domenica 20 ottobre 2019

Patriarchi e semi-dei


Un "semidio" è per definizione il prodotto dell'unione fra un dio (o una dea) e una creatura terrestre, e ne condivide i genomi. 
Per quanto questa ipotesi possa risultare sorprendente o venire liquidata come leggenda, la Bibbia dichiara senza ambiguità che questo genere di unioni ha avuto luogo e che gli eroici "uomini famosi" sono nati come risultato di quegli accoppiamenti sia prima che dopo il Diluvio. 

A quanto pare, questo è tutto ciò che la Bibbia ha da dire su una questione che ha modificato il corso della storia (fu quella la causa del progetto di sterminare il genere umano per mezzo del Diluvio!), a differenza dei testi mesopotamici che sono pieni di racconti su semidei, fra cui il famigerato Gilgamesh, e che, come vedremo, apre le porte a potenziali scoperte nella nostra epoca presente.

Con qualche indagine sul materiale disponibile, supportata dal ragionamento deduttivo, dimostrerò che gli scarsi dati biblici sui patriarchi antidiluviani coincidono con le più esaurienti informazioni mesopotamiche.

La breve dichiarazione in Genesi 6 sui "figli degli Elohim" che avevano preso come spose le figlie degli uomini è anche notevolmente ampliata in altri scritti ebraici antichi, "libri perduti" che non sono entrati a far parte della Bibbia ebraica canonica e che sono complessivamente noti come testi apocrifi (= "segreti, nascosti") o pseudoepigrafici dell'Antico Testamento. Dovremo esaminare anche questi ..


L'esistenza di questi libri è confermata dalla Bibbia stessa, che fa riferimento a parecchi "libri perduti" di cui a quei tempi si conoscevano anche i contenuti, ma che da allora sono stati smarriti. Il verso 14 in Numeri 21 si riferisce al Libro delle guerre del Signore, Giosuè 10.13 richiama gli eventi miracolosi descritti nel Libro del Giusto.

Questi e altri libri citati sono andati completamente perduti. D'altro canto, alcuni libri perduti, come Il libro di Adamo e Eva, Il libro di Enoch, Il libro di Noè e Il libro dei Giubilei, sono giunti fino a noi attraverso i millenni, preservati da tradizioni in lingue diverse dall'ebraico, talvolta riscritti parzialmente o del tutto dai successivi redattori.

Questi manoscritti sono importanti non solo per il fatto di ripetere i dati biblici, ma anche perché affermano di fornire dettagli aggiuntivi ai racconti della Bibbia, e alcuni di essi registrano l'episodio dei matrimoni misti arricchendolo di particolari.

In Genesi 6 la Bibbia presenta un Dio che ha due pareri contraddittori. 

E' adirato per i matrimoni misti fra "i figli degli Elohim" e le figlie degli uomini, eppure in seguito considera eroici "uomini famosi" la loro progenie. Decide di sterminare il genere umano dalla faccia della Terra, ma poi si allontana dal suo proposito per salvare il seme dell'umanità con Noè e l'arca.

Ora ci rendiamo conto che le apparenti contraddizioni derivano dal fatto che la Bibbia ha fuso in un'unica entità divina (Jahwe) due divinità diverse e opposte come Enki e Enlil.

Gli autori del Libro dei Giubilei e del Libro di Enoch hanno affrontato il problema della dualità spiegando che la discesa degli angeli sulla Terra avrebbe dovuto essere benevola, ma un gruppo di loro fu indotto da comandati sleali a prendere come mogli le donne terrestri.

Questo racconta il Libro dei Giubilei, avvenne nell'epoca di Iared ("Quello della discesa"), così chiamato da suo padre Maalaeèl perché fu allora che gli «Angeli del Signore discesero sulla Terra». La loro missione era «insegnare ai figli dell'uomo a fare giustizia e rettitudine», e invece finirono per "insozzarsi" con le figlie degli uomini.

Secondo questi testi extrabiblici, circa 200 "Vigilanti" (gli Igigi della tradizione sumera) si organizzarono in venti gruppi da dieci, ciascuno dei quali aveva nominato un capo. La maggior parte dei nomi (Kokhahied, Barakel, Yomiel, ecc) sono nomi teoforici in onore a El ( =Dio). Uno, chiamato Shemiazaz, che era al comando generale, fece giurare a tutti di agire insieme. Poi «ognuno di loro ne scale una per sé e cominciarono a unirsi a loro e a essere impuri... E le donne generarono giganti».

Ma secondo il Libro di Enoch, l'istigatore alla trasgressione, «colui che traviò i figli di Dio e li portò sulla Terra e li corruppe attraverso le figlie degli uomini», era effettivamente l'angelo malvagio Azael ("il potere di El"), che fu esiliato per i suoi peccati.
In base ai testi mesopotamici, che includono parti relative all'esilio di Marduk, quest'ultimo fu il primo a infrangere il tabù sposando (e non limitandosi ad avere rapporti sessuali) Sarpanit, una donna terrestre, e avendo da lei un figlio di nome Nabu. E qui ci si domanda in che misura il coinvolgimento di Marduk abbia contribuito alla collera di Enlil.

