Il più delle volte, da quanto afferma chi soffre di questo disturbo, la paralisi ha inizio con una sensazione di formicolio che attraversa il corpo, arrivando fino alla testa, al cui interno il soggetto avverte una specie di ronzio «come di uno sciame d’api» oppure un suono simile a quello di una lavatrice o ancora un «battere e stridere di oggetti metallici».
La scienza ritiene che questo stato anomalo sia dovuto alla persistenza dello stato di atonia che i muscoli presentano durante il sonno ed è causato da una discordanza tra la mente e il corpo: con la conseguenza che, sebbene il cervello sia attivo e cosciente e il soggetto riesca spesso a vedere e percepire chiaramente ciò che lo circonda, nonostante ciò il corpo permane in uno stato di riposo assoluto, al punto che qualsiasi movimento gli è precluso per tutta la durata dell’esperienza.
Molti sono del parere, tuttavia, che l’analisi del fenomeno non sia possibile esclusivamente per mezzo degli strumenti strettamente considerati ‘scientifici’. Alcuni fanno notare che il fenomeno non è affatto recente né unicamente tipico della nostra era: dall’alba dei tempi, infatti, individui delle più svariate provenienze geografiche ed epoche storiche hanno vissuto l’esperienza che oggi prende il nome di «paralisi nel sonno» e hanno provato a decifrarla con i mezzi che avevano a disposizione, cercando di dare ad essa un senso coerente con la propria visione del mondo. Da parte nostra, notiamo come effettivamente l’analisi comparata-sincretica della totalità delle tradizioni folkloriche esistenti sul nostro pianeta lascia intravedere un pattern ben definito che non si può giustificare in maniera esaustiva riducendo l’esperienza a una mera allucinazione irreale, priva di alcun fondamento effettivo.
Spesso la vittima di tale esperienza prova a gridare per chiedere aiuto, riuscendo tutt’al più a sussurrare debolmente, provando inoltre la sgradevole sensazione di sentire la propria voce soffocata da qualcosa di anomalo.
Sovente, se la vittima si trova a letto con qualcuno, quest’ultimo non può accorgersi di nulla, al punto che sovente nemmeno i fenomeni più disturbanti (suoni e rumori terrificanti, voci incomprensibili, talvolta persino strane luci innaturali proveniente dall’esterno) riescono a destare l’attenzione di chi non subisce l’episodio in prima persona.
Può anche capitare che il succube (che, se un tempo era il nome per indicare la misteriosa entità causante il fenomeno, ora è invece il termine con cui la scienza medica si riferisce alla ‘vittima’) oda voci familiari—o, talvolta, persino ‘demoniache’—chiamarlo, o discutere tra di loro alle spalle del soggetto o, peggio ancora, sussurrargli vicino al collo, spesso da dietro le spalle, con voce inquietante...
Naturalmente, la scienza nega la realtà delle esperienze provate durante questa misteriosa esperienza, riducendole a mere allucinazioni causate da altrettanto misteriose alterazioni dell’equilibrio cerebrale dei soggetti, che si verificherebbero nel momento esatto del passaggio tra la veglia e il sonno—e viceversa.
I miti e le cronache del folklore ci hanno trasmesso con estrema chiarezza il modo in cui gli antichi inquadravano questo fenomeno: sorprendentemente, tutte le cronache e le leggende dell’antichità sono concordi nell’affermare che responsabile di queste inquietanti esperienze è un certo tipo di entità astrali—talvolta etichettate dalla mentalità moderna come ‘spiriti’, altre volte come ‘demoni’, sovente anche come ‘fairies‘ et similia—che conducono i propri attacchi unicamente durante la notte, spesso premendo sul corpo della vittima dormiente e talvolta intrattenendo con il soggetto un rapporto di tipo sessuale. Tali entità, nelle varie culture, sono state denominate in numerosi modi, i più noti dei quali a noi occidentali sono quelli di derivazione latina: ‘succubi’, ‘incubi’ e ‘larve’.
EUROPA SETTENTRIONALE
EUROPA CENTRALE
Per quanto riguarda l’aerea balcanica e centro-europea, troviamo il termine mora nella lingua croata, serba, slovena e slovacca; in bulgaro e polacco ritroviamo la denominazione mara, già propria—come abbiamo visto—dell’aerea nord-europea; in rumeno troviamo moroi, in ceco mura. Tutte queste denominazione estremamente simili del fenomeno trovano la propria origine ancestrale nella radice proto-indoeuropea mora, che significa incubo, derivante a sua volta dalla radice mer— il cui significato è ‘strofinare via’ o ‘male’. Nel folklore ungherese, la paralisi del sonno è denominata lidércnyomás (letteralmente, «folletto che preme») e veniva attribuita ad una serie di entità soprannaturali come il lidérc («folletto»), la boszorkány («strega»), la tunder («fata») o l’ördögszerető («demone amante»). Nella tradizione moldava, ci si riferisce a questa entità maligna con la denominazione di Zburatorul.
AREA MEDITERRANEA
ITALIA
Greci e romani avevano una vasta mitologia vampirica, comprendente entità demoniache di sesso femminile, derivante dall’antica tradizione sciamanica europea.
La lamia, regina dei succubi, era una sorta di strega, che a volte appariva con le fattezze di una bellissima fanciulla, a volte invece come una vecchia donna, altre volte ancora con sembianze animali, preferibilmente un serpente con la testa di donna.
SUD-EST ASIATICO
Nella cultura africana, la paralisi del sonno è comunemente indicato come «la strega a cavallo sulla schiena». Tra gli Yoruba della Nigeria sud-occidentale, la possessione da parte di Ogun Oru (letteralmente, «guerra notturna) è la spiegazione folkloristica per i disturbi notturni; questo demone è ritenuto responsabile di un grave disturbo notturno, tradizionalmente attribuito a infiltrazioni demoniaca nel corpo e nella psiche durante l’attività onirica. Ogun oru compare soprattutto con fattezze femminili e talvolta intraprende una faida verso la moglie terrestre della sua vittima, causandone talvolta la morte. Si crede che questa condizione di possessione demoniaca sia curabile per mezzo di preghiere cristiane o elaborati rituali tradizionali progettati per esorcizzare gli elementi demoniaci assorditi durante il sonno.
CREDENZE FOLKLORICHE
EUROPA
Nella cultura popolare islandese chi soffriva di paralisi nel sonno veniva generalmente creduto posseduto da un mara, un folletto o succube (dal momento che è generalmente femminile) che si credeva fosse in grado di provocare incubi (l’origine del termine anglosassone ‘nightmare‘ deriva dall’unione del termine ‘notte’ con il nome di questa misteriosa entità). La stessa denominazione per lo stesso fenomeno si rinviene nel norvegese antico, nel faroese, e nello svedese. Inoltre, la radice mar—, usata per indicare le medesime credenze, si ritrova in una miriade di altri paesi dell’area europea, continentale come insulare. Nella lingua proto-germanica il suo nome era maron, nell’antico inglese mære, in tedesco mahr, in olandese merrie, in danesemare, nell’antico irlandese morrigain (da cui Morrigan, la regina delle fate, in seguito divenuta Morgana nelle saghe del folklore medievale). Nelle tradizioni celtiche-gaeliche, il fenomeno veniva attribuito all’influsso di creature femminili denominate Leannain Sith, ossia «spiriti famigliari»; ne parla, tra gli altri, il reverendo presbiteriano scozzese Robert Kirk in The Secret Commonwealth (1692), in questi termini (Il regno segreto, p.60 ed.it. Adelphi):
Perché nelle nostre montagne, come ci sono molte belle signore di questa razza aerea che spesso si trovano con giovanotti lascivi come succubi o allegre amanti o sgualdrinelle (che sono quelle che vengono chiamate Leannain Sith) così pure avviene che molti dei nostri montanari, come se venissero strozzati dall’incubo ovvero oppressi da un sogno spaventoso o piuttosto dominati da uno dei nostri vicini aerei, si alzino furiosamente di notte ed afferrando le armi più vicine comincino a spingerle e a puntarle contro tutte le persone che sono nella loro stessa stanza […]
Con riguardo alle precauzioni da adottare per respingere questi esseri, Kirk annota che «il ferro impedisce ogni operazione di coloro che si aggirano nei labirinti di questi segreti domini» (Il regno segreto, p.38) e rivela che «anche oggi gli Scozzesi settentrionali mettono pane, la Bibbia ovvero un pezzo di ferro nel letto delle donne quando hanno i dolori del parto per salvarle dall’essere rapite» (pp.21-22). Interessante è anche la descrizione che Kirk fa delle armi usate da questi esseri (p.28):
Le loro armi sono per lo più corpi terrestri solidi, nulla di ferro ma molti di una pietra simile alla selce gialla tenera, fatta come una punta di freccia barbata, ma lanciata come un dardo con gran forza. Queste armi, tagliate con un’arte e con strumenti che sembrano sovrumani, hanno qualcosa della natura della folgore, che ferisce le parti vitali sottilmente e mortalmente senza tagliare la pelle.
