Un po’ di storia
Nel lontano giugno Giugno 1997 veniva varato il Codice Deontologico dell’Ordine degli Psicologi italiani promosso dal Consiglio Nazionale.
Da quel momento in poi noi psicologi, vecchi e nuovi, abbiamo quella guida operativa e quella cornice giuridico-etica alla quale, in qualità di iscritti, dobbiamo riferirci per l’esercizio “ortodosso” della nostra professione.
A venticinque anni da quell’evento epocale il CNOP istituisce in data 23 giugno una Conferenza, a Palazzo Falletti a Roma, per discutere sullo stato dell’arte e riflettere sull’etica e la deontologia della nostra professione.
Il ministro della Salute Roberto Speranza intervenuto con un messaggio alla Conferenza afferma che “non può esserci salute senza salute mentale, oggi più che mai” per questo “la valorizzazione del ruolo degli psicologi assume un’assoluta centralità nell’ambito delle politiche sanitarie del nostro Paese”.
Il nostro presidente, il Presidente degli Psicologi Italiani David Lazzari, dichiara: “Venticinque anni dopo sono cresciute le scienze psicologiche e le evidenze sul ruolo della dimensione psicologica.
E’ cresciuta anche la comunità professionale, sia sul piano numerico, passando da trentamila a centoventicinquemila psicologi, sia nell’articolazione nei diversi campi operativi ...
Fonte immagine e articoli del codice: Codice Deontologico degli Psicologi Italiani
C’è stato un cambiamento importante, dettato dai nuovi bisogni dei cittadini, ma anche culturale, a partire ad esempio dall’idea stessa di salute e del welfare. In tutto questo, la psicologia è cresciuta sempre di più, le scienze psicologiche hanno incrementato la loro rilevanza”…inoltre…“La psicologia fornisce chiavi interpretative per capire i problemi del presente e del futuro – ha continuato il presidente dello CNOP- per leggere i diversi aspetti della vita sociale, aiutando la società nel suo insieme e le singole persone ad affrontare criticità e sfide.
Purtroppo è evidente come a questo ruolo non corrisponda ancora un analogo rilievo della professione: esiste un rilevante gap tra appeal, diffusione e utilizzo sociale della psicologia. Una situazione che penalizza non tanto e non solo la professione, ma la società nel suo complesso.
Serve oggi più cha mai un’adeguata diffusione delle conoscenze psicologiche.
La pandemia non ha fatto altro che amplificare queste esigenze già pre-esistenti e l’Ordine ha colto questa situazione per avviare un’azione articolata di sensibilizzazione e proposta, per mettere in campo risposte adeguate.
La psicologia va vista come risorsa pubblica e sociale per promuovere l’utilizzo adeguato delle competenze. Il cittadino è portatore di diritti psicologici legati allo sviluppo del capitale umano individuale e collettivo dunque la tutela del benessere psicologico è elemento di interesse generale della comunità”.
Ancora Lazzari: “La professione deve dare il proprio contributo per lo sviluppo sostenibile alla definizione delle linee per la società post-pandemia. Proprio per questo, l’Ordine intende dotarsi di una Carta dei Valori che sia alla base dell’agire della professione, aperta al confronto costruttivo e alla condivisione con le altre professioni, a cominciare da quelle della salute”.
“In questa ottica – ha concluso – “va riletto il Codice Deontologico per verificarne l’adeguatezza al nuovo ruolo della professione ed eventualmente revisionarlo nell’ambito di un percorso partecipato e condiviso”.
Altro evento recente degno di menzione è quello che vede istituire (il due luglio del 2022) presso il Ministero della Salute il Tavolo sul benessere psicologico individuale e collettivo.
Questo con la finalità dichiarata di produrre entro l’estate un primo documento volto a definire le modalità più idonee per attuare gli obiettivi assegnati alla professione psicologica dalla normativa vigente, valorizzandole e potenziandole all’interno del SSN.