Ricordiamo che Enoch fu il primo patriarca antidiluviano dopo Iared a “camminare con gli Elohim” e a non morire, poiché fu portato via con loro, come dichiarato in Genesi 5,21-24:

Enoch camminò con gli Elohim;
dopo aver generato Matusalemme,
visse ancora per 300 anni
e generò figli e figlie.
L'intera vita di Enoch fu di 365 anni.
Poi Enoch camminò con negli Elohim e non fu più
perché gli Elohim lo avevano preso.

Il libro di Enoch, a lui attribuito, si dilunga su quell'affermazione che descrive la questione dei Vigilanti come motivo per cui gli angeli fedeli gli avevano rivelato i segreti del Cielo e della Terra, il passato e futuro: lo scopo era, attraverso le rivelazioni fatte a Enoch, riportare il genere umano sulla retta via, dalla quale era stato allontanato a causa dei misfatti dei Vigilanti.

Secondo quegli scritti, Enoch fu portato due volte in cielo. E mentre la Bibbia si limita a dire che prima «camminò con gli Elohim» e poi fu preso da loro, il Libro di Enoch descrive un gran numero di angeli e arcangeli che fecero tutto ciò.

Il suo soggiorno con i “Santi” cominciò con una visione onirica in cui la sua camera da letto, scrisse in seguito, si riempì di «nuvole che mi invitavano e di una nebbia che mi chiamava» e una specie di turbine «mi sollevò e mi portò in cielo».

Passando miracolosamente attraverso una parete di cristallo infuocato, Enoch entrò in una casa di cristallo il cui soffitto imitava il cielo stellato, e dopo aver raggiunto un palazzo cristallino vide la Grande Gloria. Un angelo lo condusse più vicino a un trono ed egli si sentì dire dal Signore di essere stato scelto per mostrargli “i segreti celesti”, così da poterli insegnare all'umanità.

Gli furono comunicati i nomi di sette arcangeli al servizio del Signore che gli avrebbero fatto da guida nel suo viaggio di scoperta. E con questo la sua visione in sogno ebbe termine.

In seguito, precisamente 90 giorni prima del suo 365º compleanno, mentre era solo in casa, si materializzarono dal nulla «due uomini, straordinariamente grandi», il cui aspetto «era qualcosa che non avevo mai visto prima». I loro volti splendevano, i loro abiti erano diversi a tutti gli altri e le loro braccia erano come ali dorate. «Stavano al capezzale del mio letto e mi chiamavano per nome», riferì poi Enoch ai suoi figli Matusalemme e Regim.

I due emissari divini dissero a Enoch di essere venuti a prenderlo per un secondo e più lungo viaggio celeste, e gli suggerirono di informare i figli e la servitù che sarebbe stata assente per un po'. Poi i due angeli lo presero sulle loro ali e lo trasportarono al primo cielo. La c’era un grande mare e in quel luogo furono insegnati a Enoch i segreti del clima e della meteorologia.

Proseguendo il viaggio, attraversò il secondo cielo, dove i peccatori venivano puniti.
Nel terzo cielo c'era il paradiso, dove vanno i giusti.
Nel quarto cielo, dove Enoch fece la sosta più lunga, gli furono rivelati i segreti del Sole, della Luna, delle stelle, delle costellazioni zodiacali e del calendario.
Nel quinto cielo il legame fra Terra e Cielo si era estinto: era la dimora degli «angeli che si univano alle donne».
Lì si concluse la prima parte del viaggio celeste di Enoch.

Riprendendo il viaggio, Enoch attraversò il sesto e il settimo cielo, dove incontrò diversi gruppi di angeli, organizzati in ordine crescente: Cherubini, Serafini, Arcangeli, sette classi in tutto.
Una volta raggiunto l'ottavo cielo poté ammirare le stelle che formano le costellazioni e nel nono cielo vide il regno dello zodiaco.

Infine raggiunse il 10º cielo, dove gli angeli lo condussero «al cospetto del Signore». Terrorizzato, Enoch cadde in ginocchio e si inchinò. Allora il Signore gli si rivolse con queste parole:

Alzati Enoch, non temere,
Alzati e sta davanti al mio volto,
e guadagna di l’eternità.

A quel punto il signor ordinò all'arcangelo Michele di cambiare gli abiti terrestri di Enoch, di fargli indossare abiti divini, e lo unse. E il signore disse all’arcangelo Vereveil di «prendere libri dai sacri depositi e uno stilo» e di darli a Enoch, di modo che potesse scrivere tutto ciò che gli arcangeli gli avrebbero letto, «tutti i comandamenti e gli insegnamenti».

Per 30 giorni a 30 notti Vereveil dettò ed Enoch scrisse «i segreti delle opere dei cieli, della Terra e dei mari, e tutti gli elementi… Il rombo dei tuoni, il Sole e la Luna, l'andirivieni delle stelle e delle stagioni, degli anni, dei giorni e delle ore». 

Gli furono insegnate anche “cose umane” come le «lingue delle canzoni umane». Enoch scrisse fino a riempire 360 libri. Ritornato al cospetto del Signore, si sedette alla sua sinistra, accanto all'arcangelo Gabriele, e il Signore stesso gli raccontò com'erano stati creati il Cielo e la Terra.