A questo punto della nostra analisi, quanto riportato da Kirk potrebbe non attirare pià di tanto l’attenzione del lettore; tuttavia, l’importanza di quanto riferito dal reverendo a proposito delle armi di questi fairies ci apparirà illuminante più avanti, quando analizzeremo le similitudini tra esperienze di paralisi nel sonno e viaggi sciamanici di iniziazione.
Perché nelle nostre montagne, come ci sono molte belle signore di questa razza aerea che spesso si trovano con giovanotti lascivi come succubi o allegre amanti o sgualdrinelle (che sono quelle che vengono chiamate Leannain Sith) così pure avviene che molti dei nostri montanari, come se venissero strozzati dall’incubo ovvero oppressi da un sogno spaventoso o piuttosto dominati da uno dei nostri vicini aerei, si alzino furiosamente di notte ed afferrando le armi più vicine comincino a spingerle e a puntarle contro tutte le persone che sono nella loro stessa stanza […]
Con riguardo alle precauzioni da adottare per respingere questi esseri, Kirk annota che «il ferro impedisce ogni operazione di coloro che si aggirano nei labirinti di questi segreti domini» (Il regno segreto, p.38) e rivela che «anche oggi gli Scozzesi settentrionali mettono pane, la Bibbia ovvero un pezzo di ferro nel letto delle donne quando hanno i dolori del parto per salvarle dall’essere rapite» (pp.21-22). Interessante è anche la descrizione che Kirk fa delle armi usate da questi esseri (p.28):
Le loro armi sono per lo più corpi terrestri solidi, nulla di ferro ma molti di una pietra simile alla selce gialla tenera, fatta come una punta di freccia barbata, ma lanciata come un dardo con gran forza. Queste armi, tagliate con un’arte e con strumenti che sembrano sovrumani, hanno qualcosa della natura della folgore, che ferisce le parti vitali sottilmente e mortalmente senza tagliare la pelle.
A questo punto della nostra analisi, quanto riportato da Kirk potrebbe non attirare pià di tanto l’attenzione del lettore; tuttavia, l’importanza di quanto riferito dal reverendo a proposito delle armi di questi fairies ci apparirà illuminante più avanti, quando analizzeremo le similitudini tra esperienze di paralisi nel sonno e viaggi sciamanici di iniziazione.
Incontro notturno con un folletto
Per quanto riguarda l’aerea balcanica e centro-europea, troviamo il termine mora nella lingua croata, serba, slovena e slovacca; in bulgaro e polacco ritroviamo la denominazione mara, già propria—come abbiamo visto—dell’aerea nord-europea; in rumeno troviamo moroi, in ceco mura. Tutte queste denominazione estremamente simili del fenomeno trovano la propria origine ancestrale nella radice proto-indoeuropea mora, che significa incubo, derivante a sua volta dalla radice mer— il cui significato è ‘strofinare via’ o ‘male’. Nel folklore ungherese, la paralisi del sonno è denominata lidércnyomás (letteralmente, «folletto che preme») e veniva attribuita ad una serie di entità soprannaturali come il lidérc («folletto»), la boszorkány («strega»), la tunder («fata») o l’ördögszerető («demone amante»). Nella tradizione moldava, ci si riferisce a questa entità maligna con la denominazione di Zburatorul.
Zburatorul, entità demoniaca del folklore moldavo
In Grecia e presso l’isola di Cipro, si riteneva che la paralisi nel sonno si verificasse quando una creatura incorporea simile a un demone, di nome Mora, Vrachnas o Varypnas (in greco: Μόρα, Βραχνάς, Βαρυπνάς) cercava di rubare l’anima della vittima, sedendosi sul petto di quest’ultima provocandone l’asfissia. Nell’isola di Malta, la cultura popolare attribuiva l’incidente a un attacco di Haddiela, un’entità che tormentava l’individuo in modo simile ad un poltergeist; per liberarsi dalla sua morsa si consigliava di posizionare un pezzo di argenteria o un coltello sotto il cuscino prima di dormire. Ritroviamo dunque la curiosa proprietà del metallo, in particolar modo del ferro—come sottolineava lo scozzese Kirk— nel tenere lontane queste entità durante la notte.
Rappresentazione di un succubus
Nella mitologia degli antichi romani, l’incubus era un demone di sembianze maschili che giaceva sul petto di donne dormienti infondendo in loro sogni caotici e approfittando del loro corpo con atti sessuali. In altre leggende, poi giunte sino al Medioevo, il succubus (dal latino succuba «amante») è un demone di sesso femminile che seduceva gli uomini, specialmente i monaci, per avere rapporti sessuali.
Secondo la leggenda i succubi assorbivano l’energia dell’uomo per alimentarsi, talvolta conducendo alla morte il malcapitato. Secondo altre versioni del mito, spingevano l’uomo al peccato con le loro tentazioni. Questa superstizione fu anche una spiegazione medievale per le incontrollate eiaculazioni notturne (polluzioni) che capitavano ai giovani in età pre-adolescenziale.
La lamia, regina dei succubi, era una sorta di strega, che a volte appariva con le fattezze di una bellissima fanciulla, a volte invece come una vecchia donna, altre volte ancora con sembianze animali, preferibilmente un serpente con la testa di donna.
Nella Roma antica si aggiunge anche la strix, diretta antenata delle strie italiane e degli strigoi rumeni, che spesso si manifestava sotto forma di uccelli notturni.
Altra fanciulla letale era l’empusa, che appariva come una splendida fanciulla, sebbene in realtà nascondesse fattezze mostruose e ripugnanti, tra cui un piede di bronzo ed uno di sterco d’asina.
Le mormos, invece, erano allo stesso modo entità vampiriche, al servizio di Ecate, dea della notte, della magia nera e protettrice delle streghe.
