di HS
Se mai dovessimo attribuire una definizione che possa sintetizzare le caratteristiche principali e salienti dell’era postmoderna – ovvero quella che è succeduta alla catastrofica Seconda Guerra Mondiale – ricorrendo a un termine o a una categoria dal vasto contenuto semantico, opterei per il neocapitalismo fondato sull’imperio di un Mercato sempre più pervasivo e quasi onnipresente.
Sul punto non vorrei essere equivocato: non intendo utilizzare il termine Mercato – con la maiuscola – per designare una sorta di entità astratta, quasi metafisica che trascende le nostre esistenze.
Mercato indica lo spazio e il tempo in cui vengono collocate le merci e i prodotti per essere smerciati e consumati senza alcun limite. Sono ormai lontani i tempi del capitalismo austero, industriale e produttivistico, per gran parte confinato nei mercati interni.
L’odierno e contemporaneo neocapitalismo “terziario”, mercantile, commerciale e consumistico si è necessariamente imposto per l’espansione inevitabilmente globale di multinazionali, corporations, istituti finanziari internazionali e delle grandi società commerciali.
L’aumento vertiginoso di investimenti e profitti determina l’allargamento e la concentrazione degli operatori presenti sui mercati che, a loro volta, contribuiscono a estendere i confini del Mercato per potenziare le possibilità di profitto ...
In questo modo ogni sfera della vita umana diventa spendibile e acquistabile come se il mondo fosse mutato in uno strabordante e monumentale supermercato.
All’allargamento dei mercati senza alcun vincolo o regola corrisponde l’ideazione e la realizzazione di sempre nuovi prodotti pronti per un consumo sempre più “usa e getta”. La produzione e la vendita dei beni essenziali alla vita di individui e famiglie viene quasi rimpiazzata da beni sempre più voluttuari che costituiscono veri e propri status symbol. Gli elettrodomestici finiscono per occupare un sempre maggiore spazio degli appartamenti, le autovetture di grossa cilindrata invadono strade ed autostrade, si impongono mode e tendenze nell’abbigliamento e nel vestiario.
Le rivoluzioni elettroniche ed informatiche – e la loro scontata commercializzazione – entrano nelle case. Dalla radio e la televisione si approda ai personal computer passando per l’high tech con gli stereo, i lettori di VHS e di DVD, i fax, etc… La rivoluzione multimediale quasi completa il ciclo a partire dall’”invenzione” di Internet e dei cellulari sempre più moderni, innovativi e ricchi di funzionalità. La liberazione del tempo libero apre le porte a settori commerciali e industriali prima relegati ai margini. Spettacolo, intrattenimento, divertimento, il “gioco”, ecc… portano ad altissimi margini di profitto rivolgendosi soprattutto ai clienti delle fasce d’età giovanili.
A conti fatti, questa fastosa, edonistica e gioiosa città del Mercato si presenta come un gigantesco paese dei Balocchi ove tutti i bisogni possono essere soddisfatti e ogni meraviglia, ogni tipo di divertimento può essere realizzato… Ma chi sono gli asini che, inevitabilmente, saranno conquistati dalle attrazioni del Mercato. La costruzione del monumentale edificio del Mercato non può che generare i suoi inquilini, i consumatori che, nonostante la diversità di censo, reddito ed estrazione sociale sono tutti accomunati dall’insopprimibile esigenza di soddisfare ogni bisogno, dal più elementare a quello più dispendioso.
Al consumatore – l’acquirente e fruitore delle merci voluttuarie – non interessano i soldi in quanto tali, ma come mezzo per acquistare gli oggetti dei suoi desideri.
L’Avere rimpiazza e si sbarazza dell’Essere
Il consumatore non manca di provare attrazione ed ammirazione per i vip, le persone del jet set, i politicanti, i grandi businessman, gli showman, i presentatori televisivi, i cantanti, i registi e gli attori di successo, i divi del calcio e dello sport, le soubrette, le veline, ecc…, perché sono i “consumatori per eccellenza”, coloro che “ce l’hanno fatta” potendo permettersi ogni tipo di agio e lusso, dalle ville faraoniche alle auto sportive, dagli abiti firmati alle auto sportive, dai costosissimi yacht alle belle donne.
