venerdì 7 dicembre 2012

Mi penso forte (fortemente mi penso)

Giovanni Moretti

Rimane davvero difficile commentare lo scempio a cui stiamo assistendo. La sola forma di reazione che il popolo reso nuovamente plebeo riesce oggi a concepire è quella che gli viene proposta:
una "rivoluzione" con tanto di presa di una qualunque bastiglia e diretta da un leader qualunque, basta che sia. I cui slogan seguire, le cui parole ripetere ed a cui assegnare il solito ruolo temporaneo di egregora resa nuovamente persona.

Che piace tanto tanto, perché a seconda dell'umore, della situazione o del semplice sentito dire si può assegnargli tutto il merito o tutte le colpe, l'iniziativa e soprattutto la responsabilità, qualunque cosa accada. Le hanno inventate apposta le egregore, che servono a svuotare il contenitore nel riempirlo di un contenuto preso in prestito da sé stessi ma da restituire con gli interessi. Il peccato che diviene debito, illegittimo, detestabile e molto originale.

La prima cosa che l'italico plebeo ex-novo non deve sapere è che la rivoluzione in realtà la sta subendo e che viene sobillato a parteciparvi attivamente, alla distruzione dello Stato, di senso civico e senso dello Stato. In definitiva, alla distruzione del proprio sé civile e sociale.

Di fronte a questo scempio, la demolizione delle religioni e della religiosità è fondamentale. 
Oltre alla distruzione del senso civico e del senso dello Stato, con la frammentazione e la localizzazione dell'idea di comunità che giunge fino al singolo individuo, ad un livello più sottile che sottile non è per niente perché non è più nemmeno necessario che lo sia, assistiamo alla distruzione della stessa concezione dell'essere in vita, dello stesso concepimento della nostra esistenza...  
Assistiamo allo smantellamento della coscienza di sé come accezione positiva dell'esistere, alla distruzione del concepimento della vita come proposito positivo da parte di quel divino che incorporiamo, da cui siamo incorporati e di cui eravamo diretti discendenti.

Come non provare sgomento di fronte alla novità, alla nuova assunzione per cui quella divinità che fino ad oggi era ultraterrena diventa improvvisamente extraterrestre? Non cambia nulla, i due termini si equivalgono totalmente eppure, anziché far pensare che non sia quella la divinità, questa nuova entità assume connotati umanoidi pur mantenendo un carattere divino, un carattere creatore ma nel modo più materialistico, utilitaristico ed umano nella sua più bassa accezione.

La nuova deità de' gentili, che continuiamo ad incorporare, che continua ad incorporarci e da cui continuiamo a discendere direttamente se pur con quelle distinzioni che originano il più blasfemo razzismo, ci avrebbe creato come schiavi da utilizzare per lavori manuali, dice Sitchin il traduttore insieme a tutto il filone letterario che ha creato con le sue traduzioni, e che scinde e prescinde la creazione di tutto il resto dalla particolarità ed eccezione della creazione dell'uomo.

Ma se è ridicolo e demente solo pensare che una divinità abbia bisogno di manovalanza, perfino nel caso in cui codesta divinità fosse una civiltà umanoide molto più avanzata ma attenzione, solo tecnologicamente più avanzata, di quella con cui ci troviamo ad avere a che fare su questa Terra martoriata, la cosa che più mi devasta è assistere al seguito che queste insulsità ottengono.

Non è semplicemente bestemmia o sacrilegio, è complicatamente insulso ipotizzare uno stato di divinità creatrice ottenuto grazie alla banale tecnologia.

Tutto ciò è molto umano, verrebbe da dire, se considerassimo l'umanità così come è sempre più comune considerarla. Ma la tragicommedia più disperata sta nell'osservare che codesta presunta umanità non ha nulla da imparare se non forse la tecnologia, dai nefilim, anunnaki o come diavolo si chiamano quegli dèi caduti dal cielo e piombati sulla Terra così come succede quando si tira una bestemmia. Potremmo anzi essere loro maestri, verrebbe da dire, tanto da cominciare ad intuire quale possa essere l'origine di tali insulsaggini, tanto da aver tentazione di iniziare ad intuire chi possa aver creato degli dèi creatori così "umani".

Mi viene in mente l'olimpo greco, la trilogia di Asimov e perfino la saga dei puffi, che termina nel modo più dilaniante con il protagonista cattivo che si sveglia scoprendo di aver fatto un brutto sogno. 

Ma se proprio dovessi essere costretto ad individuare anche solo da un punto di vista intellettuale e laico un carattere spirituale e creativo in un'intelligenza anche solo ipotetica o retorica, lo farei osservando la meraviglia della vita che mi circonda. 
Se fossi costretto a scegliere un egregora ripersonificata per darle tutto il merito e tutta la colpa di quel che penso e quel che faccio, lo farei pensando a quel filosofo greco che è dovuto morire per dimostrare a tutti di essere un uomo, fondando però nel contempo l'assioma basilare della teoria degli insiemi, quella che ha reso pazzo Cantor e molti altri ancora quando affermava: "io mi raffiguro un insieme come un abisso". 

Così come ha dovuto fare Gesù, che non rappresenta ma è, tutti gli uomini da quando questi esistono o perlomeno da quando hanno iniziato a misurare il tempo. Che sia figura retorica, personaggio storico o entrambe le cose, è esistito in passato e continua più che mai ad essere vivo tutt'oggi. 
Non è mai stato ucciso nonostante tutt'oggi si tenti disperatamente di ucciderlo senza alcuna speranza di riuscirci, e anche qualora si riuscisse a farlo assisteremmo semplicemente ad un suicidio. 
Esso è la cosa più sacra che possiamo osservare con gli occhi e toccare con mano e, incredibilmente, non ha nulla a che fare con le religioni nonostante tutte e tre quelle che adorano lo stesso dio lo utilizzino e lo menzionino. 
Il figlio dell'uomo E' l'uomo, è così fin dall'inizio dei tempi, è scritto. Incredibilmente è scritto e descritto più di tutti nei testi pagani, pre-cristiani e non cristiani. Esso è quella specie di Ictus figurato che prende chi si accorge di avere di fronte uno specchio sia quando ama che quando odia.


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