ASIA
MEDIO-ORIENTE
Nelle leggende arabe, il fenomeno della paralisi del sonno è spesso indicato come kaboos (in arabo: كابوس), letteralmente «pressare» o ja-thoom (in arabo: جاثوم) letteralmente «qualcosa che si siede pesantemente su qualcosa». Sebbene in seguito il termine kaboos verrà usato anche per riferirsi a qualsiasi tipo di brutti sogni, originariamente nel folklore dei paesi arabi, si credeva che Kaboos fosse un’entità demoniaca che era solita sedersi pesantemente sul petto delle persone durante il sonno. La stessa credenza si ritrova in Turchia, dove la paralisi del sonno è definita karabasan («Il piedino scuro») e viene allo stesso modo attribuita a una creatura che attacca le persone nel sonno, premendo sul petto e rubando il fiato. Nella cultura persiana si ritrova il bakhtak(persiano: بختک), un’entità fantasma che ugualmente si siede sul petto del sognatore, rendendo la respirazione pericolosamente difficile. Si crede inoltre che alcune abitazioni e luoghi siano infestati da fantasmi maligni che potrebbero perseguitare persone che vi abitano, soprattutto durante la notte. Nell’aerea musulmana le ‘persone sante’ (vale a dire gli imam, i maulvis, i sufi, i mullah e i fachiri) sono spesso chiamate ad eseguire esorcismi su chi è ritenuto posseduto da tali entità.
ASIA MERIDIONALE
ASIA MERIDIONALE
In Pakistan il fenomeno della paralisi del sonno è considerato dovuto ad un incontro conShaitan (urdu: شيطان), un jinn o demone maligno che è in grado di assumere il controllo del corpo del malcapitato.
Come in Iran , questa entità è noto anche come bakhtak (urdu: بختک) o ifrit. Si ritiene anche che una tale esperienza sia causata dall’utilizzo della magia nera da parte di nemici o persone invidiose. Ai bambini e alle giovani ragazze viene fatto indossare un amuleto, ta’wiz (urdu: تعویز) per scacciare il malocchio. Nel folklore dei Tamil dello Sri Lanka, questo particolare fenomeno è denominato amuku be o amuku pei, che significa «il fantasma che costringe verso il basso». In Nepal, specialmente nella cultura Newari, si parla del khyaak, un fantasma che si ritiene risieda nell’oscurità, sotto le scale di una casa.
Articolo di giornale sull’epidemia di morti durante la paralisi del sonno
nella zona del Sud-Est asiatico, anni 1970/80
Nelle culture cambogiane Lao e Thai, le paralisi del sonno si chiamano phǐǐ e khmout sukkhot e vengono descritte come eventi in cui la persona dormiente sogna che una o più figure spettrali si trovano nelle vicinanze o che la trattengono con forza verso il basso. La vittima solitamente pensa di essere sveglia, ma è incapace di muoversi o emettere suoni. Anche nella cultura Hmong, si crede che la paralisi del sonno sia causata da uno spirito notturno pressante sul petto del malcapitato, e si denomina tale entità dab tsog; questa creatura a volte tenta addirittura di strangolare le sue vittime; alcuni infatti credono che essa sia responsabile per la morte improvvisa e inaspettata durante la notte di oltre 100 immigrati del Sud-Est asiatico tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta del Novecento. Nel folklore vietnamita, lo stesso fenomeno è chiamato dje, che significa «premuto da un fantasma» o bong dje, vale a dire «tenuto giù da un ombra». Nelle Filippine il fenomeno viene definito bangungut ed è tradizionalmente attribuito a incubi. In Nuova Guinea, le persone si riferiscono a questo fenomeno come ninmyo suk: qui però è diffusa la convinzione che i responsabili siano alberi sacri che utilizzano l’essenza umana per sostenere la loro vita; si dice infatti che tali alberi si nutrono dell’essenza umana durante la notte per non disturbare la vita quotidiana dell’uomo. Nella penisola malese, la paralisi del sonno è conosciuta come kena tindih (o ketindihan in Indonesia), che significa «essere premuto».
ASIA ORIENTALE
ASIA ORIENTALE
Nella cultura cinese, la paralisi del sonno è ampiamente conosciuta come 鬼压身/鬼压身 (pinyin: guǐ ya shen) o 鬼压床/鬼压床 (pinyin: guǐ chuang ya), che letteralmente si traduce come «fantasma che preme sul corpo o «fantasma che preme sul letto». Un termine più moderno è 梦魇/梦魇 (pinyin: meng yǎn). In Giappone il fenomeno viene indicato come kanashibari (金縛り, letteralmente «legati o fissati al metallo», dakane (metallo) e shibaru (legare, fissare). Nella cultura coreana si chiama gawi nulim (hangul: 가위 눌림) che letteralmente significa «essere premuto da un fantasma» e viene spesso associata alla credenza che uno spirito si sdrai sopra il dormiente, premendone il petto.
Nella cultura mongola gli incubi in generale così come la paralisi del sonno sono denominati khar darakh o kara darahu, che significa «essere premuto dal nero» (kara significa infatti «nero, scuro, ombra»). Gli «sciamani del lato oscuro» sono denominati kharin buu e sopravvivono solo nel lontano nord della Mongolia; essi, a differenza dei tsaghaan zugiin buu («sciamani del lato chiaro») sono in grado di evocare anche gli spiriti malevoli, e dunque talvolta vengono ritenuti responsabili dell’attacco degli spiriti maligni durante la notte.
Il motivo folklorico giapponese del kanashibari è stato sovente ripreso dai registi dell’orrore orientali, come per es. nel famosissimo film Ju-On
AFRICA
Nella cultura africana, la paralisi del sonno è comunemente indicato come «la strega a cavallo sulla schiena». Tra gli Yoruba della Nigeria sud-occidentale, la possessione da parte di Ogun Oru (letteralmente, «guerra notturna) è la spiegazione folkloristica per i disturbi notturni; questo demone è ritenuto responsabile di un grave disturbo notturno, tradizionalmente attribuito a infiltrazioni demoniaca nel corpo e nella psiche durante l’attività onirica. Ogun oru compare soprattutto con fattezze femminili e talvolta intraprende una faida verso la moglie terrestre della sua vittima, causandone talvolta la morte. Si crede che questa condizione di possessione demoniaca sia curabile per mezzo di preghiere cristiane o elaborati rituali tradizionali progettati per esorcizzare gli elementi demoniaci assorditi durante il sonno.
Nella cultura Shona dello Zimbabwe, la parola madzikirira è usata per indicare «qualcosa che preme verso il basso». In Etiopia si utilizza il termine dukak per indicare uno spirito maligno che possiede le persone durante la fase del sonno; alcuni ritengono che questa esperienza sia legata all’astinenza dal khat, un’erba magica che le tribù autoctone sono solite masticare per rendere i propri sogni più sereni. Tra i Swahili dell’Africa orientale il fenomeno è noto come jinamizi, e si riferisce a una creatura seduta sul petto della vittima, a cui rende difficile la respirazione; la maggior parte delle persone che hanno vissuto questa angosciosa esperienza ricorda anche di essere stata strangolata da questa ‘creatura’.
Durante i processi alle streghe di Salem diverse persone segnalarono alle autorità attacchi notturni subiti da presunte streghe; ciò, ovviamente, potrebbe essere stato il risultato di una paralisi del sonno. In Terranova e nel Labrador, la creatura considerata responsabile di questa esperienza è conosciuta come la Old Hag; nel folklore, la «vecchia strega» può essere convocata dagli stregoni per attaccare una terza parte, come una maledizione. Nel suo libro del 1982, Il terrore che arriva di notte, David J. Hufford scrisse che nella cultura locale il modo più adeguato per invocare la Strega è quello di recitare il Padre Nostro al contrario.
AMERICA
Durante i processi alle streghe di Salem diverse persone segnalarono alle autorità attacchi notturni subiti da presunte streghe; ciò, ovviamente, potrebbe essere stato il risultato di una paralisi del sonno. In Terranova e nel Labrador, la creatura considerata responsabile di questa esperienza è conosciuta come la Old Hag; nel folklore, la «vecchia strega» può essere convocata dagli stregoni per attaccare una terza parte, come una maledizione. Nel suo libro del 1982, Il terrore che arriva di notte, David J. Hufford scrisse che nella cultura locale il modo più adeguato per invocare la Strega è quello di recitare il Padre Nostro al contrario.