Nel corso dell’ultimo decennio ci sono stati diversi tentativi politici e normativi diretti ad introdurre stabilmente nella società la figura dello psicologo di base.
In Italia attualmente infatti non esiste una legge nazionale che disciplini ruoli e funzioni dello psicologo di base.
In linea generale, c’è conformità nel definire lo psicologo di base come una figura che collabora accanto al medico di base, offrendo assistenza psicologica primaria per poi, qualora servisse, indirizzare i pazienti verso alcuni specialisti.
Inoltre, lavorando nello stesso ambulatorio del medico di base, potrebbe partecipare anche alle visite dei pazienti al fine di valutare se il malessere riportato riguarda la salute mentale. Il CNOP stesso e non solo gli ordini regionali, con alterne vicende, da tempo promuovono dunque una politica volta in questa direzione.
A questo punto della ricostruzione si rende non solo necessario ma imprescindibile per avere una visione esaustiva del corso storico degli eventi che ci hanno condotto fino ai giorni nostri riportare un evento significativo che riguarda la definizione della nostra professione di Psicologi.
Evento che, nella visione di chi scrive, ha segnato il totale asservimento, nella veste di suo organo sussidiario, del nostro Ordine allo Stato. Mi sto riferendo alla legge Lorenzin del 2018 che sancì a pieno titolo l’ingresso della professione psicologica tra le professioni sanitarie.
In conclusione, possiamo ipotizzare dunque che sia in ballo molto di più di una mera revisione del Codice deontologico, valutata come necessaria e tuttavia ancora da definire ed esplicitare con chiarezza nei suoi presupposti e contenuti poiché lo stesso Codice viene giudicato anacronistico ed inadeguato alla luce delle nuove esigenze del contesto, ma si tratta della promozione vera e propria di un preciso progetto di implementazione di una “nuova figura” di Psicologo da calare nel contesto sociale come valore non solo aggiunto ma, a quanto pare, fondante nella logica di un nuovo assetto globale della Sanità pubblica.
Da qui la necessità di ridefinire il recinto giuridico-etico e culturale che sottende la revisione del Codice stesso.
Cambiamento partecipato e cambiamento imposto
Le parole hanno una precisa connotazione non solo perché appartengono al dizionario Zingarelli ma perché portano in nuce e rimandano ad un orizzonte semantico che ci racconta di universi culturali da esse evocati.
Alcune parole si ripetono spesso poi in certe circostanze perché sono chiare dichiarazioni programmatiche in quanto intenzionalmente dirette ad istituire nuovi contesti e nuovi mondi.
Noi del Comitato per l’Etica, la Deontologia e le Scienze Umane non abbiamo potuto fare a meno di notare ultimamente, dal nostro piccolo ma privilegiato osservatorio, il ripetersi nel contesto della cultura professionale soprattutto ufficiale dell’uso di talune locuzioni come: “adeguarsi, normalizzare e standardizzare” in riferimento alla figura ed alla professione dello Psicologo.
Ci siamo perciò domandati, anche a fronte degli eventi storici di cui sopra, quale possa essere il modello culturale ovvero la rappresentazione sociale sottesa al cambiamento in atto. Sappiamo molto bene, in qualità di psicologi, quanto le rappresentazioni possano essere prescrittive e si possano imporre con forza irresistibile alla coscienza ancor prima di essere mentalizzate.
Dunque vogliamo riflettere e promuovere il pensiero critico ed autoriflessivo all’interno della nostra comunità allo scopo di avviare proprio un dibattito partecipato in relazione all’interrogativo: qual’è questo nuovo Psicologo emergente?
Siete tutti invitati e ci piacerebbe a nostra volta essere invitati.
A questo scopo abbiamo anche prontamente scritto allo CNOP proponendoci come attivi e solerti collaboratori (una prima lettera del Comitato, ad oggi appello ignorato, fu inviata ufficialmente allo CNOP in data sei luglio 2022 e il 16 settembre è stata inoltrata anche una sollecitazione alla risposta non solo allo CNOP ma anche singolarmente a tutti i suoi consiglieri) per il dibattito sul Codice Deontologico in corso.
