epitaffio tombale.
Analogamente ci identifichiamo con le nostre emozioni, anche se questo fenomeno è più temporaneo rispetto all’identificazione con idee o convinzioni, ma si presenta più intensamente per il periodo della durata. Capita di frequente, quando ci arrabbiamo, di identificarsi con la rabbia e di affermare: “Io sono arrabbiato”.
Questa stessa frase mette “l’io” e la rabbia sullo stesso piano, come se in quel momento fossero una sola cosa; ciò vale anche per “Io sono felice”, “Io sono triste”, “Io sono preoccupato”, “Io sono tranquillo”. Si può quindi dire, in vero, che l’essere umano tende a diventare l’emozione di cui sta facendo esperienza, riducendo la propria consapevolezza a quell’emozione, e non lasciando spazio ad altro.
Queste dinamiche restringono il nostro punto di vista, limitando la nostra prospettiva ad una visione molto soggettiva delle cose, nel caso della rabbia tendiamo a focalizzarci totalmente su quelle parti del corpo emotivo e del corpo della personalità che vibrano con essa, escludendo totalmente gli altri corpi sottili più elevati, che avrebbero potuto portare accettazione o comprensione, offrendo prospettive più ampie della situazione.
Un altro aspetto molto comune dell’identificazione è quella che coinvolge pensieri, idee e convinzioni profonde, in alcune circostanze, l’identificazione diventa così forte, da indurre le persone allo scontro per difendere le proprie idee, o nel tentativo di imporle agli altri. Convincimenti e forme pensiero estendono il loro potere fino al corpo della personalità dove, unite alle altre cose con cui ci identifichiamo, danno un quadro completo della nostra identità, ciò che crediamo di essere.
Sono infinite le occasioni di identificazione, le “etichette” che possiamo scegliere di “attaccare” alla nostra personalità, ma l’effetto di diventare ciò di cui facciamo esperienza, e restringere la nostra prospettiva, rimane invariato.
In altre parole, con l’identificazione, abbiamo una notevole perdita di consapevolezza, dato che si tratta di un processo che la costringe a spostarsi continuamente, in funzione dei pensieri, delle emozioni e dei convincimenti che sperimentiamo, focalizzandosi solo su di essi.
Inoltre, l’identità, essendo frammentata, tende a mostrare “maschere” diverse a seconda dell’ambiente in cui ci troviamo.
Ad esempio, molti cattolici che in chiesa sembrano vivere per la loro fede, in ambienti mondani, cambiano radicalmente il loro atteggiamento, dimenticando la morale e giudicando gli altri per sentirsi superiori.
Molto spesso mi capita di sentir parlare di persone che quando sono sole con un altro individuo si comportano in un modo, e quando si trovano in gruppo, o in contesti diversi, cambiano completamente atteggiamento: anche questo fa parte della dinamica energetica legata alla frammentazione della personalità.
Comunemente, diverse identità sono tra loro in conflitto, e ciò ci impedisce di vivere una vita da individui integri, comportando grossi conflitti interiori. In sintesi, il problema dell’identificazione non sta nelle idee, nelle emozioni, o nell’oggetto di per sé, ma nel pensare che esso sia parte di noi, ed è proprio quest’affermazione a restringere la nostra prospettiva.
Da tutto questo si comprende un importante legge metafisica: più siamo identificati con qualcosa, meno siamo consapevoli; più la consapevolezza cresce e meno ci identifichiamo.
Fonte (oggi off line): ambraguerrucci.blogspot.com
La maggior parte delle persone è così completamente identificata con la voce nella testa, con quell'incessante flusso di pensiero involontario e compulsivo e con l'emozione che lo accompagna, che potremmo definirle possedute dalle loro menti.
Fino a che ne siete completamente inconsapevoli, credete che colui che pensa sia chi siete.
Questa è la mente egoica. La chiamiamo egoica, perché vi è un senso del sé, dell'io (l'ego), in ogni pensiero, in ogni memoria, in ogni interpretazione, opinione, punto di vista, reazione, emozione. E spiritualmente parlando questa è l'inconsapevolezza. Il vostro pensare, il contenuto della vostra mente, è ovviamente condizionato dal passato, dalla maniera in cui siete stati tirati su, dalla vostra cultura, dalla situazione familiare, e così via. Il nucleo centrale di tutta la vostra attività mentale, consiste in pensieri ed emozioni ripetitivi, in schemi reattivi con i quali siete fortemente identificati. Questa entità è l'ego stesso.
In molti casi, quando dite "io," non siete voi ma è l'ego che parla.
E' costituito da pensiero ed emozione, con un insieme di memorie che identificate come "me e la mia storia," di ruoli abituali che giocate senza neppure saperlo, di identificazione collettive come la nazionalità, religione, razza, classe sociale, fede politica. Non solamente è identificazione personale con ciò che si possiede, e anche con le opinioni, le apparenze esteriori, i vecchi risentimenti, e le idee su voi stessi come uno meglio degli altri o non così bravo come gli altri, come uno che ha successo o che è un fallimento.
