domenica 23 novembre 2014

La fonte dei problemi è nella mente

Jiddu Krishnamurti

La fonte di tutti i problemi umani, piccoli e grandi, si trova nella psiche dell’individuo.

Durante i milioni di anni o più di esistenza dell’uomo su questo pianeta, la sua conoscenza del mondo esterno si è evoluta enormemente incrementando il suo potere e la sua capacità di far fronte alle calamità naturali. Interiormente, nella coscienza, l’uomo invece non si è evoluto un granché: è ancora molto simile all’uomo primitivo – pauroso e insicuro, organizzato in gruppi (religiosi e nazionali), sempre in lotta e pronto alla guerra, alla ricerca di vantaggi per sé odiando gli altri.
E’ ora in grado di andare sulla luna e di comunicare con l’altra parte del globo in pochi minuti ma trova ancora difficile amare il proprio vicino e vivere in pace.

Nonostante oggi sia in grado di nascondersi dietro un mucchio di belle parole e pensieri, l’uomo moderno è brutale, egoista e violento, avido e possessivo come l’uomo primitivo di milioni di anni fa.

Questo sviluppo squilibrato dell’essere umano lo ha portato vicino all’auto-annientamento. Si trova ora sull’orlo della guerra nucleare, a un soffio dalla totale estinzione. Il potere datogli dalla sua grande conoscenza non è stato accompagnato dalla giusta qualità di intelligenza e visione necessarie, perché? Perché psicologicamente non ci siamo evoluti? ...



Forse perché non abbiamo mai diretto la nostra attenzione interiormente, per capire la nostra mente, i nostri pensieri e sentimenti? 

Siamo così soddisfatti, così presi dalle nostre acquisizioni, dal nostro “progresso” nel mondo esterno, che abbiamo completamente trascurato il mondo interiore della nostra coscienza. 

Nell’uomo primitivo l’odio poteva produrre solo danni limitati, nell’uomo moderno tutto questo potere è molto più devastante e le disastrose conseguenze sono sotto i nostri occhi ogni giorno intorno a noi

Continuiamo a pensare che organizzando meglio la società possiamo risolvere questo problema, ma si tratta di un’illusione profondamente radicata. 

Naturalmente nessuno è contrario ad un’efficiente organizzazione della vita quotidiana, ma non è possibile produrre una società pacifica e non violenta partendo da milioni di individui violenti, aggressivi, egocentrici, per quanto li si possa organizzare; con una società comunista, si ha la violenza del comunismo; con una società capitalista, si ha la violenza del capitalismo. 
Potete impedire che la violenza si manifesti in certe direzioni, ma si esprimerà comunque in altre. Molte rivoluzioni hanno avuto un inizio e una fine, ma la tirannia umana non è finita, ha solo assunto altre forme.

Una società veramente pacifica, non violenta, è possibile solo se l’individuo si trasforma, psicologicamente, fondamentalmente. Ogni altro cambiamento è superficiale, temporaneo, non potrà mai risolvere i problemi, ci permetterà solo di affrontarli in qualche modo per un certo periodo.

La società è ciò che è l’individuo.

Proprio come le caratteristiche di una barra di rame sono determinate da quelle degli atomi che la compongono, le caratteristiche di una società sono determinate da quelle degli individui.

Tutti i problemi che rileviamo nella società di oggi sono il riflesso dei problemi nella psiche dell’individuo. Per questo dobbiamo preoccuparci della trasformazione dell’uomo e non solo dell’organizzazione esterna della società.

Fonte: altrarealta.blogspot.it

8 commenti:

  1. Non sono d'accordo con Jiddu Krishnamurti quando afferma che: "La società è ciò che è l’individuo.", lo sarebbe se fosse una semplice addizione aritmetica d'individui, ma così non è, non lo è nemmeno un sommatoria di cariche elettriche se riunite.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Invece lo trovo piuttosto logico: la società è composta da singoli i quali, decidendo o - peggio - non decidendo, ne accettano le regole. Ne sono quindi totalmente corresponsabili.
      Una società come le nostre, particolarmente imperfetta, è il risultato della mancanza di consapevolezza e di chiarezza interiore individuale ..

      Elimina
    2. Catherine, ho detto un'altra cosa.
      E' doveroso superare la società e transitare nell'individualismo assoluto come postula l'anarchia.

      Elimina
  2. Ohhhhhhhhh sìììììììììììììì! Anarchia! Bisogna E-MAN-CI-PAR-SI dal bisogno dell'approvazione del papi!
    E' un paradigma universale: padre anafettivo/autoritario= bisogno di una figura paterna alternativa. In secondo luogo come ha detto il Bellia per chi passa 8 ore in ufficio magari con il capetto di turno che allunga le mani (per le signorine s'intende), ed il resto del tempo a trovare i soldi per l'imu, è un poco difficile raggiungere un certo grado di consapevolezza (a che genere di consapevolezza Lei si riferisca io non ne ho idea, ma dopotutto sono nato mancino sono molto limitato).
    Naturalmente sono l'ultimo "individuo" su questo pianeta che possa discettare di anarchia eh!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A detta di R.G. Hamer i mancini hanno una marcia in più, evidentemente, Umberto, lei non conosce lo scienziato tedesco, in compenso conosce molte altre cose.

      Elimina
  3. La società non è la semplice somma degli individui. In alcuni ambiti, la fisica quantistica, la psicologia, la sociologia etc. uno più uno non dà sempre due. Nella massa in particolar modo agisce un quid che la pilota. Il totale è così superiore alla somma delle parti che lo compongono.

    ciao

    RispondiElimina
  4. Nulla da eccepire, rimane il fatto che se non si parte dal singolo non si approda da nessuna parte. La logica matematica, quella basilare, fa ben pensare che, se un gruppo di individui crea una società (quindi in genere una parte minima della totalità degli individui interessati), per far si che questa società sia adeguata a tutti, è meglio che sia composta da esseri assennati, consapevoli, informati etc .. più ne hai più ne metti, quindi prima di tutto adeguati a loro stessi .

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.