Anche in molte parti del sud degli Stati Uniti, il fenomeno è conosciuto nello stesso modo, ma in più si dice che l’esperienza è spesso premonitrice di una tragedia o di incidente che colpirà la vittima o i suoi cari. In Messico si ritiene che ciò venga causato dallo spirito di una persona morta: questo fantasma si sdraia sul corpo del dormiente, rendendolo incapace di muoversi, e ci si riferisce all’entità come «Subirse el Muerto» (letteralmente, «cadavere su di te»).
Un parallelismo con il fenomeno della paralisi del sonno e l’incontro conseguente con creature soprannaturali è facilmente rinvenibile anche nella letteratura riguardante l’esperienza dell’iniziazione sciamanica. Joan Halifax nella sua opera Shamanic Voices (1979) riporta numerose testimonianze a riguardo, come quella di un neofita sciamano che raccontò all’antropologo norvegese Jon Rasmussen che «da giovane era assediato da sogni che non comprendeva: strani esseri gli parlavano e, al risveglio, rivedeva così chiaramente i sogni da poterli raccontare nella loro integrità agli amici» (J.Halifax, Voci sciamaniche, ed.it. Rizzoli, 1982, p.16 e ss.).
Incisione di epoca vittoriana sul fenomeno della paralisi del sonno
INCONTRI ONIRICI NELLA TRADIZIONE SCIAMANICA
Un parallelismo con il fenomeno della paralisi del sonno e l’incontro conseguente con creature soprannaturali è facilmente rinvenibile anche nella letteratura riguardante l’esperienza dell’iniziazione sciamanica. Joan Halifax nella sua opera Shamanic Voices (1979) riporta numerose testimonianze a riguardo, come quella di un neofita sciamano che raccontò all’antropologo norvegese Jon Rasmussen che «da giovane era assediato da sogni che non comprendeva: strani esseri gli parlavano e, al risveglio, rivedeva così chiaramente i sogni da poterli raccontare nella loro integrità agli amici» (J.Halifax, Voci sciamaniche, ed.it. Rizzoli, 1982, p.16 e ss.).
Un altro resoconto riportato da Halifax, raccolto da Megan Biesele, riguarda un vecchio boscimano !Kung, che descrisse in questi termini un suo incontro con entità soprannaturali durante uno stato di trance: «Sì. È uno spirito. […] Poi ve n’è un altro le cui gambe sono molli. […] Ha delle corna. […] E le orecchie gli sporgono in fuori. […] La sua faccia è grande! […] È una cosa terribile, amica mia. Una cosa immonda. Una cosa da farti scappare via. La gente deve curarsi, contro di lui, perché è così malvagio. La gente ha paura di lui…» (p.63).
Un indiano Paviotso del Nevada spiega in questi termini l’accesso alla visione sciamanica: «Vi sono due notti. La seconda notte segue la notte che tutti vediamo. Questa seconda notte è al di sotto dell’oscurità. […] Solo gli sciamani possono vedere questa seconda notte. La gente può vedere soltanto l’oscurità. Non possono vedervi la notte che è al di sotto di essa.» (p.107). Confrontiamo queste dichiarazioni con quanto affermato da svariati soggetti che soffrono di paralisi nel sonno, i quali affermano che in quei frangenti «l’oscurità brulica di ogni forma di vita, normalmente invisibile alla vista» e avremo qualcosa su cui riflettere. Estendiamo ora il confronto ad alcuni stralci dal solito Kirk riguardanti il mondo dei fairies (Il regno segreto):
Vi sono strane cerimonie quando uno viene investito di tutti i privilegi di questa seconda vista misteriosa… (p.34) […] Allora egli vedrà una quantità di spiriti che sembrano uomini rabbiosi e forti che vengono verso di lui da tutte le parti dell’orizzonte, fitti come il pulviscolo nell’aria. Ed essi non sono cose che non esistono o fantasmi, esseri che provengono dalla percezione spaventata ovvero da una sensazione confusa o folle: ma sono realtà che si manifestano ad un uomo equilibrato in possesso di tutti i suoi sensi sì da poter avere una testimonianza valida della loro esistenza. (p.35) […] Questi uomini di qui si parla qui percepiscono cose che data la loro piccolezza e tenuità […] sono invisibili ad altri anche se sono vicini ad esse tutti i giorni. Perché quelli hanno con sé continuamente un raggio come quello del sole che soltanto quando risplende chiaro fa vedere ad occhi comuni gli atomi di pulviscolo nell’aria mentre senza questi raggi non li potrebbero discernere. (p.37)
Ritornando ai resoconti prettamente sciamanici, si noti che esperienze di tal guisa avvengono sempre in uno stato di trance, vale a dire sulla soglia tra la veglia e il sonno, proprio come avviene ai soggetti che soffrono di paralisi nel sonno; la sola differenza è che, nel caso dell’esperienza sciamanica, tale stato alterato di coscienza è ricercato consapevolmente dal soggetto, nonché spesso favorito da digiuni e pratiche rituali e sovente intensificato dall’assunzione di sostanze psicotrope, che possono variare dall’amanita muscaria (Siberia), alla psilocibina, all’ayahuasca (Amazzonia) e via discorrendo. In altre parole, a differenza dei soggetti clinici che «subiscono» tali esperienze, gli sciamani si portano volontariamente in quel limbo ignoto tra il mondo della veglia e quello onirico, per poter sperimentare l’incontro con le entità soprannaturali e guadagnare così poteri spirituali.
Vi sono strane cerimonie quando uno viene investito di tutti i privilegi di questa seconda vista misteriosa… (p.34) […] Allora egli vedrà una quantità di spiriti che sembrano uomini rabbiosi e forti che vengono verso di lui da tutte le parti dell’orizzonte, fitti come il pulviscolo nell’aria. Ed essi non sono cose che non esistono o fantasmi, esseri che provengono dalla percezione spaventata ovvero da una sensazione confusa o folle: ma sono realtà che si manifestano ad un uomo equilibrato in possesso di tutti i suoi sensi sì da poter avere una testimonianza valida della loro esistenza. (p.35) […] Questi uomini di qui si parla qui percepiscono cose che data la loro piccolezza e tenuità […] sono invisibili ad altri anche se sono vicini ad esse tutti i giorni. Perché quelli hanno con sé continuamente un raggio come quello del sole che soltanto quando risplende chiaro fa vedere ad occhi comuni gli atomi di pulviscolo nell’aria mentre senza questi raggi non li potrebbero discernere. (p.37)
Ritornando ai resoconti prettamente sciamanici, si noti che esperienze di tal guisa avvengono sempre in uno stato di trance, vale a dire sulla soglia tra la veglia e il sonno, proprio come avviene ai soggetti che soffrono di paralisi nel sonno; la sola differenza è che, nel caso dell’esperienza sciamanica, tale stato alterato di coscienza è ricercato consapevolmente dal soggetto, nonché spesso favorito da digiuni e pratiche rituali e sovente intensificato dall’assunzione di sostanze psicotrope, che possono variare dall’amanita muscaria (Siberia), alla psilocibina, all’ayahuasca (Amazzonia) e via discorrendo. In altre parole, a differenza dei soggetti clinici che «subiscono» tali esperienze, gli sciamani si portano volontariamente in quel limbo ignoto tra il mondo della veglia e quello onirico, per poter sperimentare l’incontro con le entità soprannaturali e guadagnare così poteri spirituali.
