lunedì 30 maggio 2016

Baalbek: centro di controllo?

Mauro Paoletti

Le rovine di Baalbek, in Libano, sono quanto rimane del più grande tempio che sia stato costruito dai romani. Eretto sopra enormi blocchi di pietra granitica, resti ciclopici di quella che viene considerata la più antica costruzione del mondo.
Data la vicinanza della fertile pianura della Beqa’a, più facilmente percorribile, non è pensabile che Baalbek sia sorta come via di scambio commerciale. Nonostante che in primavera l’area divenga più umida, già i romani, a suo tempo, dovettero provvedere al fabbisogno idrico attraverso un acquedotto proveniente da Ain Lejout, distante 6 km.

Non si giustificano facilmente i lunghi viaggi affrontati dagli imperatori romani per giungere a Baalbek solo per ricevere i responsi degli oracoli e costruire il più grande tempio dell’epoca lontano da Roma. Per quale recondito motivo furono spinti a venerare questo luogo e inviarvi colonne di granito rosso affrontando un tragitto di 200 km, da Assuan, attraverso il porto di Tripoli e Homs, girando attorno alle montagne, in un cammino scomodo e tortuoso?

foto sopra: Molti ingegneri si chiedono perché sono stati usati grandi blocchi di pietra, dal momento che era più facile portare a termine la costruzione usando blocchi più piccoli, considerando anche che nelle grandi pietre vi può essere un difetto trasversale, causa di un successivo problema strutturale.

La risposta evidente, documentata, è il culto di una triade di Dèi composta da Giove, Venere e Mercurio.
Giove veniva associato con Baal, che dava il nome al luogo, il cui significato fenicio era "Lord", "Signore", Identificato con Adad. Venere era associata ad Astarte, Ishtar. Mercurio era Adone. Ciò richiama la triade di Adad, Ishtar e Shamash, che nella forma sumera diveniva: Ishkur, Inanna, Utu.
Sappiamo che Greci e Romani fornivano i loro templi di intricati labirinti sotterranei ma, a tutt’oggi, non è stato possibile rintracciare quello sotto le imponenti costruzioni di Baalbek, pur esistendo relazioni di archeologi che ce ne parlano....

George Ebers e Herman Guthe, guidati da alcuni arabi, attraverso un ingresso situato nel lato meridionale, avrebbero percorso, per 140, metri una serie di cunicoli e un dedalo di grotte e condotti a volta, tutti comunicanti, sotto l’intera costruzione, illuminati ogni tanto da misteriose "finestre traforate", riemergendo sotto le mura a settentrione.
Nel 1920 André Parrot confermò l’esistenza di labirinti costruiti da crolli, ma in alcuni punti ancora visibili attraverso le crepe.

La piattaforma sopra la quale sono stati posti i templi è rialzata di nove metri, formata da blocchi fino a nove metri di lunghezza e due di spessore, larghi due. Nessuno ne ha mai calcolata la quantità occorsa, ma si stima superi sicuramente la cubatura della Grande Piramide.
È comunque difficile attribuire ai romani l’intera costruzione dato che, solitamente, nella loro architettura venivano utilizzate pietre più piccole; e non vi sono testimonianze di civiltà in possesso di tecnologie idonee ad erigere le pietre colossali che si ammirano nella piattaforma a Baalbek.


Il tempio di Giove (sopra) poggia su di un piedistallo formato da pietre disposte in filari sovrapposti e ancora visibili sotto le colonne rimaste in piedi. Costruito con accuratezza sopra un altro piedistallo, che si eleva di ben tredici metri rispetto al terreno, il lato occidentale è stato eretto con lastroni squadrati di nove metri e mezzo, alti quattro e spessi tre e mezzo; ognuno del peso di 500 tonnellate.
Le tre pietre più grandi sono conosciute come "Triliton", o " La Meraviglia delle Tre Pietre"; le loro dimensioni esagerate, di diciotto o venti metri, e il loro peso di mille tonnellate, non hanno ostacolato il loro posizionamento millimetrico.


Sono state estratte tutte da una cava vicina, dove ne possiamo ammirare ancora una, conosciuta come la "pietra del Sud" (sopra), tuttora attaccata alla vena madre.

Misura ventuno metri di lunghezza, dieci di altezza con uno spessore di quattro metri e mezzo; raggiunge il ragguardevole peso di 1200 tonnellate. Una pietra uguale a questa si troverebbe, secondo quanto affermano alcuni archeologi, sotto il Triliton; sarebbe stata nascosta con alcune mirate incisioni che la farebbero apparire come si trattasse di più blocchi messi assieme. La pietra del sud testimonia che la costruzione venne bruscamente interrotta. In seguito a questo sorgono molti interrogativi.