Anche se la struttura di tutti gli ego è la stessa, il contenuto dell'ego varia da persona a persona. In altre parole, l'ego differisce solamente nell'aspetto superficiale, nel fondo sono tutti uguali.
E in che modo sono uguali?
Questa è la mente egoica. La chiamiamo egoica, perché vi è un senso del sé, dell'io (l'ego), in ogni pensiero, in ogni memoria, in ogni interpretazione, opinione, punto di vista, reazione, emozione. E spiritualmente parlando questa è l'inconsapevolezza. Il vostro pensare, il contenuto della vostra mente, è ovviamente condizionato dal passato, dalla maniera in cui siete stati tirati su, dalla vostra cultura, dalla situazione familiare, e così via. Il nucleo centrale di tutta la vostra attività mentale, consiste in pensieri ed emozioni ripetitivi, in schemi reattivi con i quali siete fortemente identificati. Questa entità è l'ego stesso.
In molti casi, quando dite "io," non siete voi ma è l'ego che parla.
E' costituito da pensiero ed emozione, con un insieme di memorie che identificate come "me e la mia storia," di ruoli abituali che giocate senza neppure saperlo, di identificazione collettive come la nazionalità, religione, razza, classe sociale, fede politica. Non solamente è identificazione personale con ciò che si possiede, e anche con le opinioni, le apparenze esteriori, i vecchi risentimenti, e le idee su voi stessi come uno meglio degli altri o non così bravo come gli altri, come uno che ha successo o che è un fallimento.
Anche se la struttura di tutti gli ego è la stessa, il contenuto dell'ego varia da persona a persona. In altre parole, l'ego differisce solamente nell'aspetto superficiale, nel fondo sono tutti uguali.
E in che modo sono uguali?
Vivono tutti grazie all'identificazione e alla separazione. Se vivete attraverso il sé creato dalla mente, l'ego, che è fatto di pensieri ed emozioni, le basi della vostra identità sono instabili perché pensiero ed emozione sono per loro natura effimeri, passeggeri.
Per questo, ogni ego si sforza continuamente di sopravvivere, cercando di proteggersi e di ingrandirsi.
E per confermare il pensiero che ha su di sé ha bisogno del pensiero opposto che è poi quello "dell'altro." Il concetto "io" non può sopravvivere senza il concetto "altro".
E quando guardo gli altri come i miei nemici, gli altri sono soprattutto "l'altro". Ad un estremità della scala di valori di questo schema egoico inconscio, c'è l'abitudine compulsiva a cercare manchevolezze e a lamentarsi degli altri. Gesù si riferiva proprio a questo quando diceva: "Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo?" All'altra estremità di quella scala di valori, vi è la violenza fisica fra le persone e gli atti belligeranti fra le nazioni. Nella Bibbia la domanda di Gesù rimane senza risposta, ma ovviamente la risposta è: Perché quando critico o condanno un altro, mi sento superiore, più grande.
Per questo, ogni ego si sforza continuamente di sopravvivere, cercando di proteggersi e di ingrandirsi.
E per confermare il pensiero che ha su di sé ha bisogno del pensiero opposto che è poi quello "dell'altro." Il concetto "io" non può sopravvivere senza il concetto "altro".
E quando guardo gli altri come i miei nemici, gli altri sono soprattutto "l'altro". Ad un estremità della scala di valori di questo schema egoico inconscio, c'è l'abitudine compulsiva a cercare manchevolezze e a lamentarsi degli altri. Gesù si riferiva proprio a questo quando diceva: "Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo?" All'altra estremità di quella scala di valori, vi è la violenza fisica fra le persone e gli atti belligeranti fra le nazioni. Nella Bibbia la domanda di Gesù rimane senza risposta, ma ovviamente la risposta è: Perché quando critico o condanno un altro, mi sento superiore, più grande.
Molto interessante, Cathy. Ci teniamo tanto, a quei vecchi stracci che coprono il nostro io ; ci teniamo tanto alle nostre idee, arrabbiature che crediamo sane, definizioni di noi stessi ; viviamo il modo attraverso questi filtri, e confondiamo la nostra interpretazione con la realtà stessa, che poi nessuno sa bene che cos'è... ci aggrappiamo all'impermanenza per paura di perdere parte delle nostre convinzioni, che pensiamo essere il nucleo della nostra personalità ; trasportiamo addosso a noi tanti ragionamenti fossili, gusci ormai vuoti di energie andate da un pezzo ; La consapevolezza è da tutt'altra parte, nel silenzio della mente sgombra di pensieri, o per lo meno che non si attacca ai pensieri e li lascia volare via, come nuvole che passano nel campo dello sguardo. E' un duro lavoro, orientarsi ad accrescerla sempre più, un lavoro che ci denuda poco a poco, oppure di colpo, un cammino verso la leggerezza ; una leggerezza frutto di un pesante lavoro di smantellamento continuo, che non finirà mai, ed è sempre all'inizio, sempre nell'imperfezione, nella non definizione, nell'impermanenza. Tutto è provvisorio, comprese queste parole!
RispondiEliminaGrande Brigitte :)
EliminaMais moi je prends ces sages paroles et je les goute avec plaisir. :)
Bisou ..