Guardate l’immagine: non è Montreal, non è Kyoto, non è Abu Dhabi. E’ Gaza, come Netanyahu vorrebbe che diventasse dopo la fine della guerra.
Il piano è fortemente improntato ad una logica economica di tipo occidentale: prevede infatti che il porto di Gaza diventi un vero e proprio hub commerciale che colleghi Europa e Medio Oriente tramite il Mediterraneo.
Secondo il piano, sarà una coalizione di paesi arabi (Egitto, Arabia Saudita, EAU, Giordania) a gestire gli aiuti umanitari che arrivano a Gaza ...
Come spiega questo articolo del Jerusalem Post , “Dopo una decina di anni il potere sarà trasferito ai cittadini di Gaza”, ma “solo se sarà avvenuta la completa demilitarizzazione della Striscia, e la cosa sarà comunque soggetta ad un accordo fra ambo le parti.”
Quindi – già lo sappiamo - non avverrà mai, perché Israele sarà sempre bravissimo a trovare una scusa qualunque per non rispettare gli accordi.
La cosa più stupefacente è vedere come tutto questo avvenga senza che nessuno pensi minimamente di consultare i palestinesi di Gaza.
D’altronde, questa è una vecchia abitudine coloniale: già Lord Balfour, nel 1918, aveva dichiarato: “In Palestina non pensiamo nemmeno lontanamente di consultare i desideri degli attuali abitanti di quel paese. Il sionismo, giusto o sbagliato, buono o cattivo che sia, affonda la sue radici in antiche tradizioni, nelle attuali necessità, e nelle future speranze, che sono più profondamente importanti dei desideri e dei pregiudizi dei 700.000 arabi che abitano oggi quella terra antica”.
Non sembra che sia cambiato molto, negli ultimi 100 anni.
Massimo Mazzucco
Fonte: luogocomune.net
Fonte: luogocomune.net
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