Nel muro di sud est è stata trovata una fila di nove blocchi grandi la metà di quelli che formano il Triliton; sono tutti sullo stesso livello delle pietre su cui poggia il Triliton, prolungano così la piattaforma fino al muro di sud ovest. Tale particolare si nota solo con una visita accurata sul luogo e certifica il fatto che il Triliton venne eretto sopra a delle pietre ciclopiche.
A detta degli esperti si può affermare che la piattaforma non fu completata e il progetto iniziale abbandonato. I nove blocchi non sono ben accoppiati come gli altri, il taglio non si sposa bene con i blocchi adiacenti. A prima vista può sembrare il tentativo di ricostruirela piattaforma, dopo un avvenimento catastrofico, usando altre pietre rimaste integre.

Come possono essere state mosse le pietre del Triliton e le altre dalla miniera, anche se la distanza era di soli due chilometri, resta un mistero. 

Anche se è stato stimato che 40.000 uomini possono muoverle, gli ingegneri non hanno accertato, non solo in che modo siano state mosse, ma sollevate, trasportate e poste in loco con grande precisione.
La pietra del sud equivale a ben tre Boeing 747. Molti ingegneri si chiedono perché sono stati usati grandi blocchi di pietra, dal momento che era più facile portare a termine la costruzione usando blocchi più piccoli, considerando anche che nelle grandi pietre vi può essere un difetto trasversale, causa di un successivo problema strutturale.
Avevano una smisurata fiducia nel materiale usato, o disponevano di una tecnologia a noi sconosciuta che permetteva loro di attuare velocemente una costruzione senza che il numero ed il peso delle pietre rappresentasse un ostacolo?

Si ipotizza che la piattaforma sia stata destinata a resistere alla violenza dei terremoti, in una zona notoriamente interessata al fenomeno; a sopportare enormi forze verticali, come nel caso di discesa e ascesa di veicoli volanti del tipo "razzo".

Le strane coincidenze, rilevate da Sitchin nel triangolare le Piramidi, L’Ararat, il Monte Santa Caterina, le perfezioni geometriche, non casuali, evidenziano tali punti come riferimenti nel definire i così detti "Corridoi di Volo" degli esseri che lo scrittore indica provenienti dal pianeta Nibiru conosciuto dai Sumeri.

Baalbek diviene così il centro di uno di questi corridoi che utilizzava, come riferimento, il Monte Santa Caterina situato, tra l’altro, sulla stessa linea dell’Ararat che, con il Monte Umm Shumar, formava un "corridoio" più lungo.

foto a destra: esempio di Omphalos - Ombelico del mondo al Tempio di Apollo, Delfi, Grecia

A Baalbek si conservava una "pietra dello splendore", ossia un "Omphalos", la pietra conica che "sussurrava messaggi incomprensibili all’uomo", che "lanciava le parole", il dispositivo che Baal voleva installare sulla Vetta di Zafron, altro nome con il quale si indicava, appunto, Baalbek. L’incrocio delle strade di Ishtar, il luogo da cui si poteva tenere uniti cielo e terra, uno dei luoghi "dell’atterraggio". Il punto ove nell’epopea di Gilgamesh si situa la "Foresta dei Cedri".

La pietra conica ricorda il Dur.An.Di., "il legame fra cielo e terra", controllato dal dio Enlil in un luogo detto Ki.Ur descritto come "un’altissima colonna che si perdeva nelle nuvole" e posto su di un piazzale che non poteva essere "scosso o ribaltato" e serviva al Dio "per pronunziare parole rivolte verso i cieli". Tale descrizione lo presenta a noi come un mezzo usato per le telecomunicazioni.

L’origine delle pietre coniche sembra si debba ricercare in Egitto e non solo perché "conica" era la "Camera Celeste" (il Ben-ben) con la quale il Dio scese in Terra.

Erodoto parla di un essere immortale che gli Egizi veneravano ed il cui culto risaliva ai tempi dei Fenici: "Nella Fenicia esiste un tempio grande e bello a lui dedicato. Nel tempio si trovano due colonne, una d’oro puro, l’altra di smeraldo, che di notte s’illuminano di splendore". La pietra lucente e brillante dei sumeri, il Na.Ba.R. Zecharia Sitchin annota che l’oro è il migliore conduttore elettrico e lo smeraldo la pietra ottimale per gli impianti laser; in grado di emettere un irreale bagliore.
Un collegamento fra la Heliopolis egizia e quella fenicia lo si trova negli scritti dello storico Macrobio, che parlano di un oggetto dedicato al sole, portato dalla terra del Nilo a Baalbek; una pietra magica e sacra dalla forma conica.
Furono i fenici a trasmettere l’usanza oracolare in Grecia, più precisamente a Dodona. Il centro oracolare più celebre, Delfi, contiene un recinto, rivolto verso la valle, costruito su di una piattaforma rialzata.