Poi il Signore disse a Enoch che sarebbe ritornato sulla Terra per 30 giorni, così da poter trasmettere all'umanità i libri che aveva scritto, affinché fossero tramandati di generazione in generazione. Di ritorno a casa, Enoch raccontò la sua odissea ai figli, illustrò loro i contenuti dei libri e li esortò a essere giusti e a seguire i comandamenti.
Enoch stava ancora parlando e spiegando quando il suo rientro di 30 giorni giunse allo scadere; oramai, essendosi diffusa la voce in città, una gran folla di persone si era radunata intorno alla sua casa, desiderosa di udire i dettagli del viaggio e degli insegnamenti celesti. Allora il Signore fece scendere l'oscurità sulla terra, e nelle tenebre due angeli sollevarono rapidamente Enoch e lo portarono via, «nell'alto dei cieli».

Rendendosi conto che Enoch se n'era andato, «le persone non riuscivo a capire come fosse stato preso; fecero ritorno alle loro case e coloro che avevano assistito quell'evento glorificarono Dio».

I figli di Enoch «eressero un altare nel luogo in cui Enoch era stato preso per essere portato in cielo».
Il poscritto di uno scriba narra che questo avvenne quando Enoch ebbe raggiunto esattamente i 365 anni di età, un numero che alludeva alla padronanza dell'astronomia del calendario che aveva appena acquisito.
(A questo punto ci torna in mente la dichiarazione di Manetho riguarda una dinastia di 30 semidei in Egitto che regno per un totale di 3650 anni, un numero che corrisponde esattamente a 365 × 10. Una pura coincidenza?)

Va notato che né la Bibbia nelle brevi informazioni che fornisce su Enoch, né gli oltre 100 capitoli del Libro di Enoch spiegano il motivo per cui egli fu scelto per quegli straordinari incontri divini ed evitò la morte: che cosa lo rendeva speciale, diverso gli altri?

Il nome di colui che lo “generò”, Iared, è spiegato dall'annotazione che nel suo tempo ebbe luogo la discesa (dei Nefilim). Il nome Iared deriva chiaramente dal verbo che significa “discendere” in ebraico, ma presenta difficoltà dal punto di vista grammaticale non definendo se è lo stesso Iared a essere disceso, caratteristica che gli garantirebbe uno status divino che farebbe di suo figlio un semidio.

Non ci viene detto nemmeno dove si trovava la città in cui viveva Enoch, scenari di eventi miracolosi e sede di un altare che li commemorava. Se fosse stata anche la città di suo padre Iared, l'equivalente del cainita Irad, verrebbe da chiedersi se il nome riecheggiava quello della città, ERIDU.

Se fosse così, se il luogo degli incontri divini di Enoch fosse stato la Eridu famosa per via di Enki e degli Anunnaki, avremmo qui alcuni dettagli che ricollegano quei patriarchi antidiluviani biblici ed extra biblici ai re antidiluviani Sumeri e ai “figli degli Elohim” (che la Bibbia stessa descrive come Gibborim, eroici “uomini famosi”).

La possibilità che i patriarchi biblici antidiluviani fossero semidei si era già profilata nell'antichità, soprattutto nel caso di Noè.

Gli studiosi sono giunti a conclusione che il Libro di Enoch incorporasse parti di un altro libro precedente, andato perduto, un Libro di Noè.

Vari altri scritti precedenti e lo stile diverso di alcune parti all'interno del Libro di Enoch facevano supporre l'esistenza di quest'altro libro. 

La supposizione si tramutò in certezza quando alcuni frammenti di un Libro di Noè furono scoperti fra i rotoli del Mar Morto, una vera e propria biblioteca nascosta nelle grotte di un sito chiamato Qumran sulle rive del Mar Morto, in Israele, circa 2000 anni fa.
In quei rottoli la parola che di solito viene tradotta con “Vigilanti” richiama chiaramente Nefilin (figura 71), termine aramaico che corrisponde al Nefilim ebraico.


Secondo le parti del libro attinente alla questione, la moglie di Lamech (padre del Noè biblico) si chiamava Bath-Enos (“Figlia/Discendente di Enos”).
Alla nascita, Noè si rivelò un neonato così insolito da destare sospetti nel padre. Era decisamente diverso da tutti gli altri bambini e sapeva parlare. Subito Lamech «pensò nel proprio cuore che il concepimento fosse avvenuto con uno dei Vigilanti» e manifestò i propri sospetti a Matusalemme, suo padre:

Uno strano figlio generato,
diverso da ogni altro essere umano
e simile ai figli del Dio del Cielo.
Diversa è la sua natura, egli non è come noi.
E mi sembra che non sia figlio mio,
ma degli angeli.


Roso dal dubbio che il vero padre del bambino fosse uno dei Vigilanti, Lamech si rivolse a sua moglie Bath-Enos, chiedendole di dirgli la verità, giurando «sull'Altissimo, il Signore supremo, il Re di tutti mondi, il sovrano dei figli del Cielo». La donna gli rispose: «Ricordati dei miei sentimenti delicati! La circostanza è davvero preoccupante, e la mia anima è turbata nel suo involucro!». Confuso dalla risposta, Lamech le domandò di nuovo di giurare di dirgli la verità. Di nuovo Bath-Enos gli ricordò i propri “sentimenti delicati”, ma poi, giocando sul “Grande e Santo”, gli assicurò che «il concepimento è avvenuto con te e non con un estraneo o con uno dei Vigilanti».