Essi, dunque, hanno la capacità di porsi in uno stato mentale particolare che rende loro visibile ciò che all’individuo comune è invisibile. A metà strada tra le esperienze sciamaniche e quelle di paralisi nel sonno si trovano gli incontri con i fairies, a volte ricercati a volte del tutto casuali: ciò, d’altra parte, ci sembra perfettamente logico, in quanto l’arco temporale riguardante tali fenomeni si trova a metà strada tra l’età arcaica e quella moderna, in cui fenomeni simili accadono per lo più in maniera inaspettata e senza alcuna cognizione né strumento interpretativo consoni a permetterne l’inquadramento all’interno di un quadro logico.
Sovente, l’incontro con gli spiriti evolve in un «ferimento rituale» che conduce ad uno «smembramento» vero e proprio (nel piano astrale, si intende, dal momento che durante la trance iniziatica il corpo del neofita rimane immobile e non subisce alcunché di quello che l’iniziato vive durante il viaggio sciamanico), uno smembramento che gli sciamani vivono tuttavia come una realtà indubitabile, dal momento che al risveglio si ritrovano dotati di doti psichiche prima impensabili. Con riguardo a ciò, leggiamo cosa ha da dire il ricercatore scozzese Graham Hancock (Sciamani, Mauri Spagnol, 2006, p.282 e ss.) che analizzando questo fenomeno trova eccezionali corrispondenze tra numerose culture di tipo sciamanico:
Nella giungla amazzonica, quando gli sciamani della tribù Jivaro entrano in trance per effetto dell’ayahuasca, essi interpretano le stesse sensazioni cutanee generate neurologicamente come piccoli dardi affilati scagliati contro di loro da entità soprannaturali. Gli sciamani siberiani tungusi parlano invece di trance d’iniziazione, indotte dall’ingestione di amanita muscaria, in cui sentono il corpo trafitto da frecce, la carne lacerata, le ossa strappate. […] anche gli Jus hoansi [Africa meridionale] credono nell’esistenza di dardi soprannaturali maligni—«frecce di dolore»—lanciati da spiriti e visibili solo da sciamani in trance. […] Alcuni soggetti hanno riferito all’antropologo Richard Katz che, quando questo accadeva, sentivano lo stomaco «pieno di spine», come se ci fossero «frecce che spuntavano da ogni parte».
Lo stesso Hancock (p.286) riporta anche una dichiarazione di uno sciamano kirghiso del Kazakhistan in cui egli sostiene di avere «cinque spiriti in cielo, che mi hanno tagliato con quaranta coltelli e punto con quaranta unghie» e cita la credenza degli iakuti della Siberia settentrionale secondo cui «talvolta l’iniziato in trance è preso da tre diavoli neri che fanno a pezzi il suo corpo, gli conficcano una lancia nella testa e lanciano pezzi della sua carne in diverse direzioni».
Rappresentazione artistica di smembramento iniziatico, occorso durante una cerimonia rituale
con l’utilizzo di ayahuasca
FERIMENTI E SMEMBRAMENTI RITUALI
Sovente, l’incontro con gli spiriti evolve in un «ferimento rituale» che conduce ad uno «smembramento» vero e proprio (nel piano astrale, si intende, dal momento che durante la trance iniziatica il corpo del neofita rimane immobile e non subisce alcunché di quello che l’iniziato vive durante il viaggio sciamanico), uno smembramento che gli sciamani vivono tuttavia come una realtà indubitabile, dal momento che al risveglio si ritrovano dotati di doti psichiche prima impensabili. Con riguardo a ciò, leggiamo cosa ha da dire il ricercatore scozzese Graham Hancock (Sciamani, Mauri Spagnol, 2006, p.282 e ss.) che analizzando questo fenomeno trova eccezionali corrispondenze tra numerose culture di tipo sciamanico:
Nella giungla amazzonica, quando gli sciamani della tribù Jivaro entrano in trance per effetto dell’ayahuasca, essi interpretano le stesse sensazioni cutanee generate neurologicamente come piccoli dardi affilati scagliati contro di loro da entità soprannaturali. Gli sciamani siberiani tungusi parlano invece di trance d’iniziazione, indotte dall’ingestione di amanita muscaria, in cui sentono il corpo trafitto da frecce, la carne lacerata, le ossa strappate. […] anche gli Jus hoansi [Africa meridionale] credono nell’esistenza di dardi soprannaturali maligni—«frecce di dolore»—lanciati da spiriti e visibili solo da sciamani in trance. […] Alcuni soggetti hanno riferito all’antropologo Richard Katz che, quando questo accadeva, sentivano lo stomaco «pieno di spine», come se ci fossero «frecce che spuntavano da ogni parte».
Lo stesso Hancock (p.286) riporta anche una dichiarazione di uno sciamano kirghiso del Kazakhistan in cui egli sostiene di avere «cinque spiriti in cielo, che mi hanno tagliato con quaranta coltelli e punto con quaranta unghie» e cita la credenza degli iakuti della Siberia settentrionale secondo cui «talvolta l’iniziato in trance è preso da tre diavoli neri che fanno a pezzi il suo corpo, gli conficcano una lancia nella testa e lanciano pezzi della sua carne in diverse direzioni».
Esempi simili si trovano a dozzine nella monumentale opera di Mircea Eliade Lo Sciamanesimo e le tecniche dell’estasi (1951) e in altre che indagano sulle iniziazioni sciamaniche: solitamente questo «ferimento rituale» sfocia in uno smembramento vero e proprio, a cui fa seguito la rinascita iniziatica dell’aspirante sciamano, che si risveglia dotato di poteri soprannaturali (conferiti, si pensa, dall’azione degli spiriti). Anche Hancock adotta la stessa linea di pensiero, citando le credenze sacre delle più svariate culture del nostro pianeta, tra cui quella degli aborigeni australiani, secondo i quali «lo smembramento spirituale e la ricomposizione dei loro ‘uomini di medicina’ prevedono strane operazioni chirurgiche nel corso delle quali gli esseri soprannaturali inseriscono piccoli frammenti di cristallo di roccia (detti ‘antongara’) nel corpo dell’iniziato» (p.286).
Confrontando queste testimonianze con quanto riportato dal reverendo Kirk con riguardo all’arma caratteristica dei fairies scozzesi, «fatta come una punta di freccia barbata, ma lanciata come un dardo con gran forza», avente «qualcosa della natura della folgore, che ferisce le parti vitali sottilmente e mortalmente senza tagliare la pelle» (e infatti gli sciamani ogni volta, dopo lo smembramento, si risvegliano totalmente privi di qualsivoglia ferita) ci viene naturale ipotizzare che ci sono indiscutibilmente solidi punti in comune tra le diverse tradizioni.
Riprendiamo ancora una volta l’opera di Kirk, e citiamo anche quanto dice a proposito di chi ha sperimentato l’incontro con ifairies (p.29): «Quelli che non sono esorcizzati o purificati (li chiamano fey) si racconta che siano goinnt, vale a diretrapassati o feriti con le armi da questo popolo, il che spesso li fa agire in modo molto diverso dal loro contegno precedente, provocando un’alterazione improvvisa, benché la causa di ciò sia per il momento invisibile». Dobbiamo qui annotare che anche numerosi soggetti che hanno sperimentato la paralisi del sonno asseriscono di aver subito ferite o spaventose torture da parte di ‘demoni’ o ‘ombre nere’, e ovviamente al risveglio si accorgevano che nulla di ciò era accaduto al loro corpo—perlomeno, sul piano prettamente fisico.
C’è di più. Sovente, le testimonianze sciamaniche provenienti da tutto il mondo riportano l’eventualità che lo sciamano intrattenga un vero e proprio rapporto amoroso/sessuale con lo spirito con cui entra in contatto durante la trance. Halifax cita l’etnologo russo Shternberg, il quale racconta che gli sciamani Tungusi della Siberia venivano «spinti al servizio sciamanico da uno spirito speciale che offriva loro amore e con cui abitavano insieme in sonno» (p.123).
