(Foto: la giovane volpe ripresa a Prypyat, il paese più vicino alla centrale.)
Una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore contaminando la città vicina, ma non solo. Le nubi radioattive arrivarono in Finlandia, Scandinavia, Italia, Francia, Germania, Svizzera, Austria e tutta la zona balcanica.
Se i morti accertati nei primi giorni del disastro furono solamente 65, nei mesi successivi si registrarono oltre 4000 casi di tumore nella sola zona di Chernobyl, ma il disastro toccò tutta l’Europa.
Negli anni seguenti, fino ancora ad oggi, si contano tra i 60 000 ai 6.000.000 di casi di decesso per tumori riconducibili al disastro del 1986.
Il disastro di Chernobyl ha dimostrato di quanto l’essere umano sia indifeso e volubile di fronte a tali catastrofi, ma per quanto riguarda la natura e gli altri animali invece? ...
Negli anni seguenti, fino ancora ad oggi, si contano tra i 60 000 ai 6.000.000 di casi di decesso per tumori riconducibili al disastro del 1986.
Il disastro di Chernobyl ha dimostrato di quanto l’essere umano sia indifeso e volubile di fronte a tali catastrofi, ma per quanto riguarda la natura e gli altri animali invece? ...
La zona fu evacuata, non proprio prontamente, e con la promessa che tutti presto sarebbero tornati alle loro case. Ma, ovviamente, non fu così, la cosiddetta zona di alienazione, circa 30 km di raggio dalla centrale è interdetta a qualsiasi attività umana. Nel frattempo, tuttavia, la zona è tutt’altro che priva di vita.
Dopo i primi devastanti effetti su tutte le specie viventi, sia animali che vegetali, ora la natura si è ripresa l’area, dimostrando che può adattarsi e sopravvivere anche dove l’uomo non può farlo.
Eppure ci sbagliavamo la zona non è inabitabile, la fauna e la flora vive oggi lì rigogliosa, adattandosi perfettamente alle radiazioni e prosperando grazie all’assenza dell’uomo.
I primi problemi per la flora e la fauna
Ovviamente, nei mesi immediatamente successivi al disastro, non sono stati solamente gli esseri umani a risentirne. Un vicino bosco di pini, divenne rosso e morì, oggi è conosciuto come Foresta Rossa.
Ma altre foreste, incredibilmente, rimasero verdi e sopravvissero, erano foreste di betulle e pioppi.
Una mandria di cavalli lasciata lì vicino morì nel girò di poche settimane. Tuttavia, alla stessa distanza e allo stesso livello di radiazioni, una mandria di bovini sopravvisse. Nonostante i problemi riscontrati sugli esemplari direttamente esposti, la generazione successiva risultò essere sana.
Una mandria di cavalli lasciata lì vicino morì nel girò di poche settimane. Tuttavia, alla stessa distanza e allo stesso livello di radiazioni, una mandria di bovini sopravvisse. Nonostante i problemi riscontrati sugli esemplari direttamente esposti, la generazione successiva risultò essere sana.
La natura si è saputa adattare e come sempre il più forte, che in questo caso è quello che meglio si adatta alle radiazioni, sopravvive.
Oggi Chernobyl è un’area rigogliosa dal punto di vista della flora e della fauna. Le radiazioni emesse furono 400 volte quelle della bomba atomica sganciata su Hiroshima e la zona sarebbe dovuta rimanere disabitata per millenni. Eppure, a soli 33 anni dal disastro, ci sono lupi, orsi, volpi, linci, lontre, cani, gatti, cavalli, pesci e moltissimi uccelli che vivono indisturbati nella zona di alienazione. Nessuno pensava fosse possibile.
Gli animali sono mutati, per adattarsi alle radiazioni, ad una velocità incredibile, inoltre, appena un paio di generazioni. Quello che abbiamo avuto modo di osservare a Chernobyl è incredibile.
I più resistenti, come sappiamo ormai da anni, sono risultati essere gli insetti. Ma non sono i soli. Nelle popolazioni di volatili si è notato un considerevole aumento degli esemplari albini. Le rane sono diventate più scure.
In particolar modo la stessa Foresta Rossa, di cui parlavamo prima, prospera oggi di vita, tra cui grandi orsi bruni, volpi, lupi e bisonti. Ma anche il fiume Pripyat, ad appena 3 chilometri dalla centrale.
Le lontre tra gli animali che si sono adattati alle radiazioni
Gli animali sono stati attentamente osservati nel loro nuovo ambiente naturale con l’uso di droni, tutti nella zona preclusa all’uomo. Tutti sembrano essersi adattati perfettamente alle radiazioni, contando anche sulle piccole mutazioni genetiche subite.
Infine, la flora non è stata da meno, mentre i pini sono morti immediatamente dopo il disastro, moltissimi grandi alberi sono rimasti in piedi. Tutta la vegetazione si è lentamente ripresa la città, come in una perfetta cartolina post apocalittica.
Dopo tutto la grande apocalisse annunciata sembra non essere arrivata e l’unico che davvero rimane inerme di fronte al disastro è solamente l’essere umano.
Fonte: www.legadelcane-carbonia.org
L’aumento di una popolazione non è sempre indice di benessere. Il biologo Giacomo Moro Mauretto spiega cosa sta succedendo nel luogo che ha visto il peggior disastro nucleare nella storia d’Europa.
A Chernobyl gli animali stanno malissimoIn una recente intervista pubblicata su Dw Timothy Mousseau (foto) parla delle specie mutate a Chernobyl, accennando anche a quelle che ha studiato nell’area di Fukushima. Il ricercatore cita anche altri studi in merito, che nell’articolo non vengono però approfonditi. Si parla di insetti mutati e uccelli che presentano dei tumori.