Gli Omphalos, quindi, venivano considerati il centro di molte strade e rappresentati con due uccelli ai lati, uno di fronte all’altro; i volatili che una volta lanciati in volo sono capaci di ritrovare il monte dell’oracolo.

Ogni centro veniva contraddistinto da una pianta: Delfi da un alloro, Baalbek da un cedro, Delo, Mileto e Bedhet da una palma, Creta da un salice, Hebron da un Acacia.

Le teste mummificate di Adamo e di Esaù, conservate a Hebron , trasformarono il luogo nel principale centro oracolare e di culto; per questo non tutti furono concordi con Davide quando spostò la capitale a Gerusalemme.
Hebrom era la controparte della Bedhet egizia; un santuario difeso dagli "Uomini Cane", i Calebiti.
Da sottolineare che i custodi di Sirio, chiamata anche la "Stella del Cane", erano, secondo la tradizione, i cosiddetti "Cani".

E ancora: nei dipinti della tomba di Seti I° troviamo una pietra conica con ai lati due colombi, che sovrasta il monte della creazione, all’interno del quale Sokar, Dio dalla testa di falco, sta a indicare il centro del Duat e il Punto della Creazione. Le sfingi ai due lati ricordano l’iscrizione di Tutmosi IV che menziona la Sfinge accanto a Sokar di Rosta, nome col quale si indica Rostau, ossia la piana di Giza, il Duat egizio, il luogo del collegamento fra il mondo superiore e quello inferiore; l’ombellico.


Nella tomba di Seti il dipinto che raffigura la così detta "quarta ora" mostra la via di Rostau e lo scarabeo sacro che scende dalla pietra "Ben Ben", l’ombellico, ai lati del quale stanno due uccelli.

L’omphalos diviene un riferimento geodetico, la pietra caduta dal cielo, il Ben Ben egizio, conservata a Eliopoli, centro del creato, luogo della "collina primordiale". Significati che si ritrovano nelle usanze del popolo di Israele che costruì il tempio di Gerusalemme nel punto ritenuto il centro della terra. Giza assume la stessa funzione di centro geodetico del mondo antico, il meridiano "zero".
Curioso notare che, in virtù di quanto detto, le distanze espresse in gradi, tra Baalbek e altri come Ankor, Phonpei, l’Isola di Pasqua, risultino comprese fra le misure della scala precessionale. Inoltre l’avanzato grado di conoscenza nella geografia traspare da molti particolari, inclusa, da tempi immemorabili, la misurazione del globo a mezzo dei paralleli. Il geroglifico egizio usato comunemente per rappresentare i paralleli e i meridiani consisteva in due piccioni, uno di fronte all’altro, particolare comune a tutte le pietre coniche. Non a caso quindi la pietra rinvenuta da Reisner, nel tempio di Ammone a Tebe, era collocata nel punto ove si incrociano il meridiano e il parallelo, rappresentati da due colombe scolpite sull’omphalos stesso. Le pietre coniche etrusche mostrano chiaramente le linee dei meridiani e dei paralleli tracciate su di esse.

Dunque Baalbek non solo come centro geodetico e oracolare; ad esso sono legati altri luoghi, sedi di importanti oracoli nell’antichità, come Heliopoli, Tebe, Edfu, Giza, Gerusalemme, l’Oasi di Siwa e Delfi, situati anch’essi sulle ipotetiche linee di volo contenute in "corridoi" tutti di grandezza angolare di 11° e un quarto e con un angolo di 45°.

Coincidenze? Può darsi, ma ogni punto risulta equidistante da Gerusalemme, che diviene in tal modo un ipotetico centro di controllo. La ricostruzione del suo tempio, elaborata dall’ingegnere Hans Herbert Beier, lo presenta come un grande hangar capace di ospitare l’oggetto volante visto dal profeta Ezechiele.

Come a Baalbek, sotto il celeberrimo "muro" di Gerusalemme, lungo 400 metri, formato da pietre di notevole dimensione, che serviva da sostegno alla piattaforma sopra la quale fu eretto il tempio, vi sono cunicoli e corridoi costruiti con enormi pietre tra le quali una lunga ben tredici metri, larga tre per quattro. Posata in loco dopo averla estratta da una cava vicina, forse quella a cielo aperto che un tempo si trovava sul monte Calvario, così nominato perché luogo delle esecuzioni, ove adesso si trova la chiesa del Santo Sepolcro.