Ci preme ora sottolineare come, se nelle società del mondo antico e tra le popolazioni che seguono la via sciamanica, un simile incontro con gli esseri soprannaturali veniva considerato alla stregua del dono più prezioso che un individuo potesse ricevere, notiamo come già nella Scozia di fine ‘600 tali soggetti non venissero visti di buon occhio, al punto da raccomandarne l’«esorcismo» e la «purificazione» in seguito all’incontro con le misteriose entità: ciò, d’altra parte, è perfettamente comprensibile alla luce del fenomeno della «caccia alle streghe», che ormai proseguiva inesorabilmente da secoli. La chiaroveggenza e altre facoltà soprannaturali (caratteristiche che consentono a Kirk di definire un individuo ‘fey‘ o ‘goinnt‘) vengono ridotte dalla mentalità cristiana a meri poteri ‘demoniaci’, e di conseguenza non solo chi ne è in possesso non viene più considerato alla stregua di un capo spirituale (come avveniva nelle società sciamaniche) ma con un’inversione di prospettiva assoluta viene additato come ‘compagno dei demoni’, e quindi evitato se non addirittura allontanato dal consorzio sociale.
Altri parallelismi si possono trovare nella storia recente. Uno dei più clamorosi ci giunge dalla penna di Howard Phillips Lovecraft, considerato unanimamente come uno dei più grandi autori della letteratura del Novecento, il quale raccontò ai suoi corrispondenti degli incontri che sperimentò da bambino, a partire dall’età di sei anni fino agli undici, ogni notte, con i cosiddetti «Magri Notturni» (Night Gaunts). Ecco come lo scrittore descrive queste raggelanti esperienze in una missiva a Rheinhart Kleiner datata 16 novembre 1916 (H.P. Lovecraft. L’orrore della realtà. A cura di G.De Turris e S.Fusco, ed.Mediterranee, 2007, p.39 e ss.):
Nel gennaio del 1896 la morte di mia nonna gettò tutta la famiglia in un’atmosfera di lutto da cui non si riprese mai appieno. […] Fu allora che la mia vivacità naturale si spense. Cominciai ad avere gli incubi più odiosi, popolati di cose che avevo battezzato «magri notturni», un termine composito di mia invenzione. Spesso li disegnavo dopo il risveglio (forse l’idea di quelle figure mi era stata ispirata da un’edizione de luxe del Paradiso Perduto con illustrazioni di Gustave Doré, che avevo scoperto un giorno nel salottino orientale). Nei sogni, mi trascinavano in volo attraverso lo spazio a velocità sconvolgente, e intanto mi pugnalavano e mi tormentavano coi loro detestabili tridenti. Sono passati ormai quindici interi anni—anzi, di più—da quando ho visto per l’ultima volta un «magro notturno», ma tuttora, quando sono semi-addormentato e mi lascio andare alla deriva in un mare di pensieri infantili, avverto un brivido di paura […] e d’istinto lotto disperatamente per rimanere sveglio. Questa era la mia sola preghiera nel 1896, ogni notte: restare sveglio e guardarmi dai magri notturni!
Leggendo la testimonianza di Lovecraft, immediatamente balzano all’occhio diversi motivi che abbiamo già riscontrato altrove. Innanzitutto, la forte situazione di stress emotivo in cui il soggetto si trovava al momento dell’insorgere dei primi episodi: un classico nella letteratura medica riguardante casi di paralisi nel sonno. Ancora, il fatto che le esperienze avvenivano sempre quando egli era «semi-addormentato», vale a dire in uno stato intermedio tra la veglia e il sonno: anche questa caratteristica ci consente di accomunare a buon titolo l’incontro con i «Magri Notturni» alle esperienze cliniche di paralisi nel sonno.
Il parallelismo più moderno, nonché l’ultimo per quanto riguarda questo studio, cui crediamo opportuno dare credito riguarda il fenomeno (apparentemente recentissimo nonché scientificamente inspiegabile, e dunque inspiegato) delle abduction, vale a dire i cosiddetti «rapimenti alieni». Negli ultimi sessant’anni, numerose persone in tutto il mondo hanno espresso la convinzione di essere state prelevate da esseri alieni e condotte a bordo di veicoli spaziali o in luoghi difficilmente accessibili, come basi sotterranee o subacque, o addirittura in luoghi che sembrano ubicati nel cielo o in altre dimensioni. In questi luoghi, gli «addotti» affermano di avere subìto esami ed operazioni di tipo medico, torture con oggetti appuntiti, nonché di essere stati costretti, spesso controvoglia, ad intrattenere rapporti di natura sessuale con queste misteriose entità.
Se tutto ciò è di per sé piuttosto scioccante da quanto è evidente il parallelismo, si aggiunga inoltre che anche le vittime di abduction riportano sovente testimonianze di unioni sessuali con entità aliene: si può trovare facilmente menzione di ciò negli studi dei ricercatori statunitensi Budd Hopkins e John Edward Mack, nonché nel resoconto di Whitley Strieber (Communion, 1987; da cui venne tratto due anni dopo l’omonimo film, diretto da Philippe Mora) il quale sperimentò un rapporto particolarmente intenso con una delle entità di cui era solito ricevere le visite notturne.
BIBLIOGRAFIA
P.S. A chi fosse interessato all’argomento «paralisi nel sonno» e volesse udire in prima persona le testimonianze dei soggetti interessati, consiglio vivamente la visione del recente (2014) documentario The Nightmare, visualizzabile in streaming a questo indirizzo.
Fonte: marcomaculottiblog.wordpress.com
L’AMORE CON GLI SPIRITI
C’è di più. Sovente, le testimonianze sciamaniche provenienti da tutto il mondo riportano l’eventualità che lo sciamano intrattenga un vero e proprio rapporto amoroso/sessuale con lo spirito con cui entra in contatto durante la trance. Halifax cita l’etnologo russo Shternberg, il quale racconta che gli sciamani Tungusi della Siberia venivano «spinti al servizio sciamanico da uno spirito speciale che offriva loro amore e con cui abitavano insieme in sonno» (p.123).
Graham Hancock riporta che «alcuni anni prima della sua iniziazione, uno sciamano neofita della tribù siberiana dei buriati sperimenta un viaggio celeste in cui ha rapporti con numerose donne-spirito, una delle quali diventa sua moglie in cielo» (Sciamani, p.354); inoltre lo stesso Hancock scrive che, tra i saora dell’Orissa (India), «le future sciamane ricevono la chiamata e la consacrazione spirituale durante le visite dagli inferi di un pretendente che chiede la loro mano» (p.355) e che «i saora raccontano che quando questo pretendente venuto dal mondo-spirito entrava nelle camere da letto delle fanciulle, tutta la famiglia cadeva preda di un incantesimo e giaceva in un sonno profondo» (p.356): esattamente la stessa situazione che sperimenta chi, al giorno d’oggi, vive un’esperienza di paralisi nel sonno.
Non ci dilungheremo oltre su esempi di questo tipo, dal momento che essi sono facilmente rinvenibili in pressoché qualunque tradizione sciamanica del nostro globo. Da parte nostra, reputiamo evidente un parallelismo esistente tra queste tradizioni, l’incontro con i succubi di antica memoria e quello con le misteriose entità durante episodi di paralisi nel sonno.
Incontro con spiriti femminili, Amazzonia
STESSO FENOMENO, DIVERSE REAZIONI?
Nella nostra era tecnologica e materialistica, infine, non vi è più nemmeno spazio per qualsivoglia tipo di ipotesi o teoria che esuli da quanto si possa dimostrare scientificamente con esperimenti ripetibili in laboratorio: un approccio evidentemente poco funzionale per decifrare un’esperienza così singolare e assolutamente non ricreabile a comando come la paralisi nel sonno.
