martedì 11 novembre 2014

Fracking, l’ultima diavoleria dei petrolieri per spremere la Terra

La parola fracking è arrivata al grande pubblico da quando il regista americano Josh Fox ha realizzato un documentario sulle estrazioni di “gas non convenzionale” negli USA. 

Correva l’anno 2009, sebbene il fracking fosse stato inventato nel 1947, poi ottimizzato e diffuso su larga scala a partire dal 1997 nel Barnett Shale in Texas. Il fracking ha poi preso il definitivamente il sopravvento nel 2005 grazie all’amministrazione del duo petrolifero Bush-Cheney che esentò questa pratica dalle leggi di protezione ambientale negli USA, fra cui il Safe Water Drinking Act e che aprì le terre demaniali degli stati centrali degli USA ai petrolieri.

Fracking è una abbreviazione di “hydraulic fracturing” che significa fratturazione idraulica. Queste due parole racchiudono tutto il concetto del fracking: frantumare la roccia usando fluidi saturi di sostanze chimiche ed iniettati nel sottosuolo ad alta pressione.
Il fracking è un modo “non convenzionale” per estrarre gas da roccia porosa di origine argillosa detta scisti (shale in inglese), le cui vacuità ospitano in prevalenza metano. 
Con le tecniche “tradizionali” questo gas non potrebbe essere estratto, visto che il gas è intrappolato in una miriade di pori sotterranei e la classica trivella verticale non arriverebbe ad aprirli tutti.

Con il fracking invece, giunti ad una certa profondità la trivella ed i fluidi di perforazione vengono direzionati orizzontalmente e l’alta pressione innesca una serie di microsismi frantumando la roccia e lasciando sprigionare il gas. Esistono varianti per petrolio, per geotermia e per metano intrappolato in carbone invece che in scisti, detto Coal Bed Methane ...


Insomma, questo fracking è l’ultima diavoleria inventata dai petrolieri per spremere dalla pancia della terra più idrocarburi possible.

Credo che molti associno la questione fracking ai terremoti, ed è vero, ma le occorrenze seppure gravi, sono rare. Ci sono invece una moltitudine di altri problemi collegati al fracking e collegati al vivere quotidiano: l’acqua che si beve, l’aria che si respira, il cibo che si mangia.

Intanto, come per quasi tutti le miscele che l’industria petrolifera inietta nel sottosuolo, non è dato sapere esattamente cosa usano. Ci sono proppanti -per aprire e tenere aperte le fessure nel sottosuolo- ci sono acidi, biocidi, stabilizzatori, inibitori di corrosione, surfattanti, inibitori, agenti per aumentare la viscosità.

E di cosa sono fatti? Fra le sostanze possibili presenti nei fluidi da fracking, secondo un rapporto della Camera USA: naftalene, benzene, toluene, xylene, etilbenzene, piombo, diesel, formadelhyde, acido solforico, thiourea, cloruro di benzile, acido nitrilotriacetico, acrylamide, ossido di propilene, ossido di etilene, acetaldehyde, Di (2-ethylhexyl) phtalati. Sono tutti cancerogeni o tossici. Fra le sostanze radioattive invece si elencano vari isotopi di antimonio, cromo, cobalto, iodio, zirconio, potassio, lanthanio, rubidio, scandio, iridio, kripton, zinco, xenon, manganese.

Bastano? Sul link di cui sopra – quello della camera – le miscele note occupano circa 17 pagine.

Proprio l’altro ieri the Independent di Londra riporta che e’ venuto fuori un misterioso componente usato per fare fracking in Texas che ha causato danni ai reni e al fegato di chi vive vicino a questi pozzi e che per ora non si sa cosa sia. Si sa solo che e’ siglato EXP-F0173-11.

Ogni pozzo da fracking necessita dai 2-4 milioni di galloni di acqua per poter operare, che si traducono in 7-14 milioni di litri di acqua satura di sostanze chimiche. E dove finisce il tutto? Nonostante la propaganda dei petrolieri secondo cui le cementificazioni e le impermeabilizzazioni dei pozzi sono perfetti, nessuna attività dell’uomo è esente dal logorio, dall’uso, da difetti, ed evidente che continuando a pompare miscele inquinanti nel terreno, prima o poi qualcosa deve pure cedere. E migrare. E arrivare, prima o poi, nei rubinetti delle persone.

Per di più, a volte lo shale del sottosuolo contiene già sostanze radioattive di per conto suo, che madre natura ha nel corso dei millenni separato dal resto, e che stuzzicate dal fracking possono arrivare in superficie.

E così, ecco una perfetta inchiesta del New York Times sulle concentrazioni fuori da ogni grazia di Dio di livelli di materiale radioattivo nei pozzi artesiani vicino ai pozzi del fracking in Pennsylvania. In alcuni casi si è arrivati 1500 volte i valori stabiliti per legge.

E non è questo un caso isolato. L’inquinamento delle riserve acquifere in seguito ad interventi di fracking si e’ verificato anche inTexas, Ohio, Pennsylvania, Colorado, Wyoming, dove innumerevoli sono le famiglie che riportano casi di metano nell’acqua dei rubinetti che si infiammano, acqua nei pozzi artesiani color marroncino e puzzolente, assolutamente inutilizzabile e satura di inquinanti. 

Con il fracking si è ottenuto il 39 per cento di tutto il gas naturale prodotto lo scorso anno negli Stati Uniti.
Fonte: www.lifegate.it

Si può anche leggere:Fracking e terremoti: riconosciuto collegamento da geologi di stato Usa

2 commenti:

  1. Che cosa tremenda rovinare così questa povera terra, inquinare , portarla via..e poi ecco i risultati..
    Anche lei ,la nostra madre natura si ribella!!!
    Bacio serale

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  2. Gaia ci metterebbe poco, un attimo, a riprendersi .. senza di noi.
    Siamo noi che abbiamo grossi problemi. Lei ha tutto il tempo, va avanti, paziente, aspettando che ci estinguiamo! ^_^

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