La nostra civiltà industriale, conclude Ahmed, è nella fase di declino, un momento critico che, se gestito correttamente, potrebbe aprire la strada a un cambiamento epocale.
Il Declino della Civiltà Industriale
Al cuore di questo declino c’è la crisi energetica. L’EROI (Energy Return On Investment) di fonti fossili come petrolio, carbone e gas naturale è in calo, rendendo sempre più insostenibile il sistema industriale attuale. In parallelo, assistiamo a un’accelerazione nello sviluppo di tecnologie rivoluzionarie: energia pulita, intelligenza artificiale, stampa 3D, agricoltura cellulare e veicoli elettrici. Queste innovazioni non solo promettono di ridurre l’impatto ambientale, ma potrebbero anche inaugurare un’era di “sovrabbondanza in rete,” dove energia, cibo e trasporti sono accessibili senza danneggiare il pianeta.
Tuttavia, Ahmed avverte che queste tecnologie, per loro natura decentralizzate, non possono essere integrate in modo efficace all’interno dei vecchi modelli di governance centralizzata. Qui emerge un pericolo cruciale: le politiche autoritarie potrebbero rallentare o addirittura arrestare questa trasformazione. Governi populisti e nazionalisti, con il loro attaccamento a modelli industriali obsoleti e la promozione di combustibili fossili, rappresentano un freno a questa evoluzione.
L’analisi del documento sottolinea come l’aumento dell’autoritarismo globale rappresenti uno dei maggiori ostacoli alla transizione. L’esempio dell’amministrazione Trump, con la sua enfasi sulla centralizzazione del potere e sul supporto ai combustibili fossili, viene citato come caso emblematico. Ahmed spiega che questo approccio potrebbe aggravare il declino, rendendo più difficile per la civiltà umana sfruttare le opportunità offerte dalle tecnologie emergenti.
Questa dinamica crea un “divario operativo” tra il sistema industriale in declino e le nuove strutture distribuite che potrebbero sostituirlo. Il risultato è una crescente instabilità politica e culturale, che rischia di portare al collasso piuttosto che all’evoluzione.
Nonostante queste sfide, il futuro non è scritto. Ahmed sostiene che la civiltà umana ha l’opportunità di compiere un “balzo da gigante” evolutivo, abbracciando tecnologie che potrebbero garantire prosperità senza precedenti. Immagina un mondo in cui energia, trasporti, cibo e conoscenza siano disponibili in sovrabbondanza, riducendo le disuguaglianze e proteggendo gli ecosistemi terrestri.
Questa visione non si limita alla tecnologia. Ahmed sottolinea che il vero cambiamento deve avvenire a livello umano. “Dobbiamo riprogrammare il modo in cui governiamo queste capacità emergenti,” afferma, “in modo che siano responsabili e benefiche per tutti. Altrimenti, rischiamo di regredire o collassare.”
La Strada da Percorrere
Il passaggio a una civiltà postmaterialista richiede un profondo cambiamento nei modelli di governance e di pensiero. Sistemi distribuiti e decentralizzati devono essere accompagnati da una leadership etica e lungimirante. Politiche che promuovano l’innovazione tecnologica e la sostenibilità devono sostituire quelle basate su interessi particolaristici e gerarchie obsolete.
Tra il 2030 e il 2060, le capacità materiali della civiltà umana potrebbero migliorare enormemente. Tuttavia, il raggiungimento di questo traguardo dipenderà dalla capacità dell’umanità di superare le sfide immediate e abbracciare un modello di governance globale più equo e sostenibile.
Il bivio attuale è una sfida esistenziale per la specie umana. Da un lato, la promessa di un futuro luminoso di sovrabbondanza, energia pulita e sostenibilità. Dall’altro, il rischio di un collasso autoritario che ci riporterebbe indietro di decenni, se non secoli.
Come conclude Ahmed, “Questo è il momento di decidere se vogliamo evolverci come specie o regredire.” La scelta è nelle mani dell’umanità, e il tempo per agire è ora.
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