Ancora scettico, Lamech corse da Matusalemme, suo padre, con una richiesta: trovare suo padre Enoch, che era stato portato via dai santi, e chiedergli di porre a loro la domanda sulla paternità del bambino. Individuando il proprio padre Enoch “ai confini della Terra”, Matusalemme gli riferì l'enigma relativo a Noè e gli trasmise la richiesta di Lamech. Si, gli rispose Enoch, ai tempi di mio padre Iared «alcuni angeli del Cielo trasgredirono e si unirono con le donne, e ebbero figli da loro», ma puoi tranquillizzare Lamech «che il bambino che è nato è realmente suo figlio».

Le strane caratteristiche e gli insoliti talenti di Noè sono dovuti al suo essere stato prescelto da Dio per un destino speciale, come predetto “nelle tavolette celesti”.

Lamech accettò quelle rassicurazioni, ma noi cosa dobbiamo dedurre da tutto questo racconto? Noè era dopotutto un semidio?
In tal caso, noi che siamo suoi discendenti abbiamo una dose di geni Anunnaki superiore a quella dell’Adamo?

La Bibbia aveva questo da dire nella sua introduzione alla storia del diluvio:

Questa è la storia di Noè.
Noè era uomo giusto e integro
tra i suoi contemporanei
e camminava con egli Elohim.

Se questo può stupire, una rilettura dei versi precedenti relativi ai Nefilim in Genesi 6 rafforza l'impressione che la Bibbia stessa lasci la questione in sospeso affermando, dopo il verso 4 sui semidei che erano «gli eroi dell'antichità, uomini famosi», «E Noè trovò grazia agli occhi del Signore» (Verso 8). Non dice “ma”, il versetto inizia con “e”, come se fossi una diretta continuazione diversi precedenti relativa ai figli degli dei.

Sono questi gli eroi dell'antichità,
uomini famosi e (= “come”) Noè
[che] trovò grazia agli occhi del Signore.

Letto in questo modo, risulta che Noè sia stato uno degli uomini famosi, un semidio in cui 600 anni prima del Diluvio condensano i 36.000 anni di Ziusudra/Utnapishtim.

I testi Sumeri includono la storia dell’antidiluviano En.me.duranki (chiamato anche En.me.duranna), notevolmente simili racconto dell’Enoch biblico. Non solo nome teoforico lo collega al Dur.an.ki (“il legame Cielo-Terra”), il centro di comando di Enlil e Nippur.

Ricordiamo che un patriarca di nome “Enoch” compare nella Bibbia sia nella linea genealogica di Caino che in quella di Set. Nell'ambito della rivalità fra Enki ed Enlil, si potrebbe essere indotti a pensare che l’Enoch che corrisponde a Enmeduranki sia il discendente di Caino, il cui tratto distintivo fu la fondazione di una nuova città. Nei testi Sumeri gli eventi relativi a Enmeduranki non hanno più luogo a Eridu, ma il nuovo centro chiamato Sippar, dove egli regnò per 21.600 anni.

I resti scoperti riferiscono come gli dei Shamash e Adad portarono Enmeduranki all'assemblea celeste degli dei, Dove gli furono rivelati i segreti della medicina, dell'astronomia, della matematica, ecc.

Poi fu ricondotto a Sippar di modo che potesse dare inizio una discendenza di sacerdoti eruditi:

Enmeduranki era un principe a Sippar,
amato da Anu, Enlil e Ea.
Shamash lo consacrò sacerdote
nell’E.babbar, il tempio luminoso.
Shamash e Adad [lo portarono]
all’assemblea [degli dei].
Shamash e Adad lo vestirono (purificarono?).
Shamash e Adad lo posero
su un grande trono d’oro.
Gli mostrarono come osservare l'olio sulla acqua,
un segreto di Anu, Enlil ed Ea.
Gli diedero una tavola divina,
il Kibdu, un segreto del Cielo e della Terra.
Gli misero in mano uno strumento di cedro,
uno dei preferiti dai grandi dei.
Gli insegnarono come fare
i calcoli con i numeri.

I due dei, Shamash e Adad, rispettivamente nipote figlio di Enlil, riportarlo poi Enmeduranki a Sippar, incaricandolo di riferire il suo incontro divino alla popolazione e di rendere la conoscenza acquisita disponibile al genere umano, conoscenza che avrebbe dovuto essere trasmessa di generazione in generazione, di padre in figlio, mediante una stirpe sacerdotale che avrebbe avuto inizio con lui:

Il sapiente istruito,
che custodisce il segreto dei grandi dei,
vincolerà il proprio figlio prediletto con un giuramento
davanti a Shamash e Adad.
Per mezzo delle tavole divine, con uno stilo,
lo introdurrà ai segreti degli dei.

«Così», dichiara il poscritto nella tavoletta, «fu creata la stirpe dei sacerdoti, coloro che hanno il permesso di rivolgersi a Shamash e Adad».

In questa versione sumera del racconto di Enoch i due dei hanno agito come gli arcangeli nella versione contenuta nel Libro di Enoch. Era un tema comune nell'arte mesopotamica, in cui due “uomini aquila” venivano raffigurati ai lati di una porta (vedi figura 58), di un albero della vita o di un missile (figura 72).