Invece di indignarsi per l’esibizione smodata e parossistica del lusso e del vizio, il consumatore si appassionerà alle vicende dei “consumatori per eccellenza” con la lettura dei giornali dedicati al gossip e la visione di trasmissioni televisive sul genere del “rotocalco rosa”.
Per quanto non sia possibile soddisfare ogni genere di desiderio o di bisogno, il “consumatore medio” ci prova !
Comprerà a debito dissipando risparmi che ben meglio potrebbero essere impiegati, vincolando comunque sé stesso ad una situazione che produce ansia e nevrosi. D’altronde il neocapitalismo incoraggia il debito, la contrazione illimitata di mutui e prestiti, il ricorso alle carte di credito, ecc…
Acquirente sempre più irresponsabile e compulsivo, il “consumatore medio” si trova nella stessa patologica condizione del tossicodipendente o, comunque, di coloro che precipitano nelle condizioni di dipendenza…
Oltre alle droghe e agli stupefacenti potremmo annoverare l’alcool, le sigarette, gli psicofarmaci, il gioco d’azzardo e il sesso che, non a caso, vanno a costituire altrettanti remunerativi mercati che, a volte vengono ipocritamente stigmatizzati, ma che, in definitiva, una società neocapitalista fondata sul Mercato non può che tollerare, perché ogni merce o prodotto viene accolto nelle sue braccia e veramente tutto è commerciabile. Per tali semplici motivi le mafie e le organizzazioni criminali che campano sui profitti realizzati in questi settori si trovano a loro agio nel neocapitalismo.
La mafia è anche impresa…
D’altronde per sopravvivere e poter nutrire la propria ingordigia, il Mercato – tutti i soggetti “venditori” che lo compongono – ha necessariamente bisogno di instillare e amplificare i desideri dei consumatori, di persuaderli che il piacere può essere soddisfatto solo con ciò che esso può offrire. Iniettando dosi massicce di pubblicità – la cui invasività è dimostrata dalla sua presenza sui cartelloni, sugli schermi televisivi, sui siti della “rete”, ecc… - al povero e ignaro “consumatore” si può essere sicuri di spingerlo a quelle spese che, sole, possono garantire la riproduzione del Mercato. In tal modo quest’ultimo indossa le inconfessate vesti del pusher che rifornisce costantemente i clienti che non possono più fare a meno delle sostanze stupefacenti.
Tale condizione – la dipendenza dei consumatori – è stata descritta spesso alla stregua di una forma di schiavitù, ma il paragone non incalza proprio a pennello, perché lo schiavo – in tutte le forme storiche conosciute – ha sempre avuto nozione e consapevolezza della propria condizione di subordinazione, inferiorità e mancanza di libertà.
Le catene dello schiavo sono concrete e visibili, mentre quelle del consumatore avvolgono nella loro immaterialità e invisibilità all’apparenza “piacevole”.
Anche quando è in grado di esaudire i suoi piccoli desideri, il consumatore non si libera da un’infelicità che non riesce a spiegare. Gli spazi diventano stretti e l’orizzonte acquista la consistenza del vuoto. Avvolto nella rete tesa da una congerie di mercanti, imbonitori e venditori rinuncia inconsapevolmente alla sua libertà e alla sua razionalità.
Con l’ultima frontiera del Mercato, i prodotti finanziari offerti dagli istituti finanziari, i consumatori hanno affidato i loro risparmi a infernali marchingegni che hanno rimpolpato i fondi dei soliti noti, coloro che tengono i cordoni delle borse.
La finanziarizzazione dell’economia – con la promessa di profitti e plusvalenze da realizzare sui mercati azionari – si è trasformata nella più colossale truffa che la storia ricordi perché consumata a danno dei cittadini di tutto il mondo.