Di fatto Baalbek era considerato un’importante centro religioso, anche per i Romani; luogo di una triade di dèi, o entità considerate tali che potrebbero aver contribuito fattivamente alla sua costruzione.

Il nome ebraico di Baalbek è "Beth-Shemesh", ovvero la "Casa di Shamash", nome semitico del dio sumero Utu, capo degli astronauti, al quale si attribuisce un ruolo importante nel disegno e nella costruzione, sia dell’oracolo libanese che dell’Arca del diluvio.

Fra le molte leggende che riguardano l’edificazione di Baalbek, quella maronita, che vede in Caino, figlio di Adamo, il suo costruttore durante un attacco di pazzia, nel 133. Un altro mito attribuisce il lavoro a demoni e giganti, mentre gli arabi e gli ebrei credono che sia opera di Nimrod: "Dopo il diluvio Nimrod inviò dei giganti a costruire la fortezza di Baalbek, così chiamata in onore a Baal, Dio dei Moabiti, adoratori del sole".

Storie che cercano di dare un senso ad una costruzione impossibile, le cui pietre ci guardano da decine di millenni; gigantesche anomalie che non possiamo ignorare e tanto meno spiegare.

"Elohim. Religioni, miti e leggende delle antiche civiltà a confronto"
di Mauro Paoletti



Il tempio di Giove poggia su di un piedistallo formato da pietre disposte in filari sovrapposti e ancora visibili sotto le colonne rimaste in piedi. Costruito con accuratezza sopra un altro piedistallo, che si eleva di ben tredici metri rispetto al terreno, il lato occidentale è stato eretto con lastroni squadrati di nove metri e mezzo, alti quattro e spessi tre e mezzo; ognuno del peso di 500 tonnellate. 


Le tre pietre più grandi sono conosciute come "Triliton", o " La Meraviglia delle Tre Pietre"; le loro dimensioni esagerate, di diciotto o venti metri, e il loro peso di mille tonnellate, non hanno ostacolato il loro posizionamento millimetrico. 


Le pietre sono state estratte tutte da una cava vicina, dove ne possiamo ammirare ancora una, conosciuta come la "pietra del Sud", tuttora attaccata alla vena madre. Misura ventuno metri di lunghezza, dieci di altezza con uno spessore di quattro metri e mezzo; raggiunge il ragguardevole peso di 1200 tonnellate.


11 commenti:

  1. Quindi oltre alla psicologia transpersonale, fisica quantistica, analisi dei sistemi, procedure bancarie, tecnologie innovative, astronomia, massoneria, medicina alternativa, si interessa anche di criptoarcheologia?

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  2. La VERA cultura, o è interdisciplinare o non lo è: occorrerebbe avere paura del lettore di un solo libro...
    Pino

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    1. Bella comunque la proposizione principale, molto chiara dal punto di vista sintattico.

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  3. Cultura luculliana in questo caso, se non gargantuesca...roba da far impallidire Blondet.

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  4. Cultura non è studio delle cose, ma studio dei rapporti tra le cose!
    Blondet? un buon pensatore, fa Vera cultura, con tutti i suoi limiti, come noi con i nostri...

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    1. Anche lei è di formazione umanistica come la Catherine?

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    2. Ho studiato e lavorato nel campo elettrotecnico, senza disdegnare alcunché delle scienze umanistiche, ed ho trovato che uno "scambio" delle relative metodologie di indagine può solo arricchire e far evolvere la cultura in entrambe le discipline.
      Per Catherine? La trovo una bellissima Anima, con la quale mi trovo spesso in sintonia: un raro esempio di apertura mentale ed emotiva!
      Grazie Catherine!

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    3. Grazie Giuseppe. L'apertura mentale è un valido antidoto contro i dogmi. Non significa essere credulone, forse i creduloni sono quelli che non si fanno domande...
      Si suppone che durante tutto l'arco della vita si riesca ad imparare, sempre, e anche a cambiare parere, perché no.
      Sono invece allergica alla supponenza di chi pensa di aver capito tutto.
      P. S. Formazione umanistica? Sono allergica anche alle etichette.
      ^_^

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    4. Sottoscrivo Catherine!
      è in base alla relazione/rapporto che si riesce a stabilire tra mente e cuore che dovremmo orientarci per esistere al meglio!
      E' un compito arduo, con molti rischi, compreso anche quello di fare la fine di Sisifo...
      Ciao, Pino.

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    5. Dovrò farmene una ragione, un signore che lavora nel suo stesso settore ha votato il renzino nazionale, quindi non mi stupisco più di niente, nemmeno di chi deduce intere impalcature psicologiche da poche righe.

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    6. Esatto signora Catherine! Deve sempre puntare al di sopra delle proprie possibilità se vuole migliorare!

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