Nonostante nelle parti leggibili delle tavolette di Enmeduranki la sua condizione di semidio non sia citata se non nell'affermazione che «era un principe a Sippar», il suo inserimento nell'elenco dei sovrani antidiluviani con regno di sei shar (= 21.600 anni terrestri) dovrebbe fungere da indicatore; un semplice terrestre non avrebbe potuto vivere così a lungo. Nello stesso tempo una simile longevità era ben lontana da quelli dei veri e propri dei Anunnaki: Enki, per esempio, visse per tutti i 120 shar dal suo arrivo al Diluvio, ed era già adulto quando arrivo sulla Terra, Dove rimase ben oltre il Diluvio. Se gli otto che regnarono dopo Alulim e Algar non ero divinità in tutto per tutto, devono comunque essere ritenuti semidei.

Com’è possibile far quadrare questa conclusione nel caso del 10º sovrano, l'eroe del Diluvio, se la Bibbia lo inserisce nell'elenco come figlio di Lamech e i testi sumerici (riferendosi a Ziusudra) come figlio di Ubar-Tutu? La spiegazione che mi racconti dei semidei, da Bath.Enos (la madre di Noè) fino a Olimpiade (la madre di Alessandro):

Assumendo l'identità del marito,
fu un dio a concepire il figlio!

Una simile spiegazione afferma perfettamente lo stato semi-divino del bambino assolvendo nel contempo la madre dall'accusa di adulterio. Un esempio interessante che illustra l'universalità di questa spiegazione proviene dall'Egitto, dove alcuni dei faraoni più noti avevano nomi teoforici con il suffisso MSS (che compariva anche come MES, MSES, MOSE) che significava “prodotto/rampollo di”, come Thothmes (“prodotto del dio Thoth), Ramses (“prodotto del dio Ra”), ecc.

Casa del genere si verificò alla morte del famoso faraone della 18ª dinastia Thothmes I, nel 1512 a.C., che aveva lasciato una figlia (Hatshepsut) avuta dalla sua legittima sposa e un figlio avuto da una concubina. Cercando di legittimare la propria ascesa al trono, il figlio (da allora in poi noto come Thothmes II) prese in moglie la sorellastra Hatshepsut. Dal matrimonio nacquero solo figli e quando nel 1504 a.C.
Thothmes II morì dopo un breve regno, l'unico erede maschio era un figlio avuto non da Hatshepsut ma da una fanciulla dell’harem.

Dato che il ragazzino era troppo giovani per regnare, Hatshepsut fu nominata co-reggente, ma poi decise della sovranità spettava di diritto solo a lei, quindi assunse il potere come un Faraone a pieno titolo. Per giustificare e legittimare il proprio operato, Hatshepsut asserì che Thothmes I era suo padre solo nominalmente, perché lei in realtà era stata concepita quando il Dio Amon (= “il Ra nascosto”), assumendo le sembianze del sovrano e marito, aveva avuto rapporti sessuali con sua madre.

Su ordine di Hatshepsut, negli annali reali egizie fu inserita questa affermazione allo scopo di documentare le sue origini semi-divine:

Il dio Amon assunse le sembianze di sua maestà il re,
lo sposo di questa regina.
Dopodiché si recò immediatamente da lei
e con lei giacque.
Queste sono le parole che il dio Amon,
signore dei troni delle due terre,
pronunciò poi in sua presenza:
“Hatshepsut creata da Amon
sarà il nome di questa mia figlia
di cui ho messo insieme nel tuo corpo…
Eserciterà un regno benefico
su questo intero paese.

Hatshepsut morì come regina d’Egitto nel 1482 a.C. e a lei successe il “ragazzino”, che divenne finalmente faraone con il come di Thothmes III, Il grande e magnifico tempio funerario di Hatshepsut a Deir-el-Bahari, sulla riva occidentale del Nilo di fronte all’antica Tebe (oggi Luxor e Karnak), esiste tuttora e sulle sue pareti interne la storia della nascita semi-divina di Hatshepsut è raccontata in una serie di pitture murali accompagnate da scritti in geroglifico.

Le pitture murali iniziano con una raffigurazione del dio Amon, guidato dal dio Thoth, che entra nella stanza da letto della regina Iahmes, moglie di Thothmes I. Le iscrizioni geroglifiche che accompagnano le punture spiegano che il dio Amon assunse l’aspetto dello sposo della regina:

Allora entrò il dio glorioso, Amon in persona,
signore dei troni delle due terre,
dopo aver assunto le sembianze del suo sposo.
«(I due dei) trovarono (la regina) addormentata nel suo nel santuario. Ella si svegliò al profumo del dio [e] sorrise allegramente di fronte alla sua maestà». Quando Thoth si allontanò discretamente, Amon

La infiammò d’amore e si affrettò verso di lei,
che riuscì a vederlo nel suo aspetto divino
quando le si avvicinò.
Ella si esaltò alla vista della sua bellezza.

Entrambi innamorati, dio e regina ebbero un rapporto sessuale:

Il suo amore le entrò in tutte le membra.
La stanza era piena del dolce profumo del dio.
Il dio maestoso le fece tutto ciò che che desiderava.
Lei lo allietò con tutta se stessa,
e lo baciò.

Di fatto l’attribuzione a Ra di relazioni che dotarono i futuri faraoni egizi di uno status semi-divino risale a periodi dinastici ancora anteriori. Un racconto su papiro potrebbe addirittura risolvere un mistero relativo alla quinta dinastia dell’Egitto, in cui tre faraoni ingranati si succedono senza che fra loro vi sia un legame del tipo padre-figlio. Secondo dil racconto quei faraoni furono concepiti quanto di il dio Ra si unì alla moglie del sommo sacerdote di quel tempio.