L’amara conseguenza di questo atteggiamento irresponsabile della scienza accademica è sotto gli occhi di tutti: coloro che si trovano ad affrontare al giorno d’oggi questi bizzarri episodi sono al meglio considerati degli individui ‘strani’, se non addirittura dei visionari o peggio ancora degli psicotici del tutto privi di ogni contatto con la cosiddetta ‘realtà’, quando invece, per evolvere significativamente dal punto di vista conoscitivo, ci parrebbe auspicabile che fosse la mente umana ad adattarsi agli accadimenti del mondo fenomenologico, per quanto complessi da decifrare e comprendere essi siano, e non viceversa.
Nikolaj Abraham Abildgaard, Nightmare
I «MAGRI NOTTURNI» DI H.P. LOVECRAFT
Altri parallelismi si possono trovare nella storia recente. Uno dei più clamorosi ci giunge dalla penna di Howard Phillips Lovecraft, considerato unanimamente come uno dei più grandi autori della letteratura del Novecento, il quale raccontò ai suoi corrispondenti degli incontri che sperimentò da bambino, a partire dall’età di sei anni fino agli undici, ogni notte, con i cosiddetti «Magri Notturni» (Night Gaunts). Ecco come lo scrittore descrive queste raggelanti esperienze in una missiva a Rheinhart Kleiner datata 16 novembre 1916 (H.P. Lovecraft. L’orrore della realtà. A cura di G.De Turris e S.Fusco, ed.Mediterranee, 2007, p.39 e ss.):
Nel gennaio del 1896 la morte di mia nonna gettò tutta la famiglia in un’atmosfera di lutto da cui non si riprese mai appieno. […] Fu allora che la mia vivacità naturale si spense. Cominciai ad avere gli incubi più odiosi, popolati di cose che avevo battezzato «magri notturni», un termine composito di mia invenzione. Spesso li disegnavo dopo il risveglio (forse l’idea di quelle figure mi era stata ispirata da un’edizione de luxe del Paradiso Perduto con illustrazioni di Gustave Doré, che avevo scoperto un giorno nel salottino orientale). Nei sogni, mi trascinavano in volo attraverso lo spazio a velocità sconvolgente, e intanto mi pugnalavano e mi tormentavano coi loro detestabili tridenti. Sono passati ormai quindici interi anni—anzi, di più—da quando ho visto per l’ultima volta un «magro notturno», ma tuttora, quando sono semi-addormentato e mi lascio andare alla deriva in un mare di pensieri infantili, avverto un brivido di paura […] e d’istinto lotto disperatamente per rimanere sveglio. Questa era la mia sola preghiera nel 1896, ogni notte: restare sveglio e guardarmi dai magri notturni!
Leggendo la testimonianza di Lovecraft, immediatamente balzano all’occhio diversi motivi che abbiamo già riscontrato altrove. Innanzitutto, la forte situazione di stress emotivo in cui il soggetto si trovava al momento dell’insorgere dei primi episodi: un classico nella letteratura medica riguardante casi di paralisi nel sonno. Ancora, il fatto che le esperienze avvenivano sempre quando egli era «semi-addormentato», vale a dire in uno stato intermedio tra la veglia e il sonno: anche questa caratteristica ci consente di accomunare a buon titolo l’incontro con i «Magri Notturni» alle esperienze cliniche di paralisi nel sonno.
In più, oltre alla visione e alla percezione di queste misteriose creature, notiamo che di esse si dice che lo «pugnalavano» e lo «tormentavano coi loro detestabili tridenti»: in tali accenni, oltre all’aspetto delle entità che i cristiani definirebbero ‘demoniaco’, ci sembra opportuno ravvisare dei forti punti di contatto con le esperienze sciamaniche riportate sopra, in cui non di rado l’aspirante iniziato viene ferito, pungolato con dardi affilati, «frecce di dolore», lance, «cristalli di roccia» e via dicendo. Riteniamo opportuno, dunque, ricondurre le esperienze giovanili del geniale scrittore di Providence nell’ambito della paralisi del sonno e, ancora più chiaramente, dell’incontro sciamanico con spiriti di altre dimensioni che spesso, come sappiamo, sfocia in un (apparentemente incomprensibile agli occhi di un bambino della società borghese del New England di fine ‘800) ferimento vero e proprio mediante l’utilizzo di armi acuminate e taglienti.
È curioso comunque notare che, nonostante il fatto che il piccolo Howard non avesse strumenti interpretativi adeguati al fine di inquadrare gli episodi che ogni notte dai sei agli undici anni lo tormentavano, sembra tuttavia che egli abbia attraversato un ‘percorso di iniziazione’ in piena regola: all’incontro con i misteriosi spiriti oscuri infatti seguì quello che gli sciamani chiamano ‘ferimento e smembramento rituale’. Ciò, sebbene probabilmente Lovecraft non l’abbia mai compreso a fondo, potrebbe aver avuto a nostro parere una vera e propria influenza sulla sua produzione letteraria negli anni a venire. Non è un caso, crediamo, il fatto che lo scrittore di Providence diede vita praticamente da solo a una vera e propria ‘mitologia oscura’ degli spazi cosmici (nella quale anche i «Magri Notturni» hanno il loro ruolo) che mai nessuno prima di lui era stato in grado nemmeno lontanamente di immaginare. Ci troviamo, a parer nostro, di fronte a un rarissimo caso di iniziazione sciamanica moderna, non ricercata come nel caso degli antichi sciamani, ma semplicemente occorsa a un soggetto (particolarmente predisposto, questo è evidente) che non era in possesso di alcuna nozione di sciamanesimo.
Componimento poetico di H.P. Lovecraft sui Magri Notturni.
IL FENOMENO DELLE ABDUCTION
Già sul finire degli anni Sessanta, il ricercatore francese Jacques Vallée, prendendo in esame fenomeni che esulano dall’ordinaria esperienza sensibile, notò una similitudine fra certi fenomeni presenti nel folklore (come gli incontri con il popolo dei fairies), i moderni presunti incontri ravvicinati con gli extraterrestri e altri presunti fenomeni paranormali (Passport to Magonia: From Folklore to Flying Saucers, 1969). Egli intravide nel(l’apparentemente) recente fenomeno delle abduction un sistema di controllo dell’evoluzione terrestre che è attivo nella storia umana e opera sull’inconscio collettivo della nostra specie. Secondo la sua ipotesi, queste entità non provengono dallo spazio, ma piuttosto da una dimensione parallela alla nostra (ipotesi parafisica); sarebbero dunque entità interdimensionali, e l’incontro con essi avverrebbe unicamente in determinate situazioni di coscienza alterata.
Dobbiamo subito notare che i cosiddetti «rapimenti alieni», allo stesso modo degli episodi di paralisi nel sonno, avvengono appunto durante la notte, quando il soggetto si trova nel letto sul punto di addormentarsi. Altri individui riferiscono casi in cui l’esperienza del rapimento avviene mentre essi si trovano al volante della propria automobile, durante un viaggio lungo e monotono, nella stragrande maggioranza delle volte di notte: una situazione ideale, insomma, perché la mente entri in quel particolare stato di trance che gli antichi sciamani ben conoscevano, e consideravano la porta d’accesso ad altre dimensioni dell’essere.