Apparentemente la Crisi che ha scosso la popolazione mondiale negli ultimi tre anni avrebbe potuto contribuire a ridimensionare pretese e bisogni, aprendo la strada ad una radicale trasformazione del sistema neocapitalista postmoderno globale e del paradigma culturale ed economico del Mercato.
L’egoismo e l’individualismo edonista propri del consumatore in condizioni di dipendenza potrebbero declinare in favore di una decisa valorizzazione della dimensione solidale della collettività e della società, eliminando le tendenze disgreganti e “atomizzanti” insite nell’attuale società mercantile e competitiva.
Inoltre la naturale legge economica fondata sul soggetto “razionale” in grado di scegliere al meglio e nel proprio interesse adattandosi a nuove situazioni e congiunture suggerirebbe che il consumatore sia portato a dedicare una maggiore quota di spesa ai beni necessari ed elementari piuttosto che a quelli superflui… Un’autentica consapevolezza della portata, del significato e della dimensione della Crisi dovrebbe comportare questi sviluppi e creare le condizioni di un cambiamento autentico e profondo.
Ma come stanno realmente le cose?
Nel flusso costante e illimitato di immagini due serie di sequenze mi rimbalzano nella mente. Il primo flash: siamo alla fine di ottobre in via Riano a Ponte Milvio, ove viene inaugurato un megastore della Trony con una vendita promozionale che attira orde della cittadinanza. La ressa è paragonabile solo alle occasioni offerte dalle partite di calcio di campionato e della Champions League e dei magaconcerti da tenersi nello stadio Olimpico. I primi fortunati che riescono a entrare fanno incetta soprattutto di televisori e di telefonini I Phone.
Secondo flash: al principio del mese di agosto un pregiudicato viene ucciso a Londra dalla polizia scatenando il pretesto per la reazione di bande di giovani e di giovanissimi. E’ una scena che ogni tanto tocca assistere nelle metropoli americane ed europee: diverse di città inglesi come Manchester, Birmingham e Liverpool precipitano nel caos per alcuni giorni. Bande di ragazzi e ragazzini, giovanissimi teppisti e saccheggiatori armati di mazza, bastoni, spranghe e coltelli attaccano la polizia e si impossessano di televisori al plasma, telefonini di ultima generazione, videogames, ecc… trafugati da megastore e supermarket.
Non una vera rivolta sociale, quindi, ma una mobilitazione generale per il furto organizzato da parte di chi, non avendo il portafoglio abbastanza gonfio per poter soddisfare i propri bisogni, decide di provvedere altrimenti, nel modo più antico del mondo.
In maniera diversa tali episodi – se così possono essere etichettati – testimoniano di quella dipendenza che l’attuale assetto neocapitalista apparentemente in crisi ha stimolato e determinato. Destinatari dei condizionamenti pubblicitari, polli di allevamento educati ad ingerire ciò che i mercati offrono giornalmente, i giovani, in condizione sempre più precaria e con poche prospettive, reagiscono come è loro stato insegnato. Ma sono veramente i soli?
Se ne ricava che non basta la semplice e limitata “indignazione” per sbarazzarsi del paradigma del Mercato su cui il neocapitalismo si regge per poter voltare finalmente pagina e dedicarsi all’edificazione di una società più equa e giusta.
Occorre guardarsi realmente allo specchio e fare i conti con noi stessi per rompere l’egemonia culturale imposte dal neoliberismo e dal consumismo illimitato. Cessare di consumare e consumare per essere… consumati! In un circolo vizioso in cui la reificazione generale diventa il vero segno sociale e tutti ci riduciamo a merce da vendere tanto al chilo sul Mercato della Vita.
Cambiare noi stessi per una genuina progettualità sociale e politica che cambi la sostanza e l’essenza del mondo… Al di fuori di questa prospettiva non rimane che l’indignazione fine a sé stessa, la frustrazione senza speranza… Oppure il furto, il saccheggio, la violenza di chi è imbrigliato e sedotto dai desideri indotti dall’alto …
Prima che sia troppo tardi…
FINE
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