Quando ebbero inizio le doglie, ci si rese conto che sarebbe stato un parto trigemino e che la donna avrebbe faticato molto a dare alla luce i tre bambini. Così Ra chiamò quattro “dee della nascita” e chiese a sua padre Ptah di prestare il suo aiuto al parto. Il testo descrive come tutte quelle divinità abbiano assistitoL moglie del sommo sacerdote nel dare alla luce, in successione, Usrerkaf, Sahua e Kakai. Documenti storici mostrano che i tre regnarono effettivamente in successione come faraoni, formando la quinta dinastia. Erano un trio di semidei.

Oltre a fornire agli egittologi una spiegazione per quella strana dinastia, il racconto offre anche un’interpretazione a un bassorilievo scoperto dagli archeologi che raffigura il faraone Sahua come un neonato allattato da una dea, un privilegio limitato a chi era di nascita divina. Questo “allattamento divino” fu rivendicato anche da Hatshepsut per rafforzare la sua pretesa alla sovranità per decreto divino: sosteneva infatti di essere stata allattata dalla dea Hathor (soprannominata “Madre degli dei”). (Anche un successore, il figlio di Thothmes III, dichiarava di essere stato allattato da una dea).

Una rivendicazione di diretto status semi-divino come risultato di un rapporto sessuale con un dio sotto mentite spoglie fu poi avanzata dal famoso Ramses II registrando negli annali reali la seguente rivelazione, fattagli dal grande dio Ptah in persona:

Io sono il padre.
Assunsi le sembianze di Mendes, il dio ariete,
e ti generai all’interno della tua augusta madre.

Se questa dichiarazione di essere stato generato non semplicemente da un dio, ma dal capo del pantheon vi sembra troppo forzata, ripensate alla nostra spiegazione in base alla quale il dio chiamato Ptah dagli Egizi altri non era che Enki.

E affermare di essere il figlio di Enki non era affatto inconsueto.

Quando ci si fa un’idea più ampia dei racconti mesopotamici sugli dei, allora si mettono a fuoco le diverse personalità dei due fratellastri Enki ed Enlil sotto ogni aspetto, comportamento sessuale incluso.

Abbiamo già accennato al fatto che Anu avesse un discreto harem di concubine oltre alla sua sposa ufficiale Antu. La madre di Ea/Enki, il figlio primogenito di Anu, era infatti una di queste concubine. Quando Anu e Antu vennero in visita di stato sulla Terra (nel 4000 a.C. circa), per ospitarli venne costruita appositamente la città di Uruk (la Erec biblica). Nel corso della visita, Anu sviluppò una particolare predilezione per la nipote di Enlil, che da quel momento in poi fu chiamata In.Anna (= “L’amata di Anu”) e i testi lasciano intendere che “l’affetto” di Anu non fosse quello di un nonno.

Sotto questo aspetto era Enki, e non Enlil, ad avere gli stessi geni del padre. De suoi sei gli solo Marduk risulta chiaramente nato dalla sposa ufficiale di Enki, Dam.ki.na (=“Sposa che venne sulla Terra”); le madri degli altri cinque figli non vengono perlopiù nominate e potrebbero essere state delle concubine o (vedi qui sotto) degli incontri occasionali. Invece Enlil, che un figlio da Ninmah, di ritorno su Nibiru quando entrambi non erano sposati, ebbe (due) figli solo dalla moglie Ninnlil.


Un lungo testo sumero intitolato Enki e Ninhursag, o il paradiso terrestre dal suo primo traduttore, Samule N. Kramer, descrive nei dettagli i ripetuti rapporti sessuali di Enki con la sorellastra Ninharsag/Ninmah, nel (vano) tentativo di avere un figlio maschio da lei, e quelli con le figlie femmine nate da quei rapporti, (Ninharsag, ufficiale medico, dovette infliggere a Enki dolorose malattie per farlo fermare). La maggior parte delle volte questi racconti su Enki esaltavano il possente pene del dio.

Enki non era contrario a mantenere il sesso all’interno della famiglia; un lungo testo che parla della visita a Eridu di Inanna (per ottenere da Enki il Mé vitale) descrive come il suo ospite abbia cercato (senza successo) di farla ubriacare e sedurla. Un altro testo, che documenta un viaggio da Eridu all’Abu, riferisce come Enki sia riuscito a fare sesso con Ereshkigal (sorella maggiore di Inanna e futura moglie del figlio di Enki Nergal) sulla loro barca.

Quando queste scappatelle davano luogo a una gravidanza, nascevano giovani dei o dee; perché venissero al mondo semidei il rapporto sessuale doveva avvenire con donne terrestri, e anche di quelle non c’era carenza… Possiamo cominciare con i racconti cananiti sugli dei, in cui El (= “il Sublime, il “Crono” delle tradizioni del Mediterraneo orientale) era a capo del pantheon. Fra i racconti c’era un testo noto come La nascita degli dei graziosi che descrive come El, passeggiando sulla riva del mare, incontrò due femmine terrestri che stavano facendo il bagno. Le due donne furono affascinate dalle dimensioni del suo pene ed ebbero rapporti sessuali con lui, da cui nacquero Shahar (= “Alba”) e Shalem (=“Completamento” o “Crepuscolo”).