Più recentemente, anche il già più volte menzionato Graham Hancock ha ritenuto di scoprire parallelismi tra l’incontro degli antichi europei con il «Piccolo Popolo» (e il conseguente ingresso nel «regno fatato»), le esperienze spirituali degli sciamani in dimensioni altre, nonché con il fenomeno delle abductions. Da parte nostra, ci pare sensato allargare il campo di indagine anche agli episodi di paralisi nel sonno, dal momento che, come cercheremo di dimostrare, i parallelismi sono davvero troppi per poter fingere che non sussistano. Riportiamo, dunque, alcune testimonianze riguardanti i cosiddetti «rapimenti alieni» e confrontiamole con le esperienze di tipo sciamanico (Sciamani, p.316):
Jerry riferì che qualcosa di appuntito come un ago le veniva diretto lateralmente nel collo […] Un piccolo essere conficcò un grosso ago lungo una trentina di centimetri con una specie di impugnatura nel collo di Joe, proprio sotto l’orecchio, «contro il cranio», procurandogli un forte dolore… […] Uno strumento metallico lungo una trentina di centimetri fu inserito profondamente nel cervello di Catherine attraverso una delle sue narici: «qualcosa ha rotto per poter entrare nel mio cervello»…
Jerry riferì che qualcosa di appuntito come un ago le veniva diretto lateralmente nel collo […] Un piccolo essere conficcò un grosso ago lungo una trentina di centimetri con una specie di impugnatura nel collo di Joe, proprio sotto l’orecchio, «contro il cranio», procurandogli un forte dolore… […] Uno strumento metallico lungo una trentina di centimetri fu inserito profondamente nel cervello di Catherine attraverso una delle sue narici: «qualcosa ha rotto per poter entrare nel mio cervello»…
Confrontiamo ora queste inquietanti testimonianze con alcuni resoconti sciamanici riportati dall’autore:
Tre creature nere e maligne spingono con forza una lancia nella sua testa (Jakuti, Siberia) […] Uno spirito getta contro di lui una lancia invisibile, che lo buca sul collo da dietro, attraversa la lingua, facendo in questo modo un grande buco, e poi fuoriesce dalla bocca… (Arunta, Australia) […] Viene messo un serpente intorno alle loro teste e i loro nasi sono bucati da un oggetto magico… (Warramunga, Australia).
Se il parallelismo non fosse già abbastanza lampante, continuiamo a citare le testimonianze riportate da Hancock; dalle vittime di abduction (p.317)…
Due esseri operavano sulla spina dorsale di Eva: «Sentivo come se stessero entrando nel mio corpo con qualche strumento appuntito, come se lo stessero introducendo tra la carne e la pelle…» […] Un lungo ago fu inserito nell’ombelico di Betty Hill, causandole un dolore atroce.
…ed ora nuovamente dai resoconti sciamanici:
«Vidi la figura di un uomo… la cui testa era circondata da un bagliore luminoso… Egli disse: “Aspetta senza paura fino a che io non ho detto e fatto tutto ciò che è nelle mie intenzioni”. In seguito sentii vari strumenti, dapprima simili a coltelli appuntiti, poi come aghi, penetrare la mia carne…» (Ojibwa, Canada) […] «Si pensa che l’aspirante all’interno della società Kuksu abbia l’ombelico forato da una lancia o da una freccia per mano del Kuksu stesso…» (fiume Patwin, Nordamerica).
Tre creature nere e maligne spingono con forza una lancia nella sua testa (Jakuti, Siberia) […] Uno spirito getta contro di lui una lancia invisibile, che lo buca sul collo da dietro, attraversa la lingua, facendo in questo modo un grande buco, e poi fuoriesce dalla bocca… (Arunta, Australia) […] Viene messo un serpente intorno alle loro teste e i loro nasi sono bucati da un oggetto magico… (Warramunga, Australia).
Se il parallelismo non fosse già abbastanza lampante, continuiamo a citare le testimonianze riportate da Hancock; dalle vittime di abduction (p.317)…
Due esseri operavano sulla spina dorsale di Eva: «Sentivo come se stessero entrando nel mio corpo con qualche strumento appuntito, come se lo stessero introducendo tra la carne e la pelle…» […] Un lungo ago fu inserito nell’ombelico di Betty Hill, causandole un dolore atroce.
…ed ora nuovamente dai resoconti sciamanici:
«Vidi la figura di un uomo… la cui testa era circondata da un bagliore luminoso… Egli disse: “Aspetta senza paura fino a che io non ho detto e fatto tutto ciò che è nelle mie intenzioni”. In seguito sentii vari strumenti, dapprima simili a coltelli appuntiti, poi come aghi, penetrare la mia carne…» (Ojibwa, Canada) […] «Si pensa che l’aspirante all’interno della società Kuksu abbia l’ombelico forato da una lancia o da una freccia per mano del Kuksu stesso…» (fiume Patwin, Nordamerica).
Un confronto visivo tra una abduction e un episodio di paralisi nel sonno. Screenshot tratta dal documentario The Nightmare (2014), dedicato al fenomeno della paralisi nel sonno.
Sebbene la creatura si presentasse asessuata, Strieber era fermamente convinto fosse una ‘lei’, anche e soprattutto per il fatto di aver intrattenuto con essa rapporti non solo sessuali, ma anche più sottilmente sentimentali: da cui, il titolo dell’opera, scelto dall’autore per sottolineare come il rapporto che intercorresse tra i due non fosse unicamente invasivo e traumatico, ma con il passare del tempo si fosse tramutato in una vera e propria ‘comunione’ spirituale. Esattamente ciò che ci si aspetta leggendo i resoconti sciamanici riguardanti gli ‘spiriti guida’ e le «spose nel cielo», o quelli riportati da Kirk riguardo gli incontri col misterioso popolo del «Regno Segreto».
Ci rimane solo da notare come, nei casi clinici della paralisi del sonno, difficilmente si riesca a implementare un rapporto di tal genere. I soggetti vivono le stesse esperienze, si sentono paralizzati e inermi, il mondo esterno si popola di abitatori oscuri e misteriosi, che spesso li spaventano e talvolta li feriscono crudelmente. A volta, nei casi più complessi, i soggetti si sentono violati sessualmente da queste entità. Ad ogni modo, nella stragrande maggioranza dei casi, gli individui che soffrono di paralisi nel sonno vivono l’esperienza in maniera drammatica e non hanno dubbi a definire malvagie, se non addirittura ‘demoniache’ o ‘sataniche’ le entità che fanno loro visita in questo particolare stato di coscienza.
Ma è realmente così? Queste entità sono davvero crudeli?
O piuttosto siamo noi esseri umani che, ormai ignari delle tradizioni mitiche e folkloriche che i nostri antenati ci hanno tramandato nel corso dei millenni, non siamo più in possesso dei necessari strumenti interpretativi che ci renderebbero possibile la decifrazione e la comprensione di tali oscuri fenomeni?
Ai posteri l’ardua sentenza.
Ai posteri l’ardua sentenza.
- Mircea Eliade, «Lo Sciamanesimo e le tecniche dell’estasi» (Mediterranee, 1974)
- Joan Halifax, «Voci sciamaniche» (Rizzoli, 1982).
- Graham Hancock, «Sciamani» (Mauri Spagnol, 2006).
- Robert Kirk, «Il regno segreto» (Adelphi, 1980).
- Whitley Strieber, «Communion» (Rizzoli, 1988).
- Gianfranco De Turris e Sebastiano Fusco (a cura di), «H.P. Lovecraft. L’orrore della realtà» (Mediterranee, 2007).
- Jacques Vallée, «Passport to Magonia: From Folklore to Flying Saucers» (1969).
- Joan Halifax, «Voci sciamaniche» (Rizzoli, 1982).
- Graham Hancock, «Sciamani» (Mauri Spagnol, 2006).
- Robert Kirk, «Il regno segreto» (Adelphi, 1980).
- Whitley Strieber, «Communion» (Rizzoli, 1988).
- Gianfranco De Turris e Sebastiano Fusco (a cura di), «H.P. Lovecraft. L’orrore della realtà» (Mediterranee, 2007).
- Jacques Vallée, «Passport to Magonia: From Folklore to Flying Saucers» (1969).
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