sabato 18 marzo 2023

Pesce di allevamento: facciamo chiarezza!

 
Quando gli italiani decidono di mangiare pesce, esiste una buona probabilità che sulla loro tavola, così come al ristorante, ci sia un prodotto di allevamento.

di Staff Pescheria degli Artisti

Si stima che in Italia il pesce catturato rappresenti solo il 30% del pesce consumato

Questo perchè i pesci allevati presentano diversi vantaggi per il consumatore, dal prezzo (generalmente accessibile) alla facile reperibilità e alla disponibilità pressochè costante, giusto per citare i più evidenti.

Ora, una delle le domande che mi sento porre più spesso dai miei clienti è:

“Alex ma il pesce di allevamento è da evitare?” ...


Posto che io personalmente preferisco comunque mangiare pesce non di allevamento (e su questo ci farò un articolo a parte) bisogna a onor del vero dire che non sempre il pesce allevato è da demonizzare, e che, cosa molto importante, non è assolutamente tutto uguale.

Le specie allevate più apprezzate dagli italiani sono orate, branzini, rombi, salmone, trote, trote salmonate, ombrine, ricciole, anguille, gamberi, persico africano e pangasio.

Ora mi fermo un secondo e scrivo una cosa che vorrei vi segnaste per bene:

Non acquistate e non mangiate mai più in vita vostra persico africano e pangasio!

Il persico africano ed il pangasio i sono quanto di peggio esista in commercio.

Vengono allevati in paesi africani e asiatici in condizioni scandalose, che ne pregiudicano la salubrità, senza contare che per sopperire alla scarsissima qualità del prodotto finale i produttori utilizzano massicce dosi di additivi, così da “migliorarne” aspetto e sapore.

Mi capita  spesso, nelle mie pescherie, di avere a che fare con clienti che vogliono acquistare questi prodotti (sono a buon mercato e già puliti belli a filetti) e la mia risposta è sempre una, ovvero che io non li tratto perchè se volevo avvelenare la gente avrei fatto lo spacciatore.

Se vi volete bene e se ne volete ai vostri figli (il più delle volte il persico africano è un pesce che si da ai bambini) non comprate e non consumate questi due prodotti.

Se volete un pesce che costi poco e che vi faccia bene alla salute comprate lo sgombro (si lo so che è un “pesce povero”, e allora?)  è buono, fa bene e costa poco quindi fate poco gli schizzinosi e non vi preoccupate del nome.

Ma torniamo a noi, stavo dicendo che gli allevamenti non sono tutti uguali, ed in effetti così come per la carne, esistono allevamenti di tutti i tipi, i quali generano prodotti di qualità molto diverse tra loro.

Parliamoci chiaro, i due pesci di allevamento più conosciuti e più venduti sono le orate ed i branzini:

questo perché mediamente la gente bene o male li conosce come pesci “pregiati”  ( i loro omologhi catturati hanno spesso e volentieri prezzi non proprio popolari) e poi sono facili da cucinare,  da lavorare e da reperire.

Un abisso passa tra un branzino od un orata allevati in modo ortodosso ed i loro corrispettivi provenienti da allevamenti di scarso livello qualitativo.


Come in tutte le cose più il prezzo è basso e più la qualità ne risente, così troviamo degli allevamenti intensivi che per fornire al mercato un prodotto estremamente competitivo a livello economico, utilizzano le stesse tecniche degli allevamenti di pollame, ovvero: gabbie (si i pesci di allevamento stanno nelle gabbie) sovraffollate, per produrre con spazi ristretti grandi quantità di prodotto.

I poveri pesci vengono anche imbottiti di antibiotici, e questo accade perchè vivendo in modo molto promiscuo (sempre per il discorso che i produttori cercano di massimizzare la resa dei loro spazi di allevamento)se non trattati con farmaci potrebbero sviluppare malattie e qyuesto che ne pregiudicherebbe la produzione.

Per abbattere ulteriormente i costi di produzione, vengono dati ai pesci mangimi che non oso nemmeno immaginare cosa contengano.

Questo modo estremamente intensivo di allevare gli esemplari ha come risultato un prodotto, si economico, ma di bassissimo livello qualitativo.
I pesci sono “grassi”, perché non fanno ovviamente movimento in quanto sono stipati come polli in batteria e perché vengono nutriti con mangimi che li fanno ingrassare velocemente, così da aumentarne il peso e la resa di vendita.

Ciò vuol dire che quando noi compriamo un’ orata da allevamento intensivo, una parte consistente del suo peso corporeo è costituita da grasso (che si trova all’interno della pancia) che viene buttato via al momento dello sventramento e che quindi finisce (insieme ai nostri soldi) nel cestino della spazzatura.

Aggiungiamo a tutto questo che il sapore delle carni non è assolutamente paragonabile ad un pesce di pari specie che sia stato pescato in mare aperto et voilà che alla fine della fiera, non è che facciamo poi quel grosso affare che pensavamo, acquistando un branzino od un’orata da allevamento intensivo.

Ora mi direte, “Alex ma che cavolo, meno male che ci avevi detto che il pesce di allevamento non era da demonizzare!”

Si, e lo ribadisco, perché per contro a quanto abbiamo visto con i prodotti di basso profilo, esistono allevamenti di qualità molto alta, soprattutto in Italia, dove i pesci vengono allevati in zone recintate da reti in mare aperto nelle quali ci sono un numero sostenibile di esemplari, in modo che possano avere il giusto spazio per nuotare,

In questi allevamenti i pesci vengono nutriti con mangimi naturali (derivati da alimenti che essi stessi mangerebbero in natura) e soprattutto non vengono dati loro farmaci, in quanto non esiste un rischio di eccessiva promiscuità.

Quindi, si all’allevamento ma con un occhio di riguardo alla provenienza.

Fonte: pescheriadegliartisti.it

Oltre la qualità delle carni, che dovrebbe essere essenziale per chi le consuma, soffermiamoci anche sulle condizioni di detenzione di questi animali cresciuti in gabbia ...

Essere Animali ha realizzato un'indagine in diversi allevamenti di trote, spigole e orate. Queste strutture sono rappresentative di come vivono questi animali negli allevamenti dell’Unione Europea.

Ciò che abbiamo documentato è scioccante. Pesci costretti a vivere in vasche spoglie e sovraffollate, animali spostati ad alta velocità con pompe e spesso lasciati fuori dall'acqua per decine di minuti. Infine metodi di stordimento e abbattimento inefficaci: molti muoiono dopo lunghe agonie, altri sono ancora vivi durante le fasi di stoccaggio.

I pesci sono gli animali più sfruttati e macellati al mondo, ma anche i meno protetti dalle leggi. In questo momento ci troviamo di fronte a un'opportunità unica per cambiare il loro destino: la DG SANTE — il direttorato nella Commissione europea responsabile del miglioramento delle condizioni dei pesci — sta valutando di apportare importanti modifiche alle normative sul benessere di questi animali. Insieme possiamo far sentire la voce dei pesci.



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