di Paolo Puccetti, professore in farmacologia (Università degli Studi di Perugia)
Il dibattito pubblico sui vaccini, trascinato da anni in uno schema binario, continua a confondere due piani distinti: l’utilità di un atto medico e la legittimità di imporlo.
È l’equivoco più diffuso — e più pericoloso — alimentato da quella che Paolo Bellavite ha giustamente definito “ideologia vaccinista”.
1. Biodiritto e bioetica: la cornice
La bioetica nasce per affrontare i dilemmi morali che sorgono quando scienza e tecnica entrano nel corpo umano.
Il biodiritto è il suo corollario giuridico: fissa i limiti entro cui la medicina può intervenire senza violare la dignità della persona.
Principio cardine: nessun atto medico può essere imposto a una persona capace di intendere e di volere...
Questo non è un parere, ma un vincolo giuridico internazionale.
La Convenzione di Oviedo (1997), ratificata dal Consiglio d’Europa, stabilisce che “un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato il proprio consenso libero e informato”.
2. Il nodo bioetico: dal vaccino alla coercizione
Sostenere che un vaccino sia utile non autorizza lo Stato a renderlo obbligatorio. È un salto logico e morale che trasforma la scienza in ideologia.
Un conto è l’efficacia di un intervento, altro è il diritto di decidere se sottoporvisi. La medicina è relazione fiduciaria, non imposizione dall’alto.
Obbligare significa scavalcare la libertà corporea, sostituire al consenso un comando. In termini bioetici, equivale a trattare l’individuo non come fine ma come mezzo per un obiettivo collettivo.
3. L’equivoco ideologico
Ecco perché parlare di “utilità” come se implicasse automaticamente “obbligo” è ideologia pura. È la riduzione della scienza a strumento di potere. È il “vaccinismo”, figlio diretto dello scientismo: la fede cieca che pretende di sostituirsi al metodo critico e al dubbio, ignorando conflitti di interesse, variabilità individuale, proporzionalità delle scelte.
È l’errore che ribalta la prospettiva: chi difende il consenso informato viene accusato di ideologia, mentre chi impone l’adesione cieca si auto-proclama “razionale”.
4. La vera questione
La questione non è mai stata se i vaccini possano essere utili. È evidente che abbiano contribuito, in molti contesti, alla riduzione di malattie infettive. La vera domanda, oggi, è un’altra:
può l’utilità presunta o reale di un trattamento giustificare la violazione della libertà corporea di chi è capace di intendere e di volere?
Se accettiamo questa equazione, apriamo la porta a qualsiasi imposizione sanitaria: dal farmaco all’intervento chirurgico, dalla psichiatria alle biotecnologie genetiche. Un corpo ridotto a proprietà dello Stato non è più un corpo libero, ma un corpo amministrato.
5. Conclusione
Il confine invalicabile lo segna la bioetica e lo conferma il biodiritto: utilità non significa imposizione.
Difendere il consenso non è ideologia, ma il solo modo per preservare la dignità della persona nell’epoca delle biotecnologie.
Chi vuole confondere i due piani — scienza e potere — non difende la scienza, ma la piega a un progetto politico.
Fonte: www.facebook.com
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