Avrebbe dimensioni di poco superiori a quelle della Terra e la sua esistenza spiegherebbe alcuni fenomeni che si osservano nella zona di Spazio nota come fascia di Kuiper.
Per quanti pianeti, buchi neri e altri oggetti “misteriosi” continuiamo a individuare nel spazio, altrettanti ne restano da scoprire.
Il prossimo potrebbe essere nel nostro Sistema solare, un pianeta con una massa di poco superiore a quella della Terra e che, stando ai modelli ottenuti attraverso uno studio recentemente pubblicato su The Astronomical Journal, potrebbe nascondersi nella cosiddetta fascia di Kuiper.
Il condizionale è d’obbligo, visto che si tratta al momento di simulazioni e non ancora di osservazioni dirette. Simulazioni che, comunque, nascono proprio nell’intento di dare una spiegazione ad alcune “anomalie” rilevate in questa zona dello Spazio e non ancora chiarite. Vediamo di che cosa si tratta ...
I trans-Neptunian objects
“Le orbite dei trans-Neptunian objects (Tnos) - si legge nelle prime righe della pubblicazione - possono indicare l’esistenza di un pianeta non ancora scoperto nella regione esterna del Sistema Solare”.
Ma che cosa sono i Tnos?
Si tratta di corpi costituiti da roccia e ghiaccio che orbitano attorno al Sole all’interno della fascia di Kuiper, ossia in quella regione del Sistema Solare che si estende oltre l’orbita di Nettuno. La fascia di Kuiper prende il nome dell’astronomo olandese Gerard Kuiper, che fu il primo a ipotizzare che in questa zona potessero aver avuto origine alcune comete.
I Tnos altro non sono che i resti della formazione dei pianeti che attualmente si trovano nella regione esterna del Sistema Solare. In generale non sono facili da individuare perché si muovono molto lentamente.
Questi oggetti, prosegue l’articolo, “possono rivelare importanti informazioni riguardo alla formazione e all’evoluzione dinamica dei pianeti giganti, come il loro comportamento migratorio e le proprietà fondamentali del disco protoplanetario [struttura costituita da gas e polveri che orbita attorno a una stella, e all’interno della quale si formano dei sistemi planetari, nda] dal quale hanno avuto origine”.
La scoperta del primo Tno risale al 1992, e di questa classe di oggetti fanno parte anche Plutone e Eris, successivamente catalogati come pianeti nani. Fino ad oggi sarebbero stati scoperti più di mille Tnos che hanno consentito agli esperti di fare molti progressi nella comprensione di questa regione dello Spazio.
“Tuttavia - scrivono gli autori - non è stato sviluppato un unico modello evolutivo che spieghi l’intera struttura orbitale dei Tnos”.
Con il presente studio hanno quindi tentato di creare un modello che fosse coerente con le osservazioni finora raccolte, riassunte in quattro vincoli principali.
Che tipo di pianeta potrebbe essere?
Grazie a dettagliate ed estensive simulazioni, il gruppo di ricerca ha concluso che l’esistenza di un pianeta all’interno di una zona compresa fra le 250 e le 500 unità astronomiche di distanza dal Sole sarebbe compatibile con tutti e quattro i vincoli del modello messo a punto, e costituirebbe quindi una plausibile spiegazione alle proprietà che questa zona dello Spazio presenta.
Ma che caratteristiche dovrebbe avere questo misterioso pianeta?
Secondo i ricercatori dovrebbe avere una massa da 1.5 a 3 volte quella della Terra e muoversi su un’orbita di inclinazione pari a circa 30 gradi.
Di più, al momento, non è dato sapersi: per sapere se queste simulazioni rimarranno tali o si trasformeranno in vere e proprie osservazioni sperimentali dovremo avere ancora un po’ di pazienza.
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Per la maggior parte della storia dell’umanità, gli unici pianeti conosciuti sono stati i cinque che si potevano vedere a occhio nudo, ovvero Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno.
Le cose cambiarono di colpo, e per puro caso, solo nel 1781, quando William Herschel, un musicista con la passione dell’astronomia, scoprì il pianeta Urano, usando un telescopio che si era costruito nel giardino di casa.
Da allora, solo un altro pianeta è stato scoperto nel sistema solare, ovvero Nettuno, mentre Plutone, che per tutto il ventesimo secolo è stato considerato il nono pianeta, è stato declassato nel 2006 a pianeta nano.
Però, negli ultimi anni, alcuni astronomi hanno avanzato l’ipotesi che nelle regioni più esterne del sistema solare possa esserci davvero un nono pianeta, che finora è sfuggito alle osservazioni.
Ma da dove nasce questa idea? E soprattutto, quanto è probabile che sia corretta?
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Come ben sappiamo le ipotesi sull'esistenza di un nono pianeta (o pianeta X, o Nibiru etc ..) nel sistema solare non sono affatto nuove.
I primi indizi della possibile esistenza di un corpo celeste che orbitasse molto in là rispetto a Nettuno sono arrivati nel 2012, quando Scott Sheppard, astronomo alla Carnegie Institution of Science, e Chadwick Trujillo, della Northern Arizona University, iniziarono a osservare le regioni più distanti del Sistema solare, mettendo insieme le informazioni provenienti da telescopi terrestri, telescopi in orbita e camere montate su sonde e satelliti.
La ricerca svelò l’esistenza di diversi corpi celesti – poi ribattezzati oggetti trans-nettuniani, o Tno – composti principalmente di rocce, ghiaccio e metano solido, dal diametro variabile tra 200 e 400 chilometri.
Uno di questi, in particolare, colpì l’attenzione degli astronomi, come raccontano in una lettera pubblicata su Nature.
Lo chiamarono 2012 VP113 o, più confidenzialmente, Biden. La caratteristica più bizzarra di Biden era il fatto che questo, assieme ad altri corpi simili, sembrava orbitare in modo estremamente irregolare.
La causa del fenomeno non poteva essere la forza gravitazionale esercitata da Giove, Saturno, Urano o Nettuno, perché troppo lontani. Forse, poteva esserci qualcos’altro.
Un altro pianeta.
Per esempio: Trujillo e Sheppard mostrarono, tramite simulazioni al computer, che un pianeta di massa compresa tra le 2 e le 15 masse terrestri, orbitante tra 200 e 300 unità astronomiche (un’unità astronomica è la distanza media tra Terra e Sole, pari a circa 150 milioni di chilometri. Per un confronto, si tenga conto che Nettuno dista dal Sole circa 30 unità astronomiche), avrebbe potuto produrre, con buon grado di attendibilità, le anomalie riscontrate nell’orbita di Biden e dei suoi simili.
La ricerca, naturalmente, non si è fermata ...
(continua qui: www.wired.it)
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