Pur essendo chiamati dei nel testo cananita, i due erano per definizione semidei. Un importante epiteto di El era Ab Adam, che viene tradotto “padre dell’uomo" ma significa anche “padre di Adamo” che, preso alla lettera, potrebbe voler dire progenitore e padre effettivo dell'individuo che la Bibbia chiama Adamo, per distinguerlo dai precedenti riferimenti alla specie degli “Adami”. E questo ci porta direttamente ad Adapa, il leggendario uomo modello dei testi mesopotamici.

Semidio antidiluviano noto come “uomo di Eridu”, il nome Adapa lo identificava come “il più saggio fra gli uomini”. Alto e grosso, era chiaramente riconosciuto come figlio di Enki, un figlio di cui il dio era apertamente orgoglioso, che aveva nominato custode capo della casa a Eridu e al quale aveva concesso “vasta comprensione”: ogni genere di conoscenza, compresa la matematica, la scrittura e la maestria artigianale.

Adapa, il primo “uomo saggio” documentato, potrebbe essere stato un esclusivo Homo sapiens sapiens che fece la sua comparsa Sulla scena umana circa 35.000 anni fa come “uomo di Cro-Magnon”, in antitesi con il più rozzo uomo di Neanderthal. Si sono fatte ipotesi (senza peraltro giungere a conclusioni convincenti) sul fatto che “Adapa” potesse essere l'individuo che la Bibbia chiama “Adamo” (a differenza della specie degli “Adami”).

Per quanto mi riguarda, mi chiedo se potesse essere l’En.me.lu.anna delle liste Sumere dei re antidiluviani (un nome traducibile come “l'uomo del cielo di Enki”), perché l'evento più memorabile e straordinario relativo ad Adapa fu il suo viaggio celeste in visita ad Anu su Nibiru.

Il racconto di Adapa comincia dando al lettore la sensazione di un tempo molto remoto, agli inizi degli eventi, quando Ea/Enki era coinvolto nella creazione:


In quei giorni, in quegli anni,
il saggio di Eridu fu creato
da Enki come modello di uomo.

Il racconto di Adapa riecheggiano per secoli la vita nella letteratura mesopotamiche. Perfino in seguito, a Babilonia e in Assiria, l’espressione “saggio come Adapa” veniva usata per descrivere un individuo molto intelligente. Ma c'era un altro aspetto nel racconto di Adapa secondo il quale Ea/Enki aveva deliberatamente concesso modello di uomo un attributo divino e negato un altro, nonostante si trattasse di suo figlio:

Perfezionò per lui una vasta comprensione;
gli aveva dato la saggezza,
gli aveva dato la conoscenza,
ma non gli aveva dato la vita eterna.

Quando su Nibiru giunse notizia del terrestre straordinariamente saggio, Anu chiese di vedere Adapa, Enki ubbidì e «fece prendere ad Adapa la strada che portava ad Anu, ed egli salì al cielo». Ma Enki era preoccupato, poiché temeva che su Nibiru ad Adapa sarebbero stati offerti pane e l'acqua della vita, facendogli così acquisire la longevità degli Anunnaki. Per evitare che ciò accadesse, Enki fece in modo che Adapa apparisse selvaggio e irsuto, lo vestì in modo trasandato e gli diede istruzioni fuorvianti:

Quando sarai davanti ad Anu,
ti offriranno del pane;
è pane di morte, Non lo mangiare!
Ti offriranno dell’acqua:
è acqua di morte, Non la bere!
Ti offriranno un vestito:
indossalo.
Ti offriranno dell'olio:
usalo per ungerti.

Enki ammonì Adapa con queste parole: «Non dovrai tralasciare di seguire queste istruzioni, tieni fede a quanto ti ho detto!».

Portato in alto dalla “via del cielo”, Adapa raggiunse la porta di Anu, sorvegliata dagli dei Dumuzi e Gizidda. Dopo essere stato fatto entrare, fu condotto al cospetto di Anu. Come Enki aveva previsto, gli fu offerto il pane della vita, ma Adapa, temendo di morire, rifiutò di mangiarlo. Gli fu poi offerta l'acqua della vita, ed egli rifiutò di berla; indosso gli abiti che gli furono offerti e si unse con l'olio che gli era stato dato. Per presse stupefatto, Anu gli chiese: «Avanti, Adapa, perché non hai mangiato e non hai bevuto?» e Adapa rispose: «Ea, il mio signore, mi ha ordinato di non mangiare e di non bere».

Irritato dalla risposta, Anu inviò un messaggero a Enki esigendo una spiegazione. In questo punto la tavoletta È troppo danneggiata per essere letta, ragion per cui non conosciamo la risposta di Enki. La tavoletta tuttavia chiarisce che Adapa, essendo stato trovato “privo di valore” da Anu, fu rimandato sulla Terra dove diede inizio a una stirpe di sacerdoti esperti nella cura delle malattie. Saggio e intelligente, Adapa era figlio del dio Enki, ma essendo mortale morì.