«Sono stati pubblicati diversi altri articoli – spiega Moro Mauretto – come quello molto citato di Anders Pape Møller sul cervello delle rondini, criticato poi in un altro paper pubblicato dalla Royal Society. Si sostiene che a Chernobyl le rondini abbiano avuto una riduzione delle dimensioni del cervello. Ci sta, anche se altri autori fanno notare che possano esserci tante altre spiegazioni».
«Quando in questi studi si parla di “animali” dobbiamo considerare due significati diversi: le popolazioni stanno bene, ma bisogna considerare anche tutti i singoli esemplari. Questo è il punto principale da cui nascono tutti i vari problemi».
Effettivamente a livello di metodo di ricerca si è tenuto conto degli esemplari mutati rispetto alla popolazione, ma non sembra ci siano dei confronti con altre popolazioni in parchi naturali, dove sicuramente le radiazioni non ci sono. Manca la cosiddetta “prova del bianco” che vediamo in molte ricerche quando si parla di “gruppi di controllo”.
«Parliamo del “controllo negativo” – conferma il biologo – la cui mancanza mi rende scettico. Sono il primo a scommettere che gli animali a Chernobyl possano avere una elevata incidenza di varie problematiche, soprattutto negli animali che vivono più a lungo: gli umani sarebbero i primi ad avere una elevata incidenza di tumori».
«C’è un articolo riassuntivo pubblicato su Enviromental Research, molto criticato per la mancanza di un controllo negativo. Si cita anche lo studio sui cervelli delle rondini. Potrebbero essere le radiazioni, ma dobbiamo tener conto anche di altre cause, come l’assenza degli umani».
«Møller stesso pubblicò un articolo molto noto tra gli etologi, dove mostrava che il cervello di diverse specie di uccelli è proporzionale all’incidenza dell’attività umana. Noi stessi siamo un fattore di selezione per gli uccelli col cervello più grande, perché devono essere più furbi nello schivare le auto, evitare i cacciatori, eccetera».
«Lo stesso autore che ha mostrato come la presenza umana renda il cervello degli uccelli più grande, sostiene anche che se si riduce nelle rondini è colpa delle radiazioni, dimenticando che Chernobyl non è più abitata da esseri umani. Questa è una cosa che mi fa storcere il naso, perché l’intero ecosistema della regione è cambiato a causa della nostra assenza».
Parliamo sempre di dati surrogati, che dimostrano fenomeni non necessariamente collegati con quello delle radiazioni. «Esattamente, è un cherry picking – conferma Moro Mauretto – si citano anche mutazioni nel microbiota degli animali di Chernobyl; può succedere anche negli umani, ma non sono necessarie le radiazioni per spiegarlo».
«C’è stato sicuramente un grande cambiamento ecologico: foreste che crescono, campi diradati; tutti questi aspetti cambiano notevolmente le circostanze. Detto questo: allora gli animali stanno meglio?».
A Chernobyl gli animali stanno benissimo
Arriviamo al secondo punto – il “bicchiere mezzo pieno” – quello degli articoli rilanciati a seguito della serie Tv su Chernobyl, in cui si mostra che effettivamente gli animali stanno “tornando”, tanto che oggi attorno all’area del disastro ci sarebbe una vera e propria riserva naturale.
Eppure c’è ancora una domanda.
La presenza dell’uomo prima del disastro non avrebbe dovuto scongiurare una precedente abbondanza di specie nella regione? «Infatti, a noi risulta che le popolazioni di animali da allora siano aumentate – prosegue il biologo – anche alcune più rare come la lontra che è stata vista mediante foto-trappole. Come accennavo prima, le popolazioni stanno bene, i singoli animali non si sa».
«Il punto principale degli studi sulle popolazioni è che si sia creata proprio un’oasi naturale a seguito della scomparsa dell’uomo. Il che ha davvero senso, perché è un’area lasciata completamente a se stessa. Mi sembra ovvio che prima del disastro tutto questo non ci fosse. Il “ritorno” dovrebbe riferirsi a migliaia di anni fa, quando non esistevano ancora insediamenti umani».
«Le radiazioni sono una variabile nascosta che ha portato al nostro allontanamento. Detto questo, bisogna chiedersi se i singoli individui stiano peggio rispetto all’intera popolazione, a causa di esse o di altri fattori. Su questo punto c’è ancora un dibattito aperto».
Arriviamo al secondo punto – il “bicchiere mezzo pieno” – quello degli articoli rilanciati a seguito della serie Tv su Chernobyl, in cui si mostra che effettivamente gli animali stanno “tornando”, tanto che oggi attorno all’area del disastro ci sarebbe una vera e propria riserva naturale.
Eppure c’è ancora una domanda.
La presenza dell’uomo prima del disastro non avrebbe dovuto scongiurare una precedente abbondanza di specie nella regione? «Infatti, a noi risulta che le popolazioni di animali da allora siano aumentate – prosegue il biologo – anche alcune più rare come la lontra che è stata vista mediante foto-trappole. Come accennavo prima, le popolazioni stanno bene, i singoli animali non si sa».
«Il punto principale degli studi sulle popolazioni è che si sia creata proprio un’oasi naturale a seguito della scomparsa dell’uomo. Il che ha davvero senso, perché è un’area lasciata completamente a se stessa. Mi sembra ovvio che prima del disastro tutto questo non ci fosse. Il “ritorno” dovrebbe riferirsi a migliaia di anni fa, quando non esistevano ancora insediamenti umani».
«Le radiazioni sono una variabile nascosta che ha portato al nostro allontanamento. Detto questo, bisogna chiedersi se i singoli individui stiano peggio rispetto all’intera popolazione, a causa di esse o di altri fattori. Su questo punto c’è ancora un dibattito aperto».
Fonte: www.open.online
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