Siccome tuttavia i modelli culturali e le rappresentazioni sociali sono raramente espliciti e sono invece quasi sempre impliciti ed inconsci, noi del Comitato non vogliamo mai dare nulla per scontato neanche il presunto “Ovvio”.
Sull’ovvietà scontata si possono basare interi Codici etici e giuridici, la storia lo insegna.
La teoria del cambiamento poi (una metodologia specifica applicata nell'ambito del sociale che mira a pianificare e valutare progetti che promuovano il cambiamento attraverso la partecipazione e il coinvolgimento) ci illumina sull’attuale situazione: il cambiamento lo si sta imponendo dall’alto, ad opera di un’élite selezionata in base a criteri di consenso interno, e questo sta producendo un evidente malcontento ed una forte frustrazione in una parte significativa della comunità professionale mentre un’altra parte assiste silente e forse inconsapevolmente complice.
Altra cosa potrebbe essere invece la promozione di un cambiamento partecipato che coinvolga la comunità professionale tutta.
Sembra tuttavia davvero difficile essere inclusi dalle nostre Istituzioni di rappresentanza in questo processo in atto.
Allora certe modalità infelici di comunicazione acquistano un senso, come ad esempio sollecitare via mail e indirizzarle ad una sola parte della comunità dei colleghi generiche valutazioni sulla “necessità di modifica” di articoli del Codice, senza fornire un adeguata cornice teorica di esplicitazione di quanto si va facendo e si comprende anche il poco elegante non rispondere agli appelli e alle richieste inviate non solo da noi ma anche da altre associazioni di colleghi.
Si comprende infine anche il processo di alleanza in corso promosso da parte dello CNOP con le forze politiche in campo in vista delle elezioni e finalizzato all’ottenimento di un consenso per l’implementazione della figura di uno Psicologo immaginato altrove. Questo il punto. Ma da chi? Forse da coloro che vogliono depotenziare la Psicologia e sottometterla a ruolo di interlocutore passivo, manipolabile e a sua volta manipolatore delle coscienze al servizio non certo degli individui e della collettività ma delle forze di potere che li governano.
Ecco che le parole citate prima, “adeguarsi, normalizzare e standardizzare”, rivelano un loro senso ed evidenziano il loro nesso intrinseco con un processo di potere in corso che pilota il cambiamento.
In chiusura lo Psicologo così, analogamente al medesimo processo a cui vengono già sottoposte altre professioni sanitarie, non potrà che incarnare il ruolo istituzionale di un tristissimo e mero esecutore di direttive decise e concordate altrove, uno Psicologo di Stato totalmente impoverito della sua ricchezza professionale e spogliato delle sue risorse creative, burocratizzato e ridotto ad applicare procedure standard e test di valutazione che rilevino soprattutto l’adeguamento ad un’idea di Salute mentale definita secondo rigidi criteri ufficiali anche questi sempre decisi altrove.
Rischiamo così di smarrire il senso più “nobile” della nostra Mission fondativa, senso che possiamo rintracciare fin dalle origini nella protezione e tutela della realtà psichica, nella difesa della fragilità della differenza e nella promozione della creatività libera secondo tutte le sue declinazioni.
Sveglia colleghi.
Clara Emanuela Curtotti,
Comitato nazionale psicologi per l'etica, la deontologia e le scienze umane
Fonte: sfero.me
Con gli psicologi Andrea Lonza e Silvana Bonanni scopriamo il Comitato Nazionale degli Psicologi per l’etica, la deontologia e le scienze umane, nato con lo scopo di creare un contrappeso allo strapotere degli Ordini, che hanno vessato e mai tutelato i propri iscritti.
La psicologia è uno strumento sottile e molto importante, che può aiutare così come distruggere.
L’impressione è che finora ne sia stato fatto un uso improprio, che sia stata utilizzata per manipolare e terrorizzare le persone.
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