Il dibattito accademico sulla questione se “Adamo” fosse “Adapa” è ancora in corso, ma chiaramente il narratore biblico aveva in mente la storia di Adapa quando scrissi il racconto dei due alberi nel giardino dell'Eden: l'Albero della conoscenza (da cui Adamo ha mangiato) e l'Albero della vita (che gli era precluso). L'avvertimento ad Adamo (ed Eva): «perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti» è quasi una citazione dell'ammonimento dato ad Adapa da Enki. E questa è la preoccupazione della divinità, espressa a innominati colleghi, espressa a innominati colleghi, riguardo al rischio che Adamo mangi dall'Albero della vita (Genesi 3,22-24):

E Jahwe Elohim disse:
Ecco, l’Adamo è diventato come uno di noi avendo la conoscenza del bene del male: che non stenda ora la sua mano e non colga dall'albero della vita, per mangiarne e vivere in interno!

Wiligelmo, La cacciata dal Paradiso terrestre, lastre della genesi, 1099-1110, 
- pietra tenera di Vicenza, cm 100 x 280. Modena, Duomo -

Così «Jahwe Elohim scacciò l'uomo e pose a oriente del Giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada sfolgorante, per custodire la via all’Albero della vita».

Non sappiamo se l'avvertimento di evitare l'acqua e il pane di vita, dato ad Adapa da Enki, fu onesto o parte di una deliberata scelta di dare ad Adapa la saggezza ma non "la vita eterna”. Sappiamo però che l'avvertimento dato ad Adamo ed Eva che sarebbero “certamente” morti non corrispondeva a verità. Dio, come disse loro serpente, aveva mentito.
È un episodio da tenere a mente quando affronteremo la questione dell’immortalità.

Secondo la lista di re su WB-62, a Enmeluanna succedette En.sipa.zi.anna (= “Signore pastore, Vita celeste”) e poi Enmeduranna/Enmeduranki, il cui racconto coincide con quello dell’Enoch biblico. Le fonti mesopotamiche indicano nomi diversi e ambigui per il Lamech biblico, il più certo dei quali è l’Ubar-Tutu dell’Epopea di Gilgamesh (e quindi probabilmente l’Obarte di Beroso). A parte questo accenno nell'Epopea di Gilgamesh, non si sa nulla su quel predecessore di Ziusudra/Utnapishtim. Era un semidio o l’infelice Lamech che dubitava della paternità di Noè?

Le “trasgressioni” degli Igigi o “Vigilanti” che tanto turbavano Enlil di fatto erano state iniziate da Enki e, come chiariscono varie fonti, avevano prodotto molti discendenti semidivini, di cui solo un numero esiguo era nominato e inserito negli elenchi. Si trattava dei casi in cui era coinvolto lo stesso Enki con l'epiteto di En.me?

L'enigma dei patriarchi semidei in epoca antidiluviana ricorre continuamente fino a Noè e al Diluvio, ma il mistero del nostro “seme” ancestrale non finisce lì poiché, come dichiara la Bibbia (e come confermano le fonti mesopotamiche), I matrimoni misti cominciati prima del Diluvio continuarono anche dopo.
Scopriremo presto che altri dei, e dee, preso parte con entusiasmo a matrimoni misti nelle poche poste diluviare.

Le parole e il loro significato

I lettori dei testi Sumeri traslitterati potrebbero trovare una piccola “d” come prefisso al nome di una divinità, per esempio denti, dEnlil, chiamata “determinante”, identifica il nome come quello di un dio (o di una dea). La “d” è il segno stenografico del termine bisillabico Din.gir, il cui significato letterale, “i giusti [delle] astronavi a razzo”, era raffigurato pittografica mente come un razzo con un modulo di comando (vedi a fondo pagina “La Terra dell’Eden”).

Semplificando, l’attributo “dio/divino” era rappresentato da una “stella” che veniva letta An e si è ulteriormente evoluta in un segno cuneiforme simile a una croce (vedi illustrazione sotto), che veniva letto Ilu in accadico (per esempio in babilonese e in assiro) e da cui derivano il singolare El in cananita o ebraico e il plurale Elohim nella Bibbia.


Spiegando che nel racconto della creazione di Adamo e via dicendo gli Elohim della Bibbia erano gli Anunnaki sumeri, l’autore (come ha dichiarato senza ambiguità nelle libro La bibbia degli dei) vede Dio (con la “D” maiuscola) come un creatore universale cosmico ti agisci attraverso emissari, dei con la “d” minuscola. L'esistenza degli “dei” Elohim/Anunnaki con la “d” minuscola È la conferma dell'esistenza del loro creatore, Dio con la “D” maiuscola.

A Mosè fu spiegato che il nome divino Jawhe, che comprende tutti gli altri, significa Eheyeh asher eheyeh, «io sono colui che sono»: Dio potrebbe “essere” (agire attraverso) Enki in un caso o attraverso Enlil in altro, ecc. Quando il testo ebraico dice Elohim, parla degli “dei” Anunnaki, e quando la Bibbia usa termini Yahwe Elohim, bisognerebbe rendersi conto che vuol dire «QuandoYahwe agiva come/attraverso uno degli Elohim».

Fra le interpretazioni poco ortodossi di parole bibliche ipotizzate nei miei scritti c'è anche il termine Olam, che di solito viene tradotto “per sempre/eterno/da tempo remoto” ma, derivando dalla radice verbale che significa “nascondere”, Olam (ho scritto) potrebbe significare un luogo fisico “nascosto” di Dio, come nel Salmo 93,2: «Di Olam tu sei», il “luogo nascosto”, l'invisibile pianeta Nibiru.

Zecharia Sirchin - tratto da Quando i giganti abitavano la Terra.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.