giovedì 21 maggio 2020

Le società Matrilineari: un diverso e controvertibile punto di osservazione

E’ indubbio che siamo il prodotto di annose stratificazioni sociali, politiche e culturali; di quelle che Marx avrebbe definito come sovra strutture e sulle quali eviterò di esprimere alcun giudizio valoriale.

Però se alla base della  strutturazione e trasmissione di valori, riconosciuti fondanti per una società in un determinato periodo storico, c’è stata, ab origine, una mistificazione, allora buona parte di ciò che siamo altro non è che il prodotto di un enorme inganno.

Nietzsche a tal proposito avrebbe detto che “tutta la vita umana è profondamente immersa nella non verità”.

Senza ingenerare nel lettore l’idea di un complotto ai danni di una umanità troppo spesso poco dotata di senso critico e disposta ad accettare, semplicisticamente, tutto ciò che le viene detto, ritengo che non ci sia stata mistificazione più antica, durevole tenace e silenziosa di quella che migliaia di anni fa ha sostituito il mondo pacifico delle società matrilineari con il patriarcato, facendo delle prime il grande rimosso della storia e dell’altro la nostra seconda natura ...


Direi di partire dal concetto ...

In antropologia sociale con l’espressione società matrilineare o matrifocale ci si riferisce a quelle società nelle quali il sistema di discendenza è per linea materna, per cui i figli ereditano la posizione sociale e il possesso dei beni dalla madre e non dal padre, il cui ruolo risulta essere prevalentemente affettivo.

Si tratterebbe di società pacifiche, mutuali e egualitarie dove le donne, per quanto occupino una posizione dominante, tanto in casa quanto nella società officiando anche il culto della Dea, non presentano alcuna traccia di dominio di un sesso sull’altro proprio a beneficio di una pacifica convivenza.

La sociologa e antropologa Riane Eisler nel suo libro “Il calice e la spada. La civiltà della Grande Dea dal Neolitico ad oggi” individua, nella storia, due modelli di società ossia quello mutuale proprio delle civiltà matrifocali dove ricchezza e potere sono equilibrati e non contrapposti e quello dominatore, di genere maschile, che invece risulta essere gerarchizzato e basato sulla divisione e sulla forza.

Al centro di queste società, risalenti al periodo paleolitico e presenti anche nel neolitico, vi è il culto della Grande Dea o Grande Madre, capace di un processo di partenogenesi nel quale all’uomo viene riconosciuto un ruolo più di potenziamento magico che di partecipazione determinante.

Questa rappresentazione, ad esempio, è completamente ribaltata nelle società europee più evolute dove, la religione cattolica afferma che la donna è nuda terra riscaldata dal seme caldo e vivifico dell’uomo. Ma questo e tutto un altro argomento da trattare separatamente.

Per decine di migliaia di anni nell’antica Europa e nel resto del mondo, innumerevoli rappresentazioni femminili testimoniano proprio il culto della dea che assumerà anche nelle civiltà più evolute come quella greca, ad esempio, molteplici forme.

“Sarà la dea generatrice, signora degli animali e delle piante, nell’atto di partorire, la dea della morte, magra e dritta con le braccia in croce, la dea serpente e in questo, fortissimo è il riferimento simbolico presente nel vecchio testamento dove l’immagine è capovolta e connotata di un’accezione negativa con Eva corrotta dal male che le si presenta in forma di serpente appunto, ma è anche la dea della generazione, che controlla i cicli della vita e delle stagioni cui si associano i simboli dei triangolo pubico che ritroveremo rovesciato nel grande occhio di Dio etc…”

Curioso è quanto rileva Marija Gimbitas in “La civiltà della Dea”, ossia che di queste civiltà non è stata ritrovata alcuna rappresentazione di un dio padre.
Il dio maschio, almeno all’inizio, rappresenta la figura filiale che lascia alla madre il dominio sulla generazione e tiene per sé, invece, quello su aspetti specifici della vita, come racconteranno qualche secolo più in là i miti egizi e mesopotamici.

Il rapporto filiale lo ritroveremo molto più in là anche nella religione cristiana, soprattutto cattolica.

Qui però il principio femminile ritorna con una posizione subalterna. La donna, Maria, è sposa e madre non divina di Dio, colei che fu benedetta tra le donne, ma pur sempre donna privata della sua scintilla divina.

Tutto lascerebbe inequivocabilmente pensare, di conseguenza, che ad un certo punto si sia verificato qualche evento traumatico, perché sovvertitore di un ordine cosmico, che abbia cancellato questo tipo di società al “femminile”.

Ed effettivamente, sempre la succitata antropologa Riane Eisler racconta che Creta è stata l’ultima civiltà della storia nella quale sembra che dominasse uno spirito di armonia tra uomini e donne le quali avevano un ruolo preponderante in ogni manifestazione pubblica, religiosa, artistica e sociale.

Qui la dea spesso compare con i serpenti in mano. 

Si dice che questa civiltà minoica matrilineare, intorno al 1500 a.c., venne distrutta da un terremoto e successivamente invasa dagli Achei che diedero vita alla civiltà minoico micenea.
I dominatori adottarono, tuttavia, gran parte della cultura e della religione della Dea dando vita a quella che diventerà la civiltà greca.

Qui la dea sopravvivrà ancora con buona parte delle sue caratteristiche anche se costretta a condividere con altri dei, questa volta maschi, il pantheon.

Tralascio, per mero pudore e per difficolta temporali nel trattare la materia, l’ingiustizia operata da parte delle religioni del libro ai danni della donna.

Mi riservo solo di dire che se è lecito e sano dubitare della reale esistenza delle società matrilineari con queste caratteristiche, è però corretto e di difficile confutazione asserire che a partire da un certo momento in poi le donne diventano proprietà degli uomini, e in alcune società contemporanee questo è atrocemente attuale, prima dei padri, poi dei mariti e infine dei figli che ne possono disporre utilitaristicamente.
Saranno gli uomini a decidere per queste donne il cui spazio di azione retrocede sempre di più fino a circoscriversi alla casa. A questo punto le sue arti, in questo modello di società, diventano la seduzione e l’obbedienza.

Schiere di donne come ad esempio Caterina Sforza, Anna Bolena, Lucrezia Borgia solo per citarne qualcuna, sono state costrette a chinare il capo a delle logiche disarmoniche abbandonando il culto ancestrale della Grande Dea trasformata in un Dio Padre, creatore del cielo e della terra, padrone del creato, dio degli eserciti, sterminatore dei nemici, dio della punizione e della vendetta con i dovuti distinguo, ovviamente, tra le diverse religioni.

Ritengo che siamo stati e continuiamo ad essere subissati di parole che addormentano la comprensione, che mistificano, che non vogliono essere comprese ma solo ciecamente credute. Siamo stati caricati, il più delle volte, nella vita, nella politica e nella religione, di informazioni che hanno avuto da sempre l’obiettivo di manipolare gli spiriti più semplici.

E quindi l’unico antidoto utile a togliere il velo, per così dire a “leggere il messaggio nascosto sotto le righe cancellate nella zebra”, è sviluppare uno spirito critico necessario ad approdare a scelte consapevoli.

Fonte: ilpensatoiodimatilda